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[Fotocopia]
Eminenza rev.ma
Ieri, dopo la consueta udienza, mgr. Arcivescovo mi interrogò se nella mia ultima venuta a Roma avessi domandato al S. Padre un ajuto per la curia, e chiesta persona di mia fiducia. Risposi di sì, e gli ho sottoposto alcune ragioni di convenienza e di necessità di tale ajuto affinché la curia si posta in stato di potere in effetto funzionare e riuscire allo scopo suo, specialmente nelle condizioni eccezionali in cui si trova Messina e parte della diocesi.
Gli manifestai come da tempo avessi pregato il S. Padre di dispensarmi da questo ufficio, pel sincero sentimento della mia indegnità e incapacità, e pel bisogno che sento di darmi ad una vita più raccolta e mortificata e ad attendere alla mia formazione religiosa e del mio piccolo istituto; gli dissi che il S. Padre finora mi ha detto di continuare.
Ora,
dovendo occuparmi degli orfani al fine di impedire che cadano in mani
settarie, o crescano in questi orfanotrofi del Patronato senza
istruzione cristiana, - e dovendo ogni tanto, anche visitare le case
della congregazione, mi sentii nella necessità di domandare qualcuno
che mi ajutasse
e sostituisse nelle assenze di curia, poiché è sempre vero che,
pluribus intentus, minor est ad singular sensus. Questo ajuto
io domandai a mgr. Arcivescovo fin dal momento che venni nominato,
anche perché capiva bene che ero
forestiero, avevo bisogno di chi conoscesse costumi e paese.
Quindi jeri mi fu dato poter aprire l’anima a mgr. Arcivescovo, e gli manifestai il nome della persona che mi pareva atta all’uopo: ecclesiastico prudente, ponderato, e che sente bene con la Chiesa. Gli ho detto che non si trattava di un forestiero, e che ciò aveva fatto di proposito, per non mortificare il clero messinese, quasi non ci fosse stato qui un soggetto capace, ma di un membro del capitolo metropolitano: homo novus, poiché ritornato da pochi mesi, ed estraneo ai partiti: già can. Teologo della catt.le di Oppido, e sacerdote assai stimato da quel vescovo.
Quando sua eccellenza sentì che io parlava del can. Celona penitenziere, mi rispose che egli lo aveva veduto bene penitenziere, perché lo credeva necessario al confessionale della cattedrale: che era bene soprassedere: che intanto martedì, 13 corr. Egli sarebbe partito per Roma.
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Mi è parso di comprendere che vi saranno delle difficoltà e credetti conveniente prevenire vostra eminenza rev.ma.
Debbo qui fare presente che l’attuale cattedrale, eccetto la mattina delle feste è sempre deserta, poiché si volle farla di fronte all’antica, ove non sono che macerie, e due o tre famiglie; i centri della popolazione superstite sono assai lontani. Il penitenziere quindi non confessa che qualcuno nei dì festivi, e la difficoltà posta cade. Dirò di più: da prima del 1907, invece del penitenziere c’era un delegato, e, dopo il terremoto, si continuò ancora, sino a pochi mesi fa, con un delegato. Nel capitolo, presentemente, vi è qualche canonico che, nominato penitenziere minore o delegato, farebbe, mi pare, anche bene.
Le difficoltà di sua eccell. rev.ma però si faranno facilmente più forti di questi giorni, perché c’è chi sa tutto: chi gli apre anche le lettere che vengono da Roma, ed facile a mettere male, ed io lo so, pur troppo.
C’è pure chi agogna di venire in curia, o vuole poter disporre della curia, e farà di impedire che il can. Celona vi entri, poiché si capisce bene che vi resterebbe.
Non desidero, per divina grazia, che quanto i superiori e mgr. Arcivescovo disporranno; tuttavia se mi fosse permesso sottoporre alla bontà e saggezza di vostra Eminenza rev.ma una preghiera, essa non potrebbe essere che questa: finché il S. Padre crederà che rimanga e questo posto, sentirei proprio bisogno che mi si desse un ajuto efficace, in una persona seria e di fiducia, poiché anche i sacerdoti qui, talora, fanno delle specie di combriccole.
Io mi sforzo di supporre bene di loro, e molte calunnie e molte amarezze e dolori, che si riferiscono alla mia persona, li conosce solamente il Signore; che anzi, per incoraggiarli nel bene, appena lo possa, cerco mostrare di essi ognora buon concetto, ma non sempre me ne posso fidare, e, spesso, so di non dovermene fidare.
Il cancelliere di curia è vecchio di oltre settant’anni, e, in diciotto mesi che sono vicario, venne in curia quaranta nove volte, - ora è ancora in campagna, sempre afflitto per avere perduto col terremoto più di trecento mila lire in fabbricati; vice-cancelliere prima fu un chierico, e poi due sacerdoti troppo ragazzi, e non pratici. Io non cerco, non ho bisogno in curia chi mi faccia della poesia sulla grandezza e nobiltà ed esemplarità di Messina, ma di una persona seria, che affidi e tiri in Domino con me la carretta ed abbia buono spirito, e cerchi la sostanza e non l’apparenza.
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Lasciato
solo, oltreché sento troppo la mia insufficienza, ed è loro più
facile tagliarmi fuori dal lavoro per la diocesi, e
il mio lavoro non può essere che assai limitato, e saltuario. Ma
finché rimango, debbo fare sì che ciò non avvenga: debbo in
coscienza cercare e
tentare ogni via
per compiere i miei doveri, e solo
per questo oso
insistere umilmente:
perché mosso dal timore di una responsabilità che, se è grave a
tutti, molto più è grave a me, che mi sento troppo sprovvisto di
forze.
Tuttavia io sarò sempre lietissimo in Domino di qualunque disposizione.
Si degni vostra eminenza comunicare la cosa al S. Padre; e poiché prevedo che non avrò tempo di scriverne all’eminentissimo card. De Lai. La prego di volermi pure usare la carità di informarlo dell’esito della lettera della concistoriale a mgr. Arcivescovo, affinché ne sia prevenuto.
Ed ora, benché la presente sia già assai lunga, pure sento di dover portare a conoscenza di vostra eminenza rev.ma che venne in questi giorni a Messina il comm.r Di Giorgio, segretario generale del Patronato, e riferì che la contessa Spalletti sta per affidare parecchi orfani a Padre Ghignosi. Questi fece un giro e raccolse da amici suoi parecchie migliaja di lire, e sta piantando a Venezia, in uno splendido palazzo, un collegio per la gioventù, e prenderà anche altri giovani, che educherebbe secondo un suo sistema, e il patronato intenderebbe ajutarlo in questo esperimento di educazione, gli passerà L. 100 mensili per cadun orfano.
Penso
che P. Ghignosi farà fallimento anche perché – per quanto ne so –
non è mai stato né una forte né una sana testa di amministratore;
ma egli non è sano anche nelle idee e il male che potrebbe
può fare, per questo lato, ai giovani potrebbe essere considerevole,
mancando di salda base di filosofia, e alquanto di spirito cristiano.
Perdoni, vostra eminenza, che in modo speciale è fatto bersaglio ai nemici della chiesa, e fatta degna ogni giorno pro nomine Jesu contumeliam pati.
La prego dire al S. Padre di benedirmi, e anche vostra eminenza mi benedica, e si degni pregare affinché io viva e muoja di amore ai piedi della Santa Madre Chiesa: questo è l’unico desiderio mio e dei miei religiosi.
Di vostra eminenza rev.ma
Umilissimo servitore in Gesù Cristo e in Maria SS.
Sac. Luigi Orione
Della Piccola Opera della Div. Provvidenza