Don Orione nel magistero

Alessandro Belano, San Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza nelle parole e negli scritti dei Papi, Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma, 2019
Presentazione
Sono lieto di presentare questa nuova iniziativa editoriale, curata da Don Alessandro Belano, FDP, per celebrare degnamente il 75° Anniversario del Decretum laudis (24 gennaio 1944), mediante il quale la Piccola Opera della Divina Provvidenza ottenne il primo riconoscimento come Congregazione clericale di diritto pontificio, prima di ottenere quello definitivo il 20 novembre 1954.
Si tratta di un sussidio prezioso. In esso viene riportato quanto hanno scritto e detto i Papi circa San Luigi Orione (Pontecurone, 23 giugno 1872 – Sanremo, 12 marzo 1940) e la Piccola Opera della Divina Provvidenza, da lui fondata.
La serie dei documenti magisteriali, disposti in ordine cronologico, abbraccia un arco di tempo di circa cento anni: si va dall’importante Lettera di Benedetto XV a Don Luigi Orione, datata 2 aprile 1920, in occasione del 25° anniversario di Ordinazione sacerdotale del Fondatore, fino agli ultimi interventi di Papa Francesco.
Molti di questi documenti rivestono grande importanza giuridica e spirituale per la storia e la fisionomia carismatica della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Tra questi, si segnalano:
Il Discorso di Paolo VI in occasione dell’anno centenario della nascita del Servo di Dio Don Luigi Orione (31 maggio 1972).
Il Messaggio di Paolo VI in occasione del centenario della nascita di Don Luigi Orione (23 dicembre 1972).
L’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della Beatificazione di Don Luigi Orione (26 ottobre 1980).
La Lettera apostolica di Giovanni Paolo II con la quale il Venerabile Servo di Dio Luigi Orione viene iscritto nell’Albo dei Beati (26 ottobre 1980).
La Lettera di Giovanni Paolo II nel cinquantesimo anniversario della morte di Don Luigi Orione (12 marzo 1990).
Il Messaggio di Giovanni Paolo II a Don Roberto Simionato, Direttore generale dei Figli della Divina Provvidenza, in occasione del Convegno internazionale del Movimento Laicale Orionino (7 ottobre 1997).
Il Messaggio di Giovanni Paolo II a Don Roberto Simionato, Direttore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, in occasione del Centenario della approvazione canonica della Piccola Opera della Divina Provvidenza (8 marzo 2003).
L’Omelia di Giovanni Paolo II in occasione della Cappella papale per la Canonizzazione di Don Luigi Orione (16 maggio 2004).
La Lettera decretale di Giovanni Paolo II con la quale il Beato Luigi Orione viene iscritto nell’Albo dei Santi (16 maggio 2004).
Nel volume sono altresì riportati tutti i Discorsi pronunciati dai Papi alla famiglia religiosa dei Figli della Divina Provvidenza e delle Piccole Suore Missionarie della Carità in occasione dei loro Capitoli generali, i Discorsi pronunciati in occasione di particolari Convegni e Anniversari, le Omelie durante la celebrazione della Santa Messa nelle istituzioni orionine, i semplici saluti dopo la recita dell’Angelus, le Parole occasionali rivolte a determinati gruppi orionini e altri discorsi indirizzati a vari destinatari non orionini, nei quali viene ricordato il nome di San Luigi Orione. Tra questi riferimenti, resta di grande onore e conforto per la Piccola Opera della Divina Provvidenza, la menzione del nostro santo Fondatore fatta da Papa Benedetto nella Lettera enciclica Deus caritas est, sull’amore cristiano, nella quale, al n. 40, il Pontefice cita San Luigi Orione tra i più grandi santi della carità.
Con un po’ di retorica è stato detto che si può capire Don Luigi Orione anche senza i poveri, ma non senza il Papa e la Chiesa. C’è parte di vero in questa affermazione. Scrive il Fondatore:
«Alla santa Madre Chiesa e al suo Capo, unico e universale Pastore dei Pastori, al Papa, ci siamo dati per la vita e per la morte, per vivere della sua fede, del suo amore, con dilezione piena e filiale, a nessuno secondi. E nostro specialissimo compito è di farlo conoscere, di farlo amare, specialmente dal popolo, dai figli del popolo; è di vivere ai suoi piedi e di anelare e faticare a condurre tutti al suo cuore di padre delle anime e dei popoli» (Lettera del 7 agosto 1935).
E l’articolo 5 delle Costituzioni dei Figli della Divina Provvidenza recita:
«Fine speciale della Congregazione è diffondere la conoscenza e l’amore di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa, specialmente nel popolo; trarre ed unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli del popolo e le classi lavoratrici alla Sede Apostolica, nella quale, secondo le parole del Crisologo, il beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda. E ciò mediante l’apostolato della carità fra i piccoli e i poveri, con quelle istituzioni ed opere di misericordia spirituale e corporale più atte alla educazione e formazione cristiana della gioventù più bisognosa e del popolo, con l’intendimento di modestamente cooperare, ai piedi della Sede apostolica e dei Vescovi, a rinnovare e unificare in Gesù Cristo Signor nostro l’uomo e la società, portando alla Chiesa e al Papa il cuore dei fanciulli più abbandonati, dei poveri e delle classi operaie. Ad omnia in Christo instauranda, ut fiat unum ovile et unus pastor».
In questo contesto carismatico, tipico del nostro santo Fondatore, la Chiesa è vista, amata e servita come il Corpo di Cristo, il sacramento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano. Alla luce di ciò, si può capire e dare pieno significato alla sorprendente presenza di un quarto voto di “speciale fedeltà al Papa” nella vita di San Luigi Orione e della Congregazione da lui fondata. La papalità è, pertanto, parte essenziale della spiritualità orionina. Non come esaltazione sterile a scapito della Chiesa, ma perché come il Papa è in ordine alla Chiesa, così la papalità che Don Orione ha lasciato alla sua famiglia religiosa, stabilisce questa famiglia nel cuore della Chiesa. In questa unità di venerazione e di obbedienza a colui che è il Capo visibile, il cristiano partecipa all’universalità dell’amore. Pertanto, nella spiritualità orionina la papalità è inseparabile dall’ecclesialità, non vi può essere l’una senza l’altra. Una spiritualità ecclesiale che escludesse la devozione al Papa non è più né orionina né cristiana.
Desidero terminare questa mia breve presentazione con un particolare curioso e, a suo modo, significativo. È risaputo come Don Luigi Orione fosse restio a lasciarsi fotografare. In alcune situazioni, egli fu visto strappare o nascondere alcuni suoi ritratti fotografici, messi in bella vista nelle sale delle sue Istituzioni. Con gli anni, egli si fece più remissivo e si lasciò amabilmente fotografare da solo o in compagnia di altri. Nell’archivio centrale della Congregazione si conserva un numero ragguardevole di queste fotografie, eppure, sorprendentemente, non ne esiste una nella quale Don Luigi Orione è ritratto assieme a qualche Papa. Possediamo fotografie di Don Orione in compagnia di Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Sacerdoti, Religiosi, Religiose, laici e laiche, ma non ne esiste nessuna assieme al Papa. C’è una recondita rivelazione in questa singolare assenza “fotografica”: la vera immagine del Papa, con tutta la sua carica simbolica e reale, era impressa nel cuore e nello spirito di San Luigi Orione, perché egli volle vivere, operare e morire d’amore per il Papa, desiderando che anche i suoi figlie e figlie spirituali vivessero in umile adesione e in fedele servizio al Papa, votati a dargli il cuore, la mente, le forze, il sangue e la vita.
Auspico che la celebrazione del 75° Anniversario del Decretum laudis, mediante il quale la Piccola Opera della Divina Provvidenza ottenne il primo riconoscimento come Congregazione clericale di diritto pontificio, sia per ogni figlio della Divina Provvidenza l’occasione per riscoprire e attuare pienamente il carisma ecclesiale e papalino di San Luigi Orione.
P. Tarcísio Vieira, FDP
Direttore generale dei Figli della Divina Provvidenza
Roma, 24 gennaio 2019.
Indice cronologico
Benedetto XV
01 1920, 2 aprile: Lettera Quamquam satis del Santo Padre Benedetto XV al R.P. Don Luigi Orione, Superiore della Piccola Opera della Divina Provvidenza, in occasione del XXV anno di Sacerdozio.
Pio XII
02 1940, 14 marzo: Telegramma di condoglianze del Santo Padre Pio XII per la morte di Don Luigi Orione.
Giovanni XXIII
03 1959, 28 agosto: Radiomessaggio del Santo Padre Giovanni XXIII alla città e alla diocesi di Tortona in occasione dell’accensione dell’impianto di illuminazione della statua di Maria Santissima collocata sulla torre del santuario di Nostra Signora della Guardia.
Paolo VI
04 1963, 3 novembre: Allocuzione del Santo Padre Paolo VI in occasione della Beatificazione del Servo di Dio Leonardo Murialdo.
05 1963, 30 novembre: Discorso del Santo Padre Paolo VI pronunciato alla «Casa del Giovane Operaio» di Milano.
06 1964, 16 settembre: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI ai pellegrini della Diocesi di Tortona.
07 1965, 7 marzo: Omelia del Santo Padre Paolo VI durante la Santa Messa nella chiesa di Ognissanti, in Roma.
08 1965, 2 maggio: Allocuzione del Santo Padre Paolo VI ai partecipanti al VI Convegno Internazionale «Amici di Don Orione».
09 1966, 3 agosto: Parole del Santo Padre Paolo VI a tre chierici orionini dell’Istituto «San Tommaso d’Aquino» di Bra–Bandito (Cuneo), ammessi a uno speciale incontro.
10 1969, 6 marzo: Discorso del Santo Padre Paolo VI a quattro gruppi di Religiosi partecipanti a Capitoli speciali.
11 1969, 28 maggio: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI alle partecipanti al IV Capitolo generale speciale delle Piccole Suore Missionarie della Carità.
12 1970, 28 gennaio: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI a un gruppo di Figli della Divina Provvidenza.
13 1970, 2 giugno: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI ai partecipanti al Convegno Internazionale «Amici di Don Orione».
14 1971, 20 gennaio: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI a un gruppo di Piccole Suore Missionarie della Carità.
15 1971, 17 febbraio: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI a un gruppo di Piccole Suore Missionarie della Carità.
16 1971, 10 marzo: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI a un gruppo di Piccole Suore Missionarie della Carità.
17 1972, 31 maggio: Discorso del Santo Padre Paolo VI in occasione dell’anno centenario della nascita del Servo di Dio Don Luigi Orione.
18 1972, 31 maggio: Conversazione del Santo Padre Paolo VI con gli allievi degli Istituti di Don Luigi Orione in occasione dell’anno centenario della nascita del Servo di Dio Don Luigi Orione.
19 1972, 21 giugno: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI ai partecipanti all’Assemblea generale dei Figli della Divina Provvidenza.
20 1972, 4 novembre: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI ai partecipanti al Convegno Internazionale «Amici di Don Orione».
21 1972, 23 dicembre: Messaggio del Santo Padre Paolo VI alla Piccola Opera della Divina Provvidenza in occasione del centenario della nascita di Don Luigi Orione.
22 1973, 1° gennaio: Angelus del Santo Padre Paolo VI.
23 1975, 5 marzo: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI ai partecipanti al VII Capitolo generale dei Figli della Divina Provvidenza.
24 1975, 9 aprile: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI alle partecipanti al V Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità.
25 1978, 11 gennaio: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI a un gruppo di sacerdoti dei Figli della Divina Provvidenza.
26 1978, 8 febbraio: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Paolo VI a un gruppo di sacerdoti dei Figli della Divina Provvidenza e di professe delle Piccole Suore Missionarie della Carità.
Giovanni Paolo II
27 1979, 25 giugno: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II al signor Bruno Bottai, Ambasciatore dell’Italia presso la Santa Sede.
28 1980, 26 ottobre: Omelia del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione della Beatificazione di Don Luigi Orione, Suor Maria Anna Sala e Bartolo Longo.
