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[Da copia a stampa]
Piccolo Cottolengo Genovese
Genova Via Bartolomeo Bosco 2/B
Deo gratias!
Genova, 24 Maggio 1939 XVII
Vossignoria Illustrissima è invitata alla Cerimonia di benedizione della Casa di Riposo che la Divina Provvidenza apre a Pino di Molassana, per accogliervi Nobili Signore bisognose di riposo, di assistenza e di conforto.
S. E. Reverendissima il Signor Cardinale Arcivescovo Pietro Boetto si degna di compiere il Sacro Rito, presenti le massime Autorità.
La cerimonia si compirà Martedì, 30 corr. mese, alle ore 16 precise.
La Villa, posta sotto gli auspici di Santa Caterina, prende nome dalla Santa, gloria del Patriziato Genovese.
Sarò vivamente grato a Vossignoria e Famiglia se, accogliendo questo invito, vorranno onorarci di Loro presenza, bene auspicando alla nascente istituzione, sorta per la generosità dei Genovesi.
Ringrazio ed ossequio. Dev.mo nel Signore
Don Orione
N. B. Alla Villa Santa Caterina da Genova - Casa di Riposo per Nobili Signore - Genova - Pino di Molassana telefono 50-087 - si accede a mezzo tram da Piazza De Ferrari, con fermata a Molassana, quindi per Via Privata Pino.
Gli oggetti, mobili, ecc. che si desidera offrire a Villa Santa Caterina dovranno essere inviati sempre alla Casa centrale di Via Bartolomeo Bosco 2/B (Cancello) o telefonare al N. 55 - 253 e il Piccolo Cottolengo provvederà al ritiro a domicilio.
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[Finale del volumetto “Il Cuore di Sant’Ambrogio ci sono parole e correzioni di D. Orione che lo ha letto prima che si stampasse]
…….della grande peste detta “di S. Carlo”, del 1576, si sia diffusa anche sulle nostre terre affratellate, nelle sciagure di quel triste periodo, a tanti altri popoli. Imitatore di Cristo, S. Carlo interpretò la lettera Evangelica del suo spirito, santo e santificatore.
Come Cristo anch’Egli coepit facere e docere.
Fece quanto la carità gli ispirava, parlò ed insegnò agli altri con gli stessi accenti con cui la carità parlava in lui. “Esoso per sé, riscuoteva sino all’ultimo spicciolo tutto ciò che poteva rendergli quella sua carne stremata”.
Morire di peste gli sembrava il migliore degli affari.
Pensava e diceva che “non bisognava lasciarsi sfuggire, sebbene il Signore non volesse accogliere il suo desiderio.
Gli fu detto che ad un socio della Compagnia della Dottrina Cristiana, colto dalla peste, erano state bloccate le porte. Fatta portare una scala l’appoggia alla finestra dell’abitazione e porta luce e consolazione a quel poverino.
Similmente avendo saputo che il Curato di S. Raffaele di Milano giaceva infermo, volle subito amministrargli i Sacramenti con gli abiti pontificali.
A chi lo scongiurava di non volersi esporre al pericolo, rispose che se la Divina Bontà lo avesse tolto di vita, avrebbe anche certamente mandato, in quelle luttuose circostanze, un Pastore migliore di Lui.
Era solito citare l’esempio di quei primi Cristiani, venerati dalla Chiesa come Martiri, che al tempo di Valeriano morirono servendo agli appestati.
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“Tenerissimo verso i poveri figliuolini, privi delle loro madri, li affidava alle nutrici e, mancando quelle, trovò il rimedio nelle capre”.
Spesso con le sue stesse braccia coglieva il bimbo fra i fratellini morti di peste.
Uno di questi episodi è illustrato dalla vetrata dedicata a S. Carlo nel Santuario della Madonna a S. Bernardino, in Tortona.
Questa stessa carità eroica lo spinse a ricercare sempre con premura e delicatezza quanto potesse servire pel sollievo corporale degli amati e doloranti suoi figli e per vincere il male.
Per questo non disprezzò le norme di igiene.
Nelle processioni di penitenza i partecipanti dovevano mantenere una certa distanza tra loro. Egli stesso dopo aver comunicato gli infermi passava le dita su di una fiamma ed usava disinfettare persino il danaro.
Queste norme sanitarie le fece raccogliere in un opuscoletto ad uso dei Sacerdoti e ne inviò copie a tutti i Vescovi nelle cui terre, negli anni successivi, il male si propagò.
Nel 1579 scrive al Vescovo di Tortona, tribolato in Diocesi dalla peste: “Ho dato ordine al mio Vicario Generale che le mandi alcuni libretti intitolati: Pratica di curare gli infermi, che si stamparono a Milano in tempo di peste”. Seguendo queste norme gli appestati furono comunicati quasi tutti, né si trovò che morisse alcun Sacerdote per questa sola causa, come all’incontro a Brescia, patria di V. S., sa Lei come andarono le cose in abbandono.
