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[Da copia dattiloscritta. La firma è di pugno di Don Orione.]
+ Anime e Anime!
Tortona, il 18 Ottobre 1927
Anniversario della morte di mia madre
e della madre di D. Curetti.
Cari miei figliuoli,
La grazia, la pace e i conforti di Nostro Signore Gesù Cristo siano sempre con noi!
Ho il profondo dolore di comunicarvi che jeri alle II,15, moriva santamente, come santamente visse, il nostro amatissimo fratello Sac. Giulio Pelizza.
Egli era entrato da alcuni anni tra i Figli della Divina Provvidenza, e aveva i voti religiosi.
Era un Angelo di Sacerdote,di coscienza delicatissima, a nessuno secondo nell’attaccamento alla Congregazione. Venne a noi dopo la guerra, già malandato in salute; ma tutto quello che poté fare, lo fece, e con un amore alla Piccola Opera della Divina Provvidenza, a nessuno secondo. D. Pelizza ci edificava tutti. Fu a S. Remo, poi a dirigere la Colonia Agricola di Roma, quando D. Bruno passò a Rodi. A Roma si ammalò e fu gravissimo. Ebbe ogni più fraterna cura alla Casa di Ognissanti, vegliato per più mesi dai nostri Sacerdoti. E qui voglio pubblicamente ringraziare D. Risi, D. Candido Garbarino, Don Vincenzo Errani: essi non potevano fare di più pel caro Don Pelizza, - e il nostro santo fratello pregherà, certo, dal Paradiso in modo particolare, per loro. Quanto è soave l’unione e la fraterna carità! Invocò S. Teresa del Bambin Gesù, e migliorò. Quest’inverno e buona parte della primavera, fu tenuto a San Remo, poi a Villa Moffa, sino a quindici giorni fa.
I confratelli di S. Remo e quelli di Bra gli usarono anch’essi tutti i possibili riguardi. Pareva a tutti che ora stesse meglio, molto meglio, e andò in Famiglia per un po’ di giorni di vendemmia. I suoi Cari e quanti lo rividero, si congratularono con lui: lo trovarono tanto migliorato, e tutti speravano di vederlo presto pienamente guarito. Stava sì bene, che non pareva più lui. Anche il Prof. Ferrari di Voghera, che l’aveva visitato l’altr’anno, si meravigliò di trovarlo così rimesso, e se ne rallegrò con lui e con la Famiglia. Però, visitatolo, ordinò un’operazione chirurgica che non doveva, per altro, essere grave, né portare gravi conseguenze. Anche la Famiglia desiderò che D. Giulio fosse operato, sperando così che si ristabilisse presto. E fu condotto alla Clinica Chirurgica di Tortona, dove i Parenti e noi avremmo potuto assisterlo meglio.
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E invero fu sempre assistito dai suoi e da noi, anche la notte. Pareva che migliorasse, anzi il dì innanzi che morisse, i Medici curanti lo avevano dichiarato quasi fuori pericolo. Tre ore dopo, invece, era gravissimo. Era stato, evidentemente, il miglioramento della morte. La notte scorsa fu assistito da D. Perduca e da me. Egli comprese chiaramente che era prossimo a morire, ma era tranquillo, sereno, preparatissimo. Chi l’avrebbe mai detto? - prima inclinava tanto agli scrupoli! Mg.r Vescovo si degnò visitarlo e portargli il conforto della sua benedizione. Ricevette gli ultimi Sacramenti con edificazione commoventissima, seguendo il Sacerdote, e rispondendo lui stesso, - così fece anche durante il “Proficiscere, anima christiana, de hoc mundo”, e nelle altre preghiere dei moribondi. Non perdette la conoscenza né la parola, sino all’ultimo.
