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[Fondo Don Zambarbieri Z. 2. - Doc. n. 18 Originali dell’Articolo “In Pulchritudine Pacis” steso per la Domenica dell’Italia di Milano (Marzo 1939). Il testo è dattiloscritto, è corretto da Don Orione]
In pulchritudine pacis
Pareva un sogno!
Ho visto una meravigliosa fiorita di bimbi bianco vestiti: più centomila innocenti. Cantavano e il loro canto era un gioioso, incessante alleluja di angeli. La primavera del mondo e delle cose sorrideva, lieta, intorno a loro; ma la primavera più bella, quei bimbi, l’avevano negli occhi e nel cuore. Sulle loro labbra si posò Gesù Benedetto e l’universo intero pareva godere della loro pace... Un porporato romano, nobile figura di asceta, li contemplava ammirato. Sospirò: “Questo è un lembo di Paradiso!”
Ho visto, in una notte stellata, centinaia di migliaia di operai, di robusti lavoratori, di giovani pieni di vita: c’erano medici, avvocati, professori di Università, ufficiali, Ministri, confusi e in colonne. In mezzo a loro, poi, Sacerdoti che confessavano per tutti i punti delle Calles e delle Avenide, e altri molti, in cotta e stola bianca, che sulle piazze, lungo le vie, nei cordi di quella grande capitale distribuivano la Comunione.
Ho visto quella marea di oltre trecentomila uomini, immane, interminabile avanzare compatta, in preghiera e in cantici, prostrarsi ai piedi del Cristo, adorare Cristo, ricevere Cristo. Li ho visto fraternizzare, abbracciarsi, giurare la loro fede, il loro amore alla Patria, a Cristo e a piangere di gioia.
Un Cardinale, particolarmente caro al cuore del Papa, dall’alto e indi in mezzo a loro, piangeva di consolazione.
Quelle moltitudini che cosa sentivano? Chi c’era?
C’era Cristo che risuscitava in quei cuori! Passava sulla immensa metropoli, scendeva tra il suo popolo, lo inondava della sua pace...
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Ho visto, nel centro di vastissima piazza, una croce candida dalle dimensioni gigantesche, e, sotto la croce, un altare con centinaia di bandiere papali e argentine, di bandiere italiane e di ogni Nazione. Dinnanzi era tutto un popolo in estasi... Si avanzava un carro infiorato e, d’improvviso, la moltitudine convenuta da ogni terra più lontana, proruppe - un cuor solo e un’anima sola - nel canto del Te Deum. Nel vespro, una luce di porpora pioveva sul carro eucaristico dove, prostrato in ginocchio, il Cardinale, il Legato Apostolico, stringeva fra le mani un ostensorio d’oro. Le settecento campane di Buenos Aires suonavano a gloria. Poi l’Ostia Santa si levò in benedizione. Attraverso la raggera dell’ostensorio l’Eminentissimo Eugenio Pacelli vide allora lo spettacolo divino d’una folla sterminata, in adorazione. Depose l’ostensorio, alzò le braccia verso il Signore ed elevò con voce commossa, una preghiera: nella sua voce era l’anelito del suo animo ed era la voce del Pastore e Padre universale della Chiesa che lo aveva mandato - trionfale epilogo del Congresso Eucaristico internazionale Argentino, non superato prima, non superato poi!
Il Legato Apostolico pregò: O Gesù, Re della pace, dona la pace al mondo!
Passano cinque anni e la visione si rinnova. Non più al Parco Palermo di Buenos Aires, ma a Roma, nel vespro d’una tiepida giornata di marzo.
Un’altra primavera, ancora folle e folle di ogni continente, ancora in canto del Te Deum sulla Piazza S. Pietro, ancora gli squilli gioiosi di centinaia di campane. Ed è ancora la stessa voce benedicente, la stessa preghiera, sospiro di pace.
O misteriosi disegni di Dio!
Nel cielo dell’Urbe, in quell’ora, simbolo e presagio di pace, fu visto l’arcobaleno.
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Ancora un Principe della Pace regge a guida con mano sicura la mistica nave: essa, dopo venti secoli di tempesta e di odii, solca le onde e va veloce la prora verso l’eterno.
