V111T124 V111P166


[Da Copia dattiloscritta; vedere: Luigi Orione. Lett. Scelte ediz. Paravia, pag. 25]



Da Gioia del Tauro, 19 / 1 – 1909


Mio buon Padre in Gesù Cristo,


ho fin vergogna a scriverle su questo cartoncino così come vede, ma è notte ancora, e il Segretario di Monsignor Vescovo mi dice che qui al momento non saprebbe ove trovare altra carta. Ma lasciando da parte tutto questo che nulla importa, e venendo a darle notizie mie e di Don Pasquali, con la grazia di Dio posso assicurarla che stiamo bene e si lavora in Domino quanto più si può. Ci siamo incontrati dopo otto o nove giorni e si siamo abbracciati piangendo come se fossimo stati più che fratelli. Ci pareva un secolo ad entrambi di non esserci veduti ed eravamo stanchi da non poterne più.

Io dal giorno che partii è la prima notte che ho potuto riposare alcune ore su d’un letto, stanotte, svegliato ogni tanto dall’ondulamento della casa pel terremoto e per l’aeremoto; ma oramai sono diventato come insensibile, o perché mi sono messo tutto nelle mani di Dio non temo più la morte, anzi desidererei morire qui insieme con tanti che sono morti ai quali (negli estremi momenti) ho dato da bere (qualche cordiale) e che ho assistito facendo da medico e da sacerdote. E avevo fame. Ero lontano di 60 chilometri. Erano le cinque di sera ed era dal mezzodì del giorno prima a Messina che non avevo mangiato. Avevo fame e pensai che il Signore si servì anche della fame per convertire il figlio prodigo e mi sono messo col cuore davanti al Signore come il figlio prodigo ...