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V118T216 V118P179



[Minuta]


Io quando ho veduto che fu si sono lasciati cadere i termini legali per impugnare, dietro la pur doverosa insistenza di don Ravazzano, il giudicato che mi riguardava non potevo più accettare un nuovo giudizio in cui si cercava di trascinarmi, non più per favorire il don Ravazzano nei rapporti col Lamendola, ma per fare condannare me quale debitore di don Ravazzano.

Tanto vero che la citazione è diretta a me nei rapporti di don Ravazzano con me e non nei rapporti di me col Lamendola.


  1. non  voleva obbligare me a rilevarlo ma solamente a confermare la  deposizione fatta dal primo giudizio.

  2. Che  qualora il tribunale avesse condannato me a rifondere al L. le L.  20.000 parte delle 57 mila, egli avrebbe sentito l’obbligo morale  di rispondere delle 10.000 già pagate alla golzio.

  3. Indirettamente  cercava di accollare a me le 10.000 ricevute in elargizione.


Quanto al rilevarlo io lui giuridicamente nessuna parola, - cioè ha taciuto il particolare più importante della citazione.

Exceptio juridica – che è quella che indusse i miei avvocati a far dare la sentenza come è.

Lui asserirebbe che io sono sarei in contraddizione con la mia deposizione giurata, perché avendo io ammesso di avere ricevuto le L. 20.000 dopo la vendita dei prati, ciò che invece fu negato dalla sentenza, avrei nel nuovo giudizio accettato di comparire falsario, ammettendo indirettamente di averle ricevute prima – talché mi troverei adesso davanti a due nuovi avversarî anziché uno; Lamendola il quale mi potrà chiedere L. 20.000 prese da me prima della vendita suddetta – perché rappresenterebbe un cespite nuovo di eredità per lui a cui avrebbe diritto, e lui, don Ravazzano, il quale mi potrebbe chiedere la rifusione di ciò che mi ha dato dopo la vendita dei prati, e formanti parte delle 57 mila da lui sborsate.

















 V118P180


(Risp. Voi mi citate su una cosa giudicata – non sono entrato in merito di un giudicato di tribunali che mi riguarda, contro il quale potrei sempre impugnareil reperto dei giudici, ma mi sono limitato a non voler entrare presentemente in cose giudicate).

Inoltre io non mi sentivo per nulla debitore verso il Lamendola; perché avrei dovuto dichiararmi tale?

Se il don Ravazzano credeva di non dover lui tal somma, L. 20.000 perché date a me doveva citarmi a sostenere la mia deposizione giurata al che io non mi sarei rifiutato.

Hanno lasciato passare il periodo per cui io poteva impugnare una sentenza che mi riguardava perché mai mi chiamarono né mai mi invitarono ad impugnare il giudicato, né mi fecero comunicare la sentenza, indicandone la ragione, la qual cosa interessava Ravazzano unico citato chiamato in causa e unico a cui poteva giovare l’impugnazione del giudicato riguardante la mia deposizione; giudicato nel quale io non ero un convenuto: ma un teste.

Lo sbaglio fu dei suoi avvocati, che nel fare l’appello dovevano impugnare il primo giudicato del tribunale di Tortona che dichiarava falsa la mia deposizione, ed allora in appello, sentito di nuovo avrei potuto in contraddittorio alla monaca dimostrare la falsità involontaria della deposizione di lei, basati su ipotetici sentiti dire, e in tal caso invocare l’intervento di coloro che a detta di lei avrebbero riferito quanto servì a demolire la mia deposizione.

Qui era una resa di conti.

Questo non era più un giudizio, qui si trattava di una liquidazione, di un conto che doveva rendere lui presente un giudice incaricato di liquidare i conti – quindi qui non si poteva più invocare un mio intervento perché si trattava di semplice liquidazione portata da una sentenza già passata in giudicato.

E quindi non formante più la causa principale per cui è lecito invocare l’intervento di terzi.

Io a Ravazzano non devo niente – perché andarmi a fare condannare nei rapporti suoi?

I metodi di contabilità di d. R.