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[Da Copia dattiloscritta]
(Fondo Sacra Congregazione Concistoriale Questione Messina)
Messina, il 11 Luglio 1911
Eminenza Rev.ma,
Mi spiace di rubarLe altro tempo tanto prezioso, ma sarò più breve possibile. Le osservazioni che invio si riferiscono alla seconda parte della lettera di Sua Ecc. Rev.ma Mgr. Arcivescovo all’Eminentissimo Cardinal De Lai, in data 26 giugno 1911, dove parla dell’Onorevole Fulci.
L’Onorevole Fulci Deputato di Messina e Prof. di Diritto Penale a questa Università, è massone; lo avrebbe dichiarato implicitamente egli stesso di questi giorni a Roma, a due Signori di qui, Sig. Lorenzo Deodato e Domenico Daré (quest’ultimo persona di fiducia dell’ex Sindaco D’Arrigo, fratello di Mgr. Arcivescovo) professandosi massone dormente.
A Messina ci sono di sicuro almeno cinque logge massoniche: l’essere massone e vivere in concubinato sono purtroppo le cose più comuni. La piaga del concubinato é antica per l’ignoranza del popolo in fatto di religione, e anche, crederei, per la vita indolente, e, sovente, disonesta del clero, la massoneria poi fu sempre molto potente, e pare che una volta avesse piede anche in Curia. - Il terremoto non ha fatto che squarciare la tela di molte forme esterne e chiassose di religiosità popolare, e rivelare la vita corrotta che menava gran parte di questo popolo, - né tanto flagello valse finora a migliorare le sue condizioni morali.
Che l’On.le Fulci, perché valente penalista e Deputato al Parlamento da più legislature, sia tra le personalità più spiccate di Messina, non v’è dubbio; che il suo nome sia popolare, pure, poiché, lo farà per politica, lo farà per buon cuore, egli si presta per tutti, riceve tutti, tratta bene tutti, e chi lo paga, lo paga, - e chi non lo paga mi dicono che non esige; so che difese gratuitamente anche alcuni Istituti Religiosi in gravi contingenze. - Che sia proprio il capo della massoneria locale, non crederei
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sono due altri, mi pare, i capi (qui la massoneria è divisa), e sono altri i massoni più settari e spiccati; Fulci ha ingegno e si presta, e sta coi più forti: se domani i cattolici fossero i più forti, non mi meraviglierei che Fulci, per vanità di dominio passasse con loro. - Non so perché Mgr. Arcivescovo dica che io lo temo: non ho mai chiesto nulla a quest’uomo, né mai ebbi bisogno di lui: perché lo dovrei temere? io non ho nessun motivo di temerlo. Forse perché non sono entrato a fare partito contro di lui? Ma Vostra Eminenza, quando fui fatto Vicario, e venni da solo a prendere istruzioni, e Le dissi la situazione, e che non mi pareva conveniente tornate subito a Messina coll’Arcivescovo, poiché due giorni dopo vi erano le elezioni, ed io prevedeva la piena disfatta, mi raccomandò di tenermi fuori dai partiti, - e così andai a Tortona per tre giorni e poi venni.
Fulci si rivolse a me per qualche favore mi raccomandò degli orfani, qualche vedova ecc., e sono stato lieto mi abbia dato occasione di fare un po’ di bene. In quasi tre anni ci siamo visti non più di tre volte, - due per istrada, e l’ultima volta, oltre un anno e mezzo fa, non in sua vasa, ma in altro posto, semi-pubblico, e ciò sempre prima che egli si mettesse a vivere in concubinato. Ed ecco come andò mi aveva fatto chiedere a quale ora poteva venire da me in Curia, ed io, che sapeva da sua cognata di che volesse parlarmi, di trovarle cioè un’orfanella, essendo essa senza prole, credetti conveniente non lasciare che l’Onorevole venisse in Curia. - Se Fulci fosse venuto in Curia dal Vicario e dal forestiero, per tutto 1’Episcopio ci sarebbe stato un allarme, ed il povero Vicario sarebbe diventato, ipso facto, un nemico dell’Arcivescovo e fatto passare per un liberale, e, magari, per un massone come Fulci. - Vostra Eminenza, che mi conosce, riderà , forse, eppure, che vuole? da queste parti si fa presto ad andare da un eccesso all’altro, e la avvedutezza non é mai troppa.
Non ho lasciato anche che Fulci venisse in Curia da me perché mi sarebbe parso male che, dopo non fosse passato da Mgr. Arcivescovo.
