V105T216 V105P237
+
Tortona, mattino di Giovedì
27 Maggio 1926 –
Gentil.mo Sigr. Cavaliere e Amico, (Ettore Guglielmana)
La grazia e la pace di Dio siano sempre con noi!
Scusarmi anzi tutto il lungo silenzio, e il non averLe risposto. A voce dirò. Ho ricevuto tutte le gradite Sue, anche l’ultima del 24 corr.
Fui a Roma sino al l’altra sera; e jeri, invece di giungere qui, devono essere a S. Severino.
Venni chiamato a Tortona per un malato, pel quale ci fu consulto jeri stesso.
Ho veduto più volte la contessa Pagani, e, specialmente la mattina del dì 8 maggio, ebbi con Essa e con Conte Angelo un lungo ragionamento che decise che la pratica fosse ripresa.
Il Conte Angelo s’era intestato negativamente, e ce ne volle ad indurlo. Fu veramente cosa laboriosissima, perché s’era entrati in una gora morta.
L’ Avvocato Romanelli, che vidi più volte, era ed è tenuto da me al corrente volta per volta, - egli però sta dietro le quinte, - e, per ora, deve fare così. Fecero venire a Roma, dopo, anche Marchesini, e gli ho parlato, e mi pare d’averlo indotto anche lui. L’Avvocato Romanelli poi parlò anche con Galanti.
So da Marchesini che Galanti vorrebbe vedermi; ma questo è altro affare: prima devo vedere Lei e la Sig.ra Contessa Caterina, e intenderci bene.
Se si dovrà trattare, ed io dovessi esservi di mezzo, bisognerà che mi lasciate una tal quale latitudine, - si fa sempre così, ed è una necessità, diversamente si corre pericolo di non concludere. Ora poi sarei d’avviso di concludere.
V105P238
L’Avv.to Romanelli ricevette le lettere di Vossignoria; egli ritiene anzi che io sia venuto a S. Severino, come gli dissi; - e non Le rispose, perché si era nel momento più arduo per la ripresa, ed io era incaricato di riferirLe a voce.
Finisco, perché devo partire per Genova, - domani sarò a Venezia e domenica, 30 corr, a Roma.
Di là, entro la prossima settimana, sarò a S. Severino certamente, da Lei. Scusi se non le dico di più: mi trovo affocato dal lavoro. Coraggio sempre!
La prego de’ miei ossequî alle Sig.re Contesse Decia e Caterina, e Dio ci assista!
Con l’immutata stima e affetto, direi, fraterno.
Suo in X.sto
Don Orione