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[Minuta]


Sia lodato Gesù Cristo

Messina, il 14 Maggio 1919.


Caro Monsignore,


so che la sua mamma era ammalata, e ne ho provato tanto dispiacere; ho pregato per la s essa e prego per loro tutti come farei avrei fatto per la mia famiglia.

Don Risi dopo avermi scritto da parecchi giorni della malattia da, non mi fece più conoscere più nulla, spero voglia dire che che sua mamma starà bene meglio, ma gradirei notizie.

Io, caro Monsignore, mi trovo qui molto molto afflitto e da parecchio tempo alcuni e oggi scrivo a Lei e per conforto e anche è perché questo scriverle sento che mi riesce di conforto, e per avere consiglio.

Vedo che Qui c’è un gruppo di sacerdoti che i quali nel modo di trattarmi, mi pare che sanno sappiano di empietà; essi per quanto è da loro, impediscono che io possa fare ciò che il S. Padre mi ha detto, e mi riducono ogni dì più ad una vita crocifissa nel senso più intimo e più doloroso.

Cercarono da sul principio di cloroforizzarmi coi loro soliti complimenti, esagerati gli con inchini e baciamani poi, quando capirono che non li cred non aveva affatto voglia di lasciarmi addormentare nei complimenti concepirono un (mi parve) astio velenoso vivissimo contro di me: che cercando sempre più manifestando si studiarono di rendermi inviso al clero quale forestiero facendo comprendere che per la Diocesi è un’offesa un avvilirla questa di avere un vicario forestiero, insinuarono nel cuore dell’arcivescovo la diffidenza, e mi crearono una situazione che va accennando a divenire sempre più intollerabile dolorosa difficile.

Io qui sono tollerato come una spina al cuore di questo clero una parte questo gruppo di Clero. Monsignor arcivescovo è veramente un sant’uomo ma, permettendolo iddio, è raggirato da essi.       
















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Don Albera mi ha parlato più d’una volta di intrighi occulti da parte di alcuni che esercitano tutta l’influenza sull’animo dell’arcivescovo: essi lavorano sono consci della sua debolezza.

Egli tornò da Roma insoddisfatto per di non avere ottenuto il Seminario Teologico (che per lui e per altri è tutto per non avere ottenuto altre cose che era venuto a domandare al Santo Padre che è una specie di mania per lui) e qui tutti ora sono accaniti, e non potendosi sfogare col papa S. Padre che non li ha anche finora accontentati col fare cardinale…


Essi sono anche offesi perché il loro arcivescovo non fu ancora elevato a cardinale. Mgr. Il clero l’arcivescovo, mentre Catania e a Palermo c’è hanno il Cardinale: si sfogano pur l’hanno contro di me, non risparmiando le satire più velenose e anche le insolenze pur più grossolane.

Per parte mia, benedico Dio, ché ho tutto da guadagnare dall’ di essere coperto di disprezzo, e solamente vorrei saper abbracciare bene questa croce per amore Suo di nostro Signore di Dio e del papa S. Padre non vedendo il male che ne viene tuttavia essendo uomo e non pietra sento le ingiurie, e più grave sento l’impedimento che essi mettono mi si mette impedendomi di fare un po’ di bene. Accentrano Essi tendono ad accentrare in essi il governo della Diocesi e, riducono per parte loro a semplice comparsa a ridurmi ad un baston vestito e cercando farmi passare per uno inetto che minchione un balordo inetto qualunque. Io quando posso prego e taccio. Vedo bene, per divina grazia, le cose; e non è che malgrado tutto, mi dica ciò non ostante non è che mi disinteressi dell’andamento della Diocesi, e la S. Sede lo sa per le lettere che ogni tanto sento di dover inviare ma non essendo sostenuto dall’arcivescovo, io vicario generale io sono costretto a farlo più nei rapporti con Roma che qui e vedendo per lo sforzo che si fa per tagliarmi fuori dalla partecipazione partecipare al governo e con della diocesi, e quando si cerca anche d’inceppare le inchieste che talora debbo fare; e vedendo che quelli che più avvicinano mgr. arcivescovo si fanno lecito di dire ogni vituperio a mio riguardo, il mio lavoro, come Ella comprenderà, sento che riesce difficilissimo, spesso inefficace, e bene spesso anche impossibile a continuarsi.       

















