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[Da bozze di stampa - bollettino dell’Opera della Divina Provvidenza. Tortona 30 Marzo 1918 - Anno XVII, n. 2. Vi sono correzioni e aggiunte di pugno di Don Orione.]
CHI PASSA E CHI RESTA in caratteri più marcati
C’era
una volta un re, un re potente e prepotente, il quale, alla testa
delle
bande
orde mongole,
uscì dai confini del suo regno, ed entrò nei paesi vicini, mettendo
a ferro e a fuoco villaggi e città, e traendo schiavi con se‚
quegli abitanti che la sua barbarie non aveva potuto massacrare:
davanti a lui fuggivano anche
fin
le belve: dietro a se‚ non lasciava che sangue, stragi e morte!
Egli fece scolpire le sue gesta sulle roccie dei monti, perché il
nome suo, la sua fama passasse terrore anche ai futuri, e quando
sentì
approssimarsi
la sua fine, si fece costruire un grande mausoleo, destinato ad
essere sua tomba eterna. Le pietre erano colossali, veri blocchi di
durissimo macigno, scavati dal seno di montagne giganti. E volle che
il suo corpo fosse imbalsamato con essenze preziose affinché la
morte non lo toccasse:: i secoli lo dovevano vedere passare
inalterato, invulnerato anche dalla morte; ordinò poi che gli
mettessero in pugno la sua daga, e lo scudo al braccio, e che la
visiera fosse calata sulla fronte superba e torba, terribile
spaventosa anche morto!
Ma
il suo nome non vive tra noi che in qualche vocabolario, che nei
vecchi e polverosi libri di storia, scartafacci inutili ai nostri
studiosi studenti. E chi legge, quando incontra, a caso, quel nome,
dice a se, come di Carneade si chiedeva il Don Abbondio del Manzoni:
chi era costui? Il suo nome già non vive
più
tra
noi: Gengis - han! ...?
Il nostro volto non si rischiara e il nostro cuore non batte, anche quando sentissimo
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parlare di lui che fu dei più grandi conquistatori del mondo. Le piogge e le intemperie già hanno distrutta l’ultima pietra del suo monumento, e gli archeologi incartapecoriti invano andarono cercando tra i ruderi dove fosse la tomba del terribile mongolo, che più non si trova.
La sabbia del deserto ne ha cancellate fin le tracce e l’ala vendicatrice del tempo ha distrutto il suo nome, benché inciso nella viva pietra di quei monti che videro passare il trionfatore, che udirono rimbombare le valli alle grida degli assalti selvaggi, e la terra tremare, gemere sotto il piede del suo elefante.
C’era però una volta un’altro re, re mansueto, e più che re e signore, padre dolce del suo popolo. Egli non aveva soldati, non ne volle avere mai. Non sparse il sangue di nessuno, non abbruciò la casa di nessuno. Non volle inciso il suo nome su le roccie dei monti, ma nei cuori degli uomini. Questo re non fece del male a nessuno, fece del bene a tutti, come la luce del sole che piove sui buoni e sui cattivi. Egli stese la sua mano ai peccatori, andò loro incontro, e sedeva e mangiava pur con essi, ad ispirare loro fiducia, per riscattarli dalle loro passioni, dai vizi, e, riabilitati, indirizzarli a vita onesta, al bene, alla virtù.
Posò dolcemente la mano sulla fronte febbricitante degli ammalati, e li guarì da ogni languore. Toccò gli occhi dei ciechi nati, ed essi ci videro, e videro in lui il Signore!
Toccò le labbra dei muti, e parlarono, e benedirono in Lui il Signore! Ai colpiti dalla sordità disse: udite! e udirono; ai lebbrosi e reietti disse: “voglio mandarvi”, e la lebbra cadde a squame, furono mandati. Portò la luce del conforto nel tugurio, ed evangelizzò i poveri, vivendo nel paese più misero della Palestina. Non cercò seguito tra i grandi, né esaltò i potenti dell’intelligenza, del braccio della borsa, ma gli umili e i poverelli, poverissimo anche lui. Viveva frugalmente, e abituò i suoi seguaci alla
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disciplina della mortificazione, della preghiera, del lavoro, onde fortificarli nella vita dello spirito. Ed Egli, primo, si mortificò, pregò e lungamente lavorò, santificando così con le sue mani e con la sua vita il lavoro. “Le volpi hanno la tana, e gli uccelli il nido, ma il Figliuolo dell’Uomo non ha dove posare il capo.” D’aspetto semplice, amava la mondezza, schiva da qualsiasi adornamento, e la santità della vita e della dottrina avea tale che sarebbe mostrato l’inviato di Dio. Gli occhi e la fronte aveva illuminati da tanta celeste beatitudine che nessun onesto poteva sentirsi, infelice, dopo aver visto quel volto.
A chi gli domandava come si dovesse vivere, rispondeva: Amate Iddio sopra ogni cosa e il prossimo come voi stessi; spogliatevi del superfluo per darlo ai poveri e poi, se volete essere perfetti, rinnegate voi stessi, abbracciate la vostra croce e venite, seguitemi!
