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[Da bozze di stampa; vi sono correzioni di pugno di Don Orione.]
... luogo con la velocità del pensiero, e sarà sempre inondato dallo splendore della gloria. L’anima qui soffre tentazioni, inquietudini, dolori morali talora profondissimi; ma in Paradiso godrà tranquillità sicura. Appena entrata nel celeste regno, l’anima sentirà corrersi in seno quasi un fiume di pace, di quella pace che supera ogni senso, e che Dio solo può dare. E vivrà di Dio, felice di tutte le sovrumane felicità, perché possederà il suo Bene, il più grande di tutti i beni, Dio stesso: Dio nei pensieri, Dio negli affetti, Dio nella eternità! E in Dio gioirà il nostro cuore, e nessuno potrà mai rapire il nostro gaudio.
Lo so, gli Stoici e la scuola materialista moderna dicono che dobbiamo praticare la virtù per la virtù, perché è nostro dovere, e che la virtù è premio a se stessa. Ma chi parla così o non conosce il cuore dell’uomo, o vuole ingannare sé e altrui.
Chi
negherà che la virtù apporti gioie? Non noi, certo. Ma sempre? No.
Ma durano molto? No. Ma contrappesano i sacrifici? No affatto
o
rarissimamente.
Ma
tutti sono capaci di assungere, di sentire la bellezza della virtù?
No, pochissimi
Ma
la virtù
dunque basta
ed
è premio a se stessa? No. Eh ci vuol altro per ottenere i sacrifici
della virtù! Dite all’agricoltore: Ora semina il tuo campo, ora
coltiva la tua vigna, ma non pensare alla messe, né alla vendemmia.
Dite all’operaio: lavora all’officina,
ma non curarti della mercede
logora
la
tua
salute,
ma
non pensare al guadagno, e poi vedrete. Sentireste che risposta vi
darebbe il soldato cui si dicesse: Va, o soldato, battiti da eroe,
muori, ma non preoccuparti se la Patria resterà sotto il tallone
tedesco: la virtù basta a se stessa, anche la patria gela, anche sia
serva, muori chiudere ai signori della virtù disinteressata la
bocca per sempre.