29 1980, 26 ottobre: Lettera apostolica In variis vitae del Santo Padre Giovanni Paolo II con la quale il Venerabile Servo di Dio Luigi Orione viene iscritto nell’Albo dei Beati.
30 1980, 26 ottobre: Angelus del Santo Padre Giovanni Paolo II.
31 1980, 27 ottobre: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai Religiosi e alle Religiose di Don Luigi Orione.
32 1980, 28 ottobre: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai pellegrini polacchi convenuti a Roma in occasione della Beatificazione di Don Luigi Orione.
33 1980, 29 ottobre: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II a un pellegrinaggio di malati inglesi assistiti da Religiosi di Don Luigi Orione.
34 1984, 10 marzo: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai pellegrini genovesi e agli ex allievi di Don Luigi Orione.
35 1984, 29 dicembre: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai Padri Rogazionisti di Grottaferrata.
36 1985, 24 marzo: Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II ai lavoratori durante la visita al centro di Telespazio.
37 1985, 22 settembre: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai malati del Piccolo Cottolengo di Don Luigi Orione, in Genova.
38 1986, 8 giugno: Omelia del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione della visita all’Istituto «Don Orione», in Roma, per l’inaugurazione della IX edizione dei «Campionati italiani sport per handicappati».
39 1987, 20 maggio: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II ai partecipanti al IX Capitolo generale dei Figli della Divina Provvidenza.
40 1987, 24 maggio: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II alle famiglie in occasione della visita pastorale in Puglia.
41 1987, 19 giugno: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai partecipanti al Capitolo generale dell’Istituto Missioni della Consolata.
42 1988, 11 giugno: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II alle persone consacrate in occasione della visita pastorale a Messina e a Reggio Calabria.
43 1989, 18 ottobre: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II ai Direttori dei seminari e ai Maestri dei noviziati dell’Opera Don Orione.
44 1990, 12 marzo: Lettera del Santo Padre Giovanni Paolo II nel cinquantesimo anniversario della morte di Don Luigi Orione.
45 1990, 30 aprile: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai Religiosi e alle Religiose della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
46 1990. 17 ottobre: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II a un gruppo di Piccole Suore Missionarie della Carità.
47 1991, 3 marzo: Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione della visita pastorale alla parrocchia romana di Ognissanti.
48 1991, 3 marzo: Omelia del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione della visita pastorale alla parrocchia romana di Ognissanti.
49 1991, 3 marzo: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione della visita pastorale alla parrocchia romana di Ognissanti.
50 1991, 26 ottobre: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai pellegrini di Genova e della Liguria.
51 1992, 16 maggio: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai partecipanti al X Capitolo generale dei Figli della Divina Provvidenza.
52 1993, 24 maggio: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II alle partecipanti all’VIII Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità.
53 1997, 7 ottobre: Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II a Don Roberto Simionato, Direttore generale dei Figli della Divina Provvidenza, in occasione del Convegno Internazionale del Movimento Laicale Orionino (Rocca di Papa, Roma, 9–12 ottobre 1997).
54 1998, 18 maggio: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai partecipanti all’XI Capitolo generale dei Figli della Divina Provvidenza.
55 1999, 15 maggio: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II alle partecipanti al IX Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità.
56 2000, 28 marzo: Lettera del Santo Padre Giovanni Paolo II alla Congregazione di San Giuseppe in occasione del centenario della morte del Fondatore.
57 2000, 23 agosto: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II ai giovani dell’Opera Don Orione.
58 2001, 11 novembre: Omelia del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione della visita pastorale alla parrocchia romana Santa Maria Mater Dei.
59 2002, 8 marzo: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai Membri della Delegazione del Movimento «Tra Noi».
60 2003, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II ai giovani dell’Opera Don Orione.
61 2003, 8 marzo: Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II a Don Roberto Simionato, Direttore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, in occasione del Centenario della approvazione canonica della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
62 2003, 4 giugno: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II al gruppo degli Istituti dell’Opera Don Orione.
63 2004, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II ai giovani dell’Opera Don Orione.
64 2004, 15 maggio: Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II ai pellegrini convenuti per la Canonizzazione del Beato Luigi Orione.
65 2004, 16 maggio: Omelia del Santo Padre Giovanni Paolo II in occasione della Cappella papale per la Canonizzazione di sei Beati.
66 2004, 16 maggio: Lettera decretale Cum liber essem ex omnibus del Santo Padre Giovanni Paolo II con la quale il Beato Luigi Orione viene iscritto nell’Albo dei Santi.
67 2004, 21 luglio: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II ai partecipanti al XII Capitolo generale dei Figli della Divina Provvidenza.
68 2005, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Giovanni Paolo II ai giovani dell’Opera Don Orione.
Benedetto XVI
69 2005, 28 giugno: Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti all’incontro promosso dalla Piccola Opera della Divina Providenza.
70 2005, 25 dicembre: Lettera enciclica Deus caritas est del Santo Padre Benedetto XI ai Vescovi, ai Presbiteri e ai Diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici sull’amore cristiano.
71 2006, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Benedetto XVI ai giovani dell’Opera Don Orione.
72 2007, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Benedetto XVI ai giovani dell’Opera Don Orione.
73 2008, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Benedetto XVI ai giovani dell’Opera Don Orione.
74 2008, 2 febbraio: Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai Religiosi e alle Religiose al termine della celebrazione eucaristica in occasione della Festa della Presentazione del Signore e della XII Giornata della vita consacrata.
75 2008, 7 settembre: Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai sacerdoti, ai seminaristi e alla comunità della Pontificia Facoltà teologica della Sardegna.
76 2009, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Benedetto XVI ai giovani dell’Opera Don Orione.
77 2010, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Benedetto XVI ai giovani dell’Opera Don Orione.
78 2010, 24 giugno: Discorso del Santo Padre Benedetto XVI in occasione della benedizione e inaugurazione della statua della Madonna di Monte Mario al termine dei lavori di restauro.
79 2011, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Benedetto XVI ai giovani dell’Opera Don Orione.
80 2011, 1° giugno: Udienza generale. Saluti del Santo Padre Benedetto XVI alle partecipanti all’XI Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità.
81 2012, 1° gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Benedetto XVI ai giovani dell’Opera Don Orione.
Francesco
82 2013, 2 giugno: Angelus. Saluti del Santo Padre Francesco a un gruppo del Piccolo Cottolengo Don Orione di Genova.
83 2014, 19 gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Francesco agli ex allievi dell’Opera Don Orione.
84 2015, 6 gennaio: Angelus. Saluti del Santo Padre Francesco ai giovani dell’Opera Don Orione.
85 2015, 7 marzo: Omelia del Santo Padre Francesco nella parrocchia romana di Ognissanti.
86 2015, 7 marzo: Parole del Santo Padre Francesco all’uscita dalla parrocchia romana di Ognissanti.
87 2016, 27 maggio: Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al XIV Capitolo generale dei Figli della Divina Providenza.
88 2017, 26 maggio: Discorso del Santo Padre Francesco alle partecipanti al XII Capitolo generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità.
89 2017, 27 maggio: Discorso del Santo Padre Francesco ai Sacerdoti, Consacrati e Seminaristi in occasione della visita pastorale a Genova.
90 2018, 2 giugno: Discorso del Santo Padre Francesco ai membri dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM).
91 2019, 5 giugno: Discorso del Santo Padre Francesco al personale del servizio Poste Vaticane e del servizio Telefoni Vaticani della direzione delle telecomunicazioni, con i familiari.
92 2021, 19 giugno: Discorso del Santo Padre Francesco ai diaconi permanenti della diocesi di Roma, con le famiglie.
01
LETTERA QUAMQUAM SATIS DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XV
AL R.P. DON LUIGI ORIONE
SUPERIORE DELLA PICCOLA OPERA
DELLA DIVINA PROVVIDENZA
IN OCCASIONE DEL XXV ANNO DI SACERDOZIO
Città del Vaticano. Venerdì 2 aprile 1920
Diletto Figlio, salute e Apostolica Benedizione.
Quantunque riteniamo che tu conosca bene quanto affetto nutriamo per te, tuttavia non vogliamo perdere l’occasione di manifestarti l’animo Nostro nella ricorrenza del venticinquesimo anniversario del tuo sacerdozio. Infatti, poiché tu hai vissuto tutto questo arco di vita non solo per te stesso, ma per il bene comune, come si addice a un buon sacerdote, né hai limitato la tua sollecitudine per la salute delle anime entro i confini della tua diocesi nativa, dedicando tutto te stesso al perpetuo vantaggio della Santa Chiesa, è doveroso da parte Nostra congratularCi tra i primi per codesto fausto giorno che rinnova la memoria della fruttuosa tua opera. E ciò facciamo con gioia, tanto più che nulla è così evidente come la tua pietà e la tua fede, piena di zelo e di ossequio verso questa Sede Apostolica.
Tutti sanno con quale premura ti dedicasti al servizio del Predecessore Nostro di felice memoria Pio X e di Noi stessi, investito da un duplice e assai arduo incarico, allorché uno spaventoso terremoto, nello Stretto di Sicilia, distrusse ogni cosa, e ancora quando la regione della Marsica subì la stessa calamità. Certamente, l’amplissima facoltà che ti fu data, anche in altro momento, di soccorrere gli infelici, tu hai saputo usarla, grazie a Dio, con zelo e saggezza, per cui hai adempiuto in tutto i voti e le attese di entrambi Noi. Sarà tuo impegno trarre da questa Nostra testimonianza di stima per te, la volontà di insistere anche ora, e con crescente solerzia, nell’alleviare le altrui miserie, confidando nella divina Provvidenza.
Conclusa infatti l’atroce guerra, cresciuta in modo incredibile ogni sorta di bisogni tra la gente, si è aperto un campo immenso alla carità cristiana: in esso può manifestarsi utilmente l’operosa virtù di chi ti assomiglia. Inoltre Noi, per accrescere il gaudio di codesta pia ricorrenza, ti inviamo come piccolo dono un calice sacrificale; e in più ti concediamo la facoltà di impartire la benedizione Papale, una volta nel corso dell’anno, dopo il compimento del santo anniversario, ai presenti nelle singole sedi del tuo Sodalizio, con il plenario perdono dei peccati da lucrare alle solite condizioni.
Verrà presto il momento propizio per trasferire nell’Urbe questa tua potestà, quando la nuova sede curiale di tutti i Santi fuori le mura, che lo stesso Predecessore ha affidato per sempre al tuo governo, sarà ritualmente consacrata. Peraltro Cristo Signore non privi mai del Suo onnipotente aiuto te che ti affatichi a favore dei Suoi piccoli fratelli.
Quale auspicio e testimonianza della Nostra paterna benevolenza, a te, diletto figlio, e a tutti i cooperatori, alunni e fautori del tuo istituto impartiamo con grande affetto l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 2 aprile 1920, nel sesto anno del Nostro Pontificato.
Benedictus Pp. XV
[Testo originale latino in Acta Apostolicae Sedis 12 (1920), 325–326].
02
TELEGRAMMA DI CONDOGLIANZE DEL SANTO PADRE
PIO XII
PER LA MORTE DI DON LUIGI ORIONE
Città del Vaticano. Giovedì 14 marzo 1940
Occasione tanto lutto Figli Don Orione, Sua Santità esprime ad essi Sue vive paterne condoglianze e mentre accompagna con preghiere e voti anima grande apostolo carità, padre poveri, insigne benefattore umanità afflitta, invia ad essi confortatrice Apostolica Benedizione.
Unito nei suffragi, aggiungo di cuore mie personali vivissime condoglianze. Cardinale Maglione.
[Il testo del telegramma in oggetto venne trasmesso, per disposizione di Pio XII, dal card. Luigi Maglione, allora Segretario di Stato; cf. L’Osservatore Romano, 17 marzo 1940, 2; La Piccola Opera della Divina Provvidenza, marzo–aprile 1940, 4].
