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Casa de Preservacao


Patronato de Menores


Anime e Anime!

Rua Francisco Eugenio N. 228 -

Rio de Janeiro, 16 de Dezembro 1921


Caro Don Perduca,


Ho ricevuto la vostra cara e gradita lettera. Saluto nel Signore Voi, il Sig.r Rettore, il Sig.r Can.co Economo e tutti i Superiori del Seminario. Spero starete tutti in buona salute, e prego il Signore di darvi ogni celeste grazia e la sua pace e benedizione.

Voi altri siete i tagliatori delle pietre vive che formeranno il tabernacolo di Dio con gli uomini!  Quale grande missione, quale grande corona vi andate lavorando per il Paradiso! Voi andate preparando gli uomini di Dio e le ammirabili ricostruzioni di Dio, di cui ha  scritto De Maistre. Santa Ildegarda vedeva  un secolo sorgere, un secolo di ammirabile vigore dei Ministri di Gesù Cristo. Ora, caro mio Don Perduca, voi altri, e quanti hanno in mano i Seminarî e i cenacoli della vita religiosa, voi siete che preparate i più bei giorni della Chiesa, che Bossuet profetò quando, levatosi dai piedi di Gesù Sacramento, più con lo sguardo sicuro del Vescovo che con l’occhio intellettuale dell’aquila, disse, piangendo di grande gioia e commozione: “Ecco che si prepara una nuova generazione di Sacerdoti, una nuova e viva apologia del Cristianesimo, che trascinerà la stessa incredulità: sarà l’epoca della carità, il trionfo della Fede e della Chiesa nella Carità! “Felici gli occhi che vedranno l’Occidente e l’Oriente unirsi per formare i bei giorni della Chiesa!”, continuò il grande Vescovo. Nulla resisterà alla carità di Gesù Cristo e del Suo Vicario: alla carità dei Vescovi e dei Sacerdoti, - che tutto daranno, e gli averi e la vita stessa, per  farsi olocausti divini dell’amore di Dio tra gli uomini. E sarà una carità illuminata che nulla rigetterà di ciò che è scienza, di ciò che è progresso, di ciò che è libertà, di ciò che è bello, che è grande e che segnò l’elevazione delle umane generazioni.

Carità lieta che mai si turberà, la quale, perché più grande del mondo, dopo un














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oceano di sangue: sarà l’epoca della carità ...verace e veramente da Dio, non avrà, no, a dispetto la ragione, ma darà anzi ad essa il suo posto d’onore, e maggior importanza darà alla ragione di quello che non le hanno dato finora molti che parvero o si dissero di essa paladini, cultori e adoratori financo. Una carità “che non serra porte”, come direbbe Dante nostro una carità divina, che edifica e unifica in X.sto, che si innalzerà sulle radici della rivelazione: che uscirà dalla bocca della Chiesa Santa e Apostolica di Roma: e, quasi fiume vivo, discenderà dal Cielo, perché esce dal Cuore stesso di Gesù Cristo Crocifisso, e va ad aprire, a segnare la più grande, cristiana e civile epoca del mondo. Et erunt coeli novi et terra nova! E la Croce brillerà nel cielo delle intelligenze, e darà luce e splendori nuovi di vita e di gloria ai popoli: spenderà di luce soavissima e indefettibile, come Costantino la vide brillare nel cielo delle battaglie. E la vita, pur restando una universale milizia di virtù, di bontà, di perfezionamento continuo, - la vita diventerà un’agape fraterna in cui ciascuno offrirà, invece di prendere.

E ciascuno avrà un cuore vivo di Dio, si sentirà e sarà operaio di Dio: sarà felice di dare la vita alla giustizia, alla verità, alla carità, a Gesù Cristo, che è Via, Verità, Vita, Carità e vi sarà un solo Ovile sotto la guida di un solo Pastore: Cristo Signore e Redentore Nostro, il Quale, nel Suo Vicario, nel Papa “il dolce Cristo in terra”, regnerà con tanta gloria da vincere ogni pensiero  umano e ogni speranza de’ buoni, e tutta la terra vedrà che di realmente grande non c’è che il Nostro Signore Gesù Cristo. E il Papa sarà non solo il “Padre del popolo cristiano”, come ha detto S. Agostino (Ep. 50) ma sarà il Padre del mondo intero fatto cristiano, e su Lui peserà e si aggirerà  tutto il mondo, che solo da Lui, “Vice di Dio in terra”, come usava chiamarlo S. Benedetto Giuseppe Labre, avrà vita, salvezza e gloria! Certo sembrano ora a noi cose impossibili queste e pazzie, e non sarà certo l’uomo che farà, che potrà  fare questo, ma la mano di Dio. Sarà la misericordia infinita di Gesù, che è venuto per noi peccatori: sarà la divina e infinita carità di Gesù Crocifisso, che vuole la sua redenzione sia copiosa: che gli uomini Vitam habeant et  abundantius habeant! E quella sarà l’ora di Dio, sarà la grande giornata di Gesù Cristo, Signore, Salvatore e Dio nostro! E Gesù vincerà il mondo così: nella carità, nella misericordia. Sono lieto di ogni buona notizia che mi date del “Dante” e di Don Tornari, degli Assistenti come dei giovani. Dio ne sia benedetto! Che una novella umanità cresca in noi e nelle nostre umili Case! Diamo morte all’egoismo, e cresciamo nell’amore di Dio e
















