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[dattiloscritto]
Roma, 8 Giugno 1934
Festa del S. Cuore
Beatissimo Padre,
Il Superiore della Congregazione detta la piccola Opera della Divina Provvidenza, umilmente prostrato ai piedi di Vostra Santità, chiede con riverenza che la Santità Vostra si degni definire autorevolmente una questione riguardante l’interpretazione ed applicazione del Rescritto, concesso dalla s. m. di Papa Pio X, il giorno 4 Luglio 1905, nei seguenti termini:
Tortona, li 24 Giugno 1905
Beatissimo Padre,
Il Vescovo di Tortona, genuflesso ai Piedi della Santità Vostra, umilmente espone come con grande vantaggio spirituale di questa Diocesi, e anche di altre, trovasi eretta canonicamente in questa Città la pia Congregazione “l’Opera della Divina Provvidenza”, il cui scopo “eo spectat ut, universis misericordiae operibus, populum christianum dulcissimo quodam et arctissimo totius mentis et cordis vinculo Sedi Apostolicae coniungat, in qua Beatus Petrus, ajente Crisologo, vivit et praesidet, praestat quaerentibus fidei veritatem”. (Ep. Ad Eutyen. n.2)
Desiderando il Vescovo supplicante di dare consistenza sempre maggiore a detta Pia Opera, domanderebbe alla Santità Vostra le seguenti grazie:
1° di poter alienare alla Pia Opera stessa una Casa di proprietà sua fiduciaria, già assegnata alla Congregazione degli Oblati del S. Cuore di Gesù, per abitazione dei membri dell’Opera della Divina Provvidenza;
2° di poter impiegare la somma della Casa alienanda, in lire venticinquemila, ad esonerazione di pesi gravanti sul Seminario di Stazzano;
3° di unire e cedere alla stessa Opera della Divina Provvidenza il Beneficio Parrocchiale della relativa Chiesa sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, esistente in Tortona, aderente alla Casa di cui trattasi, e che si trovava pur essa già aggregata alla Congregazione degli Oblati del S. Cuore (come da Rescritto della S. Congregazione del Concilio, in data 18 Febbraio 1893, n. 710/37); e ciò non appena la Parrocchia suddetta venisse vacante o per morte o per rinuncia dell’attuale investito: riservando all’Ordinario la nomina, sopra presentazione del Superiore dell’Opera della Divina Provvidenza, di uno dei membri della stessa all’ufficio di Parroco e la rimozione del medesimo ad nutum Episcopi.
Il Vescovo supplicante ringrazia umilmente la Santità Vostra di tanta benignità, e bacia con reverente devozione il S. Piede, e invoca sopra di sé e sulla Diocesi, alle sue cure affidata, l’Apostolica Benedizione.
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Della Santità Vostra
Dev.mo ed umilissimo figlio
(f; to: Igino Vescovo)
Juxta preces arbitrio et conscientia venerabilis fratris nostri Episcopi Derthonensis.
Ex Aedibus Vaticanis iv Nonas Quintilis An. 1905.
(f. to: Pius P.P. X)
Visto, concorda con l’originale-Tortona, 2/1/1914
(f. to: Hyginus Episcopus)
(L. S.)
Il Vescovo del tempo ha dato subito esecuzione al Rescritto, cedendo alla Congregazione della Divina Provvidenza la Casa, concessa nel Rescritto Pontificio, ricevendo la somma di 25.000 lire, stabilite nello stesso Rescritto.
L’ultima parte del Rescritto non poté avere l’immediata esecuzione definitiva, per la semplice e chiara ragione, che la Parrocchia non era vacante, trovandosi investito il Beneficio Parrocchiale del rispettivo titolare.
I Figli della Divina Provvidenza, che dimorarono, come tuttora dimorano, nella Casa adiacente alla Chiesa, fecero quasi tutto il servizio parrocchiale, senza alcuna ragione di interesse, ed il Parroco lasciò ad essi l’uso della Chiesa per tutto quello che era conveniente alla Comunità, quando la Chiesa non aveva funzioni parrocchiali.
Così durarono le cose fino al 2 Maggio u. s., quando è avvenuta la morte del vecchio Parroco.
