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[Da copia dattiloscritta]
Buenos Aires, 30 Aprile 1935 XIII
Regia Ambasciata d’Italia
Reverendo e Caro Don Orione,
verrei meno ad un sentimento che ho vivo nel cuore, se non Le dicessi con quanto piacere, accogliendo l’invito di cui alla Sua lettera del 26 Aprile corrente, io abbia assistito alla posa della prima pietra dell’Opera del Cottolengo Argentino.
Ogni nostro connazionale conosce quanto grande e luminosa sia l’azione svolta nel nostro Paese da quel Giuseppe Cottolengo che la Chiesa ha innalzato alla dignità degli Altari e che l’Italia considera come uno dei Suoi figli migliori.
Vedere sorgere un’opera similare in Argentina, la di cui terra è stata fecondata dal lavoro di migliaia di Italiani, è, oltre che cosa utilissima sotto il punto di vista spirituale, testimonianza di gratitudine da parte dell’Italia che ha visto aprire generosamente le braccia della Repubblica cavalleresca ed amica, alle moltitudini dei nostri fratelli accorsi sulle rive del Plata. - Nel farsi imitatore di così filantropica istituzione. Ella non solo ha adempiuto ad uno di quei doveri di carità cristiana che fanno di Lei un apostolo ormai conosciuto di squisita bontà, ma ha anche contribuito ad una di quelle affermazioni di Italianità all’Estero che circonfuse, rischiarate ed avvalorate dalla luce della Fede, ne rendono ancora più accetta l’opera, e fanno benedire dai derelitti la terra lontana da cui vengono tali messaggeri di pietà evangelica.
Io non ho mancato di riferire a S. E. il Capo del Governo la suggestiva cerimonia alla quale ho assistito domenica scorsa, e sono sicuro che Egli, ammiratore del Cottolengo fin da quando ebbe a constatarne in Torino la magnifica attività assistenziale, sarà stato assai lieto di apprendere che anche in Argentina sorgerà un’istituzione di bene la cui semenza è stata gettata a piene mani da un Uomo del Suo valore, Reverendo e Caro Don Orione.
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Ed io ho detto a colui che con “l’occhio vigile d’aquila dirige i destini d’Italia” quanto mi hanno commosso le parole semplici ed ispirare con cui Lei, ricordandosi che “il sangue non è acqua”, ha salutato colui che indegnamente é il rappresentante del Re in Terra Argentina.
Voglia, Reverendo e Caro Padre, credere ai sensi della mia deferenza e devota simpatia.
Il R. Ambasciatore
M. F. Arlotta
Don Orione aggiunge:
“non nobis Domine, non nobis, sed Nomini Tuo da gloriam!”