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[Da Copia dattiloscritta - vedere anche Lettere vol. 52° a pag. 41 e segg. - Ma questa copia è ancora più corretta da Don Orione Vi è la firma di pugno di Don Orione]



Anime e Anime!

Tortona, il 18 ottobre 1927

Anniversario della morte di mia madre e della madre di D. Curetti


Cari miei figliuoli,


La grazia, la pace e i conforti di Nostro Signore Gesù Cristo siano sempre con noi!

Ho il profondo dolore di comunicarvi che jeri, alle ore 11,15, moriva santamente, come santamente visse, il nostro amatissimo fratello Sac. Giulio Pelizza.

Egli era entrato da alcuni anni tra i Figli della Divina Provvidenza ed aveva i voti Religiosi.

Era un Angelo di Sacerdote, di coscienza delicatissima, a nessuno secondo nell’attaccamento alla Congregazione. Venne da noi dopo la guerra, già malandato in salute; ma tutto quello che poté fare, lo fece con un amore alla Piccola Opera della Divina Provvidenza, a nessuno secondo.

Don Pelizza ci edificava tutti. Fu a S. Remo, poi a dirigere la Colonia Agricola di Roma, quando D. Bruno passò a Rodi.

A Roma si ammalò e fu gravissimo. Ebbe ogni più fraterna cura alla Casa di Ognissanti, vegliato per più mesi dai nostri Sacerdoti.

E qui voglio pubblicamente ringraziare D. Risi, D. Candido Garbarino, D. Vincenzo Errani; essi non potevano fare di più per il caro D. Pelizza, e il nostro santo fratello pregherà, certo, dal Paradiso in modo particolare per loro. Quanto è soave l’unione e la fraterna carità!

Invocò Santa Teresa del Bambin Gesù, e migliorò.

Quest’inverno e buona parte della primavera fu tenuto a S. Remo, poi a Villa Moffa, sino a quindici giorni fa. I confratelli di S. Remo e di Bra gli usarono anch’essi tutti i riguardi.














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Pareva a tutti che ora stesse meglio, molto meglio, e andò in Famiglia per un po’ di giorni di vendemmia. I Suoi cari e quanti lo rividero si congratularono con lui, lo trovarono tanto migliorato e tutti speravano di vederlo pienamente guarito. Stava sì bene, che non pareva più lui. Anche il Prof. Ferrari di Voghera, che lo aveva visitato l’altr’anno, si meravigliò di vederlo così rimesso, e se ne rallegrò con lui e con la Famiglia. Però, visitandolo, ordinò una operazione chirurgica che non doveva, per altro, essere grave, né portare gravi conseguenze. Anche la Famiglia desiderò che D. Giulio fosse operato, sperando così che si ristabilisse più presto.

E fu condotto alla Clinica Chirurgica di Tortona, dove i Parenti e noi avremmo potuto assisterlo meglio.

E, invece, fu sempre assistito dai Parenti e da noi, anche la notte.

Pareva che migliorasse, anzi, il dì innanzi che morisse, i Medici curanti lo avevano dichiarato quasi fuori pericolo. Tre ore dopo, invece, era gravissimo. Era stato, evidentemente, il miglioramento della morte.

La notte scorsa fu assistito da D. Perduca e da me. Egli comprese chiaramente che era prossimo a morire, ma era tranquillo, sereno, preparatissimo. Chi l’avrebbe mai detto? Prima inclinava tanto agli scrupoli, ed ora era tutto pace. Mgr. Vescovo si degnò visitarlo e portargli il conforto della sua Benedizione.

Ricevette gli ultimi Sacramenti con edificazione commoventissima, seguendo il Sacerdote e rispondendo lui stesso, così fece anche durante il “Proficiscere, anima christiana, de hoc mundo” e nelle altre preghiere dei moribondi. Non perdette la conoscenza né la parola sino all’ultimo. Dopo le preghiere dei moribondi, pochi istanti prima che spirasse, recitò il “Te Deum” in ringraziamento al Signore per tanti benefizi e di morire Religioso della Divina Provvidenza.























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Offerse a Dio la sua vita per il bene della Congregazione e promise che avrebbe sempre pregato per essa, per me, per voi tutti. E mi morì tra le braccia, invocando la Santa Madonna: morì tranquillo, come muoiono i Santi! E anche morto, gli si vede sul volto molta pace. Che bel morire! Praetiosa in conspectu Domini mors Sanctorum eius!

