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[Da foglio ciclostilato di Don Brizio su cui Don Orione aggiunge quanto segue]
Fa il piacere, rimetti quelle due o tre correzioni che hai fatto. Così la faccio ricomporre.
Umbria, 8 Dicembre 1923.
Ai Maestri,
Queste pagine religiose hanno ricevuto deliberatamente una veste di poesia.
Si
tratta di mettere alla portata di fanciulli dai sei ai dodici anni
verità altissime, ma allo scopo principale di farle da essi amare,
sicché, anche cresciuti, vi tornino sopra volentieri e se ne servano
quali
indirizzo della
a
indirizzare la
loro
vita.
Parve all’autore di queste pagine che dare all’insegnamento elementare della religione una forma poetica fosse il mezzo più pratico e più sicuro per attrarre e incatenare l’attenzione dei giovanetti e per far entrare nelle loro menti dottrine che, esposte in forma arida e schematica, facilmente li stancherebbero, con danno del loro profitto.
Abbiamo, scegliendo questa forma, avuto riguardo anche ad agevolare l’opera dei Maestri, lasciando d’integrare questo rudimentale insegnamento a coloro che hanno per missione e vocazione di spezzare il pane della divina parola.
Non si domandi dunque da noi più di quello che abbiamo voluto dare.
Il modello più luminoso del metodo che adottammo, ci viene offerto dall’Autore stesso del Cristianesimo. Il quale, nei brevi, ma limpidi ricordi del suo magistero, tramandatici dagli Evangeli, usa un linguaggio tutto poesia. Sono immagini e paragoni toccanti per semplicità, trasparenza, efficacia. E’ una luce improvvisa che da arcane fonti investe più comuni oggetti e uffici della vita e li solleva in una regione traslucida ove, spogli della nativa opacità, mostrano, si direbbe, il germe occulto di spirito, che oramai accenna chiaramente a un mondo superiore.
Che dire delle parabole? Anche là dove non si fa appello al sentimento che rafforza la immaginazione, questa trae da umilissime cose le più improvvise e vaste significazioni. L’uomo che scorge nelle mani del mercante la perla preziosa e vende il suo avere per acquistarla, persuade, meglio di ogni artificio oratorio e dialettico, dell’immenso valore del fine supremo da raggiungere e della necessità e del modo di raggiungerlo. Quella del fermento e l’altra del grano di senape valgono mille ingegnose teorie della evoluzione.
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Tutti i semplici, a cominciare dai fanciulli, non possono, attraverso i veli di così schietta poesia, non leggere le verità essenziali di quella filosofia universale, e perciò divinamente superiore, che è la Religione.
La Chiesa, continuatrice dello spirito di Cristo, nella sostanza e nelle forme, non ha mai cessato dallo adoperare il ministero di tutte le arti, sorelle della Poesia, per la educazione spirituale del popolo.
Ma,
del resto, il nostro massimo Poema si può definire un Cateschismo
cattolico e
una immane
in
veste di
Allegoria,
per lo ammaestramento religioso, - e civile insieme, - quando delle
moltitudini, quando dei pochi.
Con ciò mi pare di aver giustificato a sufficienza il metodo che ho adottato. E credo che non occorra di più a persuadere i Maestri della necessità di una forma viva, sensibile, immaginosa per rivestirne l’insegnamento religioso - alla pari di qualunque altro insegnamento dato a fanciulli.
Chi ha scritto le pagine che seguono sarà pago di una fatica se l’Insegnante, in uno o più giorni della settimana, al mattino, prima di entrare in altra materia, vorrà leggere e dichiarare un capitolo, con voce posata, grave e dolce insieme, compreso dall’alto ufficio che assolve in quel momento.
Ufficio religioso, fuori di metafora - perché egli dal profondo dell’anima sua, pur quando usa le altrui parole, si rivolge all’anima profonda di quelli che entrano nella vita, a persuaderli delle Cose grandi, eterne, che sono oltre la vita e non di meno al centro medesimo della Vita.