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[Manca il documento. dal Volume: “In Memoria del Dott. Cav. Rinaldo Aldini nell’anniversario della morte - 10 gennaio 1928, a pag. 41 e segg.]


      Tortona, il 28 Dicembre 1927

Festa de’ Santi Innocenti.



La sua Fede.


Ho conosciuto il Dottor Aldini un po’ tardi, ma, anche dopo, non l’ho potuto avvicinare che fugacemente, perché la mia vita somiglia a quella dell’ “ebreo errante”.

Però conoscerci e volerci bene fu la stessa cosa, perché questo è il precetto del Signore, ed è ciò che piace tanto al Signore, che cioè, noi suoi figliuoli, ci amiamo in Lui!

Sono stato a fargli visita quando lo seppi malato; ed ebbi poi l’onore di accompagnarvi S. E. Rev.ma Mons. Vescovo, quando il Padre della nostra Fede e delle nostre anime gli volle portare la sua parola di conforto e una speciale benedizione.

E, dopo, lo rividi ancora altre volte, quando mi parve che Iddio andasse chiamando quell’Anima, che era già tutta sua, e pronta per il Cielo. Il Dottor Rinaldo Aldini aveva animo intelligentemente buono e gentile; ma la ritiratezza e modestia sua velavano agli occhi dei più la sua valentia professionale e tante altre doti, e fin quel senso singolarissimo del bello che vibrava nel suo spirito, aperto ad ogni manifestazione dell’arte, specialmente se l'arte era disposta alla Fede.

Mai, anche da giovane studente, il nostro Dottore si era abbandonato alle frivole attrattive della vita. Egli nacque, direi, credente, e credente sempre fu, e un credente non teorico; avido di conoscere e darsi ragione, il suo ossequio alla Fede fu il rationabile absequium dell’Apostolo: studiò la sua fede religiosa e la visse, e volle viverla degnamente. Studente di Liceo e d’Università in quei disgraziati tempi, quando più vivo era il funesto dissidio tra la Chiesa e lo Stato: quando, per esser reputato un qualche cosa, bisognava guardare dall’alto in basso chi si professava cristiano: quando era di moda coprire di sciocco ridicolo quei giovani i quali, in mezzo a tante insidie, sapessero mantenersi illibati e credenti: lo studente Aldini non si scandolezzò della Chiesa, né fu un debole. Spregiatori della fede di Dante e Colombo, di Manzoni e di Volta, ci erano piovuti dalla tedescheria uomini, i quali si davano aria di gran saputi, di semidei; e dalle cattedre delle nostre Università avvelenavano di razionalismo e di miscredenza la gioventù studiosa, mirando ad asservire ignobilmente l’Italia. Ah quanta ruina di gioventù! Ma il nostro Aldini non si lasciò stregare, si immunizzò con la sua Fede, e non piegò suo collo. No, servo mai! Senza posa, ma anche senza reticenze, professò con coraggio la sua










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religione, quella Fede che aveva suonata la diana contro lo straniero: che agli avi benedì le vele: quella Fede che ci fa cittadini non vili, - riscuotendo rispetto anche dagli avversari ai suoi sentimenti e principi cattolici. E mi diceva che, quando scelse la Medicina, aveva pensato di fare della vita una missione a sollievo dei sofferenti, e di poter compiere del bene quale medico cristiano. Ma se la lampada della sua Fede il Dottor Aldini avea saputo tener accesa sempre, ora poi essa ardeva sovrammodo e risplendeva.  Era venuta la sua ora, l’ora di Dio! Ed Egli guardava sereno in faccia alla morte, con la fiducia di chi sa di non aver spesa invano la sua giornata. La Fede gli splendeva sul volto tranquillo e nello sguardo: la Fede risplendeva nella cristiana rassegnazione nella sua parola: lo confortava nel suo patire, un patire da forte, veramente cristiano. Si avvicinava l’ultima ora, l’ora della grande chiamata! L’ora del “giusto che vive di fede”: e che passa, senza una parola di lamento, senza rimpianti, facendo il suo sacrificio, passa tranquillo da questa misera vita a vita beata, sostenuto da quella Fede “bella, immortal, benefica” avvezza ai trionfi, a trionfare pur della morte. Io lo rivedo ancora il mio caro Dott. Aldini, come lo vidi l’ultima volta. I veli del mistero che ci avvolgono quaggiù, che ci nascondono tanti ineffabili segreti della Divina Provvidenza, stavano per squarciarsi dinanzi a Lui in un trionfo di eterni fulgori. Egli passava in Cristo, come un tramonto di sole in un sereno pieno di alta luce.

