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[Minuta dattiloscritta di terzi con correzioni di don Orione]
Albina Boveri
Era nativa di Montale Celli, frazione agricola di Costa Vescovado, a pochi chilometri da Tortona,e trascorse tutta la vita nella casa paterna. Vita di modestia anzitutto, di pietà cristiana e di silenziosa beneficenza.
Albina fanciulla era stata educata a Tortona nell’Istituto delle Suore di Carità. Aveva un carattere semplice, uniforme, incline alla bontà e tale si conservò.
Sopravissuta,
con una
due
sorelle,
al resto della famiglia, dedicò le sue cure, prima, ad uno zio
Sacerdote, che la volle presso di sé, poi alla vecchia madre,
rimasta con la sorella al governo dei poderi aviti.
Le
umili faccende della casa, la mamma vecchia e poi inferma erano la
sua occupazione. Non curava direttamente gli interessi, quasi aliena
da
quegli
dagli
affari
in
cui vedeva stringersi giornalmente la vita dei suoi.
Amò
la Chiesa, i poveri, la preghiera e nella preghiera attinse le virtù
domestiche del silenzio, dell’amore alla pace familiare cui
tutto sacrificò.
Per lunghi anni non ebbe che l’Angelo Custode testimone delle sue virtù nascoste, e la sua vita esteriore poteva riassumersi nell’espressione di poche righe. Non fu così della sua vita morale.
Mole volte accadde alla sorella di sorprenderla in fondo al giardino, seduta immobile con lo sguardo fisso all’orizzonte. Sapeva essere quello il suo modo preferito di meditazione e di riposo, e si ritirava silenziosamente, non senza domandarsi che cosa potesse sempre pensare… Albina aveva portato dal Collegio un desiderio che non era rimasto segreto alla famiglia, ma non fu mai esaudito. Albina giovinetta non divenne religiosa e l’aspirazione insoddisfatta restò anche più tardi la sua pena, e diede a tutta la sua vita quel senso di vuoto che è proprio delle sofferenze morali. I doni di Dio somigliano spesso ad una croce, ma sono sempre il nostro bene.
La
vocazione contrastata
non
subito compiutamente attuata,
fu
alla pia giovane
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sorgente
di merito, la distaccò dalle cose mondane, la rese incline alla
carità del prossimo, superiore a tante piccole grettezze
di ambiente
cose.
Essa
aveva grande spirito di fede, e lo capì.
Più
tardi, volgendo il pensiero al bene del suo paesello, d’accordo con
la sorella
Carolina,
e
ancora vivente la madre, diede
i fondi per
pensò
di
aprire
un asilo infantile a Montale. Quando le Suore di Don Orione entrarono
nella casetta nuova, aperta dalla sua carità , ed i bambini
accorsero numerosi, Albina provò la più dolce consolazione. Fu
questa la prima ricompensa alla sua vita di sacrificio.
Felice di avere le Suore vicine, si fece intima ad esse. Prendeva parte ogni anno ai santi esercizi predicati dalla comunità nella Casa di San Bernardino e nelle occasioni delle feste principale vi si recava, sempre ricevuta come una sorella.
Amabile,
festosa con quante l’avvicinavano, edificava ancora per la seria
pietà ed il fervore con cui si tratteneva per lunghe ore a pregare
nella nostra Cappellina. Non
c’inganniamo dicendo
Si
può ben dire
che
non conobbe gioie all’infuori
di queste
spirituali
più sentite di queste.
Da qualche anno la salute le cagionava sofferenze incomprese; tuttavia, l’anno scorso, poté credersi guarita, e partecipò al terzo Pellegrinaggio Tortonese, recandosi a Roma per l’acquisto per l’acquisto del santo Giubileo. Chi la vide raccontò l’ardente pietà della sua Anima nella visita dei luoghi santi, - esempio a tutti di grande fede.
Poco dopo il suo ritorno a casa, il morbo, nascosto fino allora, si manifestò nella sua terribile realtà: Albina si ridusse a letto, e fra molti dolori apparve la gemma della virtù .
In paese fu un gareggiare per prestarle assistenza, tutti desideravano restare presso di lei con la sorella, una nipote le suore che mai l’abbandonavano.
Sempre
paziente e serena, aveva per tutti parole buone, consigli opportuni.
Nel colmo dei suoi mali si volse a Dio, ai Superiori e dal cuore le
sbocciò l’ultimo desiderio: morire nella Casa religiosa!Non
fu esaudita.
Don
Orione le chiese che anche di quel santo desiderio ne facesse un
sacrificio per l’amore di Gesù, e lo fece, contenta di obbedire.
Ma, il 27 Giugno, nella sua camera d’inferma si compiva il rito che suggellava le
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1e aspirazioni della sua anima: il rev.do Canonico Perduca riceveva le sue promesse religiose e le dava, con l’abito delle Missionarie della Carità, il nome di Suor Maria Eustella del SS. Sacramento.
Dimenticando
in quell’istante l’acerbità dei suoi grandi dolori i
contrasti della vita passata,
sorridente esclamava: Non
desidero più nulla.
E
assunse così il nome di una Consorella religiosa che Ella aveva ben
conosciuta,e morta in concetto di santa.
Ne
assunse il nome, come già ne aveva lo spirito.
Tre
mesi dopo, il 24 ottobre, cessate le sue sofferenze, Albina ripeteva
le parole dell’appagamento supremo agli Angeli venuti ad
incontrarla nella
morte,
e spirava in Cristo.
Così, composta in pace, secondo il suo desiderio, dormì protetta
dall’umiltà del velo religioso.
Montale
fece alla sua figlia e alla sua benefattrice un funerale che pareva
un trionfo. Vi si recarono persone dalla città , dai paesi vicini e
molti Sacerdoti. Il m. r. don Orione celebrò egli stesso la Messa di
Requiem, e, al cimitero, la maestra delle Scuole disse
diede
l’estremo saluto, fra la commozione dei presenti.
La
vita semplice e buona di Albina Boveri era
finita
cominciava
in Dio: in
Paradiso
la sua morte in terra fu il suo Natale in cielo.
La
preghiera dei bambini dell’Asilo si alzò, come canto di uccelli
angeli,
a festeggiarla in cielo
Paradiso.
Le Missionarie della Carità
P.
S. Nel prossimo numero
Bollettino di
Sant’Antonio riporteremo
daremo le pie sembianze della
di questa nostra cara
e
indimenticabile Sorella; e intanto diamo il bellissimo saluto, che le
rivolse al cimitero la esimia maestra di Montale Celli.