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[Da copia dattiloscritta]
Anime! Anime!
Tortona, li 6 Ottobre 1939
Caro Don Giovanni,
il Signore sia sempre con noi!
Ho ricevuto solo jeri la lettera che mi avete inviata qui. Nei passati giorni e anche oggi Vi ho ricordato in modo particolare al Cuore di Gesù e alla Santa Madonna. Ed è al nostro ultimo a Roma, e più ancora da stamattina all’altare, che una voce grande mi spinge a dirVi in Domino di non uscire, neanche, direi, apparentemente, dalla Compagnia di San Paolo, ma di restare in essa, foste pure fatto scopatura e del tutto annichilito. E questo, in Domino e da fratello, dico a Voi e a quelli che sapete. Tutto farete nella carità di Nostro Signore Gesù Cristo. E vi attaccherete all’ultima porta della Compagnia, e Vi inginocchierete sulla più umile soglia di essa, e direte a Voi e a tutti. Qui mi ha portato il Signore, qui vivo e qui morirò.
Così Vi chiama Nostro Signore ad edificare in Voi e negli altri il Regno del Suo Amore, così Vi vuole, piccolo, umile, quasi grano di frumento morto nella abnegazione piena di Voi fatto olocausto Suo, ai piedi della Santa Chiesa, nostra dolcissima Madre.
Questo è l’esempio di buona edificazione che Voi oggi dovete dare. Vivere e morire in olocausto, felice, se Nostro Signore permetterà che Voi siate dimenticato da tutti, da tutti reietto, per vivere consepolto nel silenzio del Tabernacolo e nel Cuore di Cristo Crocifisso, insieme con Lui.
Vi hanno legato con Voti? Se questo fu desiderio di un Papa, beneditene il Signore: se questo fu arte degli uomini, beneditene il Signore! Se anche altra fosse la volontà di Dio, penserà Lui nell’ora e nel momento che Lui sa, a spezzare le Vostre catene; ma oh dolci catene i sacri vincoli che ci stringono a Gesù e alla Sua Chiesa! Ma vincete Voi medesimo e volentieri per l’amore di Gesù Cristo e della S. Chiesa.
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Nessuno Vi impedirà di dare e promuovere Missioni in lungo e in largo; nessuno Vi impedirà di iniziare e svolgere altre e nuove opere di vita sociale, di vivere e svolgere l’apostolato di Cristo e un apostolato desiderato dai Pastori della Chiesa. Vedete, mio buon fratello, che il nemico del bene è molto astuto, è sofista sottilissimo, e sotto specie di maggior bene lavora a trarVi lontano dal Vostro annichilimento, per farVi vivere di Voi, e non di Nostro Signore. Quando a veste illuminato i ciechi, e resuscitati i morti, non Vi trovereste mai tanto a posto come quando avrete dato la morte al Vostro io nella Compagnia Vostra. Solo qui sta la gloria di Dio e la vera perfetta letizia, la santificazione Vostra.
Se non farete così, non lavorerete per la fede né per anime. Rinnovazione in Cristo dello spirito sociale non farete, se prima non morirete a Voi stesso; farete del rumore e molto, ma il Vostro lavoro cadrà nel vuoto. È venuta l’ora di fare umilmente e gioiosamente, cantando Cristo, verace e radicale rinuncia. Così, e solo così, caro mio Don Giovanni, trasfonderemo Gesù Cristo in noi e nella società, - non altrimenti.
Ma lasciate un po’ da parte la questione del Fondatore, che vi porta tanto lontani dalla umiltà e dal sensus Christi! Lo Spirito ti portò a gettare il germe? Ringraziamone Iddio, ma non dimentichiamo il “neque qui plantat neque qui rigat sed qui incrementum dat. Deus!” Del resto non è proprio S. Paolo che dice: “Che hai tu che non abbia da Dio?” - Per carità, Don Giovanni, non facciamo ridere il diavolo noi Fondatori, se no, finiremo ancora di andare nel calderone, mentre agli occhi della gente passiamo per santi
Vedi, Ti parlo a cuore a cuore in Cristo, da vero, sincero fratello, - sicuro che non me ne vorrai male, ma avrai queste parole come prova di stima e di sincero affetto a Te e a chi ti segue. Mi dirai: e se il Papa mi permetterà di fare da me? - Va allora, gettati ai piedi del dolce Cristo e digli: “Non voglio fare da me, voglio ubbidire, voglio camminare, ma d’inginocchio, ai Vostri piedi e della Compagnia, voglio essere come un bambino, ai cenni Vostri e ai desideri della S. Chiesa: vivere e morire in umiltà e carità grande nella Compagnia di San Paolo, - che Vi prego, Padre Santo, di voler confortare, di approvare, di benedire.
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Padre Santo, io non mi voglio gloriare che di essere l’ultimo straccio della Compagnia di S. Paolo, che di amare Gesù e la Chiesa in Croce e di vivere in obbedienza senza limite devota a Voi.” Questo fa, caro Don Giovanni, questo dì ai tuoi che facciano in gaudio di Spirito Santo, e sopra di Voi discenderà larga e confortante e vivificante la benedizione del Signore.
Vedi: se fossi in punto di morte e non avessi più altro tempo che di dire un’ultima giaculatoria, un “Gesù mio misericordia” per i miei grandi peccati, o, baciare per l’ultima volta il Crocifisso, sappi che lascerei di baciare il Crocifisso per dirti: “Fratello mio, non fare il passo che stai per fare, ma conferma te e i tuoi fratelli nella Compagnia, e vivete abbandonati al Signore e alla Santa Chiesa del Signore.”
Ti aggiungo, in Domino che, se così farete, ho udito suonare l’ora in Cristo grande, grande, ed ho visto l’esaltazione di Sua Eminenza il Cardinale Ferrari. Nessuno sa di questa lettera che scrivo a Te, dopo aver pregato e sentito la voce del Signore. Fa pure vedere, se lo crederai, questa mia al nostro fratello di Verona, alle cui preghiere, come alle tue, sentitamente mi raccomando.
Ti abbraccio in osculo Christi e amiamoci nel Signore.