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[Minuta: grafia di Don Carlo Sterpi, vi sono aggiunte e correzioni di pugno di Don Orione]



Eccellenza Reverendissima,

Debbo con profondo dolore darLe la triste notizia della morte di D. Angelo Bariani. Sono giunto a tempo ad assisterlo, e fece una morte edificantissima e veramente da santo, come da santo sacerdote era vissuto. Appena terminati i funerali, giovedì 20 corr., sono partito, perché chiamato telegraficamente qui presso una persona nostra benefattrice, gravemente inferma, e già viaticata.

Don Sterpi, ritenendo che non potessi venire, o fare in tempo, era partito lui da Roma allo stesso fine, ed io stesso da Messina aveva telegrafato qui che, non potendo in quei momenti allontanarmi dal Don Bariani, inviavo D. Sterpi. Giunto venerdì a Roma non trovai notizie di qui, e chiesi a D. Adaglio come D. Sterpi era rimasto con V. E. R.ma. mi Mi disse che V. E., rinunciava rinunciando al suo primitivo progetto su Casa Rossa con i terreni annessi, e che si sarebbe proponeva il monte S. Luigi, che però D. Sterpi sarebbe venuto a Noto per vedere di definire. E allora io sono partito lo stesso giorno, col primo diretto che portava la 3.a Classe parendomi che con qualche condizione la cosa potesse essere effettuabile.

La persona benefattrice, come stamane Le ho telegrafato, moriva oggi alle 9, e sarà tumulata il funerale sarà giovedì, quando V. Eccellenza già lascia Roma. Io così potei giungere a tempo anche qui, a tempo e stanotte, che fu tutta un’agonia, ho vegliato al suo letto.

Quest’anno la morte di tante care persone sono è il mio calvario.

Giunsi qua sabato nel pomeriggio, ma non potei per altro conferire con D. Sterpi, di quanto riguarda la Colonia di Noto, che Domenica, e allora compresi che le cose non erano in realtà come D. Adaglio mi aveva detto, o come io, nella breve fermata di Roma, aveva da lui capito che fossero.




















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D. Sterpi, se ho ben compreso, mi riferiva che la mente di Vostra Eminenza è che Casa Rossa sarebbe fuori questione, perché essa costituirebbe il reddito che va al Seminario, che V. E. si disse comepronta a darla alla Colonia, ma che sempreché la Colonia passi al Seminario un congruo reddito annuo; e che il punto su cui convenire fosse la sola permuta delle Cascina col Monte San Luigi. Stando così le cose mi permetto far presente, pure con divozione di Figlio, che mi pare le cose cambiano cambino di aspetto, e che la questione si allontana vada allontanandosi dalla sua vera soluzione.

La Convenzione fatta con Mons. Blandini contempla, prima di tutto, la vita e lo sviluppo della Colonia e poi l’ajuto al Seminario, se c’è avanzo, e metà solo, e solo da ricavarsi dal reddito netto.

La Convenzione dice infatti testualmente:


Quindi è evidente che anche il reddito della di Casa Rossa, stando alla Convenzione, deve andare prima per la vita della Colonia - Lo spirito della Conversazione era, come dissi anche l’ultima volta a V. E. dieci giorni fa, che se la Colonia avesse avuto un largo margine di entrate, come Mons. Blandini aveva ideato e aveva anche tanto che aveva detto all’attuale Cardinale di Catania parlandogli in guisa come se la Colonia avesse poterlo poteva rendere un 40.000 lire all’anno (e V. E. sa bene questo poiché fu Lei a riferirmelo) allora era giusto che il Seminario finisse in parte venisse beneficiato del reddito netto. Ma ora che si tratta di qualche centinaio di lire e che lassù si vive miseramente miserissimamente, come Vostra Eccellenza sa, e in ambienti non affatto presentabili, come pure V. E. sa riconobbe sempre, io più di una volta mi sono chiesto come mai Vostra Eccellenza potesse prendersi il reddito di Casa Rossa, se Vostra Eccellenza conosce il vero contratto da, noi fatto con Mgr. Blandini. Non si è mai detto nulla e si è andato sempre avanti come sia potuto così, lo creda,






















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per un grande atto di riguardo verso il V. E. Rev.ma ed ogni qual volta che nasceva in me o anche in altri qualche domanda a cui era certo difficile dare una risposta soddisfacente, io la affogavo nell’amore della Chiesa e ai Vescovi nella speranza che, un giorno o l’altro, sistemandosi le cose, tutto fosse andato a posto in Domino, e senza dov amen.

Ma ora che V. E. Vostra Eccellenza vuole sistemare esaurientemente la Colonia, mi permetterà che con rispettosa libertà nel Signore Le dica quanto sento per la vera sistemazione di essa.

Né mi si può obbiettare che anche Mons. Blandini incassava lui il reddito di Casa Rossa perché, dato anche ciò, è però anche vero che egli ha fatto nella Colonia lavori che dopo la sua morte non si fecero più e che io avevo annuito a quello, e, per essere schietto, anche ad altro, poiché mi aveva promesso di fare un edifizio lassù, che poi non fece.

E’ vero che io mi sono dimostrato anche disposto a cedere Casa Rossa, ma lo faceva a malincuore e solo per togliere un onere e un motivo di possibile dissidio.tra i miei Confratelli e i possibili Amministratori del Seminario, i quali avrebbero potuto avere sempre una certa ingerenza nell’amministrazione della Colonia e poi per avere la Casina, dove avrei potuto sistemare un po’ meglio gli orfani che avrei accettati, in modo da non paventare gli appunti delle Autorità o delle persone Benefattrici che avrebbero potuto venire a visitare l’Istituto. Ma ora V. E. desidera tenere la Casa Rossa cogli annessi terreni, che sono la polpa la migliore parte e più redditizia della Colonia; desidera ancora che le cediamo il Monte S. Luigi per la villeggiatura del Vescovo pro tempore, posizione che dà servitù grande ai 3/4 della Colonia sia per la sua ubicazione, per data la sua altezza, sia per il passaggio che si dovrebbe dare sulla strada, che la quale diventerebbe comune, e allora che rimarrebbe alla povera Colonia, se non morire?

Togliendo alla Colonia Casa Rossa e, terreni annessi le si























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toglieva già un polmone, togliendo poi Monte San Luigi, ci si toglie anche l’altro polmone.

Supponga poi che un Suo Successore volesse alienare la villeggiatura a persone secolari, che resterebbero ancora da fare ai religiosi, se non abbandonare l’Istituto e andarsene? Che ho avuto Ella comprenderà che avendo avuto da Mons. Blandini quell’Istituto, devo debbo cercare di mantenerlo per quanto posso, in quelle finalità per cui fu aperto e non renderne impossibile la vita non posso e non devo con le mie stesse mani dargli la morte.