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[Bozze di stampa - Opera Divina Provvidenza; vi sono aggiunte e correzioni di D. Orione]



Ritorniamo al Presepio!


In questi ultimi anni il Presepio aveva corso pericolo di scomparire. Negli ambienti domestici e scolastici il Natale era diventato la Festa dell’Albero: alla capannuccia, artistica o misera, ma sempre feconda di religiosa poesia, si sostituiva l’Albero dei doni, così povero nella sua fastosità, così vuoto di soprannaturale.

Lasciamo ai freddi popoli dell’errore i loro “alberi” semplicemente naturali, e siamo gelosi conservatori di ciò che è gloria della nostra Italia.

Amiamo il Presepio! Lo amammo bambini, quando con una religiosità grave, che diceva esser noi consapevoli di entrare nell’arcano di un mistero, si costruiva noi stessi la capannuccia con le statue, le fronde e i lumi; e a Gesù Bambino si parlava come si parla tra bambini, compatendo alla sua povertà e al suo soffrire. Amiamolo sempre perché dinanzi a Dio non cessiamo di essere bambini. La scena del Presepio suscita in tutti una commozione che non somiglia a nessun’altra; è la chiarezza del simbolo che ci fa cadere in ginocchio per adorare, è tutta la poesia creata intorno al Presepio dalla fede, dall’arte, dall’amorosa fantasia di tanti secoli, che rivive e incanta.

Amiamo il Presepio. Non il Presepio lussuoso del Seicento o del Settecento, ma il Presepio che aiuta la nostra fede e alimenta il nostro amore. Il Presepio ideato da San Francesco non è un’anticaglia, né un oggetto commerciale: il nostro Presepio deve mandare il riverbero della luce che illuminò la collina boscosa di Greccio. Non meccanismi più o meno... misteriosi che col Presepio non hanno nulla che fare; ma la semplicità, la tenerezza soprattutto la fede ardente di Francesco d’Assisi, il grande italiano!

Allora vedremo Gesù, Gesù vero, che ci inonda di gioia.