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[Manca l’originale.]



( T. 1. V )


Anime! Anime!

Bs. Aires, 4 giugno 1936


Ai miei cari fratelli e figli in X.sto Don Mariano e Don Tiburzio grazia e pace da Nostro Signore Gesù Cristo!


Ho ricevuto oggi e ho gradito molto le vostre buone lettere; con la presente rispondo a tutte e due, pronto: sarò breve, ma fo subito, e così sarete contenti. Giorni fa ho veduto ed ho parlato con Sua Eccellenza Mg.r Vescovo di Rosario, il quale si è mostrato molto soddisfatto di voi e ciò mi ha fatto vero piacere. Deo gratias! che vi troviate in buona salute e così ben disposti a lavorare per la gloria di Dio e a salvezza delle anime, sia della Parrocchia che degli Alunni. È meglio stare avveduti e non esporci al pericolo che a Don Tiburzio sia tolto lo stipendio da Maestro: tu, Don Mariano, figura pure da Direttore avanti al Consejo e Don Tiburzio faccia da Direttore in Collegio, - vuol dire che, “andando, si aggiusta la soma”, dice un noto proverbio, - per il prossimo anno escolar aggiusteremo le cose a tempo. Comprendo anch’io che i gradi sono troppo numerosi, ma sarei contento che la Ispezione, che presto verrà, li trovasse così, perché questo spero che ci favorirebbe per ottenere un altro Maestro, pagato dal Consejo, mentre giustificherebbe la nomina ultima di Don Tiburzio, di Juan e Motta. Vedete che anche gli altri anni le classi erano rigurgitanti, forse più di ora. Io avrei lasciato il chierico, perché almeno assistesse, ma l’ho richiamato, sia perché Don Mariano mi disse che si poteva farne a meno, anche per dar Classe, sia per non aumentare le bocche, data la povertà della Casa. Ora non lo potrei più mandare, perché già fu trasferito a Quenca. Però, se vi trovaste in vera necessità di personale, potrebbe capitarmi qualche soggetto da mandarvi. Io farò sempre tutto quello che potrò per aiutarvi. Vi mando n. 100 Sante Messe da celebrare, secondo mia intenzione; le celebrerete quando vi troverete senza, e mi mandate poi il Confesso. Caro Don Tiburzio, mi fa molto piacere la cura che prendi al profitto degli Alunni, ma sia con i Maestri che con le scolaresche, prendi le cose con molta calma e ragionevolezza: basta che i Maestri e gli Alunni facciano quel che possono. Mi spiace che non abbiate da pagare i due Maestri, ma penso che anche Essi considereranno la situazione nostra e che quod differtur non aufertur.

Ciò che necessità è che tutti voi, cari miei figli, comprendiate bene che non siete più a Victoria né a Nueva Pompeya, ma in una casa più povera, e che comincia solo ora.










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Voi conoscete che cosa io penso circa allo spirito di povertà e di economia di queste due case nostre d’Argentina: qui si è speso troppo, e non sempre con quei sani criteri che devono guidare i Religiosi. A Mar del Plata, ad es. (e ad edificazione) ho rilevato che nulla si lasciava mancare al personale, e si teneva più d’acconto, così poterono aiutare altre Case, e si fecero opere anche di rilevante conto, come le aule e il campanile.

