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 +        Anime e anime!

         Roma, il 20 agosto 1925


 Caro Sig.r Senatore [Schiaparelli]


 La grazia di Gesù Signor nostro sia sempre con noi!

 Son tornato jeri dalla Sicilia, ed ebbi la gradita lettera di V. Signoria del 17 corr.

 Vengo subito a ciò che ci interessa, al momento, di più, cioè dell’andata di qualcuno

a Cafarnao. Appena ho capito che si trattava di fra Giuseppe, lo avrei mandato senz’altro,

se non che in quei giorni stava per giungere in Italia il don Adaglio e, in assenza di questi,

nessuno rimaneva al Rafat nel periodo dei lavori più importanti.

 Quelli andati ora da poco colà, fuorché fra Giuseppe, non sono ancora esperti

e capaci. L’unico che rimase al Rafat, al corrente delle usanze e dei contratti,

è fra Giuseppe. Lavori importanti a Rafat e che richiedono la presenza di fra Giuseppe

sono: 1° la trebbiatura del grano, almeno della parte che spetta al Patriarcato, e questa

credo che sia finita o quasi; 2° La trebbiatura del dura, la quale, dovendosi fare di notte,

come mi dice don Adaglio, si compirà tra il 12° e il 20° giorno della luna prossima

o di quell’altra ancora, a seconda che l’estimatore e l’ispettore delle decime tarda o no

a venire a Rafat.

 Posto, come don Adaglio spera, che la trebbiatura della parte di grano del Patriarcato

sia finita, ecco che fra Giuseppe - al quale oggi stesso scrivo - potrà recarsi subito

a Cafarnao per conoscere e ordinare le cose di colà.

 Occorre che la Sig.ria vostra scriva tosto a fra Giuseppe a Cafarnao, perché egli,

giungendovi, trovi le sue disposizioni e ordini precisi. Fra Giuseppe dovrebbe poi ritornare

a Rafat per 10 o 12 giorni, durante la trebbiatura del dura, perché c’è da fare delle divisioni.

 Anche a Rafat vi saranno poi più in là i contratti da stipulare, ma don Adaglio pensa

che allora anche il don Gemelli, andatovi ultimamente, potrà essere già capace di fare lui,

senza che occorra fra Giuseppe.

 Se non guardassi a N. Signore, invece che cercare, col suo santo aiuto, di usare ogni

possibile riguardo pel vantaggio del Patriarcato, dovrei agire ben diversamente.

 Altro che lasciare colà fra Giuseppe e gli altri!

 Il Patriarca, quando fu qui a Roma ultimamente, cambiò i patti che aveva fatto prima,

e ne fece altri come volle lui. Ora poi ha già cambiato anche questi ultimi, fatti da lui tesso.

 E non ha presentato nulla alla Congregazione di Propaganda, di modo che non

abbiamo nessuna convenzione in mano che ci garantisca; e, se domani egli non fosse più

Patriarca di Gerusalemme, noi saremmo degli ignorati e al successore e a Propaganda Fide.

 E pensare che fa ogni elogio sia di don Adaglio che degli altri e l’unica lettera e cosa

che scrisse fu di insistere che don Adaglio ritornasse il più presto.

 Forse potrei mandare un sacerdote - provvisorio per ora - per la messa alle suore

di Cafarnao, qualora ne avessero bisogno. Non lo mando dall’Italia; già si trova con noi

a Rafat. È un belga, di condotta buona, parco nel mangiare; sa bene l’arabo e fece scuola

in Palestina. Il Patriarca lo mandò a noi a Rafat, dove si trova da più che un due anni.


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 Non va tanto d’accordo col Patriarca. Ne ho fatto scrivere al Patriarca

da don Adaglio, proponendogli di prenderlo io in Italia, dietro le buone referenze

di don Adaglio; si diceva però anche al Patriarca che, fino a che avessi potuto stabilire

un sacerdote mio a Cafarnao (o don Gemelli o don Adaglio), chiedevo di poterlo, occorrendo, - dopo essermi messo d’accordo con la Sig.ria vostra - mettere a Cafarno.

 Egli, il Patriarca, avrà la lettera in questi giorni. Ella Onor.le Sig.r Senatore,

mi voglia dire chiaramente che ne pensa.

 Il sacerdote si chiama don Alfonso Vervat, ha 67 anni, fu alunno di don Belloni.

Badi: egli non dovrebbe avere altro incarico che la messa, perché, pur essendo

buon prete e credendosi capace di far tutto, nelle altre cose non combina niente.

Fra Giuseppe, del resto, lo conosce, e lo saprà trattare.

 Circa poi il portare a Cafarnao un bravo giovane meccanico, vedrò a Venezia

se trovo, come spero. Per altro, prima di mandare a Cafarnao delle braccia, vorrò vedere

chi dovrà essere la testa, e amerei conoscere da V. Signoria quali in particolare sono

i lavori da compiersi. Così vorrei pure avere una base o convenzione. Non per offendere

diffidenza, ma la Signoria vostra vorrà comprendere che, dopo il modo tenuto con noi

dal Patriarca, io mi trovo un po’ messo in croce quando nel Consiglio della Congregazione

si parla della Palestina e di personale da inviare in quella terra benedetta.

 Anche il don Adaglio mi fece presente che colui che ha in custodia la turbina

non la cura, ond’è che resta deteriorata, e quel tedesco che l’ha impiantata si è lamentato

fortemente vedendola abbandonata a quel modo.

 Don Adaglio la ringrazia degli auguri, ma si unisce a me nel pregare Iddio che voglia

conservare la Sig.ria vostra e restituirla in piena salute. Veda di usarsi ogni riguardo.  Venire ad Occhieppo ci riuscirà un po’ difficile; il don Adaglio, benché migliorato,

è sempre sotto cura, e anche stamattina ci fu il medico. Io poi riparto stanotte

per le Marche, e devo andare qua e là, né sono più padrone di me.

 Di tutto benediciamo il Signore! Si lavora per lui e per il prossimo!

 Perdoni la prolissità e la male calligrafia. La Signoria vostra sarà vicino

alla Madonna d’Oropa, mi pare; ebbene, la voglia qualche volta pregare anche per me:

io la ricordo nella Messa. E avanti! Poi verrà il Paradiso che pagherà tutto,

e là ci riposeremo.

 Suo devoto servitore


        Sac. Orione

        dei figli della Div. Provv.za

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