03
RADIOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI XXIII
ALLA CITTÀ E ALLA DIOCESI DI TORTONA
IN OCCASIONE DELL’ACCENSIONE DELL’IMPIANTO D’ILLUMINAZIONE
DELLA STATUA DI MARIA SANTISSIMA
COLLOCATA SULLA TORRE DEL SANTUARIO
DI NOSTRA SIGNORA DELLA GUARDIA
Città del Vaticano. Venerdì 28 agosto 1959
Con viva letizia e non senza commozione, diletti figli, Noi abbiamo steso la mano sul congegno che ha mirabilmente trasmesso attraverso lo spazio l’energia onde si è illuminata la statua della Madonna.
Come non riportarCi con la memoria, all’anno scorso, quando, in questo stesso ventotto agosto, Noi fummo in mezzo a voi col Signor Cardinale Siri, Arcivescovo di Genova, col vostro venerato Arcivescovo–Vescovo Monsignor Egisto Melchiori, col suo solerte Ausiliare ed il Clero diocesano, per partecipare alla solenne festività della Madonna della Guardia?
Tale ricordo ci è ancora motivo di intimo compiacimento e ravviva la consolante visione spirituale che voi Ci offrite in questo momento ed in maniera così singolare rendendoCi quasi reale la Nostra presenza in mezzo a voi, osannanti, con voi, alla celeste Regina.
Voi avete voluto grande la statua della Madonna e collocata in alto, sovrastante le vostre case e le vostre campagne per rendere omaggio alla santità eccelsa della Madre del Redentore, la quale, umile in terra, «è stata esaltata al di sopra dei cori angelici nei regni celesti», e per trarne, insieme, auspicio di protezione.
Voi volete la Santissima Vergine in cima ai vostri pensieri e ai vostri affetti, amabile Regina delle anime vostre, guida sicura delle vostre volontà e sostegno dei vostri passi, ispiratrice sublime nell’imitazione di Gesù Cristo, modello di vostra santificazione; e volete, inoltre, che, dall’alto guardi alle vostre case e protegga le vostre famiglie, suggerisca ai vostri figli desideri di cielo e propositi di purezza, segua maternamente, come auspicava con felice pensiero Don Orione, anche i passi dei frettolosi che non entrano in chiesa, sospinti dagli interessi effimeri di una povera vita, e infine mostri a tutti l’unica cosa necessaria alla salvezza dell’anima: amare Dio con fiducioso abbandono nella sua misericordia e con docilità ai suoi sapienti voleri.
Tanto più volentieri, adunque, Noi abbiamo illuminato codesto simulacro perché esso vi ricorderà tutte queste cose, riporterà le vostre coscienze ai fervori di così solenne giornata mariana e rimarrà a voi e ai vostri discendenti segnacolo e pegno di celeste protezione.
I Romani Pontefici, nel corso dei secoli, hanno sempre ascritto a loro dolcissimo dovere ed altissimo onore circondare di luce la Madonna; illustrare, cioè, alle menti dei fedeli le grandi verità rivelate da Dio sulla sua Santissima Madre, sì che queste, per il magistero infallibile della Cattedra di Pietro, sono state proclamate, dichiarate e definite parti integranti ed inalienabili del deposito della fede affidato alla Santa Chiesa. I dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’Assunta sono, in ordine di tempo, le luci più recenti che, per l’assistenza dello Spirito Santo, i Papi hanno fatto rifulgere sul capo della Madonna.
Da queste considerazioni prenda nuova lena il vostro animo, diletti figli, nel fuggire il male e nell’operare il bene; nel promuovere l’incremento della pietà religiosa e nel conservare totale fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa. L’Immacolata Madre di Dio vi assista, propizia, con la sua amorevole intercessione presso il Trono dell’Altissimo; vinca sua guardia i movimenti umani e vegli sul vostro cammino verso il Monte del Signore, affinché possiate raggiungerlo «con le mani innocenti ed il cuore puro».
E sia pegno di così segnalati ed auspicati favori celesti, oltre che della Nostra viva benevolenza, la propiziatrice Benedizione Apostolica, che vi impartiamo con paterno affetto.
Giovanni XXIII
[L’Osservatore Romano, 30 agosto 1959, 1].
04
ALLOCUZIONE DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE
DEL SERVO DI DIO LEONARDO MURIALDO
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Domenica 3 novembre 1963
Abbiamo tributato gli onori del culto, e abbiamo chiesto l’ausilio della sua intercessione, ad un nuovo cittadino del Cielo, proclamando Beato un esemplare, zelante e provvido Sacerdote piemontese, Leonardo Murialdo, nato a Torino nel 1828 e a Torino morto nel 1900. È istintiva ed è legittima, doverosa anche, la domanda che il solenne avvenimento della beatificazione fa sorgere nello spirito di quanti lo contemplano nel quadro di gloria in cui lo colloca oggi la Chiesa: chi era?
Prima ancora di rispondere potremmo rivolgere a noi stessi un’altra tacita domanda, nella quale si esprime la caratteristica dell’agiografia moderna; e cioè: che cosa vogliamo sapere d’un Beato o d’un Santo? [...].
Nessuno, appena ne conosca il disegno biografico, si sottrae ad una nuova domanda: ma perché una nuova fondazione, quando questa sembra simile a quella salesiana e ad altre non poche di eguale tipo e dello stesso periodo storico? E la nostra questione diventa tanto più motivata, quando si accorge che la Scuola torinese non è la sola a generare analoghe istituzioni: potremmo elencare una gloriosa serie di magnifici sacerdoti, i quali hanno illustrato la Chiesa cattolica nell’ottocento, e sembrano tra loro fratelli, e tutti obbedire ad un somigliante paradigma di perfezione personale e di operosità apostolica, tanto da formare tutti insieme una meravigliosa costellazione di sante figure attorniate da nuove, poderose istituzioni da loro fondate.
Citiamo ad esempio, fra le istituzioni di coloro che hanno preceduto il Murialdo: gli Oblati di Maria Immacolata, gli Oblati di Maria Vergine, l’Istituto Cavanis, i Rosminiani, i Pavoniani, gli Stimmatini, i Claretiani, i Betharramiti e così via; e fra coloro che gli sono contemporanei e successivi: i Padri di Timon David, i Giuseppini d’Asti, gli Oblati di San Francesco di Sales, i figli di Kolping, di Chevalier, di Don Guanella, di Don Orione, di Don Calabria e di tanti altri [...].
[Acta Apostolicae Sedis 55 (1963), 1025–1930; L’Osservatore Romano, 4–5 novembre 1963, 4].
05
DISCORSO DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
PRONUNCIATO ALLA «CASA DEL GIOVANE OPERAIO» DI MILANO
Casa del Giovane Operaio, Milano. Sabato 30 novembre 1963
Nel salutare gli Ecc.mi Presuli e tutti i carissimi figli intervenuti, il Santo Padre rileva, anzitutto, che Don Orione riserva sempre delle sorprese; e una è questa: soffermandosi su quell’aggettivo Piccolo Cottolengo, Piccola Opera, verrebbe naturale il supporre che le sue fossero cose di dimensioni molto modeste, mentre la realtà è ben diversa. Così, per oggi, è stata chiesta una piccola Udienza, non solenne, né lunga, appena di un qualche minuto; e invece che cosa il Papa vede davanti a Sé? Al completo i Superiori, la rappresentanza della grande famiglia della parrocchia di San Benedetto in Milano, e tante altre persone, convenute appunto per celebrare insieme un avvenimento, per il Papa davvero molto caro e significativo. Egli lo accetta quindi anche nella proporzione di solennità e di grandezza, che all’incontro s’è voluto dare.
E dapprima il costante, dolce ricordo della parrocchia di San Benedetto. Essa, un tempo, era ai margini di Milano; ora, invece, è già circondata dai nuovi quartieri e si distingue per una monumentalità e per una completezza di apostolato impressionante, degno di ogni encomio. A tale centro fiorente – dove sempre l’attuale Pontefice soleva recarsi alla sera della festività di Sant’Ambrogio, e che lo ha accolto in diverse altre circostanze – Egli riserva il suo particolare saluto e la benedizione più cordiale.
Inoltre, siccome il giovane presentatore ha voluto ricordare un altro incontro, quello avvenuto, sempre con la Famiglia spirituale di Don Orione, a Boston, il Santo Padre vuol far sua la rievocazione. Pure in quella città degli Stati Uniti le piccole cose diventano notevoli, anzi grandiose; attestano, invero, dati molteplici e preziosi di bene, che prendono slancio dalla formula caritativa del Servo di Dio e dei suoi degnissimi figli. Immagini confortevoli, memorie vive e tonificanti, che ci dicono come l’odierno evento sia molto significativo, trattandosi del sacro rito per la prima pietra di nuovo edificio. Ciò merita innanzitutto il ringraziamento del Papa. Perché? Ma perché è bastato un semplice suo accenno alla opportunità di destinare la costruenda ala, integrativa del grande complesso della parrocchia di San Benedetto, a un pensionato per la gioventù operaia, che subito veniva dato volenteroso e pratico assenso. È un ragguardevole esempio: e merita lode. Del resto il Santo Padre, ogniqualvolta ha avuto occasione di rivolgere una richiesta ai figli di Don Orione, ha sempre trovato in essi pronti e generosi esecutori. A tanta sollecitudine va reso, quindi, pubblico attestato di lode.
E ancora: la letizia del Padre è pure motivata da un criterio, come dire, edilizio, urbanistico ed estetico. L’edificio dell’Opera Don Orione a Milano è di proporzioni immense: davvero non si crederebbe come le piccole cose possano avere sviluppi di tanta importanza ed organicità. C’è la chiesa, ci sono le scuole, gli ospedali, le attività parrocchiali. È stata aggiunta una quantità di provvide irradiazioni intorno al nuovo nucleo religioso, portato da Don Orione a Milano. Ora, tale complesso di strutture mancava appunto di una parte che deve integrare questa cittadella della carità e della preghiera. E perciò, il sapere che l’ottimo centro sarà finalmente definito in tutta la magnifica simmetria e monumentalità, presentandosi organico e soddisfacente non solo per l’occhio, ma per le iniziative che esso promuove, ricolma il cuore paterno di letizia e di augurio. Di conseguenza, anche per tale motivo, il Sommo Pontefice esprime riconoscenza ed effonde benedizioni.
Tutto è dunque singolarmente bello, anche perché la ragione principale del comune gaudio è il sapere che la nuova costruzione, così moderna, opportuna, utile, viene promossa a vantaggio della gioventù operaia. Accorrono da tutte le parti i giovani, in cerca di lavoro. Chiedono il lavoro e non hanno la casa. La mancanza di così indispensabile bene produce grave angustia nella vita, nelle abitudini, nella stessa anima. È facile immaginare che cosa può accadere in una città che deve ospitare, d’improvviso, un’estesa mano d’opera giovanile priva del suo ubi consistam. È uno dei problemi morali e pastorali più gravi di una metropoli industriale e in crescente sviluppo come Milano.
Ed ecco la carità sempre all’avanguardia. Sorge l’idea di apposito pensionato. Già altri ve ne sono: e se ne intravede ulteriore notevole serie nel programma sociale di Milano. Si tratta appunto di aprire le porte e dare ospitalità alla nuova gioventù lavoratrice immigrata nella vasta città. Quello che da oggi si inizia, sarà, di certo, tra i più ridenti e completi, tra i più adatti ad accogliere i carissimi giovani. Essi vi troveranno dimora cordiale e familiare, l’educazione, il riposo, il diporto, la preghiera, quel senso rassicurante di essere immediatamente inseriti in una società non forestiera, non nemica, non ostile, non impenetrabile, bensì in una società come dev’essere la nostra: civile e cristiana.
È qui un motivo di vivissima consolazione e di grande speranza: per l’opera in se stessa, per la sua esemplarità, giacché molti vi scorgeranno una delle forme più necessarie ed urgenti dell’apostolato moderno.