È stata allora rivolta domanda, per iscritto, a Sua Eccellenza Mons. Vescovo di Tortona perché si degnasse dare piena e definitiva esecuzione al Rescritto Pontificio circa la Parrocchia di S. Michele. Sua Eccellenza Rev.ma ha risposto, verbalmente, che non intende dare tale esecuzione, poiché Egli non si ritiene obbligato, ma libero di dare ad altri detta Parrocchia.
Ecco i motivi che adduce:
1° Sostiene che il Rescritto non costituisce un tutto unico inscindibile.
2° Bisogna che il Vescovo di allora avesse subito fatto un Decreto. Non avendolo fatto, significa che il Rescritto è scindibile, e che Quegli voleva solo vendere la Casa per il bisogno che aveva di danaro, ma non aveva volontà di unire e cedere la Parrocchia di S. Michele.
3° Il Rescritto è dato arbitrio et conscientia Episcopi Derthonensis.
Ma, in senso contrario, si fanno rispettosamente rilevare le seguenti ragioni:
a) Il Provvedimento del 1905 costituisce un tutto unico inscindibile perché la grazia, che era stata implorata, comprendeva tre punti inscindibilmente connessi e legati fra loro per dare alla Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza quella consistenza sempre maggiore che il Vescovo stesso supplicante desiderava;
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e, intanto la Congregazione aveva acquistato lo stabile e versato la somma di lire 25.000, in quanto potesse anche ottenere il Beneficio Parrocchiale della Chiesa di S. Michele.
b) Anzi la Chiesa e la Parrocchia, nella mente del Vescovo, veniva già considerata come formante un tutto unico con la Casa, e come si trovasse pur essa unita alla Casa, essendo stata già aggregata, in virtù di un Rescritto della S. Congregazione del Concilio, all’altra Congregazione degli Oblati del S. Cuore, che aveva tenuto la Casa; e certamente il Vescovo intendeva di far passare all’Opera della Divina Provvidenza la Casa in quelle stesse condizioni e con tutti i vantaggi che avevano goduto gli Oblati del S. Cuore. Parimente queste erano le intenzioni dei nuovi acquirenti, i quali accettarono di acquistare la Casa solo quando fu loro assicurato che sarebbe venuta anche la Parrocchia, altrimenti, e lo dissero, non avrebbero trovato alcuna convenienza a trasportare la Casa Madre della Congregazione in uno stabile sacrificato, senza Chiesa e senza possibilità di espansione.
c) Il Rescritto ebbe subito esecuzione, se pur non scritta, certamente verbale, anzi piuttosto reale per tutte quelle parti che non richiedevano dilazioni, essendo stata la Casa consegnata con tutti i diritti, favori, vantaggi ad essa inerenti, in forza dello stesso Rescritto.
Ora tra questi diritti, ecc. è da annoverarsi anche la Parrocchia come entità ecclesiastica, la quale era stata già unita alla Casa con il Rescritto della Sacra Congregazione del Concilio, (del 18 Febbraio 1893, n. 710/37), unione che veniva confermata o di nuovo concessa dal Rescritto del S. Padre Pio X, e che poteva avere subito la sua esecuzione, come di fatto l’ebbe subito, quantunque subordinata alla vacanza della Parrocchia.
Quello che doveva restare in sospeso, fino alla prima vacanza, era la nomina del nuovo Parroco, perché qualunque unione dei benefici deve farsi sine prejudicio beneficia obtinentium, però servata questa condizione, può avere effetto l’unione del Beneficio in sé stesso, anche quando lo stato del beneficio non sia di vacanza.
E in questo senso si debbono intendere, a debole avviso dello scrivente, le parole del Rescritto di Pio X.
d) Secondo il defunto Vescovo, che implorò la grazia, altro era la Parrocchia e altro il Parroco: per Lui non restava più altro che la nomina del Parroco, da eseguirsi quando fosse intervenuta la vacanza; non c’era un Decreto da fare: Egli consegnò copia conforme del Rescritto, e ciò Gli parve sufficiente e documento equipollente.
e) In via di fatto, i Figli della Divina Provvidenza avevano preso un certo possesso della Chiesa e della Cura d’anime; perché, lasciando al Parroco il titolo, il Beneficio Parrocchiale e quanto menava a danaro, facevano essi quasi tutto il resto, e usarono liberamente la Chiesa come cosa propria. Pure oggi Economo della Parrocchia è un Sacerdote della Congregazione della Divina Provvidenza, che vi faceva già da Vice-Parroco, senza rimunerazione alcuna, benché la Parrocchia sia congruata anche per il Vice-Parroco.
f) La Concessione Pontificia, rispondendo a una domanda organicamente una ed inscindibile dell’Ordinario, deve esaurirsi nell’esecuzione già avviata.
