V118T218 V118P182
[Minuta]
…Lui
sull’elogio che
egli fece
alla rettitudine, prudenza e dignità episcopale dell’Arbitro, ma
questi non entra in questione.
D.
Ravazzano sa bene che cosa
ha detto in proposito
anche il nostro Vescovo è rivestito di uguale carattere episcopale e
di non minore rettitudine e coscienza. Non scrivo questo
ciò per cortigianeria
adulazione a Vostra Eccellenza, aborro
i cortigiani e compiango chi deve abitare le corti, qualunque esse
siano
Che
doveva fare Don Ravazzano? Rimettersi, mi pare, al giudizio del suo
Vescovo. Tanto
più
Dirò che poi non fui io a chiamare lui davanti a
Vostra Eccellenza
al Vescovo, ma, fu proprio lui che, dopo
avere perduto al tribunale civile,
dove
mi citò
e avere lui me citato, mi ha poi
chiamato poi
davanti a Lei, ed
ebbe
avendo avuto torto anche davanti
da lei, ora
doveva rimettersi,
che cosa doveva fare Don Ravazzano? Che
Se mi chiamò davanti a Lei, perché Lei decidesse, se
non
doveva rimettersi a quanto Lei ha detto.
Ma
no, bisogna continuare a litigare, e fa
provoca l’appello.
Oh,
faccia egli
almeno oggi per l’amore di Dio e dell’anima sua, come
per l’amore di questo povero Istituto e dei miei orfani quello che
sin qui non ha fatto.
La finisca una buona volta dall’amareggiare l’anima mia e dal tribolare questa casa.
Non
sa Lui che Dio che
è il padre degli orfani e gliene chiederà gran conto?
Mentre
è
vero
certo nostro Signore l’ajuterebbe
di più lui e il suo Istituto se
qualora egli desistesse.
Ma
perché vuol ancora pensare ancora
a fare liti, se sono già più di 20 anni che va litigando
questionando un
po’ con tutti
or con questo or con quello?
Ma
vuole dunque finire la sua vita litigando con gli
st i
figli della Divina Provvidenza, e tentando di togliere loro quel
un pezzo di pane che la Divina Provvidenza ha mandato loro dato
in carità?
Questo
non scrivo già per umiliarlo davanti a Vostra Eccellenza Rev.ma, che
ormai sa bene le cose, ma per la
carità di fratello.
Del
resto tutti possiamo sbagliare e io più degli altri, e avanti a Dio
io
conosco e sento pur troppo E
come potrebbe egli seriamente garantire nei rapporti col Lamendola,
se non ipotecariamente?
di essere ben indegno del sacerdozio onde la Chiesa mi ha rivestito,
e di essere un peccatore miserabile ben più grande di quello che
possa mai essere il don Ravazzano.
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Ma
per quanto riflette a questa dolorosissima
vertenza, che è dolorosissima per l’anima mia, io supplico nel
Signore il Don Ravazzano di fermarsi e di non
andare avanti
obbligare Dio a prendere la difesa della carità fatta ai poveri
a questi ragazzi.
Non
che io tema di perdere, oh no! E Dio mi vede; ma perché egli
commetterebbe un tale atto un
attentato di latrocinio anche moralmente più che se attentasse a
rubar danaro su d’un altare
da gridare vendetta al cospetto di Dio; perché
i poveri e gli orfani sono i tesori del
cuore e
le pupille di
del Signore Dio e non si toccano
fanno mai piangere mai
impunemente.
Perché
don Non
vado a Lui con la sapienza degli avvocati, ma coll’anima di
piccolo
del fratello nel
sacerdozio,
e non si offenda no, se gli
dico
parlo chiaro come l’anima sente
grida: ma perché, caro Don Ravazzano, vuole ruinarsi tutto, e
correre grave pericolo di andare all’inferno?
Parla
di darmi una garanzia per salvaguardarmi dal Lamendola. Ma
se E va
bene: è un obbligo che
hanno
cui soddisferebbe dopo che sono loro mi hanno gettato in bocca prima
e dopo? Sono
loro che
non è ancora Don
Ravazzano
la parte Ravazzano che ultimamente hanno
osato dire
dichia
sostenere che io “ho avuto il torto di non dire le somme avute
prima della vendita dei prati?” Fu una menzogna
studiata e non so
invenzione ben poco onesta da parte dei e per me non sa di quale
innominabile gravi conseguenze.
Spudorata
menzogna! Una
Come mai Don Ravazzano, che deve
pur sapere
che cosa io ho avuto, non
ne sente vergogna?
può permettere tali asserzioni e tutta la gravità? Che se egli ha
avesse avuto dalla Golzio del danaro
per la casa della Provvidenza prima della vendita dei prati, dacché
tutto passò sempre per le sue mani, perché non me ne ha mai dato
conto? Io potrei provare contro di lui, chiamandogliene conto.