Dare casa al lavoro; dare completezza di assistenza alle classi lavoratrici: intento nobilissimo, disegno stupendo! Il fatto, poi, che esso prenda l’avvio proprio alla vigilia della Beatificazione di un giovanetto santo e operaio, conferisce valida fiducia e forse ci dischiude qualche spiraglio sulla Provvidenza, la quale ci assiste tutte le volte che noi ci prodighiamo per servire i programmi di carità che il mondo odierno propone. La Divina Provvidenza, adunque, conferma e benedice. Lo dichiara la fausta congiuntura: dal Cielo, un Amico, un protettore, un eroico giovane distende senza dubbio la sua simpatia, le sue compiacenze e certo la sua intercessione: tutto ciò promette le benedizioni di Dio sull’auspicato edificio che sta per sorgere.
A questo punto – prosegue Sua Santità – vedo un’altra causa di intensa gioia in quanti condividono la stima per le opere di Don Orione. Voi Sacerdoti, che vi appartenete; voi Suore, che date la vita per questi trionfi della carità; e voi benefattori, che siete larghi del vostro obolo ad imprese di tanta importanza e di tanta bellezza: appare sempre più che non solo materialmente queste opere si affermano, crescono, giganteggiano dinanzi a noi, ma palpitano e risplendono. Uno spirito, cioè, le sorregge; uno spirito che è quello di Don Orione, diciamo meglio, quello di Cristo, che ama tutti gli indigenti, li assiste nelle loro necessità e suscita energie, risorse e mezzi là dove non sembrerebbero, umanamente parlando, possibili; mentre la carità fa germogliare, quasi con prodigi perenni, sempre nuovi intenti e programmi.
La vivezza di questo spirito, la fiamma di soprannaturale ardore che guida le gesta di Don Orione: ecco, mi sembra, la cosa che deve allietarci tutti e che ci sprona ad implorare con fiducia il divino aiuto per la istituzione nascente, per quelle che sono a Tortona, a Milano, nelle Americhe, e che dappertutto ancora verranno, col nome benedetto di questo pioniere, di questo araldo dell’amore cristiano, a coronare il grande rigoglio di apologia evangelica da lui promosso. Senza dubbio le promettenti fatiche ci daranno non soltanto la consolazione di vedere, ma quella di parteciparvi e di essere, e proprio con l’insigne apostolo della carità, anche noi discepoli, anche noi seguaci, anche noi benedetti da Dio.
[Il Discorso in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede. Una trascrizione non integrale, qui riportata, compare nel bollettino La Piccola Opera della Divina Provvidenza, dicembre 1963, 223–229].
06
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
AI PELLEGRINI DELLA DIOCESI DI TORTONA
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 16 settembre 1964
Dobbiamo un saluto speciale al Pellegrinaggio della Diocesi di Tortona, qui presente per rendere omaggio filiale alla Nostra umile persona, o piuttosto al Nostro ministero apostolico; e lo dobbiamo perché tanti pensieri Ci rendono particolarmente cara quella Diocesi: dove il Servo di Dio Don Orione ha posto la sede centrale della sua grande «Piccola Opera della Divina Provvidenza» e dove la sua tomba sembra sorgente di sempre magnifici sviluppi della provvidenziale opera stessa; dove parimenti ebbe la culla e la sepoltura Lorenzo Perosi, nome immortale nel regno della musica sacra; dove fu Vescovo Mons. Egisto Melchiori, degnissima figura di Pastore e a Noi maestro ed amico; e dove ora è Presule Monsignor Francesco Rossi, da Noi consacrato Vescovo ed a Noi carissimo. A lui, ai sacerdoti e fedeli della diletta Diocesi un particolare saluto ed una particolare benedizione.
[L’Osservatore Romano, 18 settembre 1964, 1].
07
OMELIA DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
DURANTE LA SANTA MESSA NELLA CHIESA DI OGNISSANTI, IN ROMA
Chiesa di Ognissanti, Roma. Domenica 7 marzo 1965
Che cosa stiamo facendo? Questo è il momento delle riflessioni e si inserisce nel sacro Rito per suscitare i pensieri che lo devono accompagnare. Noi stiamo attuando una realtà, la quale, già di per sé, si presenta solenne ed ha due aspetti: l’uno straordinario, l’altro consueto e ordinario.
Straordinaria è l’odierna nuova maniera di pregare, di celebrare la Santa Messa. Si inaugura, oggi, la nuova forma della Liturgia in tutte le parrocchie e chiese del mondo, per tutte le Messe seguite dal popolo. È un grande avvenimento, che si dovrà ricordare come principio di rigogliosa vita spirituale, come un impegno nuovo nel corrispondere al grande dialogo tra Dio e l’uomo. Norma fondamentale è, d’ora in avanti, quella di pregare comprendendo le singole frasi e parole, di completarle con i nostri sentimenti personali e di uniformare questi all’anima della comunità, che fa coro con noi.
V’è, poi, un’altra circostanza che rende singolare l’odierna solennità: la presenza del Papa, che, di per sé, autorizza a porre in risalto tutto quanto può divenire utile alla nostra vita cristiana. Del resto, anche a voler considerare il secondo aspetto, cioè quello che è consueto in queste adunanze, tutto – lo sappiamo – presenta un carattere prezioso e degno della nostra riflessione. E dapprima: che cosa è il Rito che stiamo celebrando? È un incontro di chi offre il Divin Sacrificio con il popolo che vi assiste. Tale incontro deve essere, perciò, pieno e cordiale. Non è pertanto fuori luogo che il celebrante – in questo caso il Papa – rivolga molte volte agli astanti il saluto caratteristico: Il Signore sia con voi!
Ecco: il Papa ripete il grande augurio non solo rivolgendosi con affettuoso gesto ai presenti, ma esprimendo il proposito di raggiungere l’intera popolazione cristiana di questa Città, della santa Diocesi di Pietro e Paolo, la Diocesi di Roma. Perciò, con tutto il cuore, con tutta la forza che Iddio pone nella sua voce, nel suo ministero, il Santo Padre esclama verso il popolo romano: Che Dio sia con te!
Nel contempo Egli spera che ognuno risponda di buon grado: E con lo spirito tuo! In tal modo si inizia questo stupendo e fervido dialogo tra chi ha responsabilità di ufficio quale Ministro di Dio e il popolo cristiano; tra il Sacerdote e il singolo fedele, che riceve queste grazie, le commenta, se ne arricchisce e le porge, a sua volta, a tutta la comunità.
Come è ovvio, però, i diretti partecipanti all’Azione Liturgica ricevono il saluto in maniera speciale. Sia dunque il Signore con la diletta comunità di sacerdoti, chierici, studenti, che abitano nell’attigua casa di Don Orione; con il Parroco che ha la responsabilità pastorale di questa parte del gregge diocesano; con tutti i fedeli affidati alle sue sollecitudini. Sia il Signore con le comunità religiose poco prima salutate; con i carissimi infermi i quali, per indovinato pensiero, sono al primo posto nella adunanza e tanto impetrano, mercé le loro preghiere e sofferenze offerte a vantaggio di tutti gli altri; con i fanciulli del piccolo clero, che adornano l’altare e rappresentano tutti i loro coetanei, speranze della famiglia, della Chiesa e della società; sia con le varie Associazioni, maschili e femminili di Azione Cattolica e di carattere religioso; e giunga infine l’augurio benedicente in ogni casa, apportandovi la grazia e la pace del Signore! [...].
[L’Omelia in oggetto non è stata pubblicata negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. Il testo qui riportato è consultabile nella pagina web della Santa Sede].
08
ALLOCUZIONE DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL VI CONVEGNO INTERNAZIONALE «AMICI DI DON ORIONE»
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Domenica 2 maggio 1965
Secondo gruppo notevole di questa bella adunanza è quello dei partecipanti al VI Convegno Internazionale degli Amici di Don Orione. Saremmo quasi tentati di dire che fra gli Amici di Don Orione siamo iscritti anche Noi. E cioè, abbiamo Noi stessi avuto la fortuna d’incontrarlo vivente.
Commemoriamo con questi Amici, e con quanti altri nel mondo a questo nome guardano e benedicono, il venticinquesimo della sua morte pia e buona, nella speranza che la Chiesa possa riconoscere in lui quello che tutti comunemente dicevano quando lo incontravano vivente: «È un santo! È un santo!». E Dio voglia davvero che questo titolo gli sia ufficialmente e qui riconosciuto! Abbiamo tanti bei ricordi di Don Orione e, cioè, della sua famiglia. San Benedetto di Milano: questo bellissimo centro dove sempre ricevemmo accoglienze così pie e così premurose: vi è nato un villaggio della carità, una specie di transatlantico, ove ci sono tutte le miserie e tutte le bontà, in cui andavamo tutti gli anni il giorno di Sant’Ambrogio a portare la Nostra benedizione.
E poi abbiamo conosciuto altre Case di Don Orione: qui a Roma Ognissanti e anche a Boston. Abbiamo visto sorgere il Don Orione di Boston, con tante benedizioni anche allora. Abbiamo conosciuto tante persone care: quelle che dirigono oggi la famiglia di Don Orione e quelle che l’hanno illustrata e la illustrano con la loro carità e bontà.
Abbiamo seguito sempre con interesse lo sviluppo nella carità e nella bontà di questa esemplare famiglia e quindi, come Amico di Don Orione fra gli Amici, auguriamo che questa bella periferia delle opere di Don Orione, che è la società degli Amici, possa essergli sempre fedele, possa crescere di numero, possa aiutare gli operai della carità, che sono i figli di Don Orione, a compiere la loro mirabile missione di bontà, di benevolenza e di assistenza e, diciamo pure, di apologia del Vangelo vivente nel secolo ventesimo.
[L’Allocuzione in oggetto non è stata pubblicata negli organi ufficiali della Santa Sede. Venne pronunciata da Paolo VI nella Basilica vaticana, al termine della Santa Messa, durante i saluti indirizzati ai gruppi di fedeli. La trascrizione non integrale, qui riportata, compare in L’Osservatore Romano, 3–4 maggio 1965, 2].
09
PAROLE PRONUNCIATE DAL SANTO PADRE
PAOLO VI
A TRE CHIERICI ORIONINI DELL’ISTITUTO «SAN TOMMASO D’AQUINO»
DI BRA–BANDITO (CUNEO), AMMESSI A UNO SPECIALE INCONTRO
Castelgandolfo. Mercoledì 3 agosto 1966
Preparatevi alla vostra missione di sacerdoti. Oggi essere sacerdote è difficile più di ieri; ci vuole tanta generosità, spirito di sacrificio. Riflettete sulla vostra vocazione! Se vi sentite di servire Gesù come il Concilio, come la Chiesa oggi richiede, proseguite con coraggio! Altrimenti, se un’altra è la vostra via, seguite il Maestro che vi chiama altrove. Ricordate che, con il Signore, non bisogna fare economia. Voi poi siete sulla retta strada. Camminate guardando al vostro Padre Fondatore, tutto della Chiesa e dei poveri. Io l’ho conosciuto, l’ho incontrato tre volte. Don Orione è un santo, è un santo!
Prima di lasciarci, come ricordo di questo incontro, vi lasciamo una medaglia del Nostro Pontificato e poi la Benedizione Apostolica. Essa non è solo per voi. Portatela a tutti i vostri superiori, ai vostri compagni. E siate generosi.
[Le Parole in oggetto non sono state pubblicate sugli organi ufficiali della Santa Sede: sono state raccolte da tre chierici orionini, i quali, arrivati in ritardo a Castelgandolfo, per l’Udienza generale, furono introdotti dal Santo Padre al termine dell’udienza, per interessamento di mons. Bruno Bossi, segretario particolare di Paolo VI. Ad essi, il Papa rivolse, a braccio, le parole sopra riportate; cf. La Piccola Opera della Divina Provvidenza, dicembre 1966, 261–262].
