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[Da copia dattiloscritta con cancellature e aggiunte di D. Orione]



 Tortona, 26 / 6 - 927


Questa però, caro Don Giorgis, non la fai vedere a D. Sterpi.

Solo ti serva alla responsabilità che hai di ridarlo alla Congregazione bell’e guarito.


Anime e Anime!

Tortona, 24 Giugno 1927


Caro Don Pensa,


Fede, grazia, misericordia e pace da Nostro Signore Gesù Cristo!

Ho ricevuto, caro Don Pensa, le tue lettere e gli auguri suoi, come di codeste Case del Veneto; ringrazio di cuore te e tutti, specialmente delle vostre preghiere, e Vi prego da N. S. per l’intercessione dell’Angelo della gioventù, ogni spirituale aiuto, ogni bene.

Il giorno di San Luigi l’ho voluto, quest’anno, passare con Don Sterpi a Cuneo, e ben mi pareva dovere per me, dolce e fraterno dovere!

Il 20 corr. mese ero al Piccolo Cottolengo di Quarto dei Mille a ricevere Sua Eccellenza Mons. Arcivescovo di Genova, il quale, in quel giorno, si degnava far visita ai nostri cari poveri e malati...

(E, a far atto di omaggio all’Arcivescovo e ad onorarlo, siccome l Rappresentante di Gesù Cristo stesso, erano, insieme con me, i Sacerdoti nostri Don Giovanni Grossi, Don Giuseppe Montagna, Don Pietro Parodi e Don Luigi Mietta, venuto questi la domenica 19 ad accompagnare da S. Remo a Livellato il nostro novello Sacerdote Don Severo Ghiglione, alla cui Prima Messa, al paese natio, ho avuto la gioia di assistere quel giorno anch’io. Lo avevo preso, tanti ani fa, dai piedi della Madonna della Guardia, e ai piedi della Guardia l’ho voluto ricondurre ed assistere, novello Sacerdote di Cristo.

Ma con i Figli della Divina Provvidenza e le nostre Suore “Missionarie della Carità”, le quali tanto bene fanno anche nelle tre Case del Piccolo Cottolengo di Genova, vi erano pure a far corona a Mgr. Minoretti, Arcivescovo di Genova, i tre Parroci nella cui giurisdizione sono le Case del Cottolengo Genovese e altro Clero, nonché uno stuolo di Benefattori e Benefattrici di quella industre e cristiana “Città di Maria SS.” cuori genovesi, cuori genovesi, siccome quelli che, secondo dice l’Apostolo S. Paolo nella sua lettera a Timoteo:











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non pongono la loro speranza nelle instabili ricchezze, ma in Dio”: cuori aperti a far del bene, ricchi di opere buone, pronti a dare, e a far parte dei loro averi, in modo da mettere così in serbo, per l’avvenire, un bel tesoro e ben fondato; per conseguire la vera vita. (Tim. I - VI.)

Essi sono, dopo Dio, la mia borsa i nostri Istituti di carità in Genova; sono quelli che amano, servono G. Cristo nei nostri cari poveri e malati, ed elevano e glorificano i poveri e malati in G. Cristo. Da Genova sono partito a mezza notte, vivamente desideroso di fare un’improvvisata a Don Sterpi. E giunsi a Cuneo, alla Colonia Agricola di Sant’Antonio, verso le otto. La Chiesa dell’Istituto era aperta; sono entrato piano, non visto; Sant’Antonio era tutto illuminato! Don Sterpi stava in chiesa, là seduto si di un banco presso l’altare: diceva il Breviario. In chiesa non c’era che una donna. I nostri di quella Casa erano chi alla cascina, dove hanno i bachi nel forte, chi a lavorare nei campi: le elementari erano a scuola.

Ho detto una preghiera al caro Santo dei Poveri, e poi, naturalmente, ho levato lo sguardo a quella testa calva di Don Sterpi, che non s’era avveDuto di me, e continuava a dire il Breviario. Io riflettevo a quella sua vecchiaia precoce, e andavo tra me e me col pensiero e col cuore a tanti anni e a tanti affanni! Ogni tanto Don Sterpi tossiva, tossiva; quei colpi d’una tosse brutta, d’una tosse che dura da troppo tempo, mi colpivano il cuore come pugni secchi, ed erano per me un vero strazio. Mi sono poi fatto avanti, e l’ho toccato su d’una spalla, come è solito fare lui tante volte col nostro Don Curetti e con altri di noi.