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dei fratelli: cresca tanto di Dio in noi che viva Lui e non più noi, e riempiamo la terra di un esercito nuovo: un esercito di vittime che vincano la forza: un esercito di seminatori di Dio, che seminano  la loro stessa  vita, per  seminare e arare nel cuore dei fratelli e del popolo Gesù, il Signore: formiamo un esercito grande, invincibile: l’esercito della carità, guidato da Cristo, dalla Madonna, dal Papa, dai Vescovi! L’esercito della carità ritornerà nelle masse umane disseccate una tale forte e soavissima vita e luce di Dio che tutto il mondo ne sarà ristorato, e ogni cosa sarà restaurata in Cristo, come disse già S. Paolo.

E la tempesta, che ora fa tanto paura sarà dissipata, e il caos presente sarà vinto, perché lo spirito della carità vince tutto, e, al di sopra delle nubi ammassate dalle mani degli uomini, comparirà la mano di Dio, e Cristo riprenderà tutto il suo splendore e il suo dolce impero.

Mi ha fatto molto piacere che Don Luigi Bianchi insegni al Dante; - egli fu quello che mi prestò i primi cinque soldi per potermi far la barba, per andare dal Vescovo a chiedergli che mi lasciasse aprire S. Bernardino. E così mi confortano le notizie del probandato. Se mi è lecito fare una esortazione, prego tutti di curare molto il probandato: curare la pietà, lo spirito di sacrificio, di lavoro: gli studi: la vita religiosa.

Sono pure consolato di quanto mi scrivete di S. Sebastiano: Iddio benedirà e prospererà  quella Parrocchia quanto più le nostre Suore saranno umili seminatrici e missionarie della carità di Gesù. Molte cose si faranno ancora a S. Sebastiano, e quel  centro ne avrà grandi vantaggi di più genere. Preghiamo, e sia tutto a gloria di Dio e a bene delle anime! Quanto a Stradella intendetevi con Don Sterpi, e poi, se vedete che nulla si conclude, affittate o vendete, e ritiriamoci: abbiamo fatto ciò che abbiamo potuto, - pazienza! Avrete sentito che ho chiamato qui due o tre Sacerdoti: Don Montagna potrebbe, pel momento, ancora restare lì, venendo Don Zanocchi con Don Contardi e Don Gemelli con Don Alferano, o almeno uno di questi due ultimi. Ma almeno tre li avrei proprio bisogno. Crescerà così, caro D. Perduca, il vostro lavoro. Fate vedere o trascrivere e mandate subito a D. Sterpi questo che dico circa D. Montagna. Anche per non desolarlo tanto, portandogli via anche Don Montagna. Se non venisse Don Zanocchi allora mandi Don Montagna. Anche questa di chiamare qui codesti cari e tanto cari nostri fratelli, a prima vista può sembrare una pazzia, e cosa mal fatta, ma ho pregato tanto la Madonna, prima di farlo! Voi siete ora chiamato a fare di più, e fatelo per l’amore di Dio. Io spero di essere di ritorno in aprile. Ho accettato a Buenos Aires l’Istituto Nazionale Marco Paz: sono 700 orfani, a marzo saranno 1000, pensate che non ebbero mai una Messa, mai un’istruzione religiosa, niente comunioni e moltissimi sono ancora da battezzare.













