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Per l’Archivio
di Tortona
Castelnuovo, 24 - I0 - 35 XIII
Rev.mo D. Orione,
Anzitutto porgo i miei più vivi ringraziamenti alla S. V. per la lettera che Ella si è compiaciuta di inviarmi a mezzo della R. Suor M. Desiderata Bensi Castelnovese e Superiora delle Suore della Misericordia di costì. Non può immaginare quanto bene fecero alla mia mamma le sue parole di conforto al mio inconsolabile dolore; ed anche a me, che, quanto più passa il tempo, tanto più vado constatando quale dolorosa perdita abbia fatto. Compiono proprio oggi dieci mesi; era la vigilia di Natale, mentre i miei R. Colleghi cantavano la Messa prima, in terzo per la solennità della Vigilia, io mi ero messo a confessare; ma la Messa non era ancora al Vangelo, quando il sacrista mi chiama fuori d’urgenza, corro e trovo mio padre agonizzante. Pochi momenti prima stava benissimo; aveva dormito bene ed era ancora a letto, anzi aveva detto a mia madre che voleva alzarsi per venire a Messa prima, di aspettare ancora un po’ che tanto c’erano ancora altre Messe più tardi. Furono le sue ultime parole: ad un tratto accennò un forte dolore di capo e non poté più dir nulla. Era colpito da emorragia cerebrale. Io mi resi subito conto del suo stato disperato; dovetti subito correre in sacrestia a prendere gli Oli Santi, nel timore che venisse a mancare prima che la Messa fosse terminata, per farglieli amministrare da altro sacerdote. Fortunatamente così non fu: appena terminata la Messa D. Massone gli amministrò la Penitenza e l’estrema Unzione. Ma non si verificava nessun miglioramento: nemmeno le cure premurose del Dott. Stoppini valsero ad impedire la catastrofe.
Dopo circa due ore, verso le otto e mezzo spirava. Si figuri come io ed i miei abbiamo passato la più bella festa dell’anno. Ancora adesso quando ci penso non posso trattenere le lacrime.
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Grazie della sua partecipazione al nostro dolore, e grazie sopra tutto per i suoi suffragi per l’anima del mio povero padre, suffragi che la prego di voler continuare finché il Signore lo prenda nella sua santa pace.
Abbiamo poi avuto la dolorosa perdita dell’Arciprete di Molino, sul finire di Gennaio era stato ancora a Castelnuovo per la adunanza dell’Amministrazione dell’Ospedale e stava relativamente bene, si lamentava solo della debolezza di una gamba, che stentava a sorreggerlo. E fu proprio questa a segnare la sua fine: qualche mattina dopo, mentre stava scendendo dalla sua camera, la gamba non lo sorresse, cadde e si ruppe il femore. Fu chiamato subito il Prof. Basiglio, che glielo rimise a posto; ma il Dott. Stopini che lo visitò, il giorno dopo, fece subito previsioni funeste. E fu, purtroppo, come egli aveva pronosticato; sopravvenne la broncopolmonite da decubito, che ne provocò la fine. Fui più volte a visitarlo, e gli portai solennemente il viatico; prima di ricevere Nostro Signore, volle domandare pubblicamente perdono a tutti i suoi parrocchiani, se avesse, anche involontariamente, offeso qualcuno. Spirò la sera della festa della Madonna di Lourdes; io l’avevo veduto una mezz’ora prima.
Fu sempre amorosamente assistito da D. Pietro e da D. Paolo Torti.
Purtroppo la litania dei morti non è finita: abbiamo avuto, in pochi mesi, tante dolorose perdite nel Clero. Mons. Boveri, l’Arciprete di Rivanazzano – D. Bussolera – D. Ferrarotti – D. Maiocchi, che da poco tempo era disceso da Casanova, a fare il parroco nel suo paese nativo di Gerola. Particolarmente dolorosa é stata la fine di D. Arrigoni, parroco di Cornale.
Ci siamo trovati insieme al funerale di D. Maiocchi, chi avrebbe detto, che sei giorni dopo, sarei andato al suo funerale? Era lunedì, quando ci trovammo insieme a Gerola: tornato a casa, fu veduto ancora il mercoledì, poi più nessuno
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ne seppe nulla. Viveva solo, senza domestica; i suoi parrocchiani credevano che si fosse assentato; invece al sabato, fu trovato cadavere nel suo letto già in putrefazione. Vede, R. D. Orione, quante dolorose perdite in poco tempo; e quanto bisogno c’è qui dei suoi fervorosi suffragi.
Ora passo a ragguagliarla intorno all’eredità Arona. Come Ella ricorderà , io munito della procura della S. V. ho proceduto alla vendita di tutti gli immobili. Ho terminato i vari contratti l’anno scorso, quando Ella era in viaggio per l’America. Trovandomi in mano il danaro liquido, e non volendo depositarlo in banche, per la dolorosa esperienza già fatta, ho pensato di investirlo in titoli dello stato.
Certo, se avessi preveduto gli avvenimenti, che si sono verificati in questo anno, che hanno portato ad un notevole ribasso di detti titoli, avrei aspettato e così invece di comperare il Redimibile a 80 - 85, l’avrei comprato a 68 - 70; ma del senno nel poi son piene le fosse ed io non ho il dono della profezia. Ho comperato il Redimibile, anche nella speranza che qualcuno dei mille premi ad esso l’anno scorso assegnati, venisse ad arrotondare la cifra (a Castelnuovo uno che era già abbastanza ricco ha guadagnato il premio di mezzo milione); ma la fortuna non ci ha favorito e così dobbiamo contare sulla pura e semplice somma realizzata colla compera dei titoli, cioè di centosettantamila lire che rendono 100 lire annue.