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Io sono Mi sento troppo esautorato per poter lavorare, e per di più sono mi vedo come sottoposto alla sorveglianza di alcuni che mi sono stati posti qui in curia, e che vanno a riferire tutto e che di sopra poi riferiscono le cose a lor talento.

Già a sua eminenza il sig.re cardinale cardinale Segretario di Stato da parecchi mesi fa io riferii su questa mia difficile e dolorosa situazione, e anche il S. Padre ne sa deve sapere qualche cosa, poiché quando fui da Lui me ne accennò.


Io non so nulla Neanche dei cambiamenti in diocesi del clero: talora così che scrivo ad uno, credendolo in un posto, mentre è in un altro. Quando vado non c’è mai nulla da comunicarmi tutto va bene

Egli, ad es. venne a Roma, io andai da lui la mattina e lo accompagnai la sera, non mi disse niente che riflettesse la diocesi; la facoltà stessa per binare la lasciò al segretario. Mentre era a Roma, gli scrissi due lettere, che riguardavano la diocesi: non mi rispose né mai disse parola quando allorché giunse: io dovetti poi interrogarlo.

Partì quasi subito per le Conferenze Episcopali, io andai da lui prima, ma non mi disse nulla che toccasse l’amministrazione della vasta archidiocesi: ora è possibile che non ci sia mai nulla, anche quando deve assentarsi per delle settimane?


Altra ragione per cui si agita tanto è un in lui il grande timore di avere un vero assistente ecclesiastico, e che questo assistente possa essere io, o uno dei miei, come gli scrisse mgr. Cottafavi: egli non volle mai avere ombre e diede molti dispiaceri a questa Autorità Ecclesiastica.Io non mi ci sarei messo, anche per evitare di trovarmi

























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eventualmente a tu per tu con loro, ma avrei desiderato desidererei vederci qualcuno con gli occhi aperti e, prudente, e che tenesse informata l’autorità non si lasciasse rimorchiare.

Qualche mese fa seppi che dovevano la Pro - Zancla doveva fare le elezioni, e capitai così in quel locale, e vidi che di assistente ecclesiastico non ce n’era, erano diciotto o venti giovani con Freni, e facevano tutto da sé. Freni disse a me più volte che loro Assistente era un certo parroco di qui, a nome Chillé, ma io non ci ho creduto mai, la cosa era troppo chiara aveva troppo motivi per credere non credere

Quando mi giunse la lettera di fr. Biagio, doveva vidi che non poteva era inutile prendere informazioni direttamente da monsig.r arcivescovo poiché già per altri discorsi antecedenti sapeva che egli non ne sapeva nulla poteva darmele. Lo pregai però sua eccell. che a parte mi si dicesse chi era l’assistente ecclesiastico. Allora Per avere precise notizie sulla Pro - Zancla, e sapere il netto della cosa e chi chiamare responsabile del nuovo atteggiamento minacciato, cioè di lasciare la confessionalità e passare ad altro campo, domandai a mgr Arcivescovo chi veramente ne era l’assistente ecclesiastico; Egli mi disse che era il Parroco Chillé. Allora io andai da questo parroco, e vi andai subito poiché aveva ragioni di temere che dall’arcivescovado, il segr. di mgr. arcivescovo o altri, tentassero di tagliarmi i passi, e di impedire le mie indagini, come già fecero altre volte e per cose gravissime di ufficio. Infatti io appena ritornava dal parroco Chillé che mi il quale disse che egli non ne sapeva nulla e mi fece la dichiarazione negativa che unisco, quando che incontrai il cav. Freni il che correva quale andava dal parroco stesso, e che vedendomi diventò pallido. Io capii tutto, ma non mi meravigliai, ne ne ho visti farmene tanti giuochetti in questa povera città! Il cav. Freni interrogò il parroco che se io gli aveva avessi richiesto se egli era l’assistente ecclesiastico della Pro - Zancla e se gli aveva fatte altre domande quali altre domande gli aveva fatte.      