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Non può, ora l’attuale Vescovo rifiutarsi di dare piena e definitiva esecuzione al Rescritto, ritenendo di essere ancora libero di farlo o di non farlo, in forza delle parole arbitrio et conscientia Episcopi.
Una volta avvenuta l’esecuzione, il Vescovo non ha più facoltà di ritirare o distruggere l’esecuzione già fatta. Inoltre si osservi che la formula suddetta è una formula che si mette nei rescritti, anche quando l’esecutore non è volontario, ma necessario; onde dice il chiaro Padre Cappello (Summa Juris Canonici, n. 158): “Utrum necessarius an voluntarius sit exsecutor, ex verbis rescripti conoscitur. Necessarius, si gratiam concedere jubetur, licet addatur pro suo arbitrio et conscientia…Voluntarius, si preces ei remittuntur, cum facultatibus necessariis et opportunis”.
Specialmente l’esecutore è necessario quando la grazia è fatta e concessa dal Sommo Pontefice, e all’esecutore si dà solamente merum executionis ministerium (can. 54,1), il quale non deve far altro che esaminare an preces veritate nitantur et condiciones essentiales forte appositae verificentur.
Invece l’esecutore è volontario quando è lui che deve concedere la grazia, in forza delle facoltà ricevute. Ora, nel caso, è evidente che Pio X concesse da Sé la grazia, con le parole juxta preces, e l’esecutore quindi è necessario, malgrado le parole arbitrio et conscientia Episcopi.
g) Nemmeno può opporre il Vescovo che le condizioni sono mutate e che la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza non ha più bisogno di maggiore consistenza, perché “allora era nascente e debole, ora ha parecchie Istituzioni a Tortona”.
Queste considerazioni non fanno al caso; la questione essenziale è sapere se i Figli della Divina Provvidenza, hanno bisogno adesso come allora, della Chiesa adiacente alla loro Casa Madre.
E ce ne hanno proprio un gran bisogno! La Congregazione non potrebbe più tenere quella Casa Madre con cento e più Chierici di Liceo e di Teologia e una media di dodici Sacerdoti, senza Chiesa, serrati tra quattro mura.
Caso mai, senza Chiesa si poteva scusare nei primi tempi, bastando allora una Cappella, ma non più oggi che i Chierici sono adulti e vanno crescendo di numero.
h) Si è detto che quelli del Clero, che forse appetiscono al Beneficio Parrocchiale, mormorerebbero; e che sono andati dal Vescovo alcuni laici per impedire che un membro della Congregazione della Divina Provvidenza venga nominato Parroco di San Michele, “altrimenti, - avrebbero detto – Don Orione diventerebbe troppo potente, e Tortona dovrebbe cambiar nome”.
Che ciò possa essere avvenuto, non deve stupire. Il sottoscritto sa benissimo che, anche mentre scrivo, c’è chi tenta sobillare e spargere malumore.
Quanto a quei preti, se ci sono, almeno fosse tutto zelo delle anime che li muove! Del resto, nelle Diocesi qualche malcontento c’è sempre, tanto più in una Diocesi vasta, di 300 Parrocchie, com’è quella di Tortona. Però è bene si avverta che, quando nel 1905 ci fu conferita la Parrocchia di S. Michele, in Diocesi c’erano molti più Sacerdoti di adesso, e oggi vi sono Parrocchie discrete vacanti, già poste a concorso, e l’ultimo concorso andò affatto deserto.
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Il Parroco, che il sottoscritto ha presentato, è sacerdote diocesano, stimatissimo sotto ogni riguardo da tutto il Clero, già Parroco in Diocesi, onde la sua persona, quando fosse eletto, non farebbe torto al Clero della Diocesi stessa.
