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[Calligrafia di Don Orione.]
Tortona, 28 - VI – [1]913
Caro Don Piana,
Ho
ricevuto la vostra lettera. Il direttore ora è fuori di Tortona; è
andato a Roma alcuni giorni prima di San Luigi, ed ho saputo che è
da martedì che non sta tanto bene. Il vostro rifiuto di fargli la
procura lo ha profondamente addolorato, come io non vi posso
esprimere. Egli era così sicuro che me l’avreste fatta che io era
fin da quando venni a trovarvi autorizzato a fare un debito per
pagarvi tutti i vostri debiti. Pensate, caro Don Piana, che è da più
di un anno che egli vi domanda questa procura con ogni carità, e che
egli in
questo
è così scrupoloso sui beni della Congregazione e mandatigli dalla
Divina Provvidenza che da
più anni
mi ha fatto procura generale perché io gli venda tutto se egli si
trovasse
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in
certe condizioni di salute. Egli ha inteso darvi un grande segno di
affetto e di fiducia, e voi rifiutandovi a questo modo lo affliggete
che non vi so dire. Io vi prego di rimediare al più presto, perché
voi non conoscete quanto male potete fare alla sua salute e alla
Congregazione. Pensate al rimorso che vi resterebbe poi per sempre:
pensate all’amore grande
veramente di Padre con cui vi ha trattato, e che forse non sareste
Sacerdote se non ci fosse stato lui! Anche quest’anno non potete,
credo, lamentarvi degli aiuti che vi ha dato. Ma dunque perché fate
così? Ma non vedete che con tanta carità che vi usa, il vostro modo
di agire non è da buon figlio della Congregazione, e che questo
domandare danaro senza poi voler fare il vostro dovere di rilasciare
al nostro Padre la procura dei beni che egli in fiducia vi ha posto
in testa, potrebbe quando si venisse a sapere, fare l’impressione
di un ricatto? E ciò mentre invece da parte nostra si cerca di
aiutarvi in tutti i modi, anche con la proposta che vi ho fatto
venendo da voi? Caro Don Piana, voi non vi fate un’idea quanto mi
addolori dovervi scrivere così, perché io so le cose, che me le ha
dette in caso di sua morte. Ricevete questa lettera come un segno di
fraterna confidenza e carità, e non vi offendete, ve ne prego! Io
sono sempre autorizzato a fare ciò che già doveva fare venendo a
trovarvi, e che voi mi avete impedito. rifiutandovi
di obbedire al nostro Padre.
Dunque: o mi scrivete di venire ad Ovada, fate la procura e
sistemiamo tutte le vostre cose, oppure mi scrivete il giorno che
venite voi a Tortona e si fa tutto qui. Fatemelo sapere qualche
giorno prima, perché potrei non essere a casa.
Caro
mio Don Piana, io prego per voi come un fratello può pregare per un
fratello amato tanto e sempre amato nel Cuore di Gesù e di Maria SS.
Io vi prego di dare al nostro buon
Padre e a me questa consolazione. Sento proprio di consigliarvi bene,
e il vostro bene, e per la grazia del Signore, vi parlo non col
sentimento umano
dell’uomo, ma del religioso e con vivo affetto verso la vostra
anima. Tutti siamo figli della Congregazione, e una parte siamo stati
fatti preti proprio dalla Divina Provvidenza, per mezzo del
Direttore. L’avere lavorato è stato fare il nostro dovere di
figli, e il Signore ce lo pagherà col Paradiso, e chi avrà più
fatto e più sarà coronato dal Signore. Il giorno che potrò
telegraferemo insieme al nostro Padre che tutto è sistemato sarà
per me e per voi e
per lui
un giorno di benedizione, perché sapremo di aver dato al suo cuore
una consolazione sospirata da tanto.
Da parte mia nulla desidero di più che di venirvi in aiuto: e sono da oggi a vostra disposizione. Il danaro non intendo darlo ai vostri creditori, ma a voi, poiché credetemi che vi sono veramente e fraternamente affezionato in Gesù Cristo. Pregate per me. Metto questa mia nelle mani della SS. Vergine, e da Essa aspetto come una grazia una vostra lettera.
Abbiatemi sempre per aff.mo vostro Sac.