10
DISCORSO DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
A QUATTRO GRUPPI DI RELIGIOSI
PARTECIPANTI A CAPITOLI SPECIALI
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Giovedì 6 marzo 1969
Diletti Figli,
Il nostro animo si apre al più cordiale saluto nell’accogliere in voi i degni rappresentanti di quattro benemerite Famiglie religiose: il Terz’Ordine Regolare di San Francesco, la Società dell’Apostolato Cattolico, la Congregazione dei Ministri degli Infermi, la Piccola Opera della Divina Provvidenza.
La peculiare fisionomia dei vostri singoli Istituti conferisce a questa Udienza un carattere di amabile varietà, che Ci offre l’occasione di andare con la mente – anche se fuggevolmente – ai diversi campi di alto e generoso apostolato da voi svolto in seno alla Chiesa.
Ma se differente è per ciascuna delle vostre Congregazioni il compito affidato dalla Provvidenza, unico è lo scopo che vi ha riuniti qui in Roma, la partecipazione, cioè, ai lavori dei Capitoli Generali Speciali per la revisione delle Regole e delle Costituzioni dei vostri Istituti alla luce degli insegnamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Il vostro desiderio di chiedere la Nostra Benedizione sui lavori che avete intrapreso, già Ci dice lo spirito che anima l’impegno di rinnovamento, che il Concilio esige oggi dalle Famiglie religiose per adempiere con sempre maggiore fecondità di servizio la missione a cui sono chiamate dalla Chiesa.
Rinnovamento che, se richiede un prudente e coraggioso adattamento degli Istituti Religiosi alle nuove necessità dei tempi, non significa per questo adeguamento allo spirito del secolo; sarà bensì una ricerca amorosa e sincera di tutto ciò che può riconfermare sempre più alla vita religiosa il suo vero ed autentico significato di consacrazione al Signore, e quella testimonianza di fedeltà ai consigli evangelici, che il Concilio ha luminosamente delineata come «un segno che può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana, poiché “lo stato religioso, che rende più liberi i suoi seguaci dalle cure terrene, meglio anche manifesta a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo mondo, testimonia la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, e preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno Celeste”» (Cost. Lumen gentium, n. 44).
Quest’opera di rinnovamento, voi ben lo sapete, deve conservare alle singole Congregazioni la loro fisionomia propria e dovrà attuarsi nella fedeltà allo spirito primitivo e alle più genuine tradizioni. Occorrerà quindi ripensare le origini. La via è segnata dalla sua partenza. L’albero vive delle sue radici. E non vi è dubbio che la vostra più vitale radice saranno l’esempio e gli insegnamenti dei vostri venerati Fondatori. In tal modo voi saprete comporre armoniosamente l’antico con il nuovo, guidati dall’amore alla Chiesa, dallo zelo delle anime, dalla fedeltà al Vicario di Cristo e salvaguardando il primato della vita spirituale, senza la quale ogni pur volenteroso sforzo di rinnovamento riuscirebbe vano, e sterile si rivelerebbe qualsiasi programma di attività apostolica.
Diletti Figli, con questi sentimenti Ci è caro accompagnare i lavori dei vostri Capitoli Generali. Li avvalora la Nostra preghiera, affinché la luce dello Spirito Santo illumini le vostre menti, e affinché i vostri Istituti possano attingere dagli sforzi che state compiendo il necessario impulso a proseguire nel loro luminoso cammino.
Di questi aiuti del Cielo sia pegno la Nostra Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo a voi, qui presenti, ed a tutti i vostri Confratelli.
[Il Discorso in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. Il testo qui riportato è consultabile nella pagina web della Santa Sede].
11
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
ALLE PARTECIPANTI AL IV CAPITOLO GENERALE SPECIALE
DELLE PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 28 maggio 1969
Desideriamo ora rivolgere un saluto a due particolari gruppi di Religiose, presenti a questa Udienza.
Salutiamo anzitutto le rappresentanti delle Piccole Suore Missionarie della Carità, le benemerite Suore di Don Orione, che hanno partecipato al loro Capitolo ordinario speciale, eleggendo la nuova Superiora Generale col suo Consiglio. Vi diciamo il Nostro compiacimento per la fedeltà con cui, rispondendo alle premure del Concilio Ecumenico, anche la vostra benemerita Congregazione ha voluto ripensare alle proprie origini, finalità, costituzioni, per adeguarle sempre meglio alle odierne esigenze della Chiesa. La carità è il nome che vi fregia e vi qualifica: se ne seguirete fedelmente gli impulsi, il vostro «aggiornamento» sarà continuo, perché la carità «non viene mai meno» (1 Cor 13,8); sarete sempre mosse dallo Spirito Santo, il quale, come ha detto il Concilio, «produce e stimola la carità fra i fedeli» (Lumen gentium, n. 7), specie delle anime consacrate a Dio.
Vi seguiamo nel vostro umile servizio dei poveri, che si rivolge a Cristo e onora la Chiesa; e di cuore vi benediciamo, con l’augurio di un sempre più fecondo lavoro apostolico.
[L’Osservatore Romano, 29 maggio 1969, 2].
12
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
A UN GRUPPO DI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 28 gennaio 1970
Il primo gruppo che vogliamo salutare, e lo mettiamo volentieri in testa perché sono sacerdoti, è il gruppo dei preti della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Dire preti della Piccola Opera vuol dire ricordare Don Orione; e a tanto nome anche la Nostra mente si inchina piena di ricordi e piena di ammirazione per una figura così umile, così grande, che il Signore ha dato alla sua Chiesa nei nostri tempi.
E siamo lieti di rivedere questa bella famiglia, che da Tortona si propaga in tutto il mondo, ed ha a Roma una sua presenza tanto benefica e qualificata. Avete tanti titoli per la nostra riconoscenza. Primo, quello – diremmo – da fratello a fratello: siete preti, condividete con Noi il Sacerdozio, la grazia immensa di rappresentare Cristo e di essere dispensatori dei suoi misteri. In secondo luogo, appartenete – dicevamo – a questa Famiglia che viene da un santo (speriamo un giorno di poterlo celebrare proprio qui, non è vero?) e che quindi vi dà la forza e vi dà l’impegno di seguire i suoi esempi.
E poi vi dobbiamo riconoscenza perché siete impegnati nell’apostolato pastorale delle parrocchie. E anche per questo volentieri effondiamo sopra di voi le Nostre benedizioni, con l’intenzione che voi, dopo, l’abbiate ad allargare sulle comunità parrocchiali che vi sono affidate. E dite pure che, per tramite vostro, il Papa li benedice questi fedeli, questi parrocchiani; e che augura alle comunità parrocchiali la stupenda possibilità di rappresentare la comunità cristiana organizzata, la Chiesa: è la piccola Chiesa, la parrocchia! E quindi con tanta simpatia Noi ammiriamo queste comunità e auspichiamo la loro buona costituzione, il loro sviluppo; e con tanto affetto preghiamo per esse e di gran cuore le benediciamo.
[Il Saluto in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. Il testo qui riportato è consultabile nella pagina web della Santa Sede].
13
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE «AMICI DI DON ORIONE»
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Martedì 2 giugno 1970
Un paterno saluto rivolgiamo ora ai partecipanti al Congresso Internazionale degli Amici di Don Orione, venuti a porgerCi l’omaggio della loro devozione. Vi accogliamo molto volentieri, figli carissimi, e vi ringraziamo di questa testimonianza di affetto. Siamo rimasti assai edificati nell’apprendere il tema del vostro Convegno: «A servizio dei poveri, tesoro della Chiesa»; tema che riassume molto bene lo spirito che anima tutta l’opera del Servo di Dio Don Orione.
Prendere coscienza dell’urgenza di questo dovere significa scoprire uno dei tratti più autentici del messaggio di Cristo, nato povero per noi, affinché noi fossimo arricchiti della sua indigenza (cf. 2 Cor. 8,9); significa altresì risvegliare una delle più ricche sorgenti di energie spirituali della Chiesa, oggi più che mai obbligata ad effondere i suoi carismi e a prestare i suoi servizi al mondo moderno. Formuliamo pertanto i migliori voti per voi e per il vostro Congresso, e mentre vi esortiamo a proseguire coraggiosamente in questo impegno, di cuore vi impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione.
[L’Osservatore Romano, 3 giugno 1970, 1].
14
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
A UN GRUPPO DI PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 20 gennaio 1971
Ed ora nominiamo un’altra categoria e sono le religiose. Quali religiose? Le Piccole Suore Missionarie della Carità, le figlie di Don Orione, tanto note, vero? Bastano questi quattro titoli per definirle.
Piccole: vuol dire che l’umiltà è la veste di cui siete circondate.
Suore: cioè religiose e unite nella fraternità di sorelle.
Missionarie: vuol dire che da voi parte e irradia una attività e un sentimento di dilatazione del regno e perciò della Carità.
Ripetiamo la definizione: Piccole Suore Missionarie della Carità, e Noi vogliamo che su questi quattro titoli, che vi definiscono, scenda la benedizione di Dio che vi renda felici di essere così vaccinate e siate così brave da fare onore all’ottimo Padre e alla Famiglia a cui appartenete nel nome di questo grande spirito cristiano che abbiamo avuto anche Noi l’onore di conoscere, Don Orione. Quindi siate davvero fedeli e che il Signore vi dia la grazia di effonderlo davvero intorno a voi questo miracolo, perché fa così, della carità: quella dei poveri, quella dei piccoli; carità per tutti quelli che hanno bisogno, e sentire nelle opere la testimonianza dell’amore di Dio vicino a noi.
[Il Saluto in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede. Il testo qui riportato compare sul bollettino Don Orione, aprile 1971, 2].
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UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
A UN GRUPPO DI PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 17 febbraio 1971
Salutiamo l’Opera di Don Orione, che è qui presente con le Piccole Suore Missionarie della Carità. Don Orione è ancora presente, lo abbiamo conosciuto personalmente e quindi siamo lieti e felici di vedere come il suo albero fiorisca in numero e in opere.
Siamo lieti di aver dato da pochi giorni alla patria di Don Orione e della vostra Famiglia religiosa, cioè Tortona, un nuovo Vescovo, Mons. Canestri di Roma, e speriamo che davvero voglia bene alla vostra Famiglia religiosa e la porti con la Sua benedizione e la Sua assistenza a continuare felicemente nel vostro cammino e moltiplicare le vostre energie, le vostre file e i vostri meriti. Anche a voi benedico.
[Il Saluto in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. Il testo qui riportato è consultabile nella pagina web della Santa Sede].
16
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
A UN GRUPPO DI PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 10 marzo 1971
Sono le Suore dell’Opera di Don Orione, dette le Missionarie della Carità. Vogliamo molto bene a questo nome di Don Orione, vero? Sappiamo il bene che ha fatto. Non possiamo dimenticare di averlo anche Noi conosciuto personalmente e quindi vi auguriamo che il suo spirito così umile, ma così fervente, così umano, così intelligente, così serio, così capace veramente di creare opere buone, sante e nuove, sia anche nei vostri animi e sia nel programma del Signore e serva alla vostra vita.
Vi accompagniamo con tutti gli auguri, e pregheremo per voi e adesso vi benediciamo di cuore.
[Il Saluto in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. Il testo qui riportato è consultabile nella pagina web della Santa Sede].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
IN OCCASIONE DELL’ANNO CENTENARIO
DELLA NASCITA DEL SERVO DI DIO DON LUIGI ORIONE
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 31 maggio 1972
Il nostro saluto a voi, figli spirituali di Don Orione: al Direttore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, suo erede e successore; al Consiglio generalizio, ai Provinciali e ai Confratelli; ai seminaristi; alle Piccole Missionarie della Carità; agli ospiti del Piccolo Cottolengo, ai fedeli delle parrocchie romane, affidate alla Congregazione; e soprattutto a voi, carissimi ragazzi dei vari istituti diretti dall’Opera: case di cura, orfanotrofi, scuole, centri di addestramento professionale. In più di tremila siete venuti a Roma, e da varie città d’Italia, per ricordare il primo centenario della nascita di Don Orione, portandoci i vostri doni.
