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[Minuta]


[In corsivo azzurro la grafia di terzi]


[I puntini di sospensione indicano parole mancanti o incomprensibili]


18 marzo 1918


Eccellenza Rev.ma,

(Grassi)


Dopo avere pregato un poco sulla faccenda Don Ravazzano, regolandomi non da quanto gli Avvocati possano avermi dirmi, mi pare che io debba stare puramente sulla difensiva con Don Ravazzano, perché questo non turba la carità davanti al Signore.

Ripeto che se il desiderio della Chiesa fosse stato che io dessi le 10 o le 20



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mila lire a Don Ravazzano, sento che avrei impegnato o impegnerei, con l’ajuto del Signore impegnato fin la camicia per compiere e secondare non solo materialmente, ma con la felicità dello spirito, il desiderio della Santa Chiesa. Ma la Chiesa questo non mi ha detto, anzi Vostra Eccellenza che conosce bene la questione come e meglio di qualunque arbitro forestiere, mi ha risposto tutto il contrario, che cioè ritiene che io nulla



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gli debba a Don Ravazzano né moralmente né materialmente.

È ciò che io ho sempre sentito in coscienza, mentre sento vedo che il caro Don Ravazzano vuol caricarsi l’anima di un grave peccato, rubando ad un povero Istituto, ruinando così l’anima sua e allontanando dal suo Istituto la benedizione del Signore.

Egli chiede insiste a volere L. 20 mila di cui e sa che 10.000 furono restituite, e Lui sa in mano di chi andarono che le ha avute Lui, e non lo nega.

Chiede poi le altre L. 10.000 a me elargite, e avute da Lui



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per questa Casa e determinate opere di carità. a cui mi sono dato. Ma possibile? Nella sua Causa col Lamendola io ho fatto feci la mia deposizione giurata secondo verità: Lui sa bene questo. La causa sgraziatamente gli è andata male, ma non per la mia deposizione. Era anzi una causa da cui tutti che egli volle fare contrariamente al consiglio di tutti i suoi veri amici che ne lo sconsigliarono, pronti anche ad aiutarlo perché desse al Lamendola un acconto. Il Lamendola era anche pronto a rilasciargli una dichiarazione di onorabilità. Non ha voluto litigare. Ha perduto: fu un dispiacere per tutti; ma vorrà ora venire a togliere il pane ai miei orfani? Ha forse perduto per causa mia?



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Quanto alla lode che Egli fa sulla dignità carattere episcopale e rettitudine dell’Arbitro, - io sono pienamente d’accordo con Lui.

Per altro Don Ravazzano sa bene che cosa ha detto in proposito il nostro Vescovo rivestito di uguale carattere e di non minore rettitudine e davanti a lui non lo dico per cortigianeria a Vostra Eccellenza: non io che fui aborro (…) i cortigiani e anche le corti qualunque esse siano.



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Che cosa voleva la logica? Che Egli stesse a quanto Vostra Eccellenza avrebbe detto. Non sono stato io a urtare Lui far chiamare Lui davanti a Vescovo il citato ho tirato Lui; ma fu Lui, che dopo avere perduto davanti ai tribunali civili, - ha chiamato me davanti a Lei.

Ora se è avendo Lui che ha chiamato me davanti a Vostra Eccellenza, dopo avermi citato me ai tribunali e aver perduto, poi sentendo che



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anche Vostra Eccellenza gli ha dato torto, - che cosa doveva fare Don Ravazzano?

E invece che cosa ha fatto? Oh faccia almeno oggi per l’amore di Dio e dell’anima sua e anche per l’amore dell’anima mia e dei miei orfani, quanto non ha fatto ancora. Non sa Lui che Nostro Signore Lo aiuterà di più col



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Lui e il suo Istituto?

Perché vuol parlare ancora di liti, che sono più di 20 anni che va litigando un po’ con tutti?

Ma vuole dunque finire la sua vita litigando e litigando coi Figli della Divina Provvidenza?

Questo non scrivo già per umiliarlo, ma per la carità di fratello, davanti a Dio io credo e sento pur troppo di essere certo



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e pur troppo ben più peccatore di Lui. Ma, per quanto riflette questa dolorosa faccenda, Egli commetterebbe un tale latrocinio più che se rubasse i danari sopra di un altare.

Egli parla di dare una garanzia per salvarmi dal Lamendola; ma, caro Don Ravazzano, le parole e forse i desideri sono belli;



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ma la realtà come sarà? Me lo dica Lui: mi posso io fidare ancora di Lui? Ed è tale Egli da potermi garantire per L. 20.000 contro Lamendola così mi si minaccia, se da parecchi mesi gli fu chiesta una garanzia per L. 10.000 di un chirografo



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scaduto, capitale che Egli sa che non è nostro, e i cui interessi sono scaduti e non è mai pronto a pagare – ed egli ha risposto che non poteva? Io prego Vostra Eccellenza di degnarsi



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di chiamarlo e di fargli pure leggere la presente.

Se essa è forte in qualche parte, sento però nell’anima di avere solo due cose al riguardo: un grande Dolore e un grande Amore. E in questo grande Amore supplico Don Ravazzano di desistere, e di lasciarmi lavorare in pace, e di voler morire anche lui in pace. Non sono andato, come avevo detto a Vostra Eccellenza, a parlare con Don Ravazzano: volevo fare così, poi mi parve meglio di passar quel tempo a pregare, e spero da San Giuseppe la grazia.

Sono però sempre desideroso di incontrarmi con Don Ravazzano.

Bacio il Sacro Anello, e mi benedica.


Aff.mo figlio in G. C. e Maria SS.

Don Orione



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