Ivi i Sacerdoti lasciarono incurabili quegli animi, et quanti et quanti et quanti sacerdoti e curati con tutto questo morirono in proporzione più che a Milano.
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La parola di S. Carlo ai figli di S. Marziano.
Soprattutto però, S. Carlo si mostrò sempre altamente convinto che “il rimedio dei rimedi è solo il Signore”. Per questo, applicate ai corpi tutte le prescrizioni mediche, egli pensava soprattutto alla salvezza delle anime.
In altro luogo della citata lunga lettera il Card. soggiunse: “Ottenni da nostro Signore (il Papa) la facoltà delle indulgenze che V. S. desiderava della quale Le mando qui incluso il Breve Apostolico.
Allude alla facoltà di concedere l’indulgenza plenaria ai colpiti dalla peste, che Gregorio XIII° dava ai Vescovi che la richiedessero.
Abbiamo la lettera di ringraziamento del Gàmbara.
Più chiaramente questa sollecitudine del Cardinale per tutte le anime traspare da questo tratto della medesima lettera con cui poniamo fine: “La ringrazio del conto che ha voluto darmi della peste di codeste parti, et la prego di tentennare sempre avvisato perché io tanto più mi ecciti a fare per questo oratione a Dio, siccome non ho mai mancato di fare sin hora; et do anche ordine a Milano che si faccia il medesimo, il che voglio eccitare anche i Vescovi della Provincia con il mio Breve.
Et quanto a i rimedi che si fanno non bisogna lasciar d’inculcare a cotesti popoli che il vero rimedio in simili casi è il Signore, senza il quale tutti gli altri sono vani; il rimedio è riconoscersi et correggersi et emendarsi dai peccati, il che è anche il frutto che Sua Divina Maestà ne pretende...
Affetto e predilezione paterna per la nostra Diocesi traboccano da queste parole e si concretano specialmente nel monito finale che ci sembra anche il miglior insegnamento che noi, figli di S. Marziano, dobbiamo trarre dalle feste Centenarie di S. Carlo che celebriamo.
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Parole che ci danno il diritto di rivolgere anche a Lui la preghiera con cui siamo soliti invocare l’Apostolo. il Fondatore e il Padre della nostra fede e della nostra Chiesa: “Sancte Pater Carole, filios tuos ne deseras! - O S. Carlo non voler dimenticare i tuoi figli!”
(Grafia di Garelli)
1° Il Professore non capisce la mia scrittura, prima di tutto leva i punti in condotta, e poi dove non capisce le parole segna errori; prego di farmi mettere la penna in mezzo alle dita
2° Le amicizie particolari tra Candelori, Malfatti Nazzareno e Ponzano, Zucchegna Vincenzo, l’ultimo cerca di evitare come può e Cipolloni sta per fare le scene del teatro il quale sarà fatto nel tempo delle vacanze.
3° I Chierici vogliono comandare tutti, e così si formano alcuni partiti.
Garelli Silvio
(Scrive D. Orione)
In cucina la Suora si lamenta che la roba non giunge a tempo - si manda tardi.
Si arriva a scuola in ritardo - alla mattina si parta alle 8 meno 10, al dopo pranzo si parta almeno alle 1.35.
Qualche volta si parla quando non c’è il Superiore.
Candelori e Malfatti il piccolo sono attaccati tra di loro - dicono che Liberalon è il B. dell’Assistente e che tiene il collo torto
l’anno scorso c’era più buono spirito, più sottomessi al Superiore
nessuno assiste quando non c’è L’Asist.
in studio si chiacchiera troppo
Cipolloni e Candelori e Ponzano
Dannori fa nulla in istudio.
Candelori non ha nulla da far osservare
C’è una disobbedienza generale
non hanno confessore stabile
vanno un po’ da per tutto
non c’è confessione stabile al sabato né confessore
L’Assistente lascia suonare tre o quattro volte e poi neanche va
Non si dice il Rosario quasi mai
Il Confessore di S. Francesco da Paola è giovane, non è italiano
insomma c’è poca pietà
Non si osserva il silenzio né in fila né in camera
A Dire la verità quando non c’erano quei tre di I.a Liceo si stava meglio.
Vincenzo è stato rovinato da essi.
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Il venerdì e sabato Santo e Pasqua ad Ognissanti tutti divagati e dispersi.
Natale e Pasqua senza Messa due giorni senza gioia spirituale: come fossero due giorni qualunque.
Manca l’ordine - poca preghiera - vanno in chiesa solo quando c’è regola, mai da sé.
Candelori e Malfatti il piccolo si guardano, scherzano quando si dice le orazioni
(Sul retro di carta intestata Seminario Missioni, Voghera)
Ferrari Enzo molto indietro
Broveglio pane, può riuscire
Laricini non studia troppo
Pompermajer non sta attento
Zago fa quello che può
Cenati non sta attento
Catenacci in italiano zero
Cavalli
non combina niente
di
3.a
i tre di Roma
Ferrari (?), D’Angelo
Micozzi
Ceccato
Borri e Ceccato disturbano
studio Esercizi Sp.li