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[Minuta]

Lui sull’elogio che egli fece alla rettitudine, prudenza e dignità episcopale dell’Arbitro, ma questi non entra in questione.

D. Ravazzano sa bene che cosa ha detto in proposito anche il nostro Vescovo è rivestito di uguale carattere episcopale e di non minore rettitudine e coscienza. Non scrivo questo ciò per cortigianeria adulazione a Vostra Eccellenza, aborro i cortigiani e compiango chi deve abitare le corti, qualunque esse siano

Che doveva fare Don Ravazzano? Rimettersi, mi pare, al giudizio del suo Vescovo. Tanto più Dirò che poi non fui io a chiamare lui davanti a Vostra Eccellenza al Vescovo, ma, fu proprio lui che, dopo avere perduto al tribunale civile, dove mi citò e avere lui me citato, mi ha poi chiamato poi davanti a Lei, ed ebbe avendo avuto torto anche davanti da lei, ora doveva rimettersi, che cosa doveva fare Don Ravazzano? Che Se mi chiamò davanti a Lei, perché Lei decidesse, se non doveva rimettersi a quanto Lei ha detto.

Ma no, bisogna continuare a litigare, e fa provoca l’appello.

Oh, faccia egli almeno oggi per l’amore di Dio e dell’anima sua, come per l’amore di questo povero Istituto e dei miei orfani quello che sin qui non ha fatto.

La finisca una buona volta dall’amareggiare l’anima mia e dal tribolare questa casa.

Non sa Lui che Dio che è il padre degli orfani e gliene chiederà gran conto?

Mentre è vero certo nostro Signore l’ajuterebbe di più lui e il suo Istituto se qualora egli desistesse.

Ma perché vuol ancora pensare ancora a fare liti, se sono già più di 20 anni che va litigando questionando un po’ con tutti or con questo or con quello?

Ma vuole dunque finire la sua vita litigando con gli st i figli della Divina Provvidenza, e tentando di togliere loro quel un pezzo di pane che la Divina Provvidenza ha mandato loro dato in carità?

Questo non scrivo già per umiliarlo davanti a Vostra Eccellenza Rev.ma, che ormai sa bene le cose, ma per la carità di fratello.

Del resto tutti possiamo sbagliare e io più degli altri, e avanti a Dio io conosco e sento pur troppo E come potrebbe egli seriamente garantire nei rapporti col Lamendola, se non ipotecariamente? di essere ben indegno del sacerdozio onde la Chiesa mi ha rivestito, e di essere un peccatore miserabile ben più grande di quello che possa mai essere il don Ravazzano.  


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Ma per quanto riflette a questa dolorosissima vertenza, che è dolorosissima per l’anima mia, io supplico nel Signore il Don Ravazzano di fermarsi e di non andare avanti obbligare Dio a prendere la difesa della carità fatta ai poveri a questi ragazzi.

Non che io tema di perdere, oh no! E Dio mi vede; ma perché egli commetterebbe un tale atto un attentato di latrocinio anche moralmente più che se attentasse a rubar danaro su d’un altare da gridare vendetta al cospetto di Dio;  perché i poveri e gli orfani sono i tesori del cuore e le pupille di del Signore Dio e non si toccano fanno mai piangere mai impunemente.

Perché don Non vado a Lui con la sapienza degli avvocati, ma coll’anima di piccolo del fratello nel sacerdozio, e non si offenda no, se gli dico parlo chiaro come l’anima sente grida: ma perché, caro Don Ravazzano, vuole ruinarsi tutto, e correre grave pericolo di andare all’inferno?

Parla di darmi una garanzia per salvaguardarmi dal Lamendola. Ma se E va bene: è un obbligo che hanno cui soddisferebbe dopo che sono loro mi hanno gettato in bocca prima e dopo? Sono loro che non è ancora  Don Ravazzano la parte Ravazzano che ultimamente hanno osato dire dichia sostenere che io “ho avuto il torto di non dire le somme avute prima della vendita dei prati?” Fu una menzogna studiata e non so invenzione ben poco onesta da parte dei e per me non sa di quale innominabile gravi conseguenze.

Spudorata menzogna! Una Come mai Don Ravazzano, che deve pur sapere che cosa io ho avuto, non ne sente vergogna? può permettere tali asserzioni e tutta la gravità? Che se egli ha avesse avuto dalla Golzio del danaro per la casa della Provvidenza prima della vendita dei prati, dacché tutto passò sempre per le sue mani, perché non me ne ha mai dato conto? Io potrei provare contro di lui, chiamandogliene conto.