E’ bene che Vostra Eminenza sappia che tutte le persone
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più distinte ne vennero in Curia, le ho sempre condotte sopra da Sua Eccellenza. - Ma questo non potevo domandare all’onorevole Fulci, poiché non saprei se sia maggiore l’animosità che Fulci porta alla famiglia D’Arrigo, o se più quella che la famiglia D’Arrigo (specialmente la cognata dell’Arcivescovo), porta a Fulci: sono cose vecchie.
Fulci é compagno di scuola di Mgr. Arcivescovo, ma, forse, le loro famiglie era già nemiche prima ancora che essi nascessero. E, per esprimere un concetto in genere, dirò che in certi paesi, mi pare che, l’ira di parte sia gran parte della vita, e, soventi volte, l’ira persevererà così che, come dice anche Sant’Agostino, diventa odio, e odio secolare, che si respira da bambini, ab incunabolis, e si tramanda quasi sacro patrimonio di famiglia.
La Famiglia dei D’Arrigo é Famiglia rispettabilissima ed assai religiosa, ed io neanche dubito che molta e molta parte di ragione non stia dalla sua parte; ma, specialmente quando si fa partito, non sempre il torto e la ragione si possono tagliare con un taglio così netto. Ed ora vengo al fatto.
Un anno fa l’On.le Fulci voleva sposare. Prima pare volesse sposare solo in Chiesa, ma l’Arcivescovo non glielo permise senza l’atto civile. Intanto si fecero le pubblicazioni in Parrocchia e al Municipio; ma si dubitava che egli non si sarebbe confessato. Allora il Fulci mandò il suo Segretario Sigr. Crisafulli, dal Sacerdote che fa da Parroco, e gli disse che, pur di sposare in Chiesa, l’On.le era anche disposto a confessarsi. Ripeto: in Chiesa si erano fatte tutte tre le pubblicazioni di matrimonio. Ma Mgr. Arcivescovo, a pubblicazioni fatte, disse al Parroco che esigeva una dichiarazione con la quale il Fulci rinunziava alla massoneria. Allora Fulci non mandò più risposta, e si unì solamente con vincolo civile. E così la parte innocente é costretta a vivere in concubinato legale pubblico, e da qualche mese, essa, la donna, ha avuto un figlio, che non é per anco battezzato.
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Io non conosco detta Signora, ma, da quanto me ne disse il Parroco del Villaggio ove essa abitava, parrebbe donna piuttosto religiosa; - il Parroco pensa che, se non fosse stata ingannata, mai si sarebbe essa indotta al solo atto civile. Ciò che per Messina si dice e che essa desidera sposarsi, che tiene accesa una lampada davanti ad un quadro in casa, che manda elemosine ai poveri e fa pregare nelle Chiese per ottenere di potersi sposare.
Non so se i Vescovi abbiano istruzioni particolari e recenti che si riferiscono ai matrimoni dei massoni; ho interrogato qualche Vescovo e Mgr. Arcivesvovo di Reggio e mi risposero di no. Non ci sarebbe dunque, che io sappia, che il Decreto S. Uff. 21 febbr. 1883, secondo il quale: “donec Apostolica Sedes generale Decretum hac in re ediderit - Pastores caute et prudenter se gerant; et debent potius in casibus particularibus ea statuere, quae magis in Domino expedire judicaverint, quam generali regula aliquid decernere; omnino vero excludantur celebratio sacrificii Missae, nisi quando adjuncta aliter exigant.” - Ho consulato il Gury, lo Scavini e altri, e mi pare che - essendovi la parte innocente l’Ordinario può fare un po’ di difficoltà , ma alla fine, non debba negarsi. - Nel caso particolare mi pareva anche che la discrezione nel governo delle anime consigliasse un altro tatto. Aspettai oltre otto mesi, vidi che in Arcivescovado le cose non cambiavano, e che di Fulci non se ne può parlare, che e ritenuto come l’uomo più nefasto per Messina sotto tutti ali aspetti come dice Mgr. Arcivescovo nella sua lettera; - se si accenna a lui, si cade in sospetto di patteggiare coi loro nemici, poiché si dice che Fulci è stata la causa della destituzione da Sindaco del D’Arrigo; che fare? Parlarne a Mgr. Arcivescovo, sapeva che sarebbe stato contrario ad ogni tentativo, tanto vero che, solo sospettando ciò che potessi fare, ora scrisse quella lettera. Se nel parto ci fosse stato pericolo di vita per la donna, e fossi stato chiamato, sarei andato senz’altro, come di dovere, per confessarla e sposarla, avvertendone Mgr. Arcivescovo, - poiché mi
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sarebbe parsa crudeltà lasciare morire una poveretta in quello stato. Ma pericolo non ci fu, e allora, venuto a Roma, manifestai brevemente il caso al S. Padre, senza toccare né giudicare l’operato di Mgr. Arcivescovo, del quale parlai sempre con ogni riverenza. Se Vostra Eminenza ricorda, accennai la sera prima la cosa di Fulci a Vostra Eminenza, dopo averle parlato del furto, e poscia ne parlai al S. Padre. Gli dissi che il Fulci era il nemico del Sindaco D’Arrigo, che era massone, che non era sposato e domandai: se, con la grazia di Dio, fossi ancora riuscito ad indurlo a sposarsi, poteva sposarlo privatim? - e il S. Padre mi rispose: Sì. ti do tutte le facoltà . chiama due testimoni. e fai subito tutto.
