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[Minuta di terzi con correzioni ed aggiunte di Don Orione]
Dopo
questo
splendido magnifico
il riuscitissimo
ciclo
di conferenze in
pro degl’infelici
lebbrosi tenuto
con
tenute altamente da illustri conferenzieri, dottori insigni e
dame preclare
con
competenza scientifica,
e da
distintissime dame con parole ed
di
amore materno, tocca
a me
mi
sento confuso di venire,
ultimo in sapere e
dire
e
senz'arte di parola,
umile Sacerdote di
Cristo,
a chiudere questo
ciclo
questa
settimana di conferenze,
iniziato
aperto
con tanto lustro ed autorità dal
I Magistrato della Repubblica.
Io
confesso che non sono all’altezza dei signori che mi precedettero,
ma come mi credo in dovere apportare io mio grano di arena in
beneficio del Patronato dei Lebbrosi, mi assoggetto aquesta prova,
fiducioso nella Divina Provvidenza.
Né
mai avrei accettato se non si fosse trattato di una causa tanto
santa, di tanta cristiana carità a cui sarebbe stato colpa
sottrarsi, se non si trattasse della grande opera realizzata dal
Patronato dei
pro Lebbrosi, opera presieduta con santo intelletto d’amore della
pietosa e magnanima dama Donna
gentildonna Ersilia Casares de Blachier, che
la quale insieme con una eletta schiera di gentildonne
signore e señorite dell’alta società Argentina
portena si è tutta consacrata a lenire i dolori dei poveri malati di
Hansen.
È l’Onor.le patronato pro lebbrosi che, sorretto dai pubblici poteri, ha promosso cure e opere…
…Il
Patronato dei
pro
Lebbrosi organizza un
la
grande movimento
crociata
di
opinione
attorno alla sua benemerita
umanitaria,
cristiana,
patriottica opera, in difesa degli attaccati del
dal
male di Hansen;
sia a
bene
di chi disgraziatamente è caduto nelle sue terribili spire, e sia
per a
prevenire e contenere lo sviluppo della
lebbra
che disgraziatamente e impressionante in determinate regioni del
nostro paese.
Si
conosce col nome di
La
lebbra, come
tutti sappiamo,
è
una malattia infettiva cronica, caratterizzata per lesioni cutanee e
nervose, il cui agente etiologico è il bacillo di Hansen. La lebbra
è una infezione propria della specie umana. Attacca a tutte le età,
a tutte le razze, ai soggetti di qualunque condizione sociale e si
trova ripartita
diffusa
per tutto il globo. Noi
in Italia ci siamo ormai liberati dalla lebbra; l'unico lebbrosario
che era a San Remo‚ stato chiuso.
Assieme
alla tubercolosi, la lebbra è un flagello che
castiga duramente
dell'umanità.
Quattromila anni avanti dell’era
volgare
Cristo esisteva la lebbra. Gli Ebrei nel deserto, gli Egiziani sulle
rive del Nilo, i Persiani ed i Fenici nelle loro fiorenti città
furono vittime di questa stigmata.
Nel
libro del
Nella
Bibbia il
Levitico ha
due capitoli interi
(il XIII e XIV)
che
parlano di questo male; dando
Mosé, il
grande legislatore, diede istruzioni
precise pel
suo riconoscimento
per
riconoscerla.
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Quando
Una persona che
era contaminata dalla lebbra era
veniva
separata immediatamente
dal contatto
comune
consorzio
umano e
così isolata.
Era isolata, fuori dell'abitato,gli
si scucivano i vestiti in varie parti
doveva
avere rasa
e scoperta la testa e la bocca coperta, doveva avvisare a gridi
essere
che
erano
contaminata.
Il
flagello oggi non è meno spaventevole di
quello
che fosse
nei tempi antichi, colla
con
la
differenza che allora
si allontanavano gl’infermi dal consorzio umano quasi fossero
bollati dalla maledizione mentre solo
che
oggi i
lebbrosi
sono possibilmente
raccolti e circondati di
da
amorevoli cure, per rendere loro
meno doloroso e straziante il presente
loro
stato.
A
questo tende l’improbo
il lavoro
del,
la missione che si è imposto il
Patronato dei
pro
Lebbrosi che
colla,
e
la
sua azione non si propone solo il sollievo materiale
e momentaneo
fisico
dei poveri infelici, ma anche il sollievo morale,
spirituale di
un ideale superiore, elevando il cuore e la mente al datore supremo
della salute del corpo e dell’anima.
il
grande conforto che solo viene da Dio.
