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[Minuta]
[In corsivo azzurro la grafia di terzi soggetti]
[Le parole con l’asterisco indicano nomi di persona di dubbia interpretazione]
[I puntini di sospensione indicano parole o frasi mancanti o indecifrabili]
Santa Cat Genova
Frutto prezioso dell’amore vero a Gesù è il tenero amore a Maria Santissima. Oh quanto fu mai grande in S. Caterina la divozione alla Madonna!
Quando
parlava di Maria, Madre di Dio il suo volto si faceva
raggiante e svelava qual vampa di affetto gli
le ardeva in cuore verso la più degna di amore tra tutte le madri.
Genova
è la città della Madonna, e la nostra Santa si era
particolarmente consacrata a Maria, aspettando
ottenendo da Lei ogni
speciali lumei,
ogni e conforti e particolarmente quell’amore
celeste dono di sovrumana carità per cui il suo cuore venne
incenerito dal divin foco.
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Si può ben dire che la sua vita fu un cantico di amore.
Gesù fu il palpito della sua anima: la sua vocazione fu la carità.
Ella è morta accennando col dito il Cielo.
E per tutta Genova fu un subito e universale commovimento. E chi la vide bianca vestita volarsene al Paradiso, chi per una stretta via salire e inabissarsi in Dio.
Santa
Caterina da Genova non solo fu donna di virtù e
di santità straordinaria, non solo fu una grande
santa, ma fu pure una grande dotta, e tanto grande che non solo il
Beato Bellarmino e S.. Francesco di Sales ne scrissero le più ampie
lodi, ma gli stessi dottori della Sorbona nel 25 Aprile 1597 con la
penna di Neyron e per quella di Deumont, ne pubblicarono i più
compiti elogi.
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Ecco
che scrisse il Cardinale Alimonda “Questa donna, Caterina Fieschi,
ha una penna veloce alle dita, ed ha più veloci ancora e più
illustri pensieri nella mente: tratta di svariate Tratta
disquisizioni, ed in ciascuna mi dà cose di meraviglia: vedo che al
puro filosofo cammina innanzi, si ragguaglia al teologo ed accosta il
dottore”.
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abbandonare
il mondo, e seguire una sorella sua, Limbania, che, entrata nel
Monastero di Nostra Signora delle Grazie in Genova, si distingueva
per pe fra tutte
le altre Religiose per saviezza e pietà
virtù. religiose.
Ma
Caterina ella era sì
giovane che non poté esservi esserci
ammettersi ammessa.
E
Il suo cuore di Caterina
ne fu allora indicibilmente afflitta, quantunque in tutto rassegnata
ai voleri di Dio. La Divina Provvidenza disponeva diversamente di
lei.
X
Il padre le era morto, e aveva ormai sedici anni. I parenti, non tenendo conto della sua inclinazione, la vollero maritare.
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Tra
la nobile famiglia Adorno e quella dei Fieschi vi erano state aspre
discordie da poco tempo sedate. A maggiormente stabilire la pace tra
le due ric fa potenti
famiglie, i parenti di Caterina risolsero di darla in isposa a
Giuliano Adorno, che ne aveva chiesta la mano. La pia donzella non
osò contraddire, e fu
venne sacrificata.
Iddio
le veniva andava
preparando in quel matrimonio una croce pesantissima con cui seguire
le orme del nostro Dio e divino
Redentore Gesù Cristo.
Giuliano
Adorno era una testa bizzarra, e d’indole dura e selvatica. Per
Durante i dieci anni di convivenza la povera Caterina più che un
marito ebbe in
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lui
un tormentatore. E per i primi cinque anni lagrime furono il suo pane
e dì e notte. E alle lagrime si unì poi anche la miseria, ché
quell’uomo tutto sciupò
dilapidò, anche pur la
stessa dote di Caterina. E per di più la indusse a rallentare il
fervore della pietà e a lasciarsi andare ad una vita di
vezzi di dissipazione e di damesche vanità. Ma nel
cuore di essa ella era
aveva pur sempre una lotta viva, che a
sopportarla finì di non regger più, sì che le
vennero andatole a nausea le cose
delizie del mondo, diventò insoffribile anche a se stessa, si
che ed entrata un giorno nella Chiesa di San
Benedetto, la vigilia della festa del
Santo, lo
pregò istantemente che le volesse intercedere
una mandare pure una lunga
malattia pur che la di
ricondurla a Dio.
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E il
Signore Iddio l’Altissimo ebbe pietà di lei. La
accolse pentita, mentre prostrata ai piedi d’un confessore,
piangeva inconsolabile, dicendo al suo Dio
Signore: “Non più mondo, o Signore, non più peccati!” E
fu allora che le apparve Gesù. Era il Signore tutto una piaga, con
la fronte coronata di spine, il costato aperto e
la Croce su le spalle le spalle curvate sotto la
pesantissima croce. Versava poi rivi di sangue, e le
pareva che la casa di
quel sangue rivoli di sangue
la casa ne andasse inondata.
E
questa visione non le apparve solo agli occhi della ferita, ma pur
del corpo.
Ond’ella era forzata a gridare: O Gesù Amore
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mai più, mai più peccati!
E la
sua vita di Caterina
divenne un esercizio di penitenza e di mortificazione. Colla
forza Coll’aiuto della grazia di Dio, rinnegò se
stessa. Si diede all’orazione ed operò con allegrezza ciò che la
umanità abborre, e Iddio le diede
chiarezza la confortò dandole chiarità di spirito e
piena vittoria di se. Padronanza
dell’anima.
E le prime regole di perfezione con le quali il Divino Maestro istruì quest’anima grande furono:
Non dire mai voglio, o non voglio.
Non dire mai mio, ma nostro.
Non ti scusare giammai in cosa alcuna, ma sii sempre pronta ad accusarti.
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E
poi le diede disse
aggiunse: Conformerai la tua volontà alla volontà divina, e
sia tuo motto […]: Fiat voluntas tua!
La
volontà di Dio è bene sì grande, che non ve ne può esser altro da
mettergli al a
confronto.
X X X
La Madre dei poveri
Già
Di quei tempi il Magistrato della Misericordia
di Genova deputava alcune nobili matrone al sollievo dei poveri,
specialmente di coloro che non osano, per rossore, di andare
mendicando. Vedendo quelle dame
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la
luce della carità che spandeva Caterina, la invitarono ad
offrire a praticare il
caritatevole l’apostolato della carità, e a
servir Dio nei poverelli.
A
prite
il cuore, voi che piangete, e benedite alla provvidenziale e Santa
soccorritrice dei miseri! Charitas Christi
urget nos! Ecco il focolare della carità vera
disinteressata, magnanima! Quando Gesù entra in un cuore, quando un
cuore è tutto
per Iddio
di Dio, e anche tutto per il
del prossimo. E allora abbiamo l’Apostolato della carità.
Santa Caterina fu tutta
di Dio e fu tutta beneficenza e amore verso dei poveri.