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[Da copia dattiloscritta; vedere Luigi Orione, Lett. scelte ed. Paravia. Pag. 223 e segg.]



A Don Benedetto Galbiati

Da Tortona 6 - XII – 1937

vigilia di Sant’Ambrogio


Carissimo Don Benedetto,


Il Signore sia sempre con noi e ci affochi il petto di santissimo amore! Ecco che ti scrivo dopo aver detto Mattutino e Lodi di Sant’Ambrogio, e mentre già mi sento nella sua festa. Caro Don Benedetto ti chiedo scusa di non averti ancora scritto, ma ora quasi ne sono lieto, perché vengo a te con Sant’Ambrogio.

Sono dunque a dirti tutto come andò. Già avevo parlato - e non era la prima volta - della tua situazione a Sua Eminenza Rev.ma il mio insigne Benefattore il Card. Minoretti; quando, un po’ dopo il ritorno, sono stato ad ossequiarlo, gli ho chiesto consiglio come condurre la cosa, poiché ho altissimo concetto della sua saggezza, benché, in qualche momento, sia portato ad un po’ di vivacità di parola, dovuto alla luce della sua intelligenza e al suo carattere lombardo franco e adamantino.

Egli sempre ti ricorda come alunno carissimo, ti vuole veramente bene, e vorrei pregarti di visitarlo, quando ti fermi a Genova: quando non ci vai mi è parso che ne soffra; sarà un conforto per te e anche per lui.

Ma veniamo a Milano. Quindici giorni fa, di ritorno dagli Esercizi Spirituali a Rho, mi portai ad ossequiare Sua Em. il Card. Schuster; non c’ero ancora stato. Egli mi accolse con tanta carità che io me ne rimasi come annichilito in Domino. Pensavo e penso che bisogna proprio finirla d’ingannare il prossimo e che mi metta, magari per forza, a fare il galantuomo, ad essere davvero di Gesù Cristo, e a non ingannare più la mia stessa anima e tanta brava gente e la stessa Santa Chiesa.



















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A Sua Eminenza, dunque, ho parlato di te, mio caro Don Benedetto, a cui tutti vogliamo un gran bene, come tutti da anni soffriamo con te. Al tuo Vescovo ho detto brevemente tutto quello che il Signore mi ha detto di dirgli e che, a dirti la verità, neanche lo saprò più ripetere, perché vedi, non ero io che dicevo, ma era Lui, era il Signore. E io solo movevo la lingua, e lo sentivo, e credo che lo abbia anche sentito Sua Eminenza che nel suo cuore gli parlava Gesù. Solo ti dirò che ad una cosa, che ricordo, io non ci avevo mai pensato. E basta. Però sappi che egli, il Card. Schuster, ti ama tanto, e deve averci sofferto la sua parte, e ti ama proprio col cuore di Sant’Ambrogio, di San Carlo e del santo Card. Ferrari. Ora tu, mio caro Galbiati, scrivigli una buona lettera da figlio a Padre, sì e come parlassi col tuo Card. Ferrari e al Signore. E, prima di predicare in Diocesi di Milano, va da lui, e digli che ti dia una bella paterna benedizione.

Sono un po’ e un po’ tanto più vecchio di te caro mio fratello Don Benedetto, ma metti che ora sia la tua mamma che tu parla, e che sia la santa anima del Card. Ferrari, e non questo povero straccio e più povero peccatore di fratello tuo in Cristo.

Dunque tu hai tutti i permessi e le facoltà come prima, e sono uscite dal cuore del tuo Vescovo e Padre e le sue espressioni furono degne e alte e da vero Padre nel Signore, e da gran Vescovo e da gran Padre: diamone insieme grazie al Signore.

