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[Da articolo di giornale con aggiunte di Don Orione]



quelli che saranno! Per quelli che non

Avezzano, marzo.

Don Orione e gli orfani del Patronato.

Uno dei più eminenti funzionari civili ora ad Avezzano, di cui sono stato ospite nel vagone che gli serve da ufficio, da sala da pranzo e da ricevimento, mi aveva detto, parlandomi di Don Orione: - Quello lì... poi riconcilierebbe i più ferocemente increduli con i preti...

Ed il funzionario mi parlava appunto dello slancio di pietà e di consolazione che hanno avuto taluni i preti della Marsica e quelli accorsi nella regione dalle parti più lontane d’Italia.

Uno di questi è don Orione, prete della Diocesi di Tortona, ancora giovane, robusto, attivo, che a Messina operò dei veri prodigi di carità e di amore, raccoglimento orfani ed organizzando i locali destinati a raccoglierli, occupandosi, in una parola, di tante povere creature rimaste sole sulla terra, con tenerezza delicata.

Quando il 13 gennaio giunse a Tortona, dove si trovava, la notizia della catastrofe della Marsica, don Orione prese il primo treno e se ne venne giù, dove c’erano tanti doveri da compiere. E da quel giorno, prodigandosi, come non sembrerebbe mai possibile ad un essere umano, don Orione non vive che per le povere creature che il terremoto ha, di un colpo, privato di tutte le loro affezioni, di tutto il loro sostegno.

Così a furia di sentirne tanto parlare, ho voluto conoscere Don Orione che vuole tanto bene ai bambini e che ha tante simpatie per i giornalisti in genere ma per Bevione in ispecie.

- Beppe Bevione... Lo conosce Lei? E’ tanto mio amico!

Quando giunsi al Patronato “Regina Elena” su verso la stazione, il Patronato che Don Orione ha creato e dirige, Don Orione era in compagnia del Vescovo col quale si tratteneva con una impazienza appena dissimulata.

in un certo punto del … disegnato una enorme … e di là nella corsia, i … paravano già  da un pez… … bagno quotidiano.

il Vescovo fu partito, Don Orione mi passò d’accanto come una corrente d’aria, e lanciò tutti gli ordini perché si desse il bagno ai bambini e quando fu sicuro che i suoi ordini sarebbero stati scrupolosamente eseguiti, venne tranquillamente oramai dove io mi trovava e mi accompagnò per farmi visitare i locali del Patronato.

E prima di tutto Don Orione crede dover compiere un sacro dovere.

- Lei non s’immaginerà mai fino a qual punto S. M. la Regina s’interessa alle sorti dei poveri orfani. Bisogna che La si tenga al corrente di tutto e che La si informi su ciascuno.








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S. M. provvede largamente a tutto con quel sentimento di premura infinita per il quale una madre tante volte teme di aver mai abbastanza pensato ai figli suoi. Qui nulla manca... e quel che piace ai bambini ce n’è che non si sa che cosa farne. Veda lì quei sacchi... S. M. Sua Maestà ha saputo che ai bambini piace il riso e tutti quei sacchi... son pieni di riso e son giunti ieri da San Rossore, dalla Tenuta della Real Casa.

A giorni S. M. verrà qui a vedere i suoi pupilli e deve essere una gioia per tutti quando ci accorgeremo d’averla contestata.

Così parlando si visitano le baracche: refettorio, scuola, dormitorio a doppia fodera perché il freddo non penetri, cappella, ambulatorio, giardino. Frattanto quei bimbi che hanno preso il loro bagno vanno a fare la reazione nel giardinetto soleggiato dove li attende il maestro di ginnastica.

Povere e care creaturine dai tre ai sette anni... Sfilano tutti silenziosi, specialmente i più grandicelli negli occhi dei quali si legge un’espressione invincibile di tristezza. Poscia, poiché Don Orione s’avvicina il maestro li fa porre in posizione d’attenti, ed allora tutti gli sguardi di quei piccini si rivolgono al loro amico che passa e che a sua volta, con la carezza e con il sorriso pare non si stanchi mai di volerli assicurare che Egli è là, e che farà tutto quello che un cuore pietoso può far per proteggerli, per guidarli così come avrebbero fatto tutti quei poveri genitori che sono ancora lì... a pochi passi dei loro figliuoli, sotto le macerie o nelle fosse comuni laggiù al nuovo cimitero.

Ludovico Schisa

Tolto dal “Giornale d’Italia” del 27 -28 Marzo.


[Da foglio dattiloscritto]



ho visto quello che avete fatto; vi ho condotto qui uno che ha i calli sulle mani e un altro che ha sempre lavorato; ora sono un po’ sperduti, poveri figli, ma un giorno che si saranno orientati   e anche lavorare. Lavorano e fanno lavorare. I Santi “Dies pleni”. Il Card. Federigo.

Ozio, accidia disconviene assai a chi aspira alla perfezione: se si può far del bene ai nostri tempi, si può farlo con la carità e con la cristiana operosità. Non sono i tempi da fuggire ma da combattere; non sono gli uomini da fuggire, ma da convertire; via le facce oblunghe e i colli torti. Modestia, buon esempio, preghiera, lavoro. Dies pleni; beati quelli che hanno la grazia di essere vittime della carità!

Avanti, confidenza in Dio.

Le difficoltà che s’incontrano in tutti i principi delle buone opere, sono utili e necessarie nell’ordine della Provvidena. Caviamone profitto esercitando le virtù con maggiore fortezza. Diffidenza di sé; spes nostra in Deo est. Più umili, più arditi, più operosi; non mai perderci di coraggio! La virtù teologale della speranza esige che confidiamo grandemente nel Signore: in Deo spe mea!

Sexta cruci nectit. La Madonna del lavoro. D. Guanella.