Quanto a quei sette od otto borghesi, che sarebbero andati dal Vescovo perché non ci desse la Parrocchia, non è da farci gran caso. Veramente l’umile sottoscritto, - e Mgr Vescovo ben lo sa, - nel volgere di poche ore, non sette od otto persone potrebbe condurgli in Episcopio, ma riempirgli il Palazzo sopra e sotto di distinti cittadini, e tutti autentici parrocchiani di S. Michele, i quali altro non aspettano che venga nominato Parroco uno della Congregazione. E se finora sono stati fermi, lo si deve al sottoscritto, - il quale si guarderà bene dal favorire dei pronunciamenti del genere: non è questo il sistema, né queste sono le vie di Dio.
Senza affatto far torto a Sua Eccellenza Rev.ma, lo scrivente, che sta a Tortona da oltre quarant’anni, ritiene di conoscere uomini e cose almeno quanto Sua Eccellenza; e più assicura che non sono certo i cristiani migliori quelli che andarono da Mgr Vescovo, né fu tutto zelo verace di bene che li mosse, ma ben altro….In circa vent’anni di Episcopato, chissà quante volte Mons. Vescovo avrà avuto la consolazione di vedere quei Signori avvicinarsi ai Sacramenti? Essi sono i residui del vecchio liberalismo inacidito, se pur qualcuno non appartiene a quella confraternita verde che fu tanto infesta alla Chiesa e all’Italia: sono i medicei, che non vogliono essere disturbati….che temono sorga una farsa religiosa ad orientare la Città in senso decisamente cattolico. Ma, di tal gente, non c’è da esser pavidi.
i) Né si dica che il defunto Vescovo avesse poi cambiata idea, poiché è nell’ultimo periodo di sua vita, e nel pieno possesso delle sue facoltà mentali che, temendo lui stesso che qualcuno avesse potuto far poi sparire il Rescritto Pontificio, ne consegnò copia conforme, munita di sua firma e di suo bollo, perché, in caso di sua morte, lo scrivente se ne potesse valere.
l) Sua Eccellenza Rev.ma dicono voglia fare uno stralcio alla Parrocchia di S. Michele per allargare il territorio di qualche altra: sia tutto secondo la sua saggezza, e ciò anche per le rendite del Beneficio; il sottoscritto già Gli ha detto che non ambisce S. Michele per le rendite del Beneficio: si disponga pure di esse, in tutto o in parte, come meglio si crederà in Domino.
Ma se, dietro istanza del Vescovo predecessore, il Santo Padre Pio X già conferì la Parrocchia all’Opera della Divina Provvidenza, e solo ne è rimasta sospesa l’investitura con la nomina del Parroco, (dovendosi aspettare la vacanza), il sottoscritto prega umilmente Vostra Santità che essa Parrocchia non venga ora strappata a cui fu data, poiché, venendo un estraneo, potrà sempre dire ai Figli della Divina Provvidenza: «Qui il Parroco sono io, e voi uscite!»
E il sospetto non sembri temerario, quando già al sottoscritto si è consigliato di portare i Chierici altrove, consiglio, peraltro, che lo scrivente non potrebbe accettare, perché in altra Casa non c’è proprio posto; e, quand’anche, si tratterebbe sempre di portare oltre cento Chierici fuori Città distanziandoli di molto dalle scuole del Seminario, inconveniente questo gravissimo, specialmente durante l’inverno, lungo e inclemente a Tortona, dove anche mancano mezzi di comunicazione.
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m) Sua Eccellenza Mons. Vescovo sa quanto, col divino aiuto, la povera Congregazione della Divina Provvidenza ha già fatto, pel bene della Parrocchia di S. Michele specialmente. Né oggi sembri mancanza di riguardo verso il defunto Parroco se, unicamente per la salvezza di quella Parrocchia, il sottoscritto sente il dovere di far presente che, se il nuovo Parroco non largheggerà, se non sarà di costumi incensurabili, di pietà soda, di scienza, di zelo, la Parrocchia di S. Michele, esposta anche al lavorio dei protestanti, sarà, in gran parte, irrimediabilmente perduta.
n) Né si tema che diventiamo potenti; caso mai, saremo una forza di fede, di carità, di sante attività nelle mani della Chiesa: una forza spirituale che, Deo adiuvante, rinnoverà religiosamente la Parrocchia di San Michele e sarà lievito di Cristo per tutta la Città. Ma, che si teme? Don Orione, se il Signore si degnerà tenergli ognora le mani sulla testa, sarà sempre il povero prete di Tortona, il prete dei piccoli e dei poveri: tutta Tortona lo sente, tutta Tortona lo sa.