Allora gli domandai ancora: si potrebbe lasciargli battezzare il bambino in casa anche per imbonirlo un poco, in questo momento del furto al tesoro, affinché lasci assopire la cosa, e non si faccia un’interpellanza in Parlamento contro l’Arcivescovo, che non farebbe buona figura, e darebbe esca ai giornali anticlericali di gridare che la Chiesa non sa custodire i tesori artistici? - E il S. Padre mi disse: sì.
Qui, del resto, sono molti che battezzano in casa, poiché Sua Eccellenza dispose che, quando portano un certificato medico che il bambino è malato, si debba concedere il battesimo in casa. Io manifestai che si desse solo l’acqua come stabilirono tutti i Vescovi di Calabria, ma devo ubbidire, benché veda che così la Curia diventa una burla, dacché tutti trovano un medico compiacente che rilascia certificati. - Quindi anche Fulci, domani, a questo modo, potrebbe far battezzare in casa.
Ciò che mi ha fatto meraviglia e dolore é che Sua Eccell. Rev.ma abbia potuto supporre, e scrivere alla S. Sede, che io sarei andato in casa di Fulci, dove non fui mai, per battezzargli il figlio, anche vivendo egli in concubinato legale pubblico. Il S. Padre forse ricorderà che Gli domandai la facoltà per regolarizzare in Domino quella unione, e questo dice tutto.
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Qui, come Vostra Eminenza vede, non mi pare sia questione di mezze coscienze. come si dice in quella lettera: - è questione di anime.
C’è di mezzo una povera innocente, che é stata ingannata col farle sperare da principio che sarebbe stata sposata in chiesa, et Sacramenta propter homines.
Né doveva perdermi nei pettegolezzi dei partiti locali e di famiglie, ma applicare i criteri della teologia, e il Decreto del S. Ufficio.
Il Berardi dice che, in questi casi, conviene sposare Privatim, etiam si sponsus esset pubblicus peccator, vel etiam censuris pubblice innodatus - ad praecavenda mala etiam ipsorum contrahentium tantum. v. q.: ne perseverent in peccato.
Tuttavia ho voluto avere la facoltà dal S. Padre, per essere più sicuro e per maggior prudenza.
Ad ogni modo, e per ogni ragione di delicato riguardo, e mostrare tutta la riverenza e devozione filiale verso la S. Sede e questo mio Arcivescovo, io non mi servirò delle facoltà avute dalla benignità del S. Padre, delle quali finora nessuno sa, non avendone qui parlato ad alcuno; me ne servirò soltanto nel caso che Sua Santità credesse di confermarmele; e, anche in questo caso, agirò con ogni riguardo, anche delegando un altro.
Perdonerà , Vostra Eminenza, se mi sono diffuso nell’esporle le condizioni locali: ho creduto bene di doverlo fare affinché la S. Sede possa giudicare meglio i criteri secondo cui ho operato. Date le condizioni presenti dell’ambiente, Sua Eccellenza Rev.ma, anche senza accorgersene. Può talora lasciarsi portare dallo spirito di partito, essendo Egli di Messina, e appartenendo a Famiglia che prende viva parte alle lotte cittadine.
Restituisco la lettera di Sua Eccellenza, e, per ciò che si riferisce ad altre lagnanze che mi riguardano, in essa contenute
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prego Vostra Eminenza di permettermi di scriverLe un’altra volta e sarò molto più breve.
Si degni il Signore ricompensare la Sua pazienza e carità e abbruciare col Suo Divino Amore tutto ciò che in queste mie non fosse secondo la Sua carità.
Bacio con profonda venerazione la S. Porpora, e Le sono in Gesù Cristo Crocifisso
Umilissimo Ossequientissimo Servo
Sac. Orione Luigi
della Divina Provvidenza