Il Cardinale poi nella sua carità e umiltà ha voluto accompagnarmi e presentarmi a quelle persone che attendevano in anticamera, e ti so dire che io, che so bene la mia miseria, mi sentivo pieno di vergogna e stavo in piedi perché ancora tutto ripieno della benedizione del Signore venuta su di me dalla mano del Vescovo allora allora, ed imbalsamato, e dentro e fuori da quella effusione di soavissima carità.

























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Solo soffrivo e ancora ne soffro di avere tanto ingannato gli uomini, e d’aver tratto in inganno più ancora le alte dignità della Chiesa.

Prega per me, caro Don Galbiati, e che le tue orazioni volganmi ad una conversione verace, positiva, duratura, poiché tante volte ho cominciato, ma poi, eh, poi, caro mio, è capitato alla mia debolezza quello che dice Urbano VIII, o meglio Sant’Agostino che è posto là nel “gratiarum actio”. Che io viva solo e sempre dell’amore di Gesù e degli uomini, stretto e immedesimato all’amore di Nostro Signore Crocifisso: che la Croce sia tutta la mia ricchezza ed il mio gaudio.

Sai, caro Don Benedetto, che Gesù Crocifisso ti vuole un gran bene? Sai che vorrebbe tu gli dessi tutto il sudore e il sangue tuo? E che andassi glorificando la sua Croce e il suo amore per tutta Italia, araldo del Crocifisso? Su, fratello mio, edifica nei cuori Gesù e Gesù Crocefisso. Va a Milano rivestito della potenza del Signore e infiammato del fuoco della divina carità, e dà gloria a Dio. Dilata i cuori e portali tra le braccia e sul cuore trafitto di Cristo Benedetto, alzati nel nome di Dio e sii l’umile servo di Gesù Crocefisso; con te e in te parlerà la sua parola viva di amore e di sangue il Signore e sarà fiamma che arderà i cuori e le moltitudini e sarà luce che trarrà le anime. E aprirai una nuova, grande crociata, la Crociata della Passione di Cristo. Su tutto e su tutti alziamo Gesù Cristo e Cristo Crocifisso: non vi è altra salute e altra vita. Sì, Gesù vuol regnare, ma a ligno; nella misericordia. E poi ti consumerai stretto all’Agnello, assistito dalla Santa Madonna.




























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Su, virilmente, caro Don Benedetto; io ti prego per l’amore di Gesù Cristo Crocifisso e da umile servo suo; e bisogna far presto, ché il Cuore del Signore è squarciato e grida perché è soffocato; e sarà un bene grande per la Santa Chiesa e per la nostra Italia. Il tempo è breve; e non vi è altra salute che alzare sui popoli Gesù Cristo e Gesù Crocifisso. Su, virilmente; levati con ardore e apri la nuova Crociata, che Dio sarà con te: mura la tua pietra nel monte della Chiesa e alzati su il Crocefisso e chiama a Lui tutti con parola evangelica che sia fuoco e luce di pietà per le anime....

Qui ho dovuto sospendere e intanto ho ricevuto la tua lettera, quella scritta prima, (la seconda era giunta qualche ora fa). Son lieto che già pensavi di scrivere al Cardinale. Io ho sempre compreso tutto il tuo animo; sta tranquillo e lieto in Domino, caro Don Benedetto.

Su, fratello mio, diamo la vita per Gesù Crocefisso, conformiamoci con lui e sosteniamo noi e le anime di Lui; Gesù ci offre una moltitudine di gente da salvare; Gesù palpita sulla Croce e dalla Croce Grida: “Sitio”. Don Benedetto mio, che faremo noi? Anime! Anime! Diamo anime al Crocifisso che muore di sete! O Maria dolce mamma, no che il tuo Gesù non morrà più di sete; gli daremo il nostro amore, il nostro sangue e le anime dei nostri fratelli, tutte!

Non è vero, caro Don Benedetto? Sì, sì e con infinita letizia e con pieno olocausto. Ti abbraccio in osculo Christi. Tuo


 Don Orione della Div. Provvidenza