V104T147 V104P271


[Minuta di articolo]



Da le buje caverne de’ monti, ov’erano dannati all’estrazione de’ metalli, come dalle primitive basiliche delle catacombe: da l’arena del Circo romano, come di su l’eculeo e da’ supplizi, per tre secoli di lotte gloriose di martirî memorandi, fu un grido solo di fede, fu la parola di Dio che consolò migliaia di vittime, fu la religione eccelsa e santa che insegnò che alleviò il dolore; la religione che doveva spingere Silvio Pellico a baciare quelle catene della sua prigionia e a benedire la prigione, che gli aveva fatto trovare Iddio.

Ah la voce della religione è un grande conforto per gli sventurati, i suoi conforti sono più soavi del balsamo, più cari del ruscello limpido e fresco che lo stanco pellegrino trova su le arene infuocate del deserto!

Beati quelli che piangono e soffrono e pregano! Furono veduti andare profughi e su la fronte, usa a portare il diadema de la sovranità, splendere un’aureola più gloriosa: la religione li aveva circondati nella sventura d’una grandezza che non avrebbero avuta mai seduti sul trono: Napoleone a Sant’Elena, Luigi di Francia sul patibolo, Pio VI prigioniero, Pio IX a Gaeta - sono figure misteriose e venerande e di una grande di una maestà e di una grandezza più che umana. “Ah la religione è un grande conforto!” diceva Silvio Pellico, e baciava le catene della sua prigionia e benediceva a lo Spielberg, ove aveva l’anima, prima ondeggiante tra lo scetticismo e la fede e immersa in profonda tristezza, era caduta vinta, aveva trovato conforto né pace davanti alla bellezza e alle consolazioni della religione del cristianesimo.