Ma
veniamo alla garanzia che è il fulcro della sua
lettera di Don Ravazzano. Le parole e i desiderî
sono belli, ma la realtà com’è?
Può
Don Ravazzano e
vuole ipotecariamente
garantirmi delle 20.000 lire di cui presto il Lamendola mi
farà
potrà farmi questione?
Il
suo stesso Avvocato Grillo (diceva Don Ravazzano) lo disse chiaro al
tribunale di Tortona: Vogliamo
che
Don Orione paghi
deve pagare 40.000 lire.
E si sostenne che io ho avuto L. 40.000, ma in che modo Don Ravazzano
mi garantirà? Non con delle lettere
parole. Ipotecariamente, dunque.
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Ma
se può
garantire ipotecariamente, perché
non è pronto
disposto a dare garanzia di
un debito liquido di L. 10.000 che è suo?
E può disporre,
come vorrà seriamente garantirmi per
di un altro debito per L. 30.000, contro il Lamendola?
Mi
spiego. Gli è scaduto da tempo un chir
debito chirografario per L. 10.000. Non è danaro
nostro, lui lo sa. Il can.co Bongiovanni di San Remo insiste per
avere il
suo
quel danaro
che è suo. Responsabili
Garanti davanti al Bongiovanni siamo noi, noi dobbiamo pagare gli
interessi, noi il capitale, il Don Ravazzano vice versa ha risposto
che restituire non può mentre quello strilla
lo vuole il capitale, quanto agli interessi non è mai a
tempo
in regola.
Ma
almeno se lo può ci e
Se ha possibilità e buona volontà, ma
almeno
la mostri intanto ci
levi
levandoci almeno
questa
questa spina e ci garantisca che noi dobbiamo restituire per suo
conto o garantisca il can.co Bongiovanni.
Non
si trova nella possibilità di garantire ipotecariamente? questo mi
chiedo.
Che
se non c’è questa garanzia ipotecaria pel
Lamendola, come egli
può egli dire di sottostare in
proprio alle
conseguenze? Come
promette?
Ah, io lo compatisco assai il caro Don Ravazzano, io
lo compatisco assai,
come non ho mai lasciato di pregare per lui e pel suo Istituto.
Anch’io
mi ci sono trovato in strettezze gravissime e in dolori ben
più gravi delle sue
gravissimi ben più profondi dei suoi, ma per quell’esperienza fa
che ho fatto mi fo’ ardito di dirgli che, se vuole lavorare per la
vita eterna e che il suo Istituto, dopo questi critici momenti vada
avanti davanti a Dio,
e
sia benedetto da Dio e dagli uomini e vada avanti a far del bene deh
tenga un’altra strada.
Io
Prego Vostra Eccellenza Rev.ma di degnarsi chiamarlo o di fargli pure
leggere la presente.
Se
In essa, lo so, vi sono espressioni forti, ma Don Ravazzano conosce
il mio carattere e il mio stile, mi predoni,
compatisca
perdonerà, mi compatirà e non se l’abbia
l’avrà
l’abbia a male!
Io
Vorrei poterlo ajutare,
Don Ravazzano, e Dio sa cosa farei.
Nell’anima
sento di
avere
solo due cose a
suo riguardo: un
grande dolore e un
grande amore.
Passo
sul dolore, che questo
deve essere tutto per me. Ma mi
per questo grande amore che sempre a lui mi lega lo supplico col
pianto il
Don Ravazzano
di desistere e di lasciarmi lavorare in pace, e di voler anche lui
morire anche
lui in
pace.
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Io
Pregherò sempre
per lui e pel
suo Istituto che
dev; ma
gli protesto davanti a Dio e davanti agli uomini che nulla gli devo.
Non
sono andato a parlargli come ne
avevo mostrato desiderio e Vostra Eccellenza, perché mi parve meglio
pregare e poi scrivere, e spero che
San Giuseppe mi farà la grazia che questa lettera porrà fine alla
dolorosa vertenza.
Non
ho
avrei per altro alcuna difficoltà di andare a parlare a lui come
pure ai suoi Avvocati per trarli dall’inganno
in cui sono
disingannarli ove occorresse.
In
questa lettera come
gli avvocati non c’entrano l’ho
buttata
e vorrei che non c’entrassero neppure i suoi, l’ho buttata giù
come è venuta
In
questa lettera io
La ringrazio intanto v.e. della carità.
Bacio il sacro anello, e la prego di benedirmi.