Alzò il capo a guardarmi, e dal suo sguardo, dalle sue parole ho avuto l’impressione che egli doveva aspettarmi poiché non fece il meravigliato. In verità, gli avevo scritto ripetute volte che presto sarei andato a trovarlo.
























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Dirò l’impressione avuta. Nell’aspetto non è deperito, ma l’occhio ed il colore sono di persona molto stanca; è un corpo che sta insieme e sta su, si direbbe, solo per forza di volontà.

Anche a Cuneo fu visitato da un bravo Medico; ma i Sanitari parlano quasi tutti lo stesso linguaggio. Dicono: è un uomo minato, ha bisogno di molte cure, di molto riposo di corpo e di testa: di buona nutrizione, e di non avere assolutamente preoccupazione alcuna.” Solo così, et in primis, col divino aiuto, potremo salvarlo. Per cui, o caro Don Pensa, ti prego di far conoscere a tutti di codeste Case, insieme con lo stato di salute del Don Sterpi, anche l’ordine che do che quanti gli scrivono si astengano dal manifestargli cosa che lo possa menomamente addolorare o dargli pensiero, ma solo gli si dica ciò che lo può sollevare e consolare, in Domino. Un vero e proprio miglioramento, come comprendi finora, purtroppo, non si nota, ma dobbiamo tener presente che egli è a Cuneo solo da poco più di quindici giorni. Le premure poi onde è circondato, e l’affetto veramente filiale del nostro carissimo Don Giovanni Giorgis, ma, soprattutto, le preghiere che da ogni Casa si alzano a Dio per Lui, mi danno piena fiducia che egli ancora guarirà e potrà rendere grandi servigi alla Congregazione. Il Don Sterpi si trova ora, in realtà, anche un po’ sperduto a Cuneo, e quasi, direi,mortificato di non poter lavorare. Sed spiritus promptus, caro autem infirma”. Gli ho detto che tutti noi lavoreremo anche per lui, e che pur da questo suo sacrificio, Iddio caverà certo, un gran bene per l’anima sua, come la Piccola Opera della Divina Provvidenza. Dobbiamo servire il Signore e con la salute e con la malattia: se l’amore è uguale, uguale sarà anche il merito. Questo non lo dico per Don Sterpi, ma per me e per voi. Non dobbiamo quindi rattristarci se nelle malattie non possiamo lavorare pel Signore; basta che ci rassegniamo alla sua volontà; colla rassegnazione, colla pazienza e coll’offerta a Dio dei nostri dolori acquisteremo, forse, meriti più grandi che con la fatica, perché i meriti guadagnati così, sovente sono più preziosi e anche più sicuri, perché ci mantengono nell’umiltà e nella Fede.





















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Fa conoscere a codesti miei cari fratelli e figli le notizie di Don Sterpi, perché intensifichino le preghiere, notizie che avevo promesso con la lettera dell’8 giugno; e fa che conoscano anche questi miei sentimenti. Dirai pure che mi è parso di avere lasciato Don Sterpi assai confortato, certo quella fu una giornata piena di ore di santa letizia fraterna. E Deo gratias!

Sono poi andato a Villa Moffa da Don Cremaschi e da quei cari figliuoli, (e là, un po’ dopo, giunsero da Imola i nostri Diaconi Silvio Parodi e Giuseppe Vigo, i quali vi stanno ora facendo gli Esercizi Spirituali per essere ordinati a S. Pietro Sacerdoti. Mi spiace che non potrò assistere alla loro Ordinazione, perché dovrò essere a Roma, dove, nella Festa di San Pietro si benedice ed inaugura, in fondo alla Via Appia Nuova, nella vasta nostra Parrocchia, un Padiglione Chiesa che ci venne donato dal Santo Padre. Quella Parrocchia avrà così una Succursale, tanto necessaria. È un nuovo campo di lavoro che si apre. Fa pregare la Madonna, Madre e Celeste Fondatrice della Piccola Opera della Divina Provvidenza, che ci mandi molte buone vocazioni, molti e santi Operai!

Il Signore sia sempre con te, caro Don Pensa! Conforto e benedico a te e a tutti delle Case di Venezia e del Veneto: salutameli tutti in G. Cristo. Presto tengo a trovarvi. Pregate per me, che vi sono in Corde Jesu,

aff.mo

Sac. Luigi Orione

dei Figli della Div. Provv.za


P.S. Mando copie già fatte perché, pel tuo tramite, siano dirette alle Case del Veneto, e se ne dia lettura a tutti.