Con questa somma non si può certo mantenere un orfanotrofio, sia pur modesto. Ad ogni modo, si potrebbero mantenere alcune orfanelle presso le RR. Suore Immacolatine, pagando loro la retta. Il mio progetto sarebbe appunto di depositare il detto capitale in Curia; e con gli interessi mantenere presso le dette Suore il maggior numero di Orfanelle possibile. Aspettavo appunto il ritorno della S. V. per combinare la cosa d’accordo con Lei.
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Il compianto Mons. Grassi ha approvato verbalmente una tale risoluzione. Frattanto, io non ho voluto tenere presso di me tanto denaro, quindi l’ho messo in cassetta di sicurezza alla Cassa di Risparmio, racchiuso in una busta, sulla quale vi e l’indicazione della provenienza e della destinazione di detta somma. In questo frattempo é poi succeduto un fatto nuovo: un signore oriundo dalla Calabria, che ha sposato una Castelnovese, e che forse già Ella conoscerà perché di beneficenza ne ha già fatta parecchia, ha avuto la sventura di perdere la moglie, morta a Genova il 4 Dicembre. Egli mi disse che, tanto lui, quanto la moglie hanno stabilito di lasciare le loro sostanze al Santuario di Pompei; però della Casa di Castelnuovo vuol fare un Orfanotrofio, e non essendo possibile farlo per mezzo dell’Opera di Pompei ed essendoci d’altronde a Castelnuovo già l’eredità Arona per tale scopo, sarebbe disposto a cederla purché l’Orfanotrofio porti il suo nome e quello del la defunta Signora.
[Il periodo sottolineato, è stato sottolineato con inchiostro rosso da Don Orione, il quale aggiunge: io non lo conosco: vedete di sapermi dire chi è.]
Dovrebbe però secondo me prendere anche il nome di Arona, perché in fin dei conti egli darebbe la sola casa (del valore di circa centomila lire), mentre l’eredità Arona darebbe il capitale necessario per farlo funzionare. Vi è un’altra difficoltà: egli vuole orfanelli e orfanelle; mentre il testamento Arona parla solo di queste ultime. Vi è poi la solita difficoltà: far riconoscere l’Istituto come ente morale non conviene perché non vi è il capitale sufficiente (anche computando la eredità Arona) e allora si andrebbe in mano della Congregazione di Carità; e d’altronde lo stabile non é come il capitale liquido che si può depositare in Curia.
Bisogna per forza appoggiarlo ad un ente riconosciuto. Io ho pensato alla Chiesa Parrocchiale; mettendo magari la condizione
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che le orfanelle ne curino la pulizia la manutenzione della biancheria ed arredi sacri, affinché il Governo conceda alla chiesa di accettare lo stabile. In questo caso il parroco potrebbe poi colla approvazione del Vescovo fare una convenzione colle Suore Immacolatine, in forza della quale, egli e la S. V. per la parte che le spetta, affidano a dette Suore l’Orfanotrofio.
Così si eviterebbe di cadere negli inconvenienti dell’ente morale, pur dando una sufficiente stabilità all’istituto. Sono idee che mi aveva suggerito fin dallo scorso anno l’Avv. Reggio di Genova (allora solo per l’eredità Arona). Che ne dice la S. V. S. Se quel Signore continuerà ad essere del parere, andremo insieme, dopo le feste dei Santi, dall’avvocato Reggio per consultarlo sul da farsi, e vedere se la buona idea si potrà tradurre in atto.
Ed ora permetta anche due parole sul mio disgraziato cugino. Egli, come ricorderà, l’anno scorso era latitante: dal suo nascondiglio mi ha mandato un ricorso alla Santa Sede; ricorso che io ho mandato a Mons. Zerba e che egli ha presentato alla Congregazione dei Sacramenti. Questa a sua volta l’ha mandato all’Ordinario per l’esame preliminare. Nel frattempo egli è andato (sul finire di gennaio) a consegnarsi spontaneamente alla Giustizia, per poter beneficiare, in caso di necessità, dei due anni di condono concessi dalla amnistia dell’anno scorso, e trovasi tuttora detenuto in Alessandria, in attesa del processo.
Io ho pregato Mons. Vescovo ed il Can.co Roveda, che era stato incaricato dell’inchiesta, di attendere, prima di mandare la risposta a Roma, l’esito del processo; perché converrebbe che sentissero lui personalmente, prima di pronunziarsi. Finora credo che non abbiano spedito nulla a Roma.
Raccomando tanto anche questa faccenda alle sue preghiere, come pure confido nelle sue preghiere, per tutte le faccende della mia Parrocchia.
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Le rinnovo anche da parte di mia madre i più vivi ringraziamenti e le domando scusa, se in questa lunga chiacchierata le ho fatto perdere tempo e l’ho annoiata.
Dev.mo
Sac. A. Bianchi
Prevosto
[Alla fine della lettera D. Orione scrive:]
Bs. Aires, 19 / XI 935
oggi gli ho risposto che va tutto bene quanto ha fatto, - che, per l’avvenire, egli esponga a Mgr. Vescovo: approvo a priori quanto Mgr. Vescovo e lui crederanno bene in Domino di fare.
D Orione d. D. P.