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[Da copia dattiloscritta]



Tortona, il 24 Aprile 1928

Anno VI°


Onorevole Presidenza Opera Assistenziale

della federazione Provinciale Fascista di

Genova


Sono lieto di poter rispondere subito al gradito espresso di codesta benemerita Opera, ricevuto oggi.

Sono assai riconoscente che abbiamo scelto il Piccolo Cottolengo per devolvere L. 800 nell’acquisto di N°. 16 letti, tenendo calcolo della quota di L. 500 per lettiera e corredo letto.

Sono dispostissimo ad intestare una sala ad onorare la memoria della benefica Defunta, cha ha elargito la somma, - anzi farò di più: se mi favoriranno una fotografia, farò un insegnamento per quadro che verrà appeso nella sala, e i bambini (metterò maschi o femmine secondo che mi direte) reciteranno ogni giorno una preghiera di gratitudine per la Benefattrice che lasciò la somma.

Siccome poi il danaro mi verrebbe pel tramite della Federazione Fascista, metterò nella sala il ritratto del Duce e il Littorio.

L’obbligo di mantenere N°. 16 bambini unicamente perché vengano date, una volta tanto, L. 8000 in effetti letterecci, mi riesce gravoso: dico schietto chi non mi è possibile addossarmelo.

Col divino aiuto e sorretto dalla generosità genovese, farò forse di più; ne manterrò 16, ne manterrò 100, ma addossarmi un obbligo capirete che non lo posso: non vi voglio ingannare.

Così vedete che la natura stessa del Cottolengo esige che l’accettazione sia riserbata a chi lo dirige, e ciò per ragioni ovvie; diversamente cesserebbe lo spirito onde deve essere animata detta Istituzione;
















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cesserebbe di essere Cottolengo.

Così pure per debito di lealtà vi fo presente che presto dovrò sloggiare da Quarto, né so ancora dove andrò a piantare le tende del Cottolengo Genovese, né dove potrò allogare quei 200 e più ricoverati di ogni età, di diverso sesso, di infelicità diverse.

Anche per questa parte bisognerà che mi lasciate libertà di fare come potrò.

Sono un galantuomo: un prete franco: non vi allarmate se a prima vista mi vedete così arcigno; voi al mio posto fareste lo stesso: farò poi più di quanto vi aspettate.

Non vogliatemi male: fatemi del bene: fatemene molto: non lo fate a me, lo fate ai vostri poveri: io non vivo che per essi!

Se questa mia è accettata telegrafatemi, e, senz’altro, il 24 ore, vi pianto la sala per i bambini.

Quando verrò a Genova, verrò a ringraziarVi di presenza.

Vi saluto romanamente e Dio Vi benedica!


 (Don Orione)