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[Da bozze di stampa; vi sono correzioni e aggiunte di pugno di Don Orione.]
Nascita e natali di Sant’Antonio
Più grande e più bello
Sant’Antonio fu detto da Padova perché a Padova lungamente predicò, e a Padova si addormentò nel Signore: ivi poi nella splendida Basilica del Santo, modellata da Nicolò Pisano è custodito e in grande venerazione il suo Corpo benedetto. Ma Sant’Antonio, in verità, non in Italia nacque, bensì a Lisbona. A quei tempi era Lisbona città importante, non però quello che oggi è, né ancora capitale del Portogallo, il paese che, avanti la scoperta dell’America, parea ai nostri antenati sì lontano, che lo dicevano “situato all’estremità del mondo”.
Per
molto tempo non si trovarono documenti da poter precisare il giorno
della nascita del Santo. Dobbiamo essere grati al De Azevedo di
Coimbra, che scrisse di lui una vita meritevole veramente d’essere
conosciuta, benché alquanto mancante
dal alto critico, se oggi possiamo con certezza ritenere ch’egli è
nato il 15 di Agosto del 1195, festa della gloriosa Assunzione di
Maria SS., tredici anni dopo la nascita di San Francesco d’Assisi.
Suo padre fu Martino dei Buglioni, brillante e valoroso ufficiale
dell’armata di Alfonso I, Re di Portogallo, della famiglia illustre
che aveva dato al regno franco di Gerusalemme il celebre Goffredo di
Buglione, duce ed
(eroe) della I.ª Crociata, l’eroe
che non volle mai portare la corona di re colà dove Cristo aveva
portata corona di spine, e si fè chiamare non più che protettore
del Santo Sepolcro. E madre al Santo fu una “dama mobilissima”
Donna Maria Teresa Tavera, discendente da Froila, re delle Asturie.
Critici recenti, specialmente il Lepitre, non sanno acquietarsi a questa genealogia, che dicono non aver prove sufficientemente forti. Non usi a disprezzare la critica, quand’è
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buona
critica, non fatta a tesi obbligata o a punta di spilli, siamo lieti
di far nostro quanto, dei natali del Santo scrisse il cronista
Rolandino, e di trovarci così in pieno accordo anche con lo stesso
Lepitre, il quale dichiarò che la testimonianza del Rolandino “non
è sospetta”, cioè che i genitori di Sant’Antonio erano al certo
“nobili e potenti”.
Del
resto
Comunque è
bello ricordare qui il nostro Parini:
“Altri le altere cune
lascia, o garzon, che pregi,
le superbe fortune
del vile anco son fregi;
chi della gloria è vago,
sol di virtù sia pago”.
Per noi cristiani la questione dei natali dev’esser cosa molto secondaria; non da oggi sappiamo che la nobiltà
“sol da noi si guadagna,
e con noi s’accompagna”.
Benché
non devesi tacere che l’esser nato metta in maggiore evidenza le
virtù del NOSTRO Santo, il quale seppe dare un addio anche
a tutte
le agiatezze d’una vita signorile per rendersi umile fraticello e
seguace perfetto di Gesù Cristo.
Del resto molto bene disse un dotto: “che poteva pur fare a meno della nobiltà del sangue colui che colle sue virtù e colle sue opere doveva raggiungere fama sì gloriosa nella Chiesa.” Ciò che risulta dai migliori biografi di Sant’Antonio, e pur dalla lapide sepolcrale della madre sua, che si trovò esser stata sepolta nella chiesa di San Vincenzo di Lisbona, è che i genitori suoi furono oltre ogni dire esemplari e distinti pel fervore della fede come per le opere della loro carità, in tutti irreprensibili secondo i comandamenti e i precetti del Signore, come dice il Vangelo.
Quando il Santo nacque essi erano ancora giovanissimi, ed Antonio fu il loro primogenito; pare avessero poi altro figliuolo e due figlie, ma dalla storia nulla risulta di certo.
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Secondo un antico uso del Portogallo, probabilmente egli venne battezzato nel dì ottavo dalla nascita, e i genitori vollero si chiamasse Fernandez, per affetto al fratello del padre, che avea tal nome, ed era tra i più distinti Canonici della Cattedrale di Lisbona.
