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[Da fotocopia di lettera D. Orione]
(timbro Arch. Secr. Apostol. Vaticanum)
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Messina, il 1 Giugno 911
Eminenza Rev.ma,
Domando scusa di tanto ritardo; in questi giorni, come Vostra Eminenza avrà pensato, ho avuto un po’ più di lavoro, ed ho atteso anche per poter dire a Vostra Eminenza Rev.ma che ho molta speranza che Mgr. Arcivescovo non sarà colpito, e non avrà maggiori amarezze.
Come Le telegrafai, Egli era in Visita, e tornò l’altra sera. Perché la notizia del furto gli giungesse meno dolorosa possibile, gli andò incontro una Commissione, e suo fratello, l’ex Sindaco, ed io siamo andati alla stazione; ma Monsignore era già come disfatto dal dispiacere.
Sua Eccellenza, nel partire, aveva lasciato a custodia del palazzo il proprio Segretario, Mgr. Mangraviti, del quale egli ha ogni più più ampia e cieca fiducia, e, insieme col Segretario, vi era un servo ed il custode del Tesoro.
Mgr. Segretario, ad una data ora del pomeriggio di Domenica, lasciò il palazzo, come egli confessò, e risulta anche che andò a dormire fuori.
Così a custodia di sì ingente tesoro egli, quando uscì, non lasciò che il servo, poiché il custode non c’era, - e, via il Segretario, anche il servo se ne uscì. - Lunedì vennero arrestati questi due, e tre servi del Seminario, che sorge nel cortile del palazzo Arcivescovile, in padiglioni donati dal S. Padre.
È esagerato che si tratti di milioni, ma il furto non è neanche di così poco come si tenta di fare credere; più che pel numero, per la qualità degli oggetti veramente preziosi derubati, é un furto molto, molto considerevole.
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È difficile ancora oggi poter determinare il valore degli oggetti involati; parecchi di essi erano doni di Principi e di Regine; ve ne erano del secolo XIV e XV, e anche parecchi di epoche anteriori, e di un valore artistico e storico inestimabile. Scomparve ad es. una collana tutta di perle orientali del trecento: ricche gioie: smeraldi topazî tra i più rari e costosi: anche una ricchissima croce pettorale di brillanti del Principe Cardinale Mola è scomparsa.
Ci sono dei sospetti, ma finora pare che i ladri non siano scoperti, e neanche si rinvenne la refurtiva. Il fatto avvenne in modo che tutti, cominciando da Mgr. Arcivescovo e suoi famigliari, dicono che chi rubò deve essere gente molto pratica, e forse di casa. Aprirono la cassa là dove erano i brillanti più preziosi. Qualcuno degli arrestati si venne a scoprire che era già pregiudicato per furti, e la Pubblica Sicurezza si meravigliò di trovarlo servo del Seminario. È vero che dai Superiori del Seminario ora si dice che essi ignoravano tali precedenti; ma mi pare che non si dovevano ignorare, tanto più che anche l’anno scorso ebbero dei servi che per furti vennero arrestati entro lo stesso Seminario. Non vorrei, in questi momenti dolorosi per tutti, gravare la mano sui responsabili; ma quante e quante volte Don Albera ed io, prima ancora che mi ritirassi a fare vita coi miei, li abbiamo avvertiti di vigilare, e sempre dicevano che tutto era assicurato! e noi fummo come esclusi e tenuti in sospetto, quasi si stesse in Episcopio per dare loro dei dispiaceri, e ogni volta che si doveva far notare qualche cosa, anche con carità , quel gruppo di buona gente facevano come gli offesi!
Quanta maldicenza e anche insulti, (forse non lo dovrei dire), per quella benedetta Cassa Diocesana!
Eppure se Vostra Eminenza non l’avesse fatta portare a Roma, io sono convinto che l’avrebbero rubata: essa era vicino
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dove era il Tesoro, e tutte quelle cartelle si tenevano in una cassetta, là per terra, che si poteva portar via sotto il braccio!
E Vostra Eminenza ricorderà le disposizioni date che si riferivano appunto al Tesoro: prima, perché anche il Tesoro fosse portato a Roma (quando già venivano a mancare oggetti preziosissimi dalla sera alla mattina, malgrado ci fosse un custode) = poi, perché venisse in modo sicuro custodito.
Mi rincresce dirlo, ma temo di non fare tutto il mio dovere a non dirlo: i ladri, Eminenza Rev.ma, difficilmente si scopriranno. Nella prossima settimana mi ha scritto Mgr. Misciatelli di venire a Roma per la Colonia, - a voce potrò dire anche di più.
Nostro Signore ha permesso anche questo grave dolore al cuore del nostro Santo Arcivescovo, e tutti i buoni sono afflittissimi con Lui; ma tutta la cittadinanza deplora la leggerezza di chi ha abbandonato il posto di custodia.
Mando a parte alcuni tagliandi di giornali che possono dare a Vostra Eminenza una idea sempre più esatta del fatto.
Voglia nella Sua grande bontà perdonare la lunghezza della presente, e si degni impartirmi la Sua Santa benedizione, mentre con pienezza di ossequio mi reputo a più alto onore di poterLe baciare la Sacra Porpora.
Di Vostra Eminenza Rev.ma
Umilissimo e Obbl.mo Servitore in Gesù Cristo
Sac. Luigi Orione
della Piccola Opera d. Div. Provv.za