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[Da copia dattiloscritta con aggiunte autografe di D. Orione]



Là c’è la Provvidenza”


Don Orione


Cari Amici di Milano,


Innanzi tutto vi chiedo scusa dell’audacia mia di trovarmi qui a parlarvi in qualche modo. Ci ho pensato jeri, l’altro jeri, e dicevo a me stesso “ma che cosa hai mai fatto tu? che audacia, che temerità è la tua di andare a parlare ai milanesi del Manzoni!

Vi dirò Cari Amici del Piccolo Cottolengo Milanese, ecco, quando mi si disse di venirvi a dir qualche cosa sulla Divina Provvidenza ho pensato, stante i vincoli grandi di gratitudine che ho verso di voi e verso tutta la cittadinanza milanese, ho pensato in qualche modo se non di sdebitarmi di darvi almeno un segno particolare della mia riconoscenza, attingendo al Manzoni al vostro al nostro Manzoni, perché ho sempre pensato ritengo che da secoli in qua nessuno abbia scritto della Provvidenza della Divina Provvidenza abbia cantato la Divina Provvidenza quanto il nostro Alessandro Vostro Manzoni.

E instintivamente m’è corsa alla mente la espressione Manzoni “Là c’è La Provvidenza”.

Mi hanno dato il temaLa c’è la Provvidenza”: è l’affermazione semplice popolare di una sublime verità colta sul labbro di Renzo Tramaglino, ma noi sentiamo che, sovratutto, è la espressione alta della fede di Alessandro Manzoni. Permettetemi di leggervi un passo dei “promessi sposi.”

Renzo giunge alla casa del cugino. Dopo i primi saluti, il cugino dice: Bortolo gli chiede: “Hai fame? hai bisogno di mangiare? Risponde Renzo: “No”. E a denari, come stiamo? Renzo stese una mano, l’avvicinò alla bocca, e si fece scorrere sopra un piccolo soffio. Non importa disse Bortolo, ne ho io: e non ci pensare che presto presto, cambiandosi le cose, se Dio verrà, me li renderai, e te n’avanzerà anche per te”. “Ho qualcosina a casa, e me li farò mandare”.

(Renzo ignorava che la sua casetta fosse era stata devastata dagli sbirri). “Va bene: e intanto fa conto di me. Dio m’ha dato del bene perché faccia del bene; e se non ne faccio ai parenti, ed agli amici, a chi ne farò? E ancora Renzo: “L’ho detto io della Provvidenza “La c’è la Provvidenza”.

E questa affermazione, o miei amici, piena di fede, sgorgata dal cuore dell’umile montanaro, da un cuore riconoscente a Dio anche nei travagli, ed indulgente cogli uomini anche nelle persecuzioni, eleva il nostro Renzo nella luce dell’eroismo cri stiano e giustifica pienamente l’espressione che il M. dice di lui quando lo qualifica come “il primo uomo della nostra storia” e invero Renzo qui, almeno in questo caso, è veramente direi, il bell’ideale e veramente l’uomo che ha che mostra che rivela la piena un simbolo vivente di fiducia nella Divina Provvidenza.





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Ma, o miei amici, non è Renzo l’unico il solo personaggio del M. che vive che si muove che opera nello spirito e nella luce di fede e nel clima della divina Provvidenza. N‚ l’episodio che abbiamo veduto è l’unico episodio che canta esalta la fede e la fiducia in Dio e nella Divina Provvidenza degno di nota, sotto questo riguardo, anche

Ma Il M. ha voluto fare bene di più. Come Dante ha cantato la fede e ci ha dato la Divina Commedia, il poema sacro, così M. ha cantato la fiducia in Dio, ha cantato la Divina Provvidenza e ha inteso ci ha dato quei gran comporre nei Promessi sposi il poema della Provvidenza.

Mi sembra o cari miei amici milanesi, che la capolavoro manzoniano non si convenga un titolo una definizione migliore di questa “il Poema della Provvidenza”



(Ripetiamo che quanto sopra è stato preso da una copia dattiloscritta dei discorsi del Sen. Cavazzoni, di Mons. Gorla e di Don Orione, nella riunione di “La c’è la Provvidenza” del 22 gennaio 1939, copiamo soltanto alcuni brani su cui Don Orione ha fatto correzioni o aggiunte autografe: forse voleva fare lui una copia ufficiale della sua conferenza, sotto forma di lettera per i suoi Benefattori: poi evidentemente non ci riuscì.)