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         Tortona, il XIV/XI/1928


 Caro amico e fratello in G. C. [D. Cesare Rossi, Poggio Cinolfo-Aquila]


 La grazia di nostro Signore sia sempre con noi!

 Ho ricevuto e gradito la sua buona lettera.

 È con vivo dispiacere che mi vedo obbligato a significare a lei e alle famiglie

dei giovanetti Valletta, Alessandrini e Flamini che questi figliuoli qui si diportano male.

 Non si sono calmati dopo tanti buoni consigli, e neanche dopo che loro dato

il telegramma dei loro parenti. Il Valletta è quello che fa peggio, perché va subornando

gli altri due più piccoli. Prima si diede ammalato, e fu mandato in infermeria, ma se ne

uscì tosto, sì che il medico non lo poté visitare. In refettorio c’è sempre; ma ogni qualvolta

poi c’è da andare in istudio o a scuola, se ne va anche fuori dell’Istituto, sempre tirandosi

dietro Alessandrini. Stamattina scomparvero, e nel timore che si fossero messi in viaggio

a piedi, visto che non si riusciva a trovarli, avevo steso un rapporto all’Autorità di P. S.,

a scanso di responsabilità. Poi, mentre [lo] si portava ritornarono in casa. A passeggio si fermano indietro, e non vogliono tornare; sono due volte che, richiamati perché si uniscano

ai compagni, lanciano sassi, e fanno atti che possono avere conseguenze e che non fanno

buon nome. Valletta e Alessandrini cercano ogni modo per stancare la nostra pazienza.

 Anche stassera li ho chiamati in camera mia, li ho esortati a mettersi bene, dicendo

che avrei dimenticato tutto; ho letto loro anche la lettera di lei, commentandola per farli

rinsavire; e poi ho chiesto loro che cosa potevo rispondere a lei. Il Valletta non voleva

rispondere, e infine disse che egli non rispondeva ne sì, ne no. L’Alessandrini invece,

mi disse che decideva di restare, e che d’ora innanzi, proponeva di fare bene.

 Allora, un poco dopo, anche il Valletta mi disse che si sarebbe fermato e che avrebbe

messo testa a posto. Il Flamini non c’era, e ho ben capito che egli è sobillato dai due,

ma specialmente è vittima del Valletta.

 I due andarono a cena, ed io mi trattenni in camera, che era venuto a parlarmi

il segretario del Vescovo.

 Finita già la ricreazione del dopo-cena, erano andati a dire le preghiere. Nell’uscire

di chiesa si presentarono a me in refettorio Valletta e Alessandrini, e il Valletta mi disse:

«Domani vogliamo partire». Alessandrini tacque, ma già era rimorchiato. Ho risposto

che partirebbero, ne stessero sicuri, ma che il «vogliamo» qui non esiste, se non per quanto

può riferirsi a voler far bene.

 La prego di voler preavvertire le famiglie che, valendomi dell’autorizzazione già avuta

col primo telegramma, mi vedo costretto a farli ritornare. So che stassera Valletta sobillò

anche Flamini, benché egli abbia avuto vergogna a presentarsi. Il Valletta da solo non vuol

tornare: fa di tutto per trascinare gli altri per potersi meglio scagionare davanti alle famiglie.

 Li metterò su un treno diretto che da Novi, senza più cambiare, li porterà a Roma,

telegrafando ai miei sacerdoti di Roma di trovarsi alla stazione a riceverli e poi di avvertire

lei, perché voglia mandare a rilevarli.

 A questi figli fu usata tanta pazienza e nulla è loro mancato, se volevano far bene.

 Continuare così però non si può, perché l’Istituto ha ora bisogno di sistemarsi.

 Pazienza!



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 Gradisca ogni mio ossequio, e preghi per me che le resto aff.mo in Gesù Cristo

e nella santa Madonna


       Sac. Luigi Orione


 P. S. - Valletta è stamane partito insieme al Direttore Don Orione diretto a Genova,

donde lo farà proseguire per Roma.

 Tortona, 15 novembre 1928.