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[Da copia dattiloscritta con correzioni di don Orione]


L’Onomastico del Santo Padre


Dal Vaticano, nella calma serena, vigila sul mondo turbato, in preghiera, un prode pio vegliardo, un Padre dolce e universale, che nei conflitti pacifica, nei perigli difende, nelle persecuzioni conforta e benedice sempre.

Ed ecco allora nella fausta ricorrenza del suo onomastico, dodici maggio festa di S. Achille, da ogni parte dell’orbe in santa ed animosa gara sorgere tanti figli per ad esternare al gran Padre supremo in mille teneri modi, quell’ardente devozione, che fonde in un sol palpito d’amore milioni e milioni di cuori delizia tutti del suo gran cuore paterno.

Ma fra questi devoti figli siamo pur noi gli scelti araldi del papa, i primi a presentare il nostro deferente omaggio di preghiere, nel silenzio della nostra Cappella, e principalmente “ut fiat unum ovile et unus pastor”, secondo le buone i desiderî santi del Pontefice.

Questo modesto dono di circostanza, la prima prova del nostro filiale affetto; ma prova ve n’è ancora un’altra, certo più bella, che sarà in avvenire, lontano dai genitori e dalla patria, coronata, oltre gli oceani, sui campi del nostro lavoro vasti della fede: è la nostra preparazione all’apostolato tra le genti orfane ignare di Cristo e o persecutrici di Cristo.

Preghiera, azione, sacrificio” è il programma che abbiamo raccolto dalle stesse labbra del papa e che, Deo adiuvante, vogliamo svolgere con passione e costanza.

Oh! Allora il nostro entusiasmo non svamperà certo in una pura e momentanea emozione ma troverà una ripercussione rispondenza viva e potente domani nell’amorosa consumazione d’un lento, aspro ma dolce sacrificio, esigenza d’un lavoro fecondo, sublimata sul Calvario da Cristo e ereditata dal vicario di Cristo.

Iddio ha insegnato che nulla v’ha di più prezioso e caro del sacrificio. Sia allora questa l’estrema prova d’amore che noi daremo al papa nella povera nostra esistenza; e noi beati se, mandati là dove infuria la persecuzione, avessimo, per patrocinare i suoi diritti e promuovere la sua espansione, la bella sorte di lottare “usque ad effusione sanguinis”.

In questo momento di intima partecipazione, sebbene lontani, alla letizia del Santo Padre, non potremmo, riteniamo, fare una protesta di più forte attaccamento al “Dolce Cristo in terra”, anima del nostro movimento della nostra azione, conforto delle nostre fatiche, gioia dei nostri cuori, che sentono con lui, piangono con lui, ed, in questo giocondo giorno, esultano più di ogni altro cuore con lui.



Roma, 7/5/34 XII a.E.F.