A voi tutti il Nostro più affettuoso benvenuto. Immaginiamo che, per molti di voi, questo viaggio abbia portato qualche disagio; e sappiamo che voi offrite al Signore le vostre preghiere e i vostri sacrifici per il Papa, secondo lo spirito di Don Orione, il quale volle che la sua Congregazione brillasse per l’amore e per la devozione al Successore di Pietro, e le lasciò, morente, questa consegna. Il Signore vi ricompensi!
In voi, qui presenti, che, pur tanto numerosi, rappresentate le innumerevoli schiere dei vostri amici e condiscepoli, Noi vediamo la continuità ininterrotta e la splendida fioritura di un ideale di carità, che sbocciò col primo Oratorio di San Luigi, il 3 luglio del 1892, e da allora crebbe a dismisura, in tutte le direzioni in cui si prodigò lo zelo ardente del piccolo prete di Tortona. Formatosi alla scuola di un santo, come Don Bosco, emulo appassionato di un altro ammirevole santo moderno, il Cottolengo, Don Orione seppe tradurre nella sua singolare esperienza, che è storia tuttora recente, gli esempi di quei sacerdoti, vivendo nella dedizione totale, fino alla morte, l’insegnamento evangelico dell’autentico amore cristiano.
La vostra presenza Ci testimonia della vitalità di quell’ideale: e Ci dice come la figura di Don Orione continui a stimolare generosità ed eroismi. Alla scuola di un così grande educatore, voi imparate ad amare sempre più il Signore e la sua Chiesa; e sempre meglio vi allenate alla difficile e beatificante virtù dell’amore del prossimo, preparandovi in tal modo alla vita, con tutte le sue responsabilità.
Noi preghiamo il Signore, affinché vi accompagni sempre, ora nel periodo di formazione, domani nella missione che svolgerete, ciascuno al proprio posto, perché facciate sempre onore al nome cristiano, nella fedeltà agli insegnamenti ricevuti in questi anni preziosi. E con voi raccomandiamo nella preghiera l’intera famiglia di Don Orione, specialmente quelli che, in essa, danno il contributo più prezioso: quello della sofferenza e del sacrificio, mentre tutti benediciamo con vivissimo affetto.
[L’Osservatore Romano, 1 giugno 1972, 2].
18
CONVERSAZIONE DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
CON GLI ALLIEVI DEGLI ISTITUTI DI DON LUIGI ORIONE
IN OCCASIONE DELL’ANNO CENTENARIO
DELLA NASCITA DEL SERVO DI DIO DON LUIGI ORIONE
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 31 maggio 1972
Carissimi Figli,
Diamo prima di tutto un saluto ai Vescovi che sono qui: al Card. Paupini e a quanti accompagnano queste belle schiere di gioventù. Guardate che vi siamo molto grati della vostra presenza e della vostra visita, e se non vi facciamo lunghi discorsi e non vi tratteniamo a lungo, questo non vuol dire che la vostra visita non ci sia cara, ci è carissima, carissima. Il Papa è felice di ricevervi, di salutarvi di dire quanto bene vi vuole e per assicurarvi delle sue preghiere.
Vedete, salutiamo Mons. Szwagrzyk, polacco vero? Sia lodato Gesù Cristo [saluto in polacco] e poi salutiamo Mons. Jannucci, Vescovo di Penne e Pescara. E, come abbiamo già nominato, il Card. Giuseppe Paupini, felice di vederlo in mezzo a tutta questa bella gioventù. E poi un saluto riverente nella memoria del Fondatore di questa grande Famiglia spirituale e religiosa, a Don Giuseppe Zambarbieri, Direttore generale, che Noi conosciamo ancora da Milano e diciamo a lui che gli vogliamo bene anche per il lutto che recentemente ha colpito la famiglia di Don Orione con la perdita di Don Piccinini. Anche questa degna persona è a Noi cara; pregheremo per lui per il suo riposo eterno.
E poi diremo a quelli di Don Orione, a voi tutti, carissimi: sapete che Io ho conosciuto proprio Don Orione, che l’ho incontrato più di una volta, che l’ho sentito una volta predicare e che mi fece tanta impressione? A Genova – mi pare che fosse nel 1934 – e mi fece davvero grande meraviglia per la semplicità e per la trasparenza spirituale delle sue parole. E poi lo vidi quando venne a trovarmi, più di una volta in Segreteria di Stato, e non avrei mai finito di discorrere con lui perché sentivo proprio in lui un’anima speciale, uno spirito singolare, un santo e speriamo un giorno di poterla proclamare, da questa basilica, la sua gloria di Paradiso.
E anche adesso salutiamo con il Direttore, salutiamo i Provinciali, i Confratelli e anche quelli che seguono questa strada, questa via di Don Orione, i seminaristi e i più giovani che si danno: Dio li benedica. [applausi]
E poi avete anche le Piccole Suore Missionarie della Carità. Anche a voi: Dio vi benedica! E così tutte le anime, tutta la gioventù che voi assistete: gli ospiti del Piccolo Cottolengo, non è vero?, e tutti i fedeli delle parrocchie assistite da questa famiglia religiosa. Ma il nostro saluto è specialmente proprio per voi ragazzi, per voi figlioli. [lunghi applausi].
Voi forse direte: Ma il Papa si annoia a sentire questo chiasso! Sono felice di sentirvi tutti... Ma voi, voi siete capaci non solo di gridare e di inneggiare; siete anche capaci di ascoltare. Volere ascoltare una parola? [«Sììì...»]. Una sola: Che cosa vi raccomanda il Papa? Il Papa vi raccomanda di fare delle belle promesse. Vedete: oggi troverete tanti, specialmente tra i giovani, che non vogliono impegnarsi, non vogliono legami, parlano di liberazione, parlano di essere esonerati da ogni obbedienza, da ogni legame, da ogni vincolo. Voi ricordate che delle promesse le avete già fatte. Quando? Il giorno del battesimo. Avete impegnato la vostra vita alla fedeltà di Cristo. Avete detto: Io sarò cristiano, sempre. Adesso, che avete la fortuna di essere assistiti da una famiglia spirituale così buona, così saggia, così sapiente come quella di Don Orione, raccogliete i loro insegnamenti, e dite: Io sarò sempre fedele. Sarete fedeli? Sì o no? [«Sììì...»]. Sarete buoni cristiani, mettiamo fra dieci anni? Sarete ancora buoni cristiani? Tutti? [«Sììì...»]. Siamo d’accordo.
E adesso, e adesso che siete qui vicini alla tomba di San Pietro... Sapete che qui è sepolto San Pietro, il primo apostolo, quello a cui Gesù ha affidato la sua Chiesa? Perché si chiama Pietro? Gesù l’ha voluto chiamare Pietro per insegnargli e per dargli questa grazia di essere forte come una pietra, di essere solido, di essere fermo, di essere stabile, di essere costante, di essere perseverante, di non lasciarsi tirare da tutte le correnti a cui la storia e la vita del mondo è esposta, ma di rappresentare un punto fermo, solido, direttivo nella vita. E così, e così voi fate oggi, qui, insieme con me, la promessa di essere sempre buoni e forti cristiani: Siamo d’accordo? [«Sììì...»].
Qui tutti dobbiamo dire al Signore che ci conceda la grazia di questa fermezza, di questa fedeltà, e che ce ne dia non solo la fatica, la resistenza, ma ce ne dia anche la gioia, la contentezza di essere sempre bravi figli della Chiesa e seguaci di Gesù Cristo. E a tutti una cosa, a tutti una cosa: portate con voi, a casa, nelle vostre scuole, nelle vostre famiglie, nelle vostre città la mia benedizione. Siete capaci di dare la benedizione ai vostri cari? [«Sììì...»]. Che cosa direte? Direte: il Papa mi ha incaricato – alle vostre mamme, ai papà, ai maestri, alle suore – mi ha incaricato di portare la sua benedizione.
Vorremmo salutare, a uno a uno, bambini e bambine, maestri e maestre, sacerdoti tutti. Vi salutiamo in gruppo e insieme, e prima di darvi la benedizione, oggi che è l’ultimo giorno del mese di maggio, vi invitiamo a dire una preghiera con Noi. Direte un’Ave Maria? [«Sììì...»]. Allora diciamo una bella Ave Maria e poi vi diamo a tutti la benedizione, ma invitiamo questi Confratelli a venire quassù: venga anche lei, Don Zambarbieri a benedire tutta questa bella gioventù. Ecco, insieme, insieme: Ave Maria, piena di grazia... E allora, e allora, adesso vi daremo una bella benedizione, ma speciale, proprio di quelle che si devono ricordare per tutta la vita. Che tutti il Signore vi benedica nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Così sia. Amen. E arrivederci!
[La Conversazione in oggetto, pronunciata da Paolo VI al termine del precedente Discorso (cf. n. 17), non è stata pubblicata negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. La trascrizione non integrale, qui riportata, venne fatta dalla ripresa su nastro magnetico].
19
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA GENERALE
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Mercoledì 21 giugno 1972
Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Il nostro saluto cordiale, affettuoso, paterno e pieno di auguri per tutti i gruppi che sono presenti e per quanti voi avete nel cuore. Cominceremo intanto con un saluto speciale che va ad un Vescovo che abbiamo presente, un confratello, che è Mons. Dąbrowski. Sapete da dove viene? Viene da Varsavia. E sapete a quale famiglia religiosa appartiene? Appartiene alla famiglia di Don Orione.
Amiamo Noi tutta la Polonia cattolica alla quale Noi siamo particolarmente legati da ricordi lontani, dall’inizio del nostro sacerdozio, da quando abbiamo avuto la fortuna di essere presenti in Polonia, subito dopo la sua ricostituzione come stato indipendente. E quindi mandiamo a tutto quel popolo, veramente fedele, veramente buono, tanto laborioso e tanto intelligente: mandiamo ai suoi Vescovi, ai suoi rappresentanti specialmente al Card. Wyszynski, che è il primate di Polonia, il nostro riverente saluto.
Sono presenti all’udienza di stamane anche i rappresentanti della Piccola Opera della Divina Provvidenza, convenuti a Roma allo scopo di verificare le deliberazioni del loro Capitolo Generale, in ordine specialmente alle nuove Costituzioni e agli Statuti Generali.
Vi salutiamo, figli carissimi, con l’affetto con cui siamo soliti accogliere i tanto benemeriti membri della famiglia religiosa di Don Orione. Sappiamo che la festività liturgica di San Luigi dà a questo vostro incontro col Papa una particolare impronta di letizia e di riconoscenza; ne prendiamo atto per riconfermare la benevolenza e la fiducia che abbiamo sempre nutrito verso di voi. La vostra presenza nel mondo è l’eco tuttora viva degli esempi e degli insegnamenti del vostro incomparabile Fondatore, che fece della carità di Cristo la ragione di tutta la sua vita, la sorgente di una generosità che non conobbe limiti, la molla segreta di uno slancio apostolico verso i piccoli, i poveri e le classi lavoratrici, che ha suscitato l’universale ammirazione e che trova in voi i degnissimi ed instancabili continuatori.
Noi siamo certi che i lavori della vostra Assemblea Generale costituiranno per tutti i vostri confratelli un nuovo stimolo sulla via della perfetta conformità a Cristo e del servizio dei fratelli più bisognosi secondo la vostra specifica vocazione. La Nostra preghiera vi accompagna in tale luminoso cammino, e vi invoca fin d’ora copiose grazie celesti, delle quali vuol essere pegno la Nostra Apostolica Benedizione, che di gran cuore impartiamo a voi, qui presenti, e a tutti i membri della vostra Congregazione religiosa.
[L’Osservatore Romano, 22 giugno 1972, 1].
20
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE «AMICI DI DON ORIONE»
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Sabato 4 novembre 1972
Quest’oggi è presente all’udienza un gruppo numeroso di fedeli, cui Ci piace rivolgere un particolare ed affettuoso saluto: sono gli Amici di Don Orione, che stanno celebrando a Roma, presso il Centro della Piccola Opera della Divina Provvidenza, un convegno a carattere internazionale ed ora, accompagnati dal venerato Cardinale Giuseppe Beltrami e da Monsignor Bronisław Dąbrowski, son venuti ad esprimerci il loro sincero omaggio.