Il
popolo Argentino sempre generoso
alle
alla
sua altezza nelle iniziative
che derivano dalle
sorgenti divine della
carità cristiana, nel suo più nobile slancio, offrirà
come è solito
risponderà
certo con
l'appoggio simpatico
il
più
cordiale all'appello
di questo
nobile e generoso Patronato; in
nome di questa crociata che domanda per un
tutti
daremo il nostro, il nostro obolo
per
aiutare,
tutti
daremo una mano ai sofferenti
a portare la pesante croce di questo
tanto
male a
quelli che sono vittime di esso.
È
necessario che l’azione privata concorra colla
con
l'opera
ufficiale, affinché‚ in magnifico gesto
slancio
di solidarietà umana e di
cristiana e argentina
fratellanza
si lotti contro la
lebbra,
nemico implacabile di questa popolazione
nobile
terra Argentina…
… I
lebbrosi sono nostri fratelli, e Gesù li ha amati tanto! Amiamoli!
Se
non
Come ameremo Dio, il Padre Celeste, che non vediamo, se
non lo am vedremo
se non lo ameremo nei fratelli che vediamo? E che soffrono tanto? I
lebbrosi non li avete mai avvicinati? Il signore mi ha portato un
giorno
tra i lebbrosi dell'ospedale Mauriz.
Che ora felice! Oh! aveste visto quei nostri fratelli! Come non amarli, come non aiutarli? - I lebbrosi, i repellenti, alcuni orridi, ma tanto belli: vedere quella bianca tumidezza, le squamature, quella pelle chiazzata, maculata, screpolata, la pelle ringrinzita e rugosa,che sforma la bocca, che affoga gli occhi, gonfia le mani! Li avete mai visti? Miseri spettri sofferenti, che tutti scansano, separati da tutti, a fatica spiccar le parole dai labbri enfiati e bollosi…poveri nostri fratelli.
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Ah!
Signore dammi il tuo cuore! Dammi il cuore di Padre Damiano, apostolo
dei lebbrosi, il cuore di padre Unia, salesiano, che muore
avanti
morì di lebbra tra i lebbrosi di Aqua de Dios; dammi il cuore,
la carità
di Madre Maria de la Passion, la prima che, nei tempi moderni,
progettò unà azione universale per i lebbrosi; dammi il cuore di
S.Martino di Tours…
(N.B. il manoscritto porta correzioni e lunghi brani autografi di Don Orione, mentre parte ‚ in altra grafia). "P.S. A proposito di questo discorso per i lebbrosi, devo deporre quan to segue: Quando dal 1937 al 1940, a Tortona, facevo un po’ da segretario a Don Orione, - preparando risposte dattiloscritte, che egli poi a volte rivedeva o rifaceva o firmava - mi capitarono tra le mani alcune fotografie nelle quali Don Orione era stato ritratto tra alcune Signore; mi pare dicesse che fossero della Associazione delle Dame di San Vincenzo. Alcune di tali Signore erano sedute su tavoli con le gambe incrociate, altre in posizione non del tutto corrette di fronte ad un Sacerdote che pure stimavano santo. Mostrai la fotografia a Don Orione e,con quella libertà che mi concedeva,gli dissi in dialetto piemontese-lombardo: -cu scusa, Sgnor Direttore, ma el dvintà mat?... indicando l'atteggiamento di quelle signore che si erano messe così vicine, alcune addirittura sedute sul tavolo ad acoltarlo.Don Orione mi rispose:-Cosa vuoi, caro mio, mi hanno colto con l'obiettivo sull'inizio della conferenza, quando sono entrato e dopo le prime parole - come fanno i fotografi -:ma ti assicuro che fu un sol momento, perch‚ mi sono vendicato in modo molto abile. .. Per farle allontanare mi sono messo a dire: "Il Signore mi ha portato tra i lebbrosi dell'Ospedale di Luniz: Che ora felice!" Piano piano si sono tirate lontano e nessuna ‚ venuta a baciare la mano e anzi si tenevano a rispettosa distanza. - Ritengo pertanto che il brano,qui allegato, sia quello pronunciato da D. Orione nella occasione citata: "Oh aveste visto quei nostri fratelle lebbrosi, repellenti,alcuni orridi..."" F.to Don Luigi Orlandi