A uno a uno son caduti i Nocchieri. Gli ultimi, i più vicini a noi, furono tutti araldi di pace: la guerra li uccise. Pio X° ebbe il cuore spezzato dal “guerrone” che si abbatteva sull’Europa nel 1914; Benedetto XV° scomparve all’indomani degli anni di sangue che ne avevano martoriata e consunta la esistenza; Pio XI ha fatto della sua vita il più sublime olocausto per la pace del mondo.
Oggi, sui solchi ricolmi di odio e di violenza, vola una colomba che reca il ramoscello d’ulivo: su la Rocca Vaticana apparve il Pastor Angelicus dal portamento umile, mite, paterno, con quella calma che è la maestà della sua autorità e forza divina, con quella sicurezza serena, ma ferma che sa i diritti di Dio, che vuole solo la gloria di Dio, il bene delle anime.
Le sue parole sono, saranno sempre parole di Padre, di verità, di amore, di salvezza, di vita eterna: ai piccoli come ai grandi, ai popoli e ai Governi Egli venne nunzio evangelico di pace e di restaurazione sociale.
Saremo dunque all’alba di una grande rinascita cristiana? - Veramente i popoli sono stanchi, sono disillusi, essi sentono che tutta è vana, tutta è vuota la vita, senza la pace di Dio, senza Cristo. Gesù avrà pietà delle turbe. Egli vuole risorgere, vuole riprendere il suo posto.
Ecco, vedo Cristo che torna: non è un fantasma, no! E’ Lui, il Maestro, è Gesù che cammina sulle acque sconvolte di questo mondo così torbido e così tempestoso. Ritorna nei cuori, nelle famiglie, su tutte le plaghe della terra ovunque diffondendo le gioie della sua pace. Quella pace che gli angeli hanno cantato sulla Grotta di Bethlem che il Maestro Risorto ha rivolto quale primo saluto agli Apostoli, e lasciato quale ultimo dono, prima di salire al cielo.
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La Chiesa ha raccolto l’estremo anelito del Cuore Divino e lo custodisce - tesoro incomparabile, - perché la fiamma della fede e della pace arda e splenda nei secoli, sempre più viva e immortale.
Oh, davvero, Custode e Padre della pace è il Pastore universale della Chiesa, “il dolce Cristo in terra”, che ci ha benedetti giorni or sono, dall’alto della Basilica Vaticana: tutto in Lui parla il linguaggio della pace: il fascino di una vita santa assorta in Dio; lo sguardo dolcissimo che ha abbracciato milioni di figli della suggestiva bellezza di stupende assise attorno agli altari; il nome stesso di Pio, il motto suo che è programma di pace nella giustizia; il primo suo messaggio, il suo anelito che è di servire la verità, ma insieme con carità: “veritatem facientes in charitate”.
Venga dunque, attraverso il grande cuore di Pio XII, la pace tanto sospirata! Oh, com’è dolce pregustarne la soavità in queste vigilie pasquali che la Provvidenza di Dio ha voluto farci godere in così singolare anticipo, poiché ci è parso di sentire la Resurrezione di Cristo nell’esaltazione del nostro Santo Padre Pio XII. E di quanto conforto è sentirci figliuoli tutti di una sola grande famiglia, e buttarci, umili e piccoli, ai piedi del Papa, e dei Vescovi, per far nostre le loro gioie, i loro dolori, le loro speranze, i loro voti, il loro palpito di pace!
O Chiesa veramente cattolica, Chiesa Madre di tutte le Chiese, Chiesa di Roma, unica vera Chiesa di Cristo, nata non a dividere ma ad unificare in Cristo e a dar pace agli uomini. Mille volte ti benedico e mille volte ti amo.
Bevi il mio amore e la mia vita, Madre dolcissima della mia Fede e della mia anima!
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Come vorrei, Beatissimo Padre, delle lacrime, del mio sangue, e del mio cuore, fare un balsamo da confortare i Vostri dolori e da versare sulle piaghe dei miei fratelli! Come vorrei, al tramonto ormai di questa povera vita, offrire anche gli ultimi palpiti in olocausto ardente di venerazione ai Vostri piedi augusti!
Venga allora la Santa Madonna a prendermi per mano!
E, se il Signore mi userà misericordia ed entrerò nella pace del paradiso, ah voglio entrarci cantando a gran voce il Christus vincit e il Tu es Petrus, che è il mio Credo, il cantico della mia fede e del mio amore!
Sac. Luigi Orione
dei piccoli Figli della Div. Provv.za