Bisogna, cari miei Sacerdoti, che vi ispiriate allo spirito di povertà veramente religiosa. Exemplum do vobis, e perdonatemi se lo dico. È un anno e mezzo che sono qui e non ho avuto bisogno né di veste né di scarpe né di cappello. E sì che la veste le scarpe e il cappello non erano nuovi, quando son venuto via dall’Italia e là mi rifiutai che me le facessero nuove. E benché qui debba avvicinare persone di rispetto tutti i giorni, e faccio ancora la mia figura. E quando m’han fatto qui della roba nuova, a mia insaputa, sono stato felice di darla a voi, miei figli. Ma intanto, tenendo d’acconto e pur non lasciando mancare nulla a questa Casa di Calle Pellegrini (che è ogni giorno come un Porto di mare), - tenendo d’acconto, in ispirito di povertà religiosa e doverosa economia, quante cose si sono fatte e pagate in poco più di un anno! Voi lo sapete! E tutti vi trovate contenti e confortati e in onore, poiché si è pagato Victoria, si è pagato già 13.000 pesos a San Fernando, ho pagato il viaggio a quasi 25 persone dall’Italia (7 giungono il dì 8 corrente, dei quali 4 destinati a mettere a posto (in parte!!) la Casa di Nueva Pompeya. Ma bisogna, o miei Cari, non fare più spese: “Tutto quello che non va in pane”, vi dirò con Don Bosco, “bisogna ritenere che sia male speso”. Voglio dire: tutto quello che non è di assoluta e imprescindibile necessità non si deve comprare. Regolatevi con questi principi e salverete voi e la Congregazione: se no, vi perderete voi e la Congregazione. Non fate debiti, assolutamente, io, ad esempio, il pasticcio dell’acquisto dell’Armonium (725 pesos) non lo posso approvare! Amate il padre che vi parla a cuore aperto e che veramente vi ama in Gesù Cristo. Stiamo allo spirito e all’esempio del nostro Divin Salvatore: viviamo poveri, per divenire ricchi con Gesù Cristo. Siate lieti di mancare di qualche cosa, se no, come professate la povertà evangelica? Siamo contenti di essere, non di nome, ma davvero Figli della Divina Provvidenza; Essa è la vera nostra Madre e Fondatrice, insieme con Maria SS.ma - che visse poverissima come Gesù. Ci mancarono mai gli alimenti? e lo strettamente necessario per vivere? Mai! E se nel Collegio manca qualcosa, non credete voi che se noi lo domanderemo al Signore, in umiltà e fede e con le ginocchia, - quando Iddio lo vedrà opportuno, non credete voi, o miei cari figli, che ce lo darà? Non è mica bello che















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sia proprio il Vescovo a dirci ogni tanto e a ricordarci che siamo Figli della Divina Provvidenza! Questo, capite, è un dolce rimprovero! Cari miei, carissimi miei, se vogliamo avere merito e premio da Gesù, guardiamoci da un genere di povertà altamente biasimato da San Bernardo: “Gloriantur de nomine pauperpatis et socios paupertatis fugiunt”, diceva il grande Dottore San Bernardo: si gloriano d’essere chiamati poveri religiosi, ma non  vogliono i compagni della povertà, cioè non vogliono che loro manchi niente. Io no, non dirò mai questo di voi, cari miei Don Tiburzio e Don Mariano, ma solo scrivo così perché voi siete con me i Confondatori di codeste Case del Sud - America, e mi è dovere sacrosanto che ben bene assorbiate e siate viventi di questo spirito in Gesù Cristo, perché questo è lo spirito dei veri Figli della Divina Provvidenza, e se esso tralignasse, tutti noi saremmo Religiosi solo di nome, e la Congregazione presto rovinerebbe, come va (dicono) rovinando qualche altra. Dunque, coraggio! o miei cari figliuoli, e se lo stato incipiente di codesta Casa vi è cagione di incomodi o di sofferenze e privazioni, rallegratevi con San Paolo, che si dichiara al colmo di allegrezza in ogni sua tribolazione. Quella radio, che ho visto lì, e che dicesi vi fu donata, mettetela - quam citius - alla rifa, e non la adoperate, che non è secondo il nostro spirito avere la radio. Vi dirò, altra volta, ciò che, a proposito, ha scritto il Rettor Maggiore dei Salesiani a tutti i suoi Religiosi, ora diventerei troppo lungo. Saprete del resto le gravi parole dell’Episcopato Argentino circa l’avere la radio, e si rivolgono, i Vescovi, specie alle Case dei Religiosi e ne parlano in modo molto grave. Se la Divina Provvidenza vorrà che si facciano i banchi pel Salone, manderà il denaro, ma diversamente, non si facciano: né debiti, né prestiti, per nessun motivo: i prestiti sono debiti belli e buoni, o, meglio, brutti e amari, e Don Orione lo sa, per sua esperienza.

Quanto ai chierici, attenti, o miei Sacerdoti, a ciò che vi dico: avrò più che se fosse fatto a me, tutto ciò che farete di bene ad essi, sia col vostro esempio e buono spirito di edificazione, sia per la loro istruzione. Quanto alla istruzione, non dividete la loro testa in troppe fette, ma aiutateli, istruiteli, animateli all’acquisto del sapere, perché possano meglio formarsi e meglio conoscere amare e servire Gesù Cristo e la Santa Chiesa, la loro Congregazione e le anime, le anime, le anime! E diventare Sacerdoti per pietà e scienza, capaci di fare molto bene ... La Liturgia e la Sacra Scrittura non sono ancora pane per i loro denti. Latino! latino! latino! e, contemporaneamente, la filosofia, sul testo che si adopera al Seminario Conciliare di Villa Devoto di qui: è un testo in castigliano. Lo adoprano già i nostri di Lanus, i più alti, già preparati, ed è un buon testo, e abbastanza facile, alla portata dei vostri due.