E alla turba che lo circondava per ascoltarlo o perché una stupenda virtù sanatrice emanava da Lui, diceva parole di sovrumana dolcezza e di vita eterna: “Un nuovo comandamento vi dò: amatevi reciprocamente nel Signore e fate del bene a chi vi fa del male.” Dei bambini disse che i loro Angeli vedevano sempre il volto di Dio, e beato sarà colui che nel cuore sarà sempre bambino, puro come i bambini, e benedisse all’innocenza e di altissimo mai la voce gridò: guai a coloro che avranno dato scandalo agli innocenti.
Moltiplicò il pane, ma non per se, per le turbe. Non fece piangere nessuno, pianse Lui per tutti, e pianse sangue! asciugò invece le lacrime di tante di tante anime perdute.
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morte fu vinta,a vita novella risorsero i morti. Per tutti aveva una parola di perdono, di pace: su tutti un soffio di carità ristoratrice, un raggio vivificante di luce alta, divina.
Iniquamente
perseguitato e tradito, fin sulla croce invocò dal Padre celeste e a
gran voce il perdono sui barbari che lo avevano crocifisso. Egli che
aveva messa la spada di Pietro nel fodero, che non aveva sparso
né
fatto mai spargere
il
sangue di alcuno, volle date tutto
il sangue divino e la vita sua per gli uomini, senza distinzione di
ebreo, di greco, di romano, o di barbaro: re vero di pace: Dio,
Padre, Redentore di tutti! E volle morire a braccia larghe, tra cielo
e terra, tutti chiamando, e gli angeli e gli uomini, al suo Cuore
aperto, squarciato: anelando abbracciare salvare in quel suo Cuore
divino tutti, tutti: - Dio, Padre, Redentore di tutto e di tutti! non
è la sua resurrezione che
mi fa credente
che mi ha vinto, ma la sua carità : - quella carità che ha vinto il
mondo.
Gesù no, non si fece costruire un monumento funerario, come gli antichi re, eppure voi vedete dappertutto, nelle grandi città e nei piccoli villaggi, una casa, consacrata alla sua memoria, innalzarsi al cielo; anzi fin là, dove non sono abitazioni umane, tra le nevi eterne, si erge la cappella, sarà una povera capanna forse assai simile alla grotta di Betlemme, e sovra quella capanna sperduta è una croce, che rammenta l’opera d’amore e d’immolazione di Gesù Cristo Signor Nostro: quella croce parla ai cuori del Vangelo, della pace e della misericordia di Dio con gli uomini!
E oggi, nel mondo intero, si celebra il Natale, la sacra notte della nascita di Gesù.
E
per tutto è una gioia serena, una grande, universale gioia! È la
dolcezza di Dio che si fa sentire, è la santa potenza della bontà
del Signore, che è il più grande, oh sì, assai più grande e più
duratura che non rumore di tutte le battaglie di questo mondo, di
tutti i conquistatori di questo
povero mondo
questa povera terra!
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La
bontà del Signore ci attira in mezzo agli aridi e dolorosi
smarrimenti della vita; il celeste chiarore di questa mistica notte
del Santo Natale attrae anche le anime più lontane, viandanti
traviati o smarriti, come attrae il chiarore del casolare paterno
nella foresta oscura! Oh divina luce di Gesù Bambino! Oh soave e
santa bontà di Dio e della Chiesa di Dio! Fratelli, siamo buoni
della bontà del Signore, e poi non temete mai che la vostra opera
vada perduta: ogni parola buona è soffio di Dio: ogni santo e grande
amore di Dio e degli uomini è immortale! La bontà vince sempre:
essa ha un culto segreto anche nei cuori più freddi, più solitari,
più lontani! La
carità
l’Amore
vince l’odio, tutto il male: la luce vince le tenebre. Tutto
l’odio, tutto il male, tutte le tenebre di questo mondo, che sono
mai davanti alla luce di questa notte di Natale? Nulla.
Davanti a Gesù, e a Gesù bambino, sono proprio nulla! Confortiamoci ed esultiamo nel Signore! L’effusione del Cuore di Dio non va perduta per i mali della terra, e l’ultimo a vincere sarà Lui, sarà il Signore! E il Signore vince sempre nella misericordia! Chi vince diversamente, passa e non se ne parla più! Passano i re; passano i conquistatori della terra: cadono le città, cadono i regni: arena ed arma coprono il fasto e le grandezze degli uomini e i venti e le piogge disperdono i monumenti delle loro civiltà.
“ ... I buoi
nell’urne degli eroi
spengon la sete”.
cantò Zanella.
Tutto passa: solo Cristo resta! È Dio, e resta! Resta per illuminarci, resta per consolarci, resta per dare a noi nella sua vita la sua misericordia! Gesù resta E vince, ma nella misericordia! Sia benedetto in eterno il tuo nome, o Gesù!