Era forse in quella luce il nostro San Marziano? Il gran Padre e primo Vescovo dei Tortonesi gli veniva dunque incontro? Pel Centenario di San Marziano il Dott. Aldini aveva scritto meravigliosamente di Lui; il suo  volume, che giunse tanto opportuno, è, mi si passi il vocabolo, materiato di Fede e di amore; non un panegirico, no, è il lavoro di uno storico che rivela tutto il valore dell’Aldini anche in questo campo, ma che pur fa sentire il cuore del Tortonese autentico, di un figlio di questa Città illustre e della illustre Chiesa di Tortona, Chiesa  e Città che mi danno l’impressione d’essere un po’ dimenticate. In quel lavoro la Fede avita scaturisce limpida, romana, e tortonese insieme, attraverso ogni pagina, sgorga quasi, si potrebbe dire, ad ogni riga. I comenti alle fonti storiche si svolgono chiari, sereni, con intuizioni precise, senza enfatiche esaltazioni, ma con procedimento sensato, calmo, riflessivo. Non sarà venuto dunque il nostro San Marziano ad incontrare, a confortare colui che lo difese a viso aperto? Non ne ho mai dubitato. Già era disceso Gesù per essergli Viatico al grande viaggio, quel Dio che Egli riceveva frequente.

















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Era andato a Lui, a rendere preziosa al cospetto degli Angeli e degli uomini la morte dell’uomo che visse di onestà, di rettitudine e di Fede operosa, facendo del bene a tutti, del male, mai a nessuno: - come Gesù ci ha insegnato, come ci insegna la Chiesa, come il Dott. Aldini ha fatto, sempre! All’affetto grande della Sposa, alla scienza dei Medici curanti e Colleghi, che si affannavano anch’essi coi Parenti attorno al suo letto, anch’essi come fratelli in un silenzio pieno di pianto, il caro infermo cercava nascondere il suo patire, perché specialmente la diletta Consorte e i suoi Cari non avessero ad angosciarsi di più;  ma ancora aveva un cenno di ringraziamento per tutti. E si raccomandava alla Madre del Signore, alla grande Madre dei dolori. Ben si comprendeva in quei supremi momenti che dalla preghiera della sua Fede Egli traeva gli estremi conforti. E passò come il buon lavoratore che ha ben compita la  sua giornata, giornata piena di Fede di amore di fedeltà verso Dio, verso la Sposa dilettissima, verso lo Zio Avv. Comm. Pincetti, verso tutti! Altri dirà che il Dott. Aldini fu marito impareggiabile; integro cittadino e di alte idealità: buon italiano e buon tortonese: animo dignitoso, educato a squisitezza di sentire, la cui bontà intelligente tralucevagli dallo sguardo, dal sorriso pieno di giovialità arguta. Io mi limiterò ancora a rilevare - e ben lo devo - che Egli fu largo, generosamente e cristianamente largo nel dare, ma, altrettanto delicato, beneficava ispirandosi alla sua Fede, con quel tacer pudico di che parla il Manzoni.

Queste brevi parole, - che non hanno pretesa alcuna, se non quella della sincerità, dell’amicizia e della gratitudine mia e de’ miei orfanelli, - vadano, quale modestissimo omaggio, alla memoria del compianto Estinto.

A rivederci a domani, o caro indimenticabile Dott. Aldini! Arrivederci nella luce soave di Dio! La stessa Fede ha cementato la nostra amicizia e ci ha uniti qui in terra: - Fede divina, consolatrice, che Aldini tradusse più volte in beneficenza e carità verso de’poveri fanciulli, che la Divina Provvidenza mi ha affidato. Qui ci univa la stessa Fede, che è base: ci unisca in Paradiso la stessa Carità, che è coronamento. Quel Dio, oggetto della nostra Fede, e che fu tanto beneficato né miei orfanelli: quel Dio che è Carità, non guardi, no, alle mie miserie morali, ma ci unisca, domani e in eterno, nella sua gloria. E nella gloria di Dio canteremo il cantico delle vittorie della Fede, il cantico immortale della Carità. Rimanga la nobile, cristiana figura del Dott. Aldini impressa nel cuore di tutti i buoni; e possano i Tortonesi attingervi esempio e incitamento a sempre meglio operare cristianamente, secon-  do la Fede de’ loro Padri!


Sac. Luigi Orione

dei Figli della Divina Provvidenza