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Lasciate pure da parte anche la matematica, per adesso: non dobbiamo esigere troppo, dato, ripeto, che già hanno altro, e non poco lavoro, se, come spero, vogliono curar bene il grado. Insegnate però loro un po’ di cerimonie sacre, il necessario. Uno di voi due potrebbe prendersi il latino, e l’altro la scuola di filosofia - aiutatevi tra voi e fate scuola ai chierici puntualmente - a giorni alternati, un’ora buona di scuola. Preparatevi bene: dovete sapere cinque volte di più di ciò che dovete spiegare. Tu, Tiburzio, a cui effettivamente è affidato il collegio, esigi che i nostri, e tu stesso, non gridino n‚ alzino troppo la voce nel dare lezione: è antididattico, a dir poco.  Superiore della Casa è Padre Mariano, lo avevo già destinato così fin da principio, - però le mansioni sono ben divise: lui superiore e Parroco, e tu Direttore effettivo del Collegio, in faccia a Dio e alla Congregazione, - come già sopra ho detto. Curatemi le vocazioni! curatemi le vocazioni! curate le vocazioni! Non vi posso dire il conforto che provo nel sapere che tra voi regna armonia religiosa, pietà e osservanza delle Regole e vita spirituale: Dio vi conservi e vi benedica, cari miei sacerdoti, per la consolazione che mi date. Farò mettere da parte armadi e letti di ferro, e, appena possibile, ve li farò mandare. Di materassi, per ora, non ne ho, io devo dormire su di una branda, anche perché non ho più materasso. Vedrò per le maglie e calze, farò il più che possibile. Non mandate qui il cuoco di Torino, per tenere l’ex francescano; piuttosto licenziate l’ex francescano, in bel modo; non vi fidate di lui: io so vita e miracoli di lui.

Guardatevi dalla sua lingua! Se voi tenete lui, e resta solo, un bel giorno vi pianta, e allora, come restate? Quello di Torino, sotto ogni riguardo, è più fidato e più economo: dell’altro, non vi dico nulla, ma, con questo, capite tutto. Io lo capivo che poi due cuochi non sarebbero andati d’accordo, e ve l’ho detto, caro Don Mariano, ma voi mi avete risposto che uno era solo aiutante in cucina. Se poi Giovanni non vuol più stare, io qui, per ora, non lo posso più prendere: tutto è, non dico pieno, ma rigurgitante. Caro P. Mariano, non tengo difficoltà di ricevere il giovane Sebastian Cavallaro, però deve prima mandarmi i Certificati di buona condotta, sia dei Salesiani, che dei Padri Redentoristi dai quali è stato. Tu poi prendi informazioni di lui dai Padri Redentoristi e anche dai Salesiani. Si chiama Sebastian Cavallaro, di anni 32, figlio di Juan Bautista e di Rosaria Leonardi, nato a Mascali, prov. di Catania. Dai Salesiani è stato quattro anni, al Colegio S. Josè. E dai Redentoristi è stato un anno, al Jovenado de Bella Vista, e dice d’essere venuto via per richiesta di sua madre. È già stato in più posti ... Poi, anche venga ammesso, non sarebbe ricevuto per lo studio da Sacerdote, ma come fratello, dovrebbe fare il suo probandato e il Noviziato canonico. Saluto, conforto e benedico a Voi, miei figli in G. Cristo e nella Santa Madonna: - pregate sempre per me! Saluto e benedico di cuore anche ai Chierici: Dio vi benedica tutti. Vostro aff.mo

Don Orione d. D. Provv.


Domenica 6 corr. PRENDERANNO LA S. MESSA 5 nuovi nostri Sacerdoti: Don Franceschini, Don Manca, Don Procot, Don Drevieschi, Don Sciaccaluga = e un Diacono =: Don Oltolina. Deo gratias! ___________________


[da pag. 1] P.S. La conta dell'Armonium, che unisco, fu mandata da Don Contardi, a mezzo di Padre Cesare, perché‚ sia spedita a Rosario, perch‚ egli ha detto che non può pagare. [da pag. 3] I Maestri sapranno che anche il Governo non è sempre puntuale a pagare, e sovente fa aspettare anche cinque sei mesi.