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Avendo sentito che era proprio così, e che il parroco aveva risposto di non esserlo ma mai stato, egli stesso voleva condurlo dall’arcivescovo, e ciò venne a dirmelo un po’ dopo lo stesso parroco domandandomi che dovesse fare, che però mi confermava e sempre confermandomi che egli non era mai stato quanto mi aveva scritto. Gli ho risposto che se chiamato dall’arcivescovo o anche dal segretario andasse subito, e dicesse la verità.

Io dopo evitai di interrogarlo, perché poteva parere poco delicato, e per altro io ne aveva basta a sufficienza.

Si vede però: 1° che, anche ci fosse stato di nome, di fatto però la Pro - Zancla non ebbe fin qui assistente ecclesiastico.

2° che in poche ora, c’era stato in arcivescovado una chiamata di Freni tutto un armeggio sott’acqua, una chiamata di Freni e se io non faceva era più che presto svelto mi avrebbero impedito di conoscere la verità e mi avrebbero riso dietro esposto ancora alle beffe di questa brava gente.

Ora se sono qui a questo posto e sinché sono a questo posto ho sento di avere una responsabilità morale gravissima e non mi si deve fare un ostracismo nel compimento dei miei doveri come pur troppo mi si è fatto sin qui: io taccio nessuno deve dovrebbe mettersi tra l’arcivescovo e me, o tra me e la diocesi; diversamente, come si può continuare?

Questo cav. Freni poi sa che ora mi sono un po’ orientato, e che devo conoscere molte, troppe cose di lui, di prima e dopo il terremoto. Nei mesi subito dopo il disastro, egli cercò già ingannare la Società della Gioventù Cattolica, mandando a Roma una lista di nomi di giovani dei quali un terzo non esisteva, erano nomi fittizi, e credeva che mandassero a lui le somme dei sussidî da distribuire. Ma egli non tenne copia della nota o la smarrì, e allora si trovò negli imbrogli. La somma invece che a lui fu inviata a p. Mistretta e questi, che già conosceva Freni e non se ne fidava, un bel giorno s’accorse che il Freni gli portava avanti dei giovani che non corrispondevano ai nomi e cercava di carpire      





















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da p. Mistretta (che da Roma aveva ricevuto sussidî e nota dei nomi) i nomi, e di applicarli ai presenti che erano già stati catechizzati; il danaro forse si faceva poi a metà. Una volta Mi raccontò p. Mistretta che accadde che ad un giovane, che dovendo firmare la ricevuta titubava nel firmare, non si sentiva tremava di firmare con un nome falso. p. Mistretta capì, e il giovane confessò la cosa, ed era presente il cav. Freni, che fu mandato via da P. Mistretta. Ho voluto Comunico una lettera recente che mi sono fatto inviare dallo stesso P. Mistretta, dove parla dei nomi fittizii e della quanti parte della somma dovuta rimandare a Roma.

Come Come ho scritto a fr. Biagio non credo la Pro - Zancla passi ad altre file: ciò che fa pena è vedere un uomo già coi capelli grigi e sacerdoti che dovrebbero essere guida seria e religiosa di questi poveri giovani sparlare con essi in modo indegno dei superiori ecclesiastici, fare creare scandali cercare di fare credere che Messina è dimenticata. Il cav. Freni dice che non lo può impedire gli scandali e che passino la Pro - Zancla lasci la confessionalità, mentre è lui che con una lingua d’inferno li aliena li fomenta.

QuelLa lettera così cattiva ingiusta e cattiva scritta al Sig.r Conte di Carpegna non è sua nella forma, egli ne sarebbe incapace di scrivere, essa è l’opera di ben altra persona.

Anch’io quantunque ora così preso di mira, sento, con la divina grazia, di avere fatto quanto potei qualche cosa per la Pro – Zancla. Sono io che ho fatto condotto le lunghe pratiche pel per avere il terreno: l’ho fatta ospitare trattare bene dai miei, quando passò a Roma per andare a Milano:li ho fatti andare da Milano a Monza,dove passarono una giornata felice e furono ben trattati: ho scritto al Sig.r Conte