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[Da bozze di stampa. La firma dell’articolo è di grafia di don Orione.]



Pane


Per A tutti, ma per le donne specialmente


La lingua.


Osserva che la lingua è l’istrumento del senso del gusto, il quale risiede specialmente nella sua estremità: l’altra parte più interna è più larga è meno sensibile ... Essa fu creata per gustare, per parlare; perciò è larga e molle, si distende, si contrae, e in diversi modi gira qua e là dentro la bocca”. Così scrive testualmente il nostro Sant’Antonio  (Serm. in festo Pent.), con quell’amabile senso di osservazione dei fenomeni naturali che traspare poeticamente in tutti i suoi scritti.

Ma, come quasi sempre avviene, egli dal fatto assurge a considerazioni morali. “La lingua è un piccolo membro, però nell’ordine morale è di grandissima importanza; perché, come dalle parole si può rimaner giustificati, così si può restar condannati”. Già San Giacomo l’aveva chiamata universitas inquisitatis. E non è vero forse che per essa “hanno incessante continuazione tutti i mali, gli odi, gli adulteri. Dalla lingua del detrattore scatta la malizia, come la freccia dall’arco”. (Serm. 61 in Psalmos).

La lingua del cristiano dovrebbe invece essere custodita con quella diligenza che la natura medesima sembra suggerirci. Vedete: “la natura antepose alla lingua quasi due porte, vale a dire i denti e le labbra, significando con ciò che nessuna parola deve uscirne, se non con grande cautela”. Chi si astiene dalla detrazione e dalla adulazione, è il savio che si chiude le due porte: ma in molti la lingua è insofferente d’ogni freno, e allora, per mezzo della parola “esce, come una meretrice, in piazza, garrula e frivola, ribelle ad ogni buon ordine, perturbatrice di ogni cosa. Peggio ancora quando intacca la reputazione del prossimo, quando invelenisce contro i fratelli, costituenti il corpo mistico di Cristo.


















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Non temere di dire che la lingua del detrattore è più crudele della lancia che trafisse il Corpo di Cristo, poiché lo trafigge ancor vivo: né le spine che gli punsero il capo, né i chiodi che gli trapassarono le mani e i piedi, furono più atroci della lingua del detrattore,che gli ferisce il cuore medesimo. Dice un filosofo: non dir cose indegne, in causa dei mali discorsi a poco a poco la modestia se ne va mi sono pentito qualche volta d’aver parlato, non mai d’aver taciuto; fa uso più spesso degli orecchi che della lingua. Sia dunque ogni uomo tardo a parlare e così potrà imitare la giustizia dei santi”. (Serm. in Dom, IV posto Pascha).

Scrivendo questi aurei consigli Sant’Antonio certo non pensava che la giustizia dei santi, proposta ad esempio al popolo cristiano, noi l’avremmo vista rifulgere straordinariamente il lui stesso. Oh lingua benedetta del Taumaturgo! Tu non ti sei mossa mai a parlare che per la gloria di Dio e per la edificazione delle anime! ... Ed ora questi tuoi meriti incomparabili risplendono quotidianamente nel prodigio della tua incorruzione.

A Te che, parlando alle moltitudini, rappresentanti l’ideale dell’uomo apostolico “avente nella lingua il latte e il miele della celeste dottrina” (Serm. in Dom. I posto Trinit.): a Te, scuola di fortezza, di sapienza e di prudenza, noi veniamo docilmente a prendere ispirazione, non già con la pretesa di essere come Te glorificati qua in terra, ma con la speranza di avere parte alla tua esaltazione nel Cielo!


Sac. Pietro Martinotti