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[Minuta Domenica delle Palme]



Il Vangelo ci descrive in poche, ma brillanti linee, il trionfo di Gesù, che entra in Gerusalemme.

La voce del suo arrivo a Betania, a pochi chilometri dalla Città santa era sì sparsa ovunque.

Gerusalemme formicolava allora di pellegrini per le imminenti feste della Pasqua, e il popolo, il buon popolo nell’ardore della sua fede si precipita incontro al Messia, non curando l’odio implacabile che gli scribi, che i farisei e altri avevano contro Gesù. Oh quando il popolo non è traviato dai tristi, quanto è buono e generoso!

Siamo agli ultimi giorni della vita di Colui che era venuto a sanare e a beneficare tutti, giorni pieni di misteri, d’insegnamenti e di benefizî.

Gesù in Betania ci insegnò specialmente come dobbiamo adorare Cristo in se stesso e amarlo nei poverelli.

Il 9 nisan o 10 aprile, Gesù andò da Betania andò a Betfage, un piccolo villaggio della parte meridionale del monte degli ulivi, dove si pascevano le vittime destinate ai sacrifizî.

Ivi si soffermò e mandò due apostoli ad un vicino castello del quale non rimangono più vestigi, ordinando che prendessero un’asinella col suo puledro, secondoché avrebbero trovato, e li menassero a lui.

Se alcuno movesse difficoltà, rispondessero solo, che il Maestro ne aveva bisogno, e subito li manderebbe.

Gli Apostoli ubbidirono, ma non compresero il mistero di quel comando. Era un esempio di umiltà insigne e l’adempimento di ciò che cinquecento anni innanzi aveva profetizzato di lui Zaccaria:

Dite alla figliuola di Sion: ecco il tuo re (o che è lo stesso, il tuo Cristo) viene a te, pieno di mansuetudine assiso sopra un asinello.

Volle Gesù che anche questa profezia si adempisse per stabilire e fortificare la nostra fede.

Ogni profezia è un raggio che illumina e l’adempimento di tutte un centro di luce che dissipa nei secoli le tenebre della incredulità.

Gesù Cristo qui è annunziato come re, e re egli era, come Figlio di Dio, e l’affermò solennemente dinnanzi a Pilato: re delle intelligenze, re spirituale, re umile.

Sovente i profeti danno questo titolo al Messia per adattarsi alle idee degli uomini e specialmente degli Ebrei.











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Gli Ebrei perduta la nazionalità s’erano venuti esaltando in una grande speranza, quella del Messia, e lo sognavano eroe divino nella origine, ma nazionale.

Egli, dopo aver cacciato i romani, doveva far rifiorire il culto di Israele, estendendo a tutta la terra, ma portandolo sugli scudi e sulla punta delle spade, tramutando così il mondo in un vasto impero giudaico.

Sogno splendido, ma anche piccolo e basso. Che può essere il trionfo d’una religione ottenuto con gli artifizî d’una politica?

Dio veniva ad essere subordinato all’uomo, poiché, in realtà, col pretesto di Iohvè era il loro dominio che volevano imporre.

Un Messia politico e nazionale era un sogno umano davvero piccolo di fronte alla missione divina e universale di Gesù.

Egli venne sì a fondare un regno, ma quello di Dio; parlava sì di redenzione, di libertà del popolo, ma d’una redenzione e libertà non politica, ma morale: era re, ma re dei cuori, re delle anime, e più Padre che re: in qualunque modo, era re pieno di mansuetudine.

Così lo avevano descritto i Profeti: “Un agnello mansueto. (Is. 7)

Principe della Pace” - (Is. IX,6)

l’Agnello di Dio” che s’abbandonerà senza resistenza ad uomini iniqui che gli daranno la morte.

Gesù, fattosi condurre sull’umile cavalcatura, s’incamminava alla città.

Ma giunto sul colle degli Olivi, che sorge ad oriente di Gerusalemme donde si poteva contemplare Gerusalemme, s’arrestò, come altrove narra S. Luca. (?) e la guardò, pieno di tristezza.

I suoi occhi si gonfiarono e pianse, pronunziando parole piene di tenerezza inesprimibili.

