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[Minuta]
+ Anime e Anime!
Veneratissimo Padre in G. Cristo,
Mando
a Vostra Eccellenza una lettera che ricevo dai figli di Torino, e mi
prendo la libertà di accludervi anche quella che essi mandano
inviarono a me, perché, venendo voi sempre meglio a conoscere lo
spirito di questi figli abbiate a continuarci sempre di
più il vostro affetto.
E permettete che con tutto il cuore io pure vi ringrazi di esservi degnato di visitare quella povera casetta, la quale ora benedetta come fu dalla vostra presenza, non potrà a meno di crescere per la gloria di Dio e per la salute di tanti poveri operai.
Da
Ventimiglia ho scritto a Vostra Eccellenza una lettera, lettera
buttata giù così come veniva, poiché non aveva altra carta in quel
momento, e gli
altri erano
quei della casa erano a riposare poiché
era
essendo notte.
Parlava
in essa
dell’affare
detta lettera del convitto di S. Remo.
Vostra eccellenza non m’ha più detto nulla: capisco che avete forse titubanza a dirmi di sì, come non vi sentite di dirmi di no.
Sentite,
Monsignore, di questi giorni ho cercato di gettar proprio tutta la
faccenda nel Cuore di Gesù, e di non considerare la cosa che davanti
a Lui: io vedo la cosa sotto rapporti tali di bene che vostra
eccellenza non dicendomi di no, allora
sento
mi pare di potermi servire di quella libertà in cui vostra
eccellenza mi ha già lasciato prima circa questo affare e mi lascia
ora, e di dover accettare: - poiché, per quello che alla mia povera
zucca, pare
sembra qui mi
pare di vederci
c’è la mano del Signore per bene di tanti poveri figli che qui non
posso più tenere. Devo mandarli via?
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E vero che aprirò Mornico, ma là non stanno che una cinquantina di ragazzi al più, e gli altri cento? Dovrò fare come diceva Salomone a quelle povere madri, tagliare in metà questi miei figliuoli?
Oh
per me, se non c’è una voce di Dio, in
di per me
e che mi dica: - sì,
devi fare così!
- io di per me non mi sento il cuore di allontanare anche uno solo
dei figli che la Divina Provvidenza…