Dopo le preghiere dei moribondi, pochi istanti prima di spirare, recitò il “TE DEUM” in ringraziamento al Signore di tanti benefici e di morire Religioso della Divina Provvidenza. Offerse a Dio la sua vita per il bene della Congregazione e promise che avrebbe sempre pregato per essa, per me, per voi tutti. E mi morì tra le braccia, invocando Gesù e la Santa Madonna: morì tranquillo, come muoiono i Santi! E anche morto, gli si vede sul volto molta pace. Che bel morire! Praetiosa in cospectu Domini mors Sanctorum eius! Don Perduca che gli aveva dato le commissioni da fare in Paradiso, mi diceva: “come mi piacerebbe morire così!” Lo abbiamo vestito noi, pregando. Gli ho messo la cotta che ho usato quest’anno alla Madonna della Guardia, e una stola violacea che aveva tanti ricordi cari della mia vita sacerdotale, Poi D. Marabotto ed io ce lo siamo preso sulla barella e ce lo siamo portato, pregando, alla camera mortuaria. E jeri sera siano andati in molti a dirgli il Rosario con i suoi Parenti. Oggi, aiutato da D. Ferretti e dai Suoi, l’ho composto nella cassa, povero D. Giulio! E stasera ve lo chiuderemo, e poi andremo ancora a fargli compagnia, finché presto andrò anch’io, per star sempre insieme.
Qui gli abbiamo già detto parecchie Messe: si offrirono anche le Comunioni e le orazioni di stamattina. Pregate ora tutti per l’anima sua, secondo la Regola. Domani lo accompagneremo a Volpeglino, dove è nato, dove stanno i Suoi, e verrà sepolto là.
E adesso, o figli miei, che vi dirò? Preghiamo, preghiamo! E viviamo umili, puri, pieni di amore a Dio e della Madonna, attaccatissimi alla Congregazione, come ce ne ha dato mirabile esempio il nostro Don Pelizza, il quale ci fu tolto a 35 anni, perché già maturo per il Cielo. Oggi abbiamo in Paradiso un fratello di più: è entrato in Paradiso un Angelo di più. Pregherà per noi, pregherà per la Congregazione! Coraggio, figliuoli miei, domani andremo anche noi, se sapremo imitare le sue virtù, la sua santa vita: se sapremo prepararci del bene.
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La vita è breve, e presto presto non ci saremo più! Amiamo Iddio, amiamo il prossimo, preghiamo e lavoriamo a salvarci l’anima e a salvar anime,vivendo in semplicità, in umiltà, carità e totale sacridicio di noi ai piedi del Papa, dei Vescovi, da piccoli servitori della Santa Chiesa di Dio. Prepariamoci del bene, vi ripeto, per l’eternità. Non ci fidiamo del bene che ci potranno fare gli altri, dopo la nostra morte, prepariamocene noi e prepariamocene tanto. “In fine della vita si raccoglie il frutto delle opere buone”, diceva il Ven. D. Bosco. E quanto aveva ragione! Come si è contenti, quando si è data tutta la vita per il Signore! E finirò. In questa ora, anche per altri motivi, tanto dolorosa per me, cerchiamo di trar profitto, e il più grande profitto da queste prove. Sentiamo il nostro nulla e ogni nostra indegnità, baciamo la mano di Dio, ringraziandoLo di poter patire qualche cosa per mostrarGli il nostro amore, e alzando gli occhi a Lui, manteniamoci sempre nella fiducia e bontà infinita del Signore. Se ci buttiamo in Dio, per quanto miseri siamo, è certo che egli non ci lascerà nell’afflizione, ma ci raccoglierà nel Suo seno. Ogni pena, ogni dolore, ogni distacco dai fratelli più cari, ci deve essere scala per salire a Dio. Confortiamoci dunque a vicenda nelle parole del Signore, il quale ha detto: “Beati coloro che fanno cordoglio, perché saranno consolati.” (Mat. 5 - 4) La nostra dimora in terra non è che una tenda, come ha detto S. Paolo; ma abbiamo nei Cieli una Casa non fatta da mano d’uomini, ed è là che dobbiamo tendere incessantemente.
I nostri corpi sono membra di Cristo: se noi veracemente vivremo di Cristo e in Cristo morremo, risorgeremo i primi, incamminati alla celeste nostra abitazione, e tutti andremo ad incontrare il Signore: et sic semper cum Domino erimus.
Consoliamoci
pertanto in questa divina fede, in questa speranza piena
d’immortalità
ed
intanto che
e mentre abbiamo
luce, offriamoci ostia viva al Signore per la Sua Santa Chiesa. Vi
abbraccio, o miei figliuoli,
in ispirito di ineffabile e paterna carità, e vogliate sempre
pregare per me.
Vostro aff.mo in Gesù Cristo Crocefisso
e nella Santa Madonna
Sac. Luigi Orione
della Div. Provv.za