Gli Istituti che sorgono non sorgono per lui, ma per i poveri e pel bene della gioventù e del popolo. Né in tutta la Città c’è persona del laicato o del Clero che possa dire che egli si sia presentato a chiedere un soldo. Eppure tutto cammina! Non è la miserabilità dell’uomo, è la Divina Provvidenza! Don Orione prende ciò che la Divina Provvidenza gli manda, ed è sempre quello che basta: Né il Vescovo né la Curia furono mai disturbati dai nostri creditori: né mai direttamente né indirettamente, ci siamo intromessi nel governo o nei partiti della Diocesi: siamo sempre stati agli ordini del Vescovo.
o) Il timore poi di quei tali, che Tortona abbia cioè a cambiar nome, sa veramente di ridicolo! Né è cosa da prendersi sul serio: «trepidant timore, ubi non est timor!»
Noi siamo povere ombre che presto passiamo, e domani il nostro nome si sperderà come il suono! Siamo poveri peccatori, e non desideriamo che di stare con la fronte nella polvere davanti a Dio e alla Chiesa, e d’essere i poveri stracci della Divina Provvidenza nelle mani e ai piedi della Santa Chiesa.
Volesse il Cielo che un giorno Tortona prendesse nome da Dio, e risuonasse il suo nome in benedizione nel mondo come la Città della Carità, e a lei molti e molti, anche da paesi lontani e diversi, avessero a venire e a trovare ai piedi e tra le braccia della nostra Santa Madonna, la grande Divina Madre nostra, unica e celeste nostra Fondatrice, quel balsamo e conforto che dà vita alle anime!
p) Dopo aver pregato e fatto pregare, il sottoscritto scrisse, con amore di figlio, al suo venerato Vescovo, e poi andò anche personalmente a chiedergli, in umiltà, l’esecuzione intera del Rescritto, per vitale necessità della sua Congregazione. Purtroppo, inutilmente.
Onde lo scrivente non sa esprimere con quanto suo dispiacere, con quanto profondo dolore si veda oggi costretto a ricorrere, unicamente per dovere di coscienza e a tutela della Piccola Opera della Divina Provvidenza, che pure ha dato ininterrotta e cospicua prova di dedizione al proprio Vescovo: ha fornito la Diocesi di Sacerdoti e di Parroci: si è presentata sempre, in tutto e per tutto, ove c’era da accorrere per fare un po’ di bene.
Né ritiene, per aver lavorato, di avere demeritato!
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Sì, col divino aiuto, si tiene la cura in Tortona, da trenta e più anni, di Opere pie di beneficenza e di carità come l’Ospedale, le Carceri (che nessuno ha mai appetito),Orfanelli, vecchi, e anche si hanno Istituzioni di cristiana educazione, che rispondono ai bisogni e al desiderio della Città, e promettono un avvenire religioso sempre migliore per tutta la plaga; ma, non per cuesto il sottoscritto ritiene di avere demeritato nei confronti del Vescovo, del Clero e della cittadinanza.
Però quanto è mai penoso esser costretti a far quasi dell’esibizionismo! Quanto ha pianto su queste pagine!
q) Totalmente affidati alla Divina Provvidenza, è da anni che si cerca di lavorare dì e notte con ogni sorta di sacrifici: si sta in piedi e si va avanti attaccati al Signore, tenuti su dal Signore, coperti dalla misericordia del Signore: umili e fedeli ai piedi del Vescovo e della Chiesa e per le anime: che di essere guidati illuminati nei nostri doveri, sorretti nelle povere nostre fatiche dalla paterna benignità dei Vescovi e della Benedizione del Vicario di Gesù Cristo.
Ed è ai piedi augusti di Vostra Santità, Beatissimo Padre, che i poveri Figli della Divina Provvidenza vengono e depongono, con piena fiducia, con amore dolcissimo e senza limite devoto, la loro causa, accettando lietamente, sin d’ora, quella soluzione che alla Santità Vostra piacerà dare.
Prostrato al bacio del Sacro Piede, il sottoscritto implora per se e suoi Religiosi il conforto della Benedizione Apostolica, e umilmente si professa di Vostra Santità obbedientissimo figlio in Gesù Cristo
(f. to: Sac. Luigi Orione
della piccola Opera della Divina Provvidenza)