Lo abbiamo vestito noi, pregando; gli ho messo la cotta che ho usata quest’anno alla Madonna della Guardia e una stola violacea che aveva tanti cari ricordi della mai vita sacerdotale. Poi D. Marabotto ed io ce lo siamo preso sulla barella e ce lo siamo portato, pregando, alla camera mortuaria. E ieri sera siamo stati in molti e dirgli il Rosario coi Suoi Parenti. Oggi, aiutato da Don Ferretti, venuto da Roma, e dai Suoi, L’ho composto nella cassa, povero D. Giulio! E stasera ve lo chiuderemo, e poi andremo ancora a fargli compagnia, finché prestò andrò anch’io per restar sempre insieme.

Qui gli abbiamo già detto parecchie Messe; si offrirono anche le Comunioni e le orazioni di stamattina.

Pregate ora tutti per l’anima Sua, secondo la Regola. Domani lo accompagneremo a Volpeglino, dov’è nato, dove stanno i Suoi, e verrà sepolto là.

E adesso, o miei figli, che vi dirò? Preghiamo, preghiamo, e viviamo umili, puri, pieni di amore di Dio e della Madonna, attaccatissimi alla Congregazione, come ce ne ha dato mirabile esempio il nostro D. Pelizza, il quale ci fu tolto a trentacinque anni, perché già maturo per il Cielo.

Oggi abbiamo in Paradiso un Fratello di più: è entrato in Paradiso un Angelo di più: pregherà per noi, per la Congregazione.

Coraggio, figliuoli miei, domani vi andremo anche noi, se sapremo imitare le Sue virtù, la Sua santa vita: se sapremo
























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prepararci del bene. La vita è breve e presto, presto non ci saremo più! Amiamo Dio, amiamo il prossimo, preghiamo e lavoriamo a salvarci l’anima e a salvare anime, vivendo in semplicità, umiltà, carità e totale sacrificio di noi ai piedi del Papa, dei Vescovi, da piccoli servitori della Santa Chiesa di Dio.

Prepariamoci del bene per l’eternità, non ci fidiamo del bene che potranno farci gli altri dopo la nostra morte, prepariamocene noi e prepariamocene molto.

In fine della vita si raccoglie il frutto delle opere buone diceva il Ven.le Don Bosco.

E quanto aveva ragione.

Come si è contenti, quando si è data tutta la vita per il Signore!

E finirò.

In quest’ora, anche per altri motivi, tanto dolorosa, cerchiamo di trar profitto da queste prove. Sentiamo il nostro nulla, ogni nostra indegnità. Baciamo la mano di Dio, ringraziamolo di poter patire qualche cosa per mostrargli il nostro amore, e, alzando gli occhi a Lui, manteniamoci sempre nella fiducia e bontà infinita del Signore. Se ci buttiamo in Dio, per quanto miseri siamo, è certo che Egli non ci lascerà nell’afflizione, ma ci raccoglierà nel suo seno.

Ogni pena, ogni dolore, ogni distacco dai fratelli più cari, ci deve essere scala per salire a Dio.

Confortiamoci dunque a vicenda nelle parole del Signore, il quale ha detto: “Beati coloro che fanno cordoglio, perché saranno consolati”. (Matt. V / 4)

La nostra dimora in terra non è che una tenda, o miei figli, come ha detto S. Paolo: ma abbiamo nei cieli una casa non fatta da mano di uomini, ed è là che dobbiamo tendere incessantemente.
























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I nostri corpi sono membra di Cristo; se noi veramente vivremo di Cristo e in Cristo morremo, risorgeremo i primi, incamminati alla celeste nostra abitazione; e tutti andremo ad incontrare il Signore: et sic sempercum Domino erimus.

Consoliamoci in questa divina Fede, in questa speranza, piena di immortalità, e mentre abbiamo luce, offriamoci ostia viva al Signore per la Sua Santa Chiesa.

Vi abbraccio, o miei figliuoli, in ispirito di ineffabile e paterna carità e vogliate pregare tutti per me.

Vostro aff.mo in Gesù Cristo e nella Santa Madonna.


Sac. Luigi Orione

della Div. Provv.za



[C’è un’altra copia con firma  di Don Orione, di questa Circolare a stampa, nella collezione delle Circolari. Don Orione vi scrive in testa:]


 18 sera / 10 – 927


Grazie della visita a Don Tricerri e del graditissimo tuo telegramma.

Dio ti paghi!

Ho altri grandi dolori: ora pro me.

Tuo aff.mo in X.sto


Sac. Orione

d. D. P.