E
la piissima madre lo offerse IN quel giorno e quasi lo consacrò alla
Vergine Immacolata, dalle cui mani parea averlo avuto. Il fonte
battesimale ove Fernando fu rigenerato al Cielo venne poi conservato
per più secoli in venerazione, e così la camera dov’egli nacque;
che anzi tutto il palazzo fu trasformato in una GRANDE
chiesa,
ricca di marmi e di arte. Prima del
grande
DELLO STORICO terremoto
del 1 novembre 1755, così vivamente descritto dal nostro Baretti, si
appiccò alla chiesa il fuoco, ma, giunto all’altare del Santo, ne
lasciò intatta la veste e altri oggetti appartenuti a Lui, benché
facilmente
combustibili.
Venuto
poi il terremoto, anche la chiesa del Santo cadde, e parecchi mesi
dopo nel togliersi le
delle
ruine SI ritrovò sotto di esse un fanciullo ancor vivo, sano e
vispo.
Meravigliato
il popolo come egli avesse potuto sopravvivere tanto tempo sotto sì
gran cumolo di macerie rispose che “un fraticello di San Francesco
gli portava ogni dì da
il mangiare gli teneva compagnia e lo faceva giocare. La notizia si
sparse tosto per Lisbona, e anche il Re volle vedere il fanciullo ed
interrogarlo; evidentemente egli
era stato salvato
da Sant’Antonio.
Né
saprei meglio conchiudere che ricordando un’augurale
una straordinaria circostanza che non andò perduta. Gli
Angeli del Signore discesero a schiere sul palazzo de’ Buglioli
mentre Sant’Antonio nasceva
Le antiche cronache narrano
che intorno alla culla del santo furon veduti vegliare gli angeli; e
un raggio luminoso partì dal quadro della SS.
Vergine Assunta, che era nella chiesa di fronte e andò quasi
ad
avvolgere di celestiale splendore
la
culla del Santo
il neonato.
E, veramente, una grande luce di fede sorgeva sul mondo.
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Io non muto!
Un giorno, a Notre-Dame di Parigi, la figura divina della Chiesa Cattolica passò d’un tratto innanzi al pensiero d’uno dei più grandi predicatori francesi. L’oratore dapprima ne fu come sgomento, ma poi, ispirandosi ad essa, come a meraviglioso argomento in favore della dottrina di Cristo, introdusse nel suo discorso questo dialogo, che a molti parve la voce di Boussuet, eccheggiante nel secolo XIX:
- Tutti i secoli, gridò Larcordaire, gelosi d’una gloria che supera la loro, con arti più o meno subdole, hanno tentato d’intaccare l’integrità della dottrina cattolica. Sono venuti l’uno dopo l’altro alla porta del Vaticano: hanno bussato chi col coturno, che con lo stivale, e la dottrina cattolica è uscita sotto le forme d’un bianco vegliardo, e ha chiesto loro: - Che volete?
- Delle riforme. – È inutile. Io non muto!
- Ma tutto è cambiato nel mondo: l’astronomia, la chimica, la medicina, la filosofia, il governo: perché solo la dottrina di Cristo si ostina ad essere sempre quella?.
- Perché viene da Dio, e Dio non muta.
- Ma non sai che siamo forti e potenti, che abbiamo migliaia di uomini armati? Trarremo le sciabole, e quest’arma, che frange i troni, potrà anche troncare il capo d’un vecchio come te, e strappare alcuni fogli al tuo catechismo.
- Fate pure, il sangue è l’aroma in cui la fede di Cristo si è sempre rigenerata.
- Prendi metà della mia porpora, accordami ciò che ti ho chiesto, e facciamo pace.
- Tieni pure la tua porpora, o Cesare, fra poco essa servirà ad avvolgere il tuo cadavere, e la Chiesa canterà sopra di te il De Profundis: la Chiesa non muta! Me ne appello a voi, O Signori, non è questo un fatto?
Non si tenta in ogni secolo di mutilare quel dogma, che forma la nostra grandezza?
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Quanti vollero dalla Chiesa il sacrificio di qualche cosa: dell’eternità delle pene, della confessione o della soluzione del matrimonio, del Sacramento dell’Eucarestia, della Divinità di Gesù Cristo, dell’infallibilità del Papa?
No, dice la Chiesa: voi passate io resto: tutto cambia quaggiù: io non muto!
Fra Giuseppe
Eremita della Divina Provvidenza
Il Romitorio di Monte Paolo
Dove Sant’Antonio fece penitenza
L’antico
romitorio di Monte Paolo è posto sulla più alta cima del monte
dell’istesso nome, che forma l’ultima catena di quella parte
dell’Appennino che passa per la Romagna Toscana. Sulla destra
scorre il fiume Montone, e a sud si stendono i monti per quanto
l’occhio può vedere. Fu in questo luogo solitario che S. Antonio
venne quando, ritornando dal capitolo generale dell’Ordine nel
1221, ne ebbe il permesso dal P. Graziano Provinciale di Bologna,
sotto la cui obbedienza era stato posto, per poter vivere una vita
più perfetta in contemplazione e nello studio della S. Scrittura, e
così prepararsi per il lungo e fruttifero apostolato al quale Dio lo
aveva
destinato
destina. In
un sito appartato del monte era stata fabbricata una grotta da uno
dei frati della comunità di religiosi che colà vivevano. S. Antonio
pregò il buon fratello che gli permettesse di vivere in quella
grotta, e la sua dimanda fu esaudita. La presente grotta di pietra,
secondo la locale tradizione, indica il luogo del romitorio; e una
pietra che si dice facesse parte del primo, porta un’iscrizione che
dà un cenno del come il Santo passò quivi nove mesi in penitenza e
contemplazione. La pietra venne collocata in parte cospicua della
nuova grotta dal
presente
custode
P. Teofilo.
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Una risposta
Perché ci rivolgiamo a Sant’Antonio di Padova, per ritrovare le cose perdute?
Ecco come si esprime il P. Nomet: Dio fa rifulgere la santità di Sant’Antonio di Padova con una gran quantità di miracoli. Tutti i popoli ricorrono a Lui nei loro bisogni, sopratutto per ritrovare le cose perdute o smarrite. Fatene l’esperienza alla prima occasione, e vedrete. Il credito ch’egli ha presso Dio a questo riguardo l’empietà di coloro che consultano gl’indovini, e che perdono l’anima per ritrovare una cosa da nulla, che sarà loro stata rubata, e che essi potrebbero ritrovare per mezzo di vie sante e legittime. Ahime! spesso noi perdiamo la traccia di Dio, spesso il nostro spirito, mentre prega, si smarrisce e si sottrae; spesso perdiamo la carità, la divozione e le grazie per la nostra negligenza, senza darcene pensiero. Quanto saremmo felici, o gran Santo, se per l’intercessione delle vostre preghiere potessimo ritrovare questi beni dell’anima.
A uno di quei critici ineducati, che riprovava l’uso popolare di indirizzarsi a Sant’Antonio per ritrovare le cose perdute, San Francesco di Sales rispose un giorno: “Davvero, Signore, ho voglia che facciamo insieme un voto a questo Santo per ricuperare ciò che noi perdiamo ogni giorno; Voi, la semplicità cristiana, io, l’umiltà di cui trascuro la pratica”.
Ecco, a proposito, una piccola e bella preghiera per ritrovare gli oggetti perduti: “O grande Sant’Antonio, apostolo della bontà, che avete ricevuto da Dio il potere speciale di far ritrovare le cose perdute, soccorretemi in questo momento affinché, colla vostra assistenza, io ritrovi l’oggetto che cerco. Ottenetemi anche una viva fede operosa, una docilità perfetta alle aspirazioni della grazia, il disgusto dei vani piaceri del mondo e un desiderio ardente delle gioie ineffabili della beata eternità. Così sia.
Pater, Ave e Gloria. O Sant’Antonio, pensateci Voi! Sotto e in grosso
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Filosofia e religione.
Un giorno il filosofo Cousin, passeggiando con un amico, vide un giovane prete che entrava in una povera capanna, portando sul braccio la cotta e la stola. Cousin lo seguì con lo sguardo, finché scomparve, e, dopo, voltosi all’amico, che gli era vicino, disse: “Vedi quel giovine curato? Egli va a compiere una grande azione: va ad aiutare un uomo a ben morire”. Noi filosofi per 30 anni ci siamo sforzati a filosofare e chissà quanti propositi abbiamo infilati. Invece i preti, che noi disprezziamo, hanno combattuto e combattono i vizi nelle anime cattive, la tentazione nelle anime dubbiose, la disperazione nelle anime che soffrono.
A tutte essi portano il conforto della carità di Gesù Cristo altrettanto eroica quanto nascosta. E noi vorremmo buttarli al fiume e disfarcene? Ah! sarebbe meglio se vi fossimo gettati noi! Essi si sacrificano per quelle anime della cui esistenza non discutiamo con superba vanità.
Benedite, o Sant’Antonio, i Benefattori dei nostri Orfanelli. Più in grosso e pregheremo sempre per lui, che amò tanto e beneficò Don Orione e i suoi ragazzi! egli veglierà dal cielo su voi altri, cari piccini e sui vostri genitori.