Figli carissimi, vi siamo molto grati della visita per diverse ragioni: anzitutto perché questa mattina, prima di trovarvi qui, vi siete recati nella Basilica di San Pietro a pregare secondo le nostre intenzioni; poi perché considerate l’incontro con Noi come la conclusione delle manifestazioni per il centenario della nascita di Don Orione; ed ancora perché il tema, che avete scelto per il vostro convegno, riguarda in qualche modo la Nostra persona e il Nostro ministero.
Siete amici di Don Orione, come a dire ammiratori della sua luminosa figura ed estimatori delle sue imprese apostoliche. Molti di voi l’hanno conosciuto, ed anche Noi, che più volte l’abbiamo avvicinato, siamo tuttora commossi dal ricordo di quei colloqui, dai quali riportavamo l’impressione di un uomo e di un sacerdote, animato da una carica eccezionale di zelo e di dedizione per le anime. «Papa e poveri» – come dice il tema da voi studiato – sono stati un unico amore per Don Orione. Don Orione è passato, nella storia religiosa della prima metà di questo secolo, come colui che ha intuito ed espresso, in forme originali ed ardite, il rapporto Cristo–poveri, come il coerente realizzatore di questo binomio inscindibile, suscitando consensi ed energie. La sua opera, pur tanto valida dal punto di vista sociale, alla luce di questo rapporto è ancora più alta: è autentica, perché evangelica e cristiana.
Voi che guardate al suo esempio ed offrite generosamente l’aiuto perché la sua eredità sia conservata e sviluppata, meritate apprezzamento ed elogio. Per questo, al saluto aggiungiamo il conforto della Benedizione Apostolica, che estendiamo volentieri a tutti i vostri cari ed alla famiglia dei Figli della Divina Provvidenza.
[L’Osservatore Romano, 5 novembre 1972, 2].
21
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
ALLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA
IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELLA NASCITA
DI DON LUIGI ORIONE
Città del Vaticano. Sabato 23 dicembre 1972
A voi, Figli e Figlie di Don Orione, riuniti in preghiera per celebrare il centenario della nascita del vostro venerato Fondatore, a voi, Religiosi e Religiose, che ne avete ereditato lo spirito e ne avete raccolto l’impegno della sua Piccola Opera della Divina Provvidenza e delle sue molteplici diramazioni. A voi, Allievi ed ex–Allievi di Don Orione, a voi, suoi Amici e fedeli, a voi specialmente, Assistiti nelle tante case ed istituzioni della grande sua Piccola Opera, giunga oggi il lieto, affettuoso ed incoraggiante saluto del Papa, che nel nome di Cristo Signore ora vi rivolge il suo paterno pensiero.
Ringraziamo tutti insieme Iddio, il Padre celeste, che ha suscitato questo suo umile servo Don Luigi Orione per prodigare a noi e a innumerevoli nostri Fratelli orfani, bisognosi, sofferenti, i tesori della carità evangelica, per infondere a tanti valorosi seguaci di lui la vocazione ed il coraggio di continuare e di diffondere le benefiche attività iniziate da quell’intrepido Operatore del bene, e per dare alla nostra società moderna la testimonianza del servizio offerto al prossimo per puro amore cristiano.
E imploriamo dal Signore la grazia che sia gloria a Don Orione la fedeltà di quanti ne seguono gli esempi e ne onorano la memoria, e siano in noi tutti trasfusi i sentimenti che egli ebbe più operanti e più cari: la fiducia nella provvida divina Bontà, l’adesione filiale alla santa Chiesa e l’appassionato amore ai piccoli, ai poveri, ai sofferenti, al prossimo bisognoso di cure e di conforto.
Con questi voti impartiamo a voi tutti la nostra Benedizione Apostolica, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Paulus PP. VI
Dal Vaticano, 23 dicembre 1972.
[Il Messaggio in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede. Il testo qui riportato compare in Don Orione, febbraio 1973, 3].
22
ANGELUS
DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Lunedì 1° gennaio 1973
L‘attacco influenzale che Ci ha impedito, con Nostro dispiacere, di recarCi all’Istituto Don Orione, a Monte Mario, com’era stabilito, per celebrarvi la Messa in questa Giornata della Pace, non Ci deve impedire di porgere almeno a voi, dalla finestra del Nostro studio, l’augurio per l’anno che oggi, Dio volendo, incominciamo, e che auspichiamo sia davvero per il mondo un anno di pace ristabilita e consolidata, tanto negli animi dei Popoli, quanto nella convivenza internazionale. [...]
Per questo la celebrazione Nostra della Giornata della Pace l’avevamo fissata fra i giovani infelici dell’Istituto di Don Orione: la loro preghiera di giovani e di sofferenti Ci sembra la più valida ad ottenere un dono così grande e così difficile come quello che Noi desideriamo con tutte le forze: la pace, la pace per tutti. E sarà stato certamente questo il tema delle parole, che, a Nostro nome, il Card. Villot, Nostro Segretario di Stato, gentilmente celebrando la cerimonia in Nostra vece, avrà pronunciato nella presente occasione: da Dio, dalla sofferenza fatta preghiera, dalla speranza delle giovani generazioni, dai buoni, che credono e pregano, noi dobbiamo attendere nella storia del mondo, finalmente, il miracolo della pace. Deve essere possibile!
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 1973, 1].
23
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL VII CAPITOLO GENERALE
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 5 marzo 1975
Ed ora il Nostro cordiale saluto a voi, membri del Capitolo Generale della Famiglia religiosa di Don Orione, che in questi giorni vi siete riuniti ad Albano per la verifica delle vostre nuove Costituzioni elaborate nel 1969 alla luce del Concilio Vaticano II.
Vi accogliamo, figli carissimi, con quell’affetto e quella stima che hanno sempre caratterizzato i Nostri rapporti con i benemeriti religiosi di Don Orione. In un momento così solenne, così importante per la vita del vostro Istituto, avete voluto che sulle vostre deliberazioni fosse assicurata la benedizione del Vicario di Cristo. Questo Ci dice ancora una volta quanto sia radicato in voi lo spirito del vostro incomparabile Fondatore, il quale volle che la sua Congregazione brillasse per l’amore e la devozione al Successore di Pietro e lasciò, morente, proprio questa consegna.
Il Papa e i poveri: ecco il programma che regge tuttora nel suo intimo dinamismo tutta la meravigliosa fioritura di opere di carità affidata al vostro zelo apostolico. A voi custodirlo, avvalorarlo, aggiornarlo, secondo i bisogni e i segni dei tempi. Alla insegna luminosa di questa fedeltà al Papa e di piena dedizione verso i piccoli, gli umili, i poveri, la vostra Congregazione non mancherà di trovare sempre l’ispirazione per le nuove tappe del suo cammino in fedele continuità al carisma del Fondatore e in uno slancio che si protenda sempre più generosamente verso il futuro. Ve lo auguriamo di cuore, ed assicurandovi le Nostre preghiere, a tutti impartiamo la confortatrice Apostolica Benedizione.
[L’Osservatore Romano, 6 marzo 1975, 2].
24
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
ALLE PARTECIPANTI AL V CAPITOLO GENERALE
DELLE PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 9 aprile 1975
Un saluto ora alle Religiose di Don Orione, venute dall’Europa e dalle Americhe per partecipare al IV Capitolo Generale Speciale. II Nostro pensiero va alle vostre opere educative ed assistenziali, che nel nome della carità di Cristo, si rivolgono a tutte le necessità dei fratelli, specie dei più abbandonati, per portare ad essi conforto e presenza materna.
È l’eredità di Don Orione che continua, irradiando tesori di luce e di eroismo! Siate sempre fedeli al nome che vi distingue e vi onora; e la stessa revisione delle Regole, voluta dal Concilio Vaticano II, vi porti ad avvalorare sempre più la vostra dedizione generosa al servizio della Chiesa e delle anime: questo è Vangelo, questa è identità genuina, questo è quanto attendono gli uomini d’oggi dalle anime consacrate.
Confermiamo i Nostri voti con la Benedizione Apostolica che impartiamo a voi, a tutte le Piccole Suore Missionarie della Carità, ai loro assistiti, e in modo particolare alle Suore Sacramentine Adoratrici non vedenti.
[L’Osservatore Romano, 10 aprile 1975, 2].
25
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
A UN GRUPPO DI SACERDOTI
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Mercoledì 11 gennaio 1978
Sono presenti all’udienza di questa mattina Sacerdoti della Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione, un nome caratteristico che si traduce nel linguaggio corrente in “orionini”, cioè figli di Don Orione, che abbiamo avuto l’onore, la fortuna (e l’abbiamo impresso nel cuore) di incontrare e conoscere personalmente.
Venne lui stesso a trovarCi quando Noi eravamo in Segreteria di Stato e con grande bonarietà e con grande effusione della sua personalità spirituale Ci parlò e Ci fece partecipi in quel momento della sua conversazione e della sua effusione di personalità. E poi ascoltammo un’altra lezione, questa più lunga, a Genova, e questo fu trentaquattro anni fa. Don Orione Ci illustrò un po’ il suo programma, la sua vita e la sua maniera di concepire la sua presenza nel mondo e Ci spiegò perché chiamò “piccola” la sua opera: perché volle essere inferiore a quella da cui era stato educato, cioè quella del Cottolengo di Torino.
E Noi conserviamo questo ricordo proprio per riempire la Nostra anima di auguri per voi, affinché sappiate raccogliere l’eredità di un uomo simile, che speriamo di vedere presto sugli altari, al fianco degli altri fondatori delle famiglie religiose del nostro secolo. Infine voglio rivolgervi il Nostro augurio per il vostro ministero, per la vostra presenza nella sua umiltà e carità che Ci sembrano le fondamentali espressioni di questa grande personalità cristiana.
[L’Osservatore Romano, 12 gennaio 1978, 1].
26
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
PAOLO VI
A UN GRUPPO DI SACERDOTI
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
E DI PROFESSE DELLE PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Mercoledì 8 febbraio 1978
Abbiamo un gruppo di sacerdoti che siamo tanto lieti di salutare personalmente. L’altro ieri è stato approvato il decreto relativo alla beatificazione del loro Fondatore, Don Orione. Abbiamo avuto, direi, la consolazione straordinaria di conoscerlo, in una nostra visita a Genova, ove eravamo andati per gli studenti universitari; e lui era la prima volta che andava a Genova e fu accolto da amici, molto bene.
E parlò, parlò con un candore così semplice, così disadorno, ma così sincero, così affettuoso, così spirituale, che toccò anche il Mio cuore, e rimasi meravigliato di quella trasparenza spirituale che emanava quest’uomo, così semplice e umile. Narrava la sua vocazione, passata attraverso stadi di sforzi, di esempi di povertà, ma sempre tesa al grande sogno della sua consacrazione.
Poi venne il 1908 – Noi lo ricordiamo – eravamo ancora ragazzi. Fu nel dicembre il grande terremoto di Messina a cui nessuno era preparato. Fu un disastro sia per la Calabria, e sia per tutto lo stretto di Messina e tutta la costa orientale della Sicilia.
Egli fu incaricato – poiché il sacerdote cominciava ad occuparsi appunto di opere di carità – fu incaricato da Pio X, altro Santo, di vedere cosa si poteva fare, perché non c’era organizzazione, non c’era niente. Su quel terreno perirono circa centomila persone in quella disgrazia tellurica, che fu anche una vera disgrazia demografica. Sconvolse tutto e le conseguenze durarono per tanti anni, e credo che non siano ancora finite le opere di ricostruzione di Messina e specialmente della costa. Abbiamo visitato, da studenti, queste opere, ed abbiamo ammirato quelle costruite, ma con grande dolore abbiamo visto che non erano sufficienti al bisogno.
E qui salutiamo un gruppo di sacerdoti che fanno un corso di Formazione pastorale. Voi certamente vi imprimerete nella mente gli esempi del vostro Fondatore. Siete certamente imbevuti di uno spirito speciale, quello di carità e di umiltà.