Oh come il cuore di Gesù si rivela in quel pianto e in queste espressioni! Egli dimentica il suo trionfo e pensa al suo popolo, e piange la distruzione spaventosa della città decisa figura della nostra anima ingrata.

Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono inviati da Dio, quante volte ha voluto raccogliere i tuoi figliuoli, come la gallina raccoglie i pulcini sotto l’ale, e non l’hai voluto! Oh se tu, almeno in questo giorno, avessi riconosciuto le cose appartenenti alla tua pace!
















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Ecco sopraggiungeranno giorni nei quali i tuoi nemici ti circonderanno e assedieranno da ogni parte. E atterreranno te e i tuoi figliuoli con te, e non lasceranno di te pietra sopra pietra, perché tu non hai riconosciuto il tempo della tua visitazione”.

Che se Gesù, che sempre si era sottratto agli onori, fece pur questo solenne ingresso in Gerusalemme, ciò fu per ravvivare la fede de’ suoi, e a chiamare con ultimo invito i suoi nemici a riconoscerlo.

Del resto, anche in questo trionfo del Signore, tutto parla di carità, di umiltà, e di mansuetudine, le virtù che sono l’anima della nostra religione, e che distinguono sempre i veri trionfi dello spirito da quelli bugiardi del senso dell’orgoglio e dell’egoismo.

Il trionfo di Gesù era destinato dalla Provvidenza ad essere il tipo di tutti i trionfi della Chiesa abbellita dall’anima, dalla pietà, dal perdono, dalla misericordia di Dio verso le anime e verso le nazioni dalla gioia, e coronati dalla semplicità e dall’amore di coloro che credono in Cristo, che lo vogliono amare e servire, umili e fedeli, nel Suo Vicario, nei Suoi Vescovi, nella Sua Chiesa.

Nessun trionfo uguagliò mai nella semplicità e nell’affetto il trionfo di Cristo. Il popolo amava il Signore. Erano più di tre anni che Gesù lo beneficava coi suoi prodigi, e lo illuminava colla sua dottrina.

Molti di quelli che erano in quei giorni a Gerusalemme erano stati testimonî dei suoi miracoli: molti, forse, erano stati guariti da lui! tutti avevano almeno udito parlare delle sue meraviglie: tutti erano desiderosi di vederlo di conoscerlo avvicinarlo, di udirlo. Tutti, eccettuati i falsi Sacerdoti, i farisei i dottori della legge, quelli che avevano le chiavi della scienza e che spiegavano ogni giorno le profezie, ma che tenevano il libro di Dio ben chiuso, e il loro cuore ancora più chiuso: quei ciechi pur vivendo in mezzo alla luce divina che risplendeva dalla vita, dalla dottrina, dai miracoli di Gesù Cristo.























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Il popolo invece semplice, sincero, grato, ubbidiente all’impulso del cuore, e, guidato dal buon senso e dal lume della ragione, crede che Gesù è il suo Messia, lo acclama, lo adora lo porta in trionfo: il popolo sente che Gesù è l’Agnello di Dio, che viene a cancellare i peccati del mondo, e anticipa le grandi gioie della festa di Pasqua.

Spicca rami di palme, getta fronde e fiori sui suoi passi distende sul suo cammino anche le vestimenta, e va osannando al Figliuol di Davide, al Benedetto che viene nel Nome del Signore.

È un trionfo di cuori, semplice naturale, generale, pieno di affetto e di adorazione.

È un trionfo nuovo, abbellito, santificato dall’amore infinito e dal pianto di dolore di Gesù.

Oh quando il popolo non è traviato dai tristi, quanto, quanto è buono e generoso!

Così domani come jeri, caduti i pregiudizi che lo strappano alla Chiesa, uscito da tempi caliginosi e da giorni eterni, ritroverà il popolo il suo Dio, il suo Redentore, il suo Padre!

Non siate pessimisti!

Cristo ritorna! Si ripetono i suoi trionfi perché Egli solo ha le parole di vita eterna: perché Gesù sa alimentare il sacrificio e la carità.

Dove non fu Cristo scorse il sangue della crudeltà, dove è Gesù non si sacrifica, ma si santifica!