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Nella seconda metà di gennaio ritorno in Argentina, perché urge aprire la Chiesa che ci hanno data, e che farà da parrocchia a Victoria, un bel paesello a 20 chilometri da Buenos Aires, unito da 2 ferrovie: una sola ha 74 treni di andata al giorno e altrettanti di ritorno dalla Capitale. Abbiamo Casa pronta, e vi metterò il Noviziato; la Chiesa costò 160 mila pesos, e ogni pesos sono dalle Sette alle otto lire italiane: è nuova. Vi ho trovato la statua della Madonna della Guardia di Genova col suo Benedetto Pareto, e sarà dedicata alla Guardia, come ho scritto al S. Padre. Quando mi son visto davanti la Madonna della Guardia, ho dovuto piangere. Ero giunto in America il 20 agosto, primo giorno della novena alla Guardia, e prima di lasciare il piroscafo scrissi a Mg.r. Malfatti, Rettore della Guardia (di Genova) che cominciavo da bordo la novena: la festa è il 29 Agosto, come sapete; e gli ho scritto che la prima chiesa che avessimo avuto l’avrei dedicata alla Guardia e ne avrei diffusa la divozione. Ecco che la SS.ma Vergine ha voluto farmi un’improvvisata e mi si è fatta trovare là, pronta. Ho bisogno di ajuto, molto bisogno: vedete se c’è qualche buon sacerdote che volesse venirmi ad ajutare, ma non per far danaro: sacerdoti o chierici che vengano non per fare i mercanti del tempio, ma per amare Dio, servire umilmente la Chiesa e salvare anime! Se vedrete il nostro caro Vescovo, ditegli che Gli scriverò in queste sante Feste dal Minas Geraes, nell’interiore del Brasile, ove vado a passar Natale con quegli orfani. Baciategli il Santo Anello per me, e prendetene per me la santa Benedizione. Ringraziatemi il Rettore di quanto fa pel Dante. E la nuova Cappella fu inaugurata? A furia di preparare delle nicchie alla Madonna, Essa ne dovrà ben preparare  una discreta in Paradiso anche per noi: che ne dite? Ecco, ricevo da Don Sterpi che è morto Don Iatì (Salvatore). Giorni fa ho veduto tutti i nostri Sacerdoti e Chierici morti, seduti  tutti come in un circolo, e ci era anche Don Iatì. Io viaggiavo, e quando, giunto qui, trovai lettera di Don Sterpi che mi dava non cattive notizie di lui, allora sono rimasto così. Devo dirvi che insieme a quei cari Morti ce n’erano anche alcuni che sono  tuttora  vivi, e uno volle passare davanti ad un altro, che mi pareva dovesse morire prima, perché è malato da anni, ed è Quadrotta. E così il Signore mi va preparando, caro Don Perduca! Sia fatta la volontà di Dio! Quello che sento nel cuore non ve lo so dire: solo voglio dire: sia sempre fatta la volontà di Nostro Signore! Mentre ho finito di dire, più col cuore che con la penna, che voglio benedire sempre la volontà di Dio, mi giunge da Genova una lettera della Superiora che mi dà più ampie notizie della morte di Don Iatì.

Io piango questo figliuolo che fu il primo dei nostri Sacerdoti calabrese, e un orfano del terremoto, e sempre un bravo figlio, di grande buono spirito, Basta: voglio finire col dire: sia fatta la volontà del Signore!













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Sento che è anche morta Suor Maria Marziana, la Maestra genovese che era a San Sebastiano: bene: sia fatta la volontà di Dio! Pregherò anche per essa, povera Suora!  Oh voglio un po’ vedere chi vince: se il Signore di bastonarmi, o io di benedirlo, per la sua grazia. E ora salutiamoci da buoni fratelli nel Signore, e avanti! Ave Maria e avanti! Don Iatì è morto col suo Crocifisso in mano: non siamo da meno di lui, noi che per divina grazia gli siamo stati maestri di fede e di carità e più anziani di lui e padri della sua anima. Abbracciamo la nostra Croce, e stretti a Gesù in Croce: Avanti! Avanti! e Avanti!

Salutatemi tutti in Domino. Non ve li nomino: vi dico, tutti e ciascuno! Anche Don Mario (Ghiglione), Don Depaoli, Dondero e i quattro ultimi venuti vi riveriscono e si raccomandano alle preghiere vostre e di tutti.

Dite a tutti che preghino per Iatì come per la suora. Direte al Vescovo che ho pianto sulla sua lettera. Caro Don Perduca, siate  benedetto da Dio e dalla Madonna. Vi raccomando specialmente i miei Sacerdoti, i Chierici e i  Probandi.

Sono come vostro fratello in Gesù Cristo


Sac. Orione d. D. P.