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[Da copia manoscritta.]
Osanna! .... Crucifige!
Due parole, due scene opposte, echeggiate le une, svoltesi le seconde nel breve spazio di tempo scorso dall’entrata trionfale di Gesù in Sion alla di Lui delittuosa condanna a morte! - Io le rievoco; eccole: Oggi, montato su una bianca giumenta, Gesù incede tranquillo al Tempio e la folla getta sotto i suoi passi rami di palme e di fiori, mentre da tutti i petti esce irrefrenabile il grido: Osanna al Figliuol di Davide! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore! Scorsi appena tre giorni, quella stessa folla circonda nuovamente Gesù, ma Gesù con le braccia legate a tergo, il capo coronato di spine, il sacro volto imbrattato di sputi, le spalle lacere e peste coperte da un cencio di porpora schermitrice; e dalla folla non s’innalza più un inno di benedizione e d’amore ma il sacrilego, l’orrido urlo: Crucifige! Orbene : Non ha somiglianti scene la vita? Scorro i volumi della Storia e leggo: Cristoforo Colombo, reduce dal primo e glorioso suo approdo alle vergini dive del Nuovo Mondo viene portato in trionfo dall’entusiasta folla madrilena sino ai piedi del superbo trono dei Re di Spagna che lo ricolmano di ricompense e d’onori; pochi anni dopo vi è riportato stretto in catene e non v’è chi difenda la sua virtù posta in dubbio dalla calunnia, chi gli impedisce pei suoi persecutori un mondo.
Giovanna d’Arco, stringendo in pugno l’invincibile spada con cui, nella virtù dell’Altissimo, ha liberato la Francia dai suoi nemici implacabili partecipa oggi all’apoteosi di Carlo VII incoronato in Rheims; pochi mesi dopo, sfinita da una lunga atroce prigionia ella sale il rogo sotto l’imputazione di fattucchiera e i carnefici ne
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disperdono le ceneri al vento Luigi XVI e Maria Antonietta, proclamati sovrani di Francia, incedono al maggior Tempio di Parigi fra le salve delle artiglierie, il concento delle campane, gli evviva del popolo plaudente, otto anni dopo una lugubre carrettella, scortata da ignobili sicari del Terrore si apre a tento il passo tra la folla ebbra d’odio e di sangue e porta i due augusti sposi al patibolo infame.
Pari all’jeri è l’oggi. - Se mi guardo intorno, quanti idoli d’un giorno vedo fatti bersaglio allo sprezzo nel giorno di poi! Quanti fulgori di glorie che jeri parevano ineclissabili, svaniscono nelle caligini della calunnia o nella greve nebbia d’un immeritato oblio. - La sola spaventevole cronaca dei suicidi non prova d’altronde quali e quante tremente delusioni siano serbate a chi confida nell’uomo, a chi fa della pubblica opinione il conto in cui dovrebbe tenere unicamente la voce della coscienza e il beneplacito del buon Dio? Sarà il caso di scoraggiarsi per questa verità così dolorosa? No, poiché a questo dobbiamo dei il nostro Io, tanto avido di gioie e di onori fugaci, se ne disgusta e finisce per aspirare al suo unico termine felice: il cielo! Non fare che un molto relativo assegnamento sugli umani anime già esercitare nella virtù del distacco, dalle affezioni umane. - Io penso: Di che è simbolo il passeggero entusiasmo con cui gli abitanti di Gerusalemme Osanna al Figliuolo di Davide, spargendo sul suo cammino palme e fiori se non del fervore sensibile che talvolta ci porta a lodare, benedire con intensa commozione Iddio e a deporre ai piedi dei suoi Tabernacoli mistiche palme di aspirazioni eroiche, mistici fiori di promesse ardenti?
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E di che, per contrario, è simbolo l’odio con cui quella stessa folla, pochi giorni dopo, insulta e vuole a morte Gesù, se non delle colpe gravi in cui tanti cadono miseramente non appena il fervore sensibile vien meno e alla luce del sorriso di Dio subentra nell’anima loro la tenebra della tentazione o l’infausto miraggio dei sofismi del mondo fariseo? Purtroppo: oggi, per un po’ di fervore, ci crediamo confermati in grazia e presumiamo delle nostre forze al punto da non curare le insidie dei nemici di Dio, consci della nostra debolezza e tendenti le loro reti nell’ombra; domani, sottoposti alla prova, ci lasciamo abbattere come se il fervore sensibile fosse condizione di merito e cediamo alle insinuazioni di Satana, che sta in agguato per renderci strumento del suo odio verso l’Eterno. “Non presumere e non avvilirsi mai, fondati nella certezza (di fede) che nulla possiamo da noi stessi, ma tutto in Colui che ci conforta” ecco la massima facile a dedursi da questi riflessi santi. Non ve ne sono altre? - Se ne potrebbero trarre in copia, se lo permettesse lo spazio; ma queste due forse le sintetizzano tutte opportunamente.
Non concluderò tuttavia senza esporre una verità che ci animi a desiderare e volere il perfetto distacco nostro dalle gioie terrene, a vegliare perché stia lungi da noi la presunzione che espone al pericolo, lo scoraggiamento che ci fa cadere miseramente.
Quale verità? - Che se sulla terra agli osanna susseguono spesso i crucifige, passate le barriere della morte questo ordine di natura si invertirà, saranno gli osanna degli angeli che ci compenseranno dei crucifige risuonati nel nostro povero cuore lungo il triste pellegrinaggio dell’esilio!
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Ma intanto? - Teniamoci stretti, non alle consolazioni di Dio ma al Dio delle consolazioni mercé una fede salda ed ardente, fede di soldati e non già di bamboli, cibo corroborante nell’ora del cimento, non latte d’idealismi, senza nerbo che sono solo l’illusione della virtù.
Allora, dopo aver cantato osanna a Gesù nella gioia, sapremo benedirlo altresì nella prova, e verrà preso il giorno in cui, lieti e felici di non aver mai mutato i sentimenti nostri d’amore per Lui, ci uniremo alle coorti dei santi e degli angeli per sciogliere a Dio gli immortali osanna, tra le palme e nella luce radiosa della celeste Sionne, Così sia.