Cristo ritorna, perché l’avvenire appartiene a Cristo: in Lui riconosceranno le genti l’ispiratore del progresso, il rivendicatore divino della giustizia, del diritto dei popoli la luce della vera civiltà, il salvatore del mondo!

Cristo ritorna! E tornerà nella pienezza della libertà alla sua Chiesa: tornerà in trionfo, portato a braccia di popolo, su un trono di cuori.

A quella guisa che nel cielo purificato dalla bufera risplende più bello il sole, così sul piano spazzato dall’egoismo, dalle ingiustizie, dalle iniquità splenderà divino e vivificante il Cuore di Gesù. Cadranno allora le colonne d’Ercole della umanità e Cristo sarà riconosciuto e adorato dal mondo intero. E sarà adempiuta la parola del Signore.

Vangelo che dice: “Vi sarà un solo ovile, sotto la guida di un solo Pastore!

Il Cuore di Gesù sta preparando il giorno della sua misericordia.

Quando il popolo sembrerà strappato per sempre a Dio, allora si risveglierà come un forte, allora comprenderà che solo il Cuore di Cristo è la sua vita è la sua felicità e a gran voce e angosciosa si rivolgerà a Lui e invocherà il Signore il Padre delle misericordie!

Dio è sempre stato il sospiro dell’umanità.













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Aprite i fasti della Chiesa, vedete i novatori, quelli che nel corso dei secoli l’hanno lacerata colle loro eresie, coi loro scismi: erano tutti uomini distinti per ingegno o per scienza.

E ai dì nostri, tra quelli che alzano cattedre d’incredulità, non vediamo anche spiriti che erano stati illuminati per essere apostoli di dottrina migliore?

E così dite nel campo civile degli artefici delle rivoluzioni delle ruine delle sciagure dell’umanità di tutti anche di Napoleone I.

Per questo il Manzoni si chiede fu vera gloria?

E lascia a posteri l’ardua sentenza!

Oh come invece è vera gloria la gloria di Gesù.

E il popolo come la sentiva. E uscì dalla città e improvvisò e anticipò attorno al Messia le grandi gioje e le pompe della festa di Pasqua. Spiccati rami di palme, con questi in mano le turbe festose levando nuove voci.

Quegli uomini grandi d’ingegno o forti di braccio, prepotenti ma egoisti che tutto sacrificano alla loro ambizione.

Basterà allora alzare un Crocifisso che il popolo riconoscerà il suo Salvatore, digiunando, stanco, afflitto, ma anelante a vita più alta, il popolo gli cadrà in ginocchio ai piedi per risorgere, anelante a vita più alta.

Che se anche gli altari andranno rovesciati, e le pietre vive del Santuario disperse e peggio, purché su le ruine resti ancora un troncone di Colui che noi adoriamo, basterà, o fratelli, basterà sì quello il popolo ritornerà a credere, ad adorare, a vivere, e al società avrà un nuovo e non più visto risorgimento cristiano e civile.

Coll’odio non si vive.

Fratelli, scuotiamoci con un sincero ritorno a Dio in questa Pasqua, e affrettiamo così la vittoria che sarà vittoria e trionfo non solo di Dio, ma anche della Patria amata: della sua libertà, del diritto dei suoi popoli: dell’onore della sua fede; della virtù del Cristianesimo.

Venga a noi Gesù, re mansueto, e facciamo che regni Iddio nella vita, e, prima di tutto; regni colla sua grazia nella nostra vita individuale e nelle nostre famiglie: siamo più praticanti della sua legge, più onesti, più giusti.

Cessi lo scandalo di sedicenti cristiani, peggiori nella vita di quelli che non credono.

Prepariamo quel regno di Dio invochiamo ogni giorno col “adveniat regnum tuum!”

Coll’odio non si vive: senza Dio si muore!

L’ora della visitazione di Cristo si avvicina: tutto ce lo dice.

Confidate, o fratelli, rinascerà l’antica fede!

L’ultimo a vincere è sempre Dio, e Dio vincerà da Salvatore e da Padre in un’ora grande di misericordia.

Cristo ritorna!