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[Da bozze di stampa; vi sono correzioni e aggiunte di pugno di Don Orione.]


La lingua di Sant’Antonio ci fa scuola.


Il 15 febbraio è, pei devoti del Santo, un giorno dei più cari e solenni, poiché festeggia il perenne prodigio dell’incorruzione della sua Lingua benedetta. E facendosi interprete della gioia comune, il periodico antoniano dovrebbe trovare parole entusiastiche per magnificare la meraviglia inaudita. Ma quali le parole, quali i pensieri meno indegni? L’eloquenza medesima di un San Bonaventura, che fu primo testimonio del miracolo, si sentì venir meno all’argomento e restrinse la piena dei suoi affetti in una breve invocazione commosse: “Quand’anche - dice un insigne scrittore - io parlassi, come l’apostolo, il linguaggio degli angeli, sarei ancora impotente a lodare la lingua di Antonio. La si crede morta ed è tuttora viva. La si seppellisce e risorge. La si crede ridotta in cenere e riappare invece in tutto lo splendore della sua giovinezza!”

Tutti i miracoli che si attribuirono e si attribuiscono alla intercessione del Taumaturgo sono una sanzione del suo apostolato fra le genti. Ma il trionfo che la sua Lingua riportò sulla pudredine del sepolcro, è superiore ad ogni altro: esso è la glorificazione eterna del Santo. Per mezzo di questo prodigio il Signore viene a dire: ogni parola che partì da questa lingua fu parola di vita, la dottrina ch’essa predicò, fu quella medesima da me ispirata à miei Apostoli, quando scesi sopra di loro nel Cenacolo, in forma di lingue di fuoco; ella consigliò, riprese, confortò, gemette, atterrì sempre al bene del mio popolo, e per questo ho voluto imprimere sopra di essa il segno della mia sovrana approvazione.























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Una Grazia di Sant’Antonio


Il pericolo di asfissiarsi


Il giovine quindicenne Antonio Golfetto di Sant’Angelo (Treviso), mandò relazione della seguente grazia: “Mi trovavo in una stanza riscaldata da un piccolo fornello acceso a carbone. Ad un tratto mi sentii come un’oppressione al petto, ma uscito un momento a prendere aria, mi sentii meglio e rientrai. Dopo qualche tempo il fenomeno si ripeté più forte; onde uscii nuovamente, ma quasi incapace di camminare dovetti fermarmi e appoggiarmi ad un albero. Un mio amico, che passava per di là a caso, mi scosse chiedendomi cosa mi sentissi. Ed io, senza sapere cosa mi dicessi, risposi: nulla! Da lui accompagnato feci per tornare a casa, ma nel mettere piede sulla soglia della stanza, stramazzai a terra. I miei di famiglia allora, spaventati, mi furono intorno, spruzzandomi con l’aceto per farmi rinvenire. Quando ripresi un po’ i sensi, domandai: “dov’è la mia medaglia di Sant’Antonio? Badate di non perderla. L’ho comperata io stesso e la feci l’ho fatta benedire a Padova al suo santuario.” - Frattanto i miei genitori erano andati per il medico, che visitandomi, riscontrò in me sintomi d’avvelenamento, causati dall’acido carbonico. Disse che avrei potuto anche restar vittima del sinistro accidente, ma che, ad ogni modo, ogni pericolo era ormai scongiurato. Io non ho voluto lasciar passare quel triste giorno senza ringraziare il Santo dei Miracoli della sua benefica assistenza, e prima di coricarmi m’inginocchiai dinanzi all’immagine di Sant’Antonio, esprimendogli commosso tutta la mia gratitudine.

Il Taumaturgo mi concede di non dimenticare mai il segnalato beneficio da lui ottenutomi, e di attirare sopra di me le sue benedizioni con una vita tutta informata al suo spirito. E con limitazione delle sue angeliche virtù.






















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Amate Dio, la patria, i genitori,

e fate anche del bene a chi vi nuoce.

La gioventù, che sente bollire i fiotti ardenti e generosi della sua vita piena di energia, che corre a grandi passi la via dello sviluppo fisico e morale, di natura sua alberga un certo spirito d’indipendenza: “libertà va cercando ch’è sì cara ...” Ma, se avrà di mira la vita, del giovane Fernando dei Buglioni l’esempio di S. Antonio di Padova vedrà che la libertà ha bisogno di essere diretta nei suoi primi movimenti, che si smarrisce se non è illuminata e sorretta da coloro che sono vecchi della vita; vedrà che non è vile e non s’impicciolisce l’uomo che s’impegna di vivere sotto una saggia guida, in seno a sacre istituzioni per il raggiungimento di alti e puri ideali; come non è vile chi obbedisce alle autorità costituite o per diritto di stato, o per diritto di saggezza. In ambedue i casi la sottomissione e l’obbedienza, più o meno direttamente, si riferiscono a Colui, al quale obbediscono e il cielo e la terra.

Nei tempi che corrono il soffio gelido della religione e della indifferenza tenra spazzare dal mondo tutto ciò che è giusto e santo, e dissipare le più belle tradizioni dei nostri padri. Le nuove generazioni hanno dichiarata guerra a Dio e l’hanno bandito dagli atti pubblici, dalle scuole e dai tribunali. O gioventù cristiana, sant’antonio leva alta la bandiera della croce e ti dà il grido d’allarme: sequere me! Abbi animo forte e risoluto nel praticare e difendere la tua Religione: con gli esempi, colla voce, cogli scritti, colla preghiera potrai esercitare un apostolato sublime e rigeneratore.

O giovani, cuori generosi palpitanti nel rigoglio della di vita, unitevi in santa alleanza, formate legioni di eroi cristiani: un glorioso vessillo, simbolo della vostra fede, sventoli nel puro azzurro del cielo e porti scritto questo nome: Sant’Antonio!

























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A onesta meta

Egli vi scorga, e renda a voi men grave

il peso della vita. Al sacrificio,

al coraggio dei forti, che securo

attente e non dispera, Egli vi cresca;

e negli onesti cuori si infiammi

quell’invitta virtù che tanti addusse,

dei padri nostri sui campi di guerra,

e che morir fa bello!

Questi parvoli giovani a me venir lasciate

poi ché per loro è il regno del Signore!”.