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[Da Copia dattiloscritta]
(Fondo Sacra Congregazione Concistoriale - Questione Messina)
allegato al N 44749
Memoriale - Parte II - Messina, Giugno del 1910 Sac. Luigi Orione
La mia situazione qui, come Vicario.
Ed ora permetta Vostra Eminenza Rev.ma che passi a parlare, di me; scrivo non per lamentarmi ma affinché si conosca la mia dolorosa situazione, a per avere una parola che mi indichi ciò che debbo fare.
Qui io trovo molti conforti nel Signore e anche molto lavoro, ma mi trovo molto afflitto. Lo Stesso gruppetto di Sacerdoti, potenti in Arcivescovado, dei quali ho dovuto parlare poc’anzi mi pare talora che nel modo di trattarmi sappiano fin d’empietà . Dio sa come vorrei sbagliarmi! Essi, per quanto è da loro, impediscono che possa fare ciò che il S. Padre mi ha detto, e sembra vogliano stancarmi, e ridurmi ad una vita ogni dì più crocifissa nel senso più intimo e doloroso.
Da principio credevano forse di potermi cloroformizzare con tanti complimenti e inchini, e baciamani e coi: Monsignore di qua e Monsignore di là, poi, quando capirono che non avevo proprio voglia di lasciarmi addormentare, o di far lega con loro, cominciarono ad adombrarsi, e concepirono astio contro di me. E si cominciò con la Cassa Diocesana che avevo fatto venire a Roma allora - non l’ho detto mai - sentii parole violenti anche da questo santo Arcivescovo, presente il suo Segretario: ma ero tranquillo, qui la Cassa non poteva proprio stare, non era al sicuro; il Tesoro della Madonna della lettera fu negli oggetti più preziosi derubato nel palazzo Vescovile. Mgr. Arcivescovo stesso ebbe a dirmi che alla sera c’erano oggetti di gran pregio per materia e per arte, e il giorno dopo non c’erano più.
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Si cercò rendermi inviso al Clero quasi fosse un’offesa e umiliazione per esso l’avere un Vicario non siciliano, insinuarono nell’anima dell’Arcivescovo la diffidenza, creandomi una situazione che malgrado ogni mia possa e benignità non accenna a divenire meno difficile. Da alcuni io sono qui tollerato come una spina al cuore.
Mgr. Arcivescovo e veramente un santo umano; ma permettendolo Iddio, é raggirato da essi, e nella mi dice della Diocesi, neanche dei cambiamenti del Clero. Egli venne a Roma; andai da lui la mattina e lo accompagnai la sera: non mi disse niente che riflettesse la Diocesi; la facoltà stessa per le binazioni la lasciò al Segretario. Mentre era a Roma gli scrissi due lettere che riguardavano la Diocesi; né mi rispose né mi disse parola allorché ritornò; dovetti poi interrogarlo.
Partì quasi subito dopo per la Conferenza Episcopale; andai da Lui prima, non mi disse nulla; ora è possibile che non ci sia mai nulla, anche quando deve assentarsi per delle settimane?
Ho dovuto, per coscienza, parlare chiaro a Sua Eccellenza Rev.ma sul conto del Segretario, e forse mi pregiudicò questo.
Don Albera, e Canonici, fide digni, e buoni Sacerdoti di qui, più volte e da tempo mi hanno parlato di intrighi di lui e di calunnie e di pressioni esercitate dall’Arcivescovo contro di me consci forse della sua debolezza; non hanno saputo trattenersi dal buttare anche sul giornaletto cattolico locale una insolenza grossolana; ma ho messo tutto me stesso nel Cuore di Nostro Signore e lascio fare. Forse perché taccio mi fanno passare per un tonto che non capisca e non veda, oh! vedo fin troppo lo sforzo che si fa per tagliarmi fuori dalla Amministrazione della Diocesi; per inceppare certe inchieste; per screditarmi e costringermi ad andarmene. Per ciò che tocca la mia persona, per l’aiuto che il Signore mi da, benedico Iddio, e solo vorrei veramente per amor suo abbracciare tutta
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questa soave croce di ingiurie e saturarmi così di Nostro Signore. Dilectus meus fasciculus myrrae; ma non nascondo che sento profondo dolore per gli impedimenti che mi mettono di fare un po’ di bene e il mio dovere.
Questi Sacerdoti si sono accaniti di più dopo il ritorno di Mgr. Arcivescovo da Roma, essi dicono che é un’ingiustizia che non l’abbiano ancora fatto cardinale, tanto più che a Palermo e Catania c’è il Cardinale; volevano che subito si facesse la Cattedrale come era prima e che il S. Padre raccomandasse un appello al mondo per raccogliere somme; volevano qui tutti Seminaristi pel prossimo anno scolastico, e il Seminario Teologico. Più di una volta mi fecero capire che li appoggiassi, me lo dissero anche chiaro, ma io non potevo farlo, ne dovevo sulle ultime cose ingannare Roma.
Benché moralmente inceppato con l’aiuto di Dio ho cercato di lavorare e, per quanto potei, non mi sono mai disinteressato dell’andamento della Diocesi; ma il vero lavoro, il lavoro di ricostruzione, nello statu quo, mi riesce oltre ogni dire difficile, e talora impossibile; il potere di fatto si accentra in essi; a me cercano di tutto occultare, e nelle ore di Curia sono spesso ridotto ad apporre alcune firme o a fare quello che nelle altre curie suole un Vice-Cancelliere, - lavoro santo anche questo, ma puramente burocratico, - ne é solamente questo, certo, che Sua Santità poteva volere da me in Curia di Messina, in queste circostanze.
Quando nel gennaio scorso, venni a Roma, ho capito che Vostra Eminenza Rev.ma conosceva già qualche cosa di questa mia dolorosa situazione, ed io apersi il mio cuore, ed esposi in Domino lo stato delle cose. - Il Santo Padre allora mi disse di ritornare e di continuare, e sono qui. Ma ora sta per compiersi l’anno di Vicariato; qui forse si sono fatti più audaci perché si aspettano che io me ne vada, e già me l’hanno domandato, poiché sanno che il S. Padre l’anno passato, davanti a Mgr. Arcivescovo, mi disse: ti fermerai per un anno.
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Che cosa devo fare? - Mi rivolgo a Vostra Eminenza Rev.ma come ad un padre; io, per grazia di Dio, non ho desideri.
È conveniente ritirarmi? ed io mi ritiro; si desidera che io continui qui, e così? ed io continuerò, raccomandandomi alla Madonna che mi dia pazienza e carità non desidero altro che di compiere i desideri della S. Sede.
Mi parve necessario esporre chiara la situazione, e avere dalla S. Sede una parola sicura.
Vostra Eminenza che fu sempre tanto buona mi usi la carità di dirmi questa parola.
In quanto sin qui mi venne di dover dire, benché mi sia sforzato di serbare serenità di animo e carità, tuttavia ben sapendo quanto sono impastato di umana miseria, supplico la misericordia di Dio di abbruciare con la sua infinita carità ogni parola che non fosse secondo verità e lo spirito di Nostro Signore.