Don Orione non voleva che il Piccolo Cottolengo gareggiasse col Cottolengo che esisteva a Torino, la grande opera caritativa che gli piaceva molto. Ma, per restare nella dimensione dell’umiltà intitolava la sua opera "Piccolo Cottolengo", anche se questo poi divenne una grande opera di proporzioni internazionali.
Riviviamo ancora un nostro momento di incontro con Don Orione, dopo il suo viaggio in America Latina, dove promosse non sappiamo quante fondazioni e lasciò anche là una traccia di sé, che ancora dura e si sviluppa.
Ci sarebbe da raccontare i suoi viaggi anche nella nostra Europa. Fondò case in Polonia, prima del periodo della guerra; e la sua istituzione ci ha dato niente meno che il Vescovo Ausiliare di Varsavia Mons. Dąbrowski, membro della Congregazione vostra, di Don Orione.
Onore alla vostra famiglia! Auguri! Siate fedeli, semplici; e date testimonianza al vostro tempo dove vi trovate. Dite che cosa è la carità veramente vissuta con tanta genuinità e tanta precisione e siate fedeli all’ispirazione diretta del santo Vangelo.
Con i sacerdoti vi sono le Piccole Suore Missionarie della Carità, che sono pure fondate da Don Orione e che benediciamo.
[Il Saluto in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede. La trascrizione qui riportata compare in Don Orione, marzo 1978, 8–9].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AL SIGNOR BRUNO BOTTAI
AMBASCIATORE DELL’ITALIA
PRESSO LA SANTA SEDE
Sala Clementina, Città del Vaticano. Lunedì 25 giugno 1979
Signor Ambasciatore,
Le sono veramente grato per le deferenti espressioni di omaggio che Ella ha voluto rivolgerMi, con parole tanto nobili e suggerite da convincimento profondo, al momento di dare inizio, con la presentazione delle Lettere Credenziali, alla sua Missione di Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Italiana presso la Santa Sede. [...]
A ragione della generosa elargizione dei suoi tesori di cultura, di arte e di laboriosità, pur fra le sofferenze che hanno accompagnato la sua storia e la fatica che è costato il suo emergere a unità, l’Italia è una grande patria, è un Paese che è entrato nel cuore degli uomini. Ma soprattutto, a ragione della sua storia cristiana, il Paese che Ella si appresta a rappresentare offre una nobiltà di tradizioni, una ricchezza di valori spirituali che gli conferiscono particolari doveri e responsabilità. Il Cristianesimo è presente nel suo sviluppo culturale, ne ha animato la sensibilità sociale, ha permeato altresì la formazione, fin da tempi lontani, di un sentimento nazionale, che ha collegato tra loro le varie popolazioni della penisola. Mi è caro ricordare in questo momento le grandi figure religiose d’Italia come San Benedetto, San Francesco, Santa Caterina, Don Bosco e Don Orione che, mentre sono stati testimoni intrepidi del Vangelo, hanno operato al tempo stesso per avviare le sorti dei contemporanei verso approdi di pace, di benessere, di prosperità. [...]
A questo auspicio unisco quello personale per il degnissimo Presidente della Repubblica Italiana, al quale va in questo momento l’attestato deferente della Mia considerazione per il prestigio e l’autorevolezza con cui rappresenta e dirige la Nazione. E mentre rivolgo a Lei, Signor Ambasciatore, l’augurio di una fruttuosa missione ed il più cordiale benvenuto, invio con effusione di cuore all’intero popolo italiano e alle sue autorità la Mia Benedizione Apostolica.
[Acta Apostolicae Sedis 71 (1979), 1011–1012; L’Osservatore Romano, 25–26 giugno 1979, 2].
28
OMELIA DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE
DI DON LUIGI ORIONE, SUOR MARIA ANNA SALA
E BARTOLO LONGO
Sagrato della Basilica vaticana, Città del Vaticano. Domenica 26 ottobre 1980
Carissimi fratelli e figli!
«Gaudeamus omnes in Domino, hodie, diem festum celebrantes sub honore beatorum nostrorum».
Così oggi possiamo giustamente cantare, in questa grandiosa solennità, mentre i nostri spiriti si elevano nella contemplazione della gloria celeste raggiunta da tre nuovi beati: don Luigi Orione, suor Maria Anna Sala e Bartolo Longo.
È giorno di festa perché la Chiesa ci dice che essi entrano ufficialmente nel culto dei fedeli cristiani e possono essere invocati e pregati, come già partecipi dell’eterna felicità. È giorno di festa, perché la Chiesa per loro mezzo ci indica in modo autorevole e sicuro la meta della nostra vita e la strada per raggiungerla, ricordandoci con san Paolo che «le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi» (Rm 8,18); ed è giorno di grande festa perché la Chiesa universale, e in particolare l’Italia, gioiscono insieme ai Figli della Divina Provvidenza, alle suore di santa Marcellina, e ai cittadini di Pompei e di Napoli, per l’onore pubblicamente tributato a questi tre campioni della fede e della carità.
Sì, il Signore è vicino a noi e ci fa comprendere per loro mezzo la sua volontà circa il nostro destino terreno ed eterno: la salvezza e la santificazione dell’uomo, creato «nella giustizia e nella santità vera» (Ef 4, 24). I tre nuovi beati, che oggi invochiamo, per strade diverse e per prove dolorose, hanno combattuto la buona battaglia, hanno mantenuto la fede, hanno perseverato nella carità, raggiungendo così il premio (cf. 2 Tm 4,7). Ed ora, insieme alla moltitudine dei santi, sono per noi luce e conforto, sostegno e consolazione; essi camminano con noi e per noi, come maestri ed amici; essi sono un dono dell’Altissimo, con il loro esempio, la loro parola, la loro intercessione.
Salga perciò, in questo momento, a Dio, autore della grazia, la nostra commossa riconoscenza. Raccogliamoci ora per riflettere in modo particolare sul singolare messaggio che ognuno dei tre beati propone alla nostra meditazione.
Don Luigi Orione ci appare come una meravigliosa e geniale espressione della carità cristiana. È impossibile sintetizzare in poche frasi la vita avventurosa e talvolta drammatica di colui che si definì, umilmente ma sagacemente, “il facchino di Dio”. Però possiamo dire che egli fu certamente una delle personalità più eminenti di questo secolo per la sua fede cristiana apertamente professata e per la sua carità eroicamente vissuta. Egli fu sacerdote di Cristo totalmente e gioiosamente, percorrendo l’Italia e l’America Latina, consacrando la propria vita a coloro che più soffrono, a causa della sventura, della miseria, della cattiveria umana. Basti ricordare la sua operosa presenza fra i terremotati di Messina e della Marsica, povero tra i poveri, spinto dall’amore di Cristo e dei fratelli più bisognosi, fondò la Piccola Opera della Divina Provvidenza, le Piccole Suore Missionarie della Carità e in seguito le Sacramentine cieche e gli eremiti di sant’Alberto.
Aprì anche altre case in Polonia (1923), negli Stati Uniti (1934) e in Inghilterra (1936), con vero spirito ecumenico. Volle poi concretizzare visibilmente il suo amore a Maria erigendo a Tortona il grandioso santuario della Madonna della Guardia. È per me commovente pensare che don Orione ebbe sempre una particolare predilezione per la Polonia e soffrì immensamente quando la mia cara patria nel settembre del 1939 venne invasa e dilaniata. So che la bandiera polacca bianco–rossa, che egli in quei tragici giorni portò trionfalmente in corteo al santuario della Madonna, è ancora appesa alla parete della sua poverissima camera di Tortona: lì egli stesso la volle! E nell’ultimo saluto che egli pronunziò la sera dell’8 marzo 1940, prima di recarsi a Sanremo, dove sarebbe morto, disse ancora: «Io amo tanto i polacchi. Li ho amati fin da ragazzo; li ho sempre amati... Vogliate sempre bene a questi vostri fratelli».
Dalla sua vita, tanto intensa e dinamica, emergono il segreto e la genialità di Don Orione: egli si è lasciato solo e sempre condurre dalla logica serrata dell’amore! Amore immenso e totale a Dio, a Cristo, a Maria, alla Chiesa, al Papa, e amore ugualmente assoluto all’uomo, a tutto l’uomo, anima e corpo, e a tutti gli uomini, piccoli e grandi, ricchi e poveri, umili e sapienti, santi e peccatori, con particolare bontà e tenerezza verso i sofferenti, gli emarginati, i disperati. Così enunciava il suo programma di azione: «La nostra politica è la carità grande e divina che fa del bene a tutti. Sia la nostra politica quella del “Pater noster”. Noi non guardiamo ad altro che sono anime da salvare. Anime e anime! Ecco tutta la nostra vita; ecco il grido e il nostro programma; tutta la nostra anima, tutto il nostro cuore!».
E così esclamava con lirici accenti: «Cristo viene portando sul suo cuore la Chiesa e nella sua mano le lacrime e il sangue dei poveri; la causa degli afflitti, degli oppressi, delle vedove, degli orfani, degli umili, dei reietti. Dietro a Cristo si aprono nuovi cieli: è come l’aurora del trionfo di Dio!».
Ebbe la tempra e il cuore dell’apostolo Paolo, tenero e sensibile fino alle lacrime, infaticabile e coraggioso fino all’ardimento, tenace e dinamico fino all’eroismo, affrontando pericoli d’ogni genere, avvicinando alte personalità della politica e della cultura, illuminando uomini senza fede, convertendo peccatori, sempre raccolto in continua e fiduciosa preghiera, talvolta accompagnata da terribili penitenze. Un anno prima della morte così aveva sintetizzato il programma essenziale della sua vita: «Soffrire, tacere, pregare, amare, crocifiggersi e adorare». Mirabile è Dio nei suoi santi, e don Orione rimane per tutti esempio luminoso e conforto nella fede. [...]
Carissimi! Oggi la Chiesa propone alla nostra meditazione e alla nostra imitazione un sacerdote, una religiosa ed un laico: è davvero sintomatica questa coincidenza dei tre “stati” di vita! Si può dire che è un avvenimento ed un incoraggiamento a tutte le categorie che formano il popolo di Dio, che costituiscono la Chiesa pellegrinante verso il cielo: tutti siamo chiamati alla santità; per tutti ci sono le grazie necessarie e sufficienti; nessuno è escluso! Come ha sottolineato il Concilio Vaticano II: «Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità... Nei vari generi di vita e nei vari uffici un’unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre, seguono Cristo povero, umile, e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria» (Lumen gentium, 40b, 41a).
Ed ancora: «Tutti i fedeli quindi sono invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del proprio stato» (Ivi, 42e).
Don Orione, suor Maria Anna e Bartolo Longo, nel richiamarci questa dottrina fondamentale, ci danno una lezione di suprema importanza: la necessità della propria santificazione, perseguita con serietà, sincerità, umiltà e costanza: «Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia!» (Mt 6,33), ammoniva Gesù.
La tentazione più subdola, e sempre ricorrente, è quella di voler cambiare la società mutando solamente le strutture esterne; di voler rendere felice l’uomo sulla terra, soddisfacendo unicamente ai suoi bisogni e ai suoi desideri. I nuovi beati che oggi preghiamo dicono a tutti, sacerdoti, religiosi e laici, che l’impegno primo e più importante è quello di cambiare sé stessi, di santificare sé stessi, nell’imitazione di Cristo, nella metodica e perseverante ascetica quotidiana: il resto verrà in conseguenza.
Eleviamo fidenti la nostra preghiera ai nuovi beati, che già hanno raggiunto la gioia eterna del cielo: Don Luigi Orione, suor Maria Anna Sala, Bartolo Longo intercedete per la Chiesa, che avete tanto amato! Aiutateci, illuminateci, accompagnateci nel nostro cammino, sempre avanti, con Maria! Estendete il vostro sguardo e il vostro amore all’umanità intera, bisognosa di certezza e di salvezza! E attendeteci nella gloria del cielