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[Grafia di Don Orione: per l’Opera della Divina Provvidenza]
Venite ad Me Omnes!
Una voce risuonò, in un giorno lontano, sotto i cieli di Oriente: Venite a Me voi tutto che siete stanchi ed addolorati ed IO vi ristorerò “ed a quelle parole echeggiate rapidamente e dolcemente su tutta la terra le turbe che incedevano curve e lagrimanti l’erta della vita si soffermarono trepide, quasi temendo d’aver frainteso, d’esser gioco d’un sogno. Ma sogno non era. - Lo dissero i lebbrosi mondani, i sordi che avevan riacquistato l’udito, i muti che favellavano, i ciechi cui era ridata la vista, gli estinti richiamati alla vita, le migliaia di famelici prodigiosamente saziati con pochi pesci e cinque pani ....
Chi aveva fatto risuonare il pietoso invito? chi mantenuto tanta promessa? - non un credo, né un genio né un re della terra poiché né scettro, né dottrina né censo danno la celeste possanza di asciugar, nonché tutte, una sola delle lagrime che il dolore spreme ad un’anima immortale. - Colui che osò promettere tanto e seppe mantenere la parola, non poteva essere se non Dio; ed è Gesù benedetto infatti che bandì sulla terra questo verbo consolatore. - Ma chi crederebbe che dopo aver corrisposto per lunghi secoli all’invito di vino, dopo aver toccato milioni di volte, con mano, l’adempimento della celeste promessa, il mondo se ne scordasse, o meglio, reso duro di cuore dalla nefasta influenza dell’eresia giansenista, più non credesse di dover iscorgere in Gesù Cristo (perennemente vivo quaggiù nella Santissima Eucaristica), se non un Padrone esigente ed un Giudice rigoroso, verso cui convenisse nutrire soltanto sensi di riverenza gelida e di timore servile? Gesù avrebbe potuto lasciare il mondo in questa durezza colpevole, ha la sua carità non vi resse.
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Replicò l’invito rivelando alla vergine claustrale Margherita Alacoque tutto l’amore che Lo struggeva per noi, tutto il dolore che provava per l’umana freddezza e sconoscenza. - E perché il mondo non potesse resistere alle dolci attrattive di questo secondo invito mostrò quale fosse il Cuore da cui partiva ... un Cuore di carne, palpitante appunto per dolore ed amore: dolore che aveva il suo simbolo nella croce da cui il Cuore è sormontato e nelle spine da cui è recinto, amore che aveva eloquente figura nelle fiamme erompenti dalle sue cavità misteriose come da una fornace inesausta ... Gesù stesso parve spiegare un tale simbolismo allorché disse: Venni a portare sulla terra il divino fuoco dell’amore e che altro voglio se non che s’accenda? - Ma affinché mai più ne venisse meno l’esca, in un mondo in cui tutto così rapidamente si raffredda e scolora, spinse la divina sua tenerezza sino a rivelare quale compenso (oh! inconcepibile degnazione di Dio che giunge a premiare come atto di virtù ciò che dovrebbe essere per noi stretto dovere e dolce bisogno!), fossero serbati alla fede di chiunque Gli renderà un culto di filiale confidenza e di umile amore. Chi non conosce le dodici consolantissime promesse di codesto Cuore adorabile? Oh! rendiamocene degni oggi in cui - più ancora forse e che nel secolo XVII° - vi è necessità impellente che grazie speciali ci aiutino a portare il peso di doveri resi così difficili e dolorosi dalle condizioni politiche e sociali dell’ora! - a mantenere e ristabilire nelle famiglie nostre la pace turbata da tante inconsolabili ed insidiata altresì da tutte le arti della stampa e dell’azione settaria! Oh! sì quanto bisogno abbiamo che sulle imprese individuali e sociali scenda, auspice di buon esito, la benedizione del Cuore di Gesù! che, mentre lo scandalo e l’irreligione provocano così audacemente l’ira divina, ci sia schiuso
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un oceano di misericordia ove le anime tiepide attingano la grazia del fervore, le fervide la virtù di elevarsi rapidamente alla più alta perfezione, i sacerdoti il dono di commuovere i cuori più induriti, tutti, l’ineffabile consolazione d’avere il nostro nome scritto in quel Cuore, donde “non sarà cancellato giammai”! - Ma che ci vuole per avere diritto di sperare tanto? Non altro fuorché una tenera e vera devozione al Sacro Cuore di Gesù! - E in che consiste una tale devozione? Nei manuali di pietà la si trova comunemente riassunta in quattro pratiche: la preghiera, la frequenza dei Sacramenti, la visita amorosa alla SS.ma Eucarestia (ove il Cuore di Gesù palpita vivo e vero e merita e si attira ogni ossequio più dolce di qualunque sua immagine), ed il ricorso a Maria, Signora del Cuore divino e dispensatrice delle sue grazia. - Ma parmi vedere i timidi, i sonnolenti, i difettosi, tutto coloro che trovano o credono di trovare in sé la mancanza delle disposizioni necessarie per ben compiere queste pratiche pie, fare un atto di scoraggiamento e mormorare: non siamo adunque fra quelli che Egli invita noi! “Ed io odo una voce divina: andate per le vie e per le piazze, pei campi e lungo le siepi e quanti ciechi e zoppi e storpi incontrerete conduceteli a Me. - Voi tutti che mi leggete sapete donde venga e che significhi questa voce, è vero? Ma si obietta tristamente: “non siam difettosi soltanto, abbiam l’anima piagata di colpe, paralizzata da abitudini peccaminose, spoglia del più piccolo bene ...”
Sarà vero; ma udite: San Gerolamo, favorito da celeste visione per entro la grotta di Betlemme, nella notte d’un Natale lontano, domanda nella gioia dell’estasi, al divino Pargoletto che cosa possa offrirgli in cambio del suo amore ... e a Gesù che, sorridendo, risponde a ciascuna delle successive sue offerte: “ciò non mi basta”il Santo, dopo avergli fatto omaggio di tutte le sue veglie e macerazioni, di tutti i suoi e digiuni di tutte le sue
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orazioni e lagrime, prorompe attonito e quasi sconfortato nel grido: ma che posso adunque darti che già non t’abbia messo ai piedi, o Signore? - E la dolcissima voce di Gesù risponde ... Uditela: dammi i tuoi peccati perché li cancelli! Oh! voi che dite d’essere piegati, paralizzati dalle colpe, non avrete questo almeno da offrire a Gesù? - E, purtroppo, non l’abbiam tutti, forse? Nulla può impedirci dunque di accostarci confidenzialmente ad un Dio che domanda alle anime povere, inferme, ignoranti la sola disperazione di lasciarsi arricchire, guarire, illuminare, riempire di luce, di forza, di pace ... Questa disposizione (facile ad acquistarsi con un po’ d’umiltà), porterà seco le altre, come la fame di l’attitudine a mangiare, come l’amore dà la capacità di sacrificarsi.- Sì la preghiera ed i Sacramenti diventano per l’anima che riconosce le sue miserie ed infermità un bisogno; il ricorrere poi a Maria le riesce tanto naturale quanto lo è a tutti, nei casi comuni della vita, il rivolgersi alla madre indulgente e venerata dal figlio, allorché si ha qualche cosa a farsi da lui condonare o concedere. Anzi questo ricorso alla Vergine sarà per noi una necessità se ci penetreremo del concetto che ha della di Lei onnipotenza di grazia la Chiesa la quale insegna non potersi andare a Gesù che pel tramite di Maria, da Gesù stesso costituita Mediatrice di perdono e di pace, concetto mirabilmente riassunto in una terzina del divin Poeta:
Donna, se’ tanto grande e tanto vali che qual vuol grazie e a Te non ricorre
sua desianza vuol volare senz’ali!
Su dunque, per Maria a Gesù! - A Gesù per consolarlo con la piena, riconoscente accettazione del Suo invito d’amore, a Lui per dargli modo di mantenere con quella larghezza e pienezza ch’è nei desideri dell’ardente Suo Cuore, le promesse fatte a quanti
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Gli tributeranno un culto sincero di ripa razione e di gloria - Oh! ch’Egli non abbia una volta ancora - come all’Eterno al tempo del diluvio - a dichiararsi pentito d’aver beneficato il mondo! - No, no, ciò non avverrà mai avendo Gesù assicurato che dimorerà sacramentalmente sulla terra fino al ritorno di essa nel nulla, ma ch’Egli non abbia neppure a rammaricarsi d’aver nutriti, con il fiore e l’abbondanza della sua grazia, troppo immemori e troppo ingrati. - Siano anzi più compatte, più numerose, più ferventi che mai le schiere di (anime risolute e bramose di fare ammenda degli odi che insanguinano la terra, delle bestemmie di cui essa risuona; assicurando così la salvezza nostra, concorreremo ad instaurare quell’era di pace dignitosa e durevole che è nei voti più caldi del Sommo Pontefice e nelle aspirazioni di tutti i buoni. Ma se ci sta a cuore di rendere a Gesù un omaggio più d’ogni altro adatto a consolarlo, sforziamoci ad imitare oltre all’umiltà, l’altra virtù prediletta dal suo Cuore, quella di cui Egli fece il precetto suo allorché disse: amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi, cioè la carità. Oh! se tutte le anime devote di Gesù e quante opere e iniziative sorgono a manifestare ed a concretare un’idea potessero con verità far proprio il motto: Charitas Christi erget nos, cioè: la sola carità di Cristo ci dirige e ci ispira, non sarebbero lontani, no, i giorni ardentemente auspicati della pace. Che la carità adunque sia il profumo, lo stigma della nostra devozione al Cuor di Gesù; è tanto facile a tutti, siano pur poveri e difettosi il dispensare un po’ di bontà, l’amare il prossimo e beneficarlo, rassegnandoci a nostri patimenti e pregando! - E divino, ineffabile compenso ai nostri sforzi generosi sarà la consolazione promessa da Gesù stesso a chi per Lui soffre e in Lui confida, poiché come Egli asserisce nel
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S. Vangelo e come, ispirandosi a quel concetto, canta il Borghi:
“mancherà la terra e il sole,
dell’eterne Sue parole
il tenor non mancherà”.
Preghiamo dunque la Vergine ed i Santi “ut digni efficiamur promissionibus Christi” - e giugno sua per tutti un mese di fervore e di grazie ineffabili. - Alleluia!