Ma veniamo alla garanzia che è il fulcro della sua lettera di Don Ravazzano. Le parole e i desiderî sono belli, ma la realtà com’è?

Può Don Ravazzano e vuole ipotecariamente garantirmi delle 20.000 lire di cui presto il Lamendola mi farà potrà farmi questione?

Il suo stesso Avvocato Grillo (diceva Don Ravazzano) lo disse chiaro al tribunale di Tortona: Vogliamo che Don Orione paghi deve pagare 40.000 lire. E si sostenne che io ho avuto L. 40.000, ma in che modo Don Ravazzano mi garantirà? Non con delle lettere parole. Ipotecariamente, dunque.


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Ma se può garantire ipotecariamente, perché non è pronto disposto a dare garanzia di un debito liquido di L. 10.000 che è suo? E può disporre, come vorrà seriamente garantirmi per di un altro debito per L. 30.000, contro il Lamendola?

Mi spiego. Gli è scaduto da tempo un chir debito chirografario per L. 10.000. Non è danaro nostro, lui lo sa. Il can.co Bongiovanni di San Remo insiste per avere il suo quel danaro che è suo. Responsabili Garanti davanti al Bongiovanni siamo noi, noi dobbiamo pagare gli interessi, noi il capitale, il Don Ravazzano vice versa ha risposto che restituire non può mentre quello strilla lo vuole il capitale, quanto agli interessi non è mai a tempo in regola.

Ma almeno se lo può ci e Se ha possibilità e buona volontà, ma almeno la mostri intanto ci levi levandoci almeno questa questa spina e ci garantisca che noi dobbiamo restituire per suo conto o garantisca il can.co Bongiovanni.

Non si trova nella possibilità di garantire ipotecariamente? questo mi chiedo.

Che se non c’è questa garanzia ipotecaria pel Lamendola, come egli può egli dire di sottostare in proprio alle conseguenze? Come promette? Ah, io lo compatisco assai il caro Don Ravazzano, io lo compatisco assai, come non ho mai lasciato di pregare per lui e pel suo Istituto.

Anch’io mi ci sono trovato in strettezze gravissime e in dolori ben più gravi delle sue gravissimi ben più profondi dei suoi, ma per quell’esperienza fa che ho fatto mi  fo’ ardito di dirgli che, se vuole lavorare per la vita eterna e che il suo Istituto, dopo questi critici momenti vada avanti davanti a Dio, e sia benedetto da Dio e dagli uomini e vada avanti a far del bene deh tenga un’altra strada.

Io Prego Vostra Eccellenza Rev.ma di degnarsi chiamarlo o di fargli pure leggere la presente.

Se In essa, lo so, vi sono espressioni forti, ma Don Ravazzano conosce il mio carattere e il mio stile, mi predoni, compatisca perdonerà, mi compatirà e non se l’abbia l’avrà l’abbia a male!

Io Vorrei poterlo ajutare, Don Ravazzano, e Dio sa cosa farei.

Nell’anima sento di avere solo due cose a suo riguardo: un grande dolore e un grande amore.

Passo sul dolore, che questo deve essere tutto per me. Ma mi per questo grande amore che sempre a lui mi lega lo supplico col pianto il Don Ravazzano di desistere e di lasciarmi lavorare in pace, e di voler anche lui morire anche lui in pace.



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Io Pregherò sempre per lui e pel suo Istituto che dev; ma gli protesto davanti a Dio e davanti agli uomini che nulla gli devo.

Non sono andato a parlargli come ne avevo mostrato desiderio e Vostra Eccellenza, perché mi parve meglio pregare e poi scrivere, e spero che San Giuseppe mi farà la grazia che questa lettera porrà fine alla dolorosa vertenza.

Non ho avrei per altro alcuna difficoltà di andare a parlare a lui come pure ai suoi Avvocati per trarli dall’inganno in cui sono disingannarli ove occorresse.

In questa lettera come gli avvocati non c’entrano l’ho buttata e vorrei che non c’entrassero neppure i suoi, l’ho buttata giù come è venuta

In questa lettera io La ringrazio intanto v.e. della carità.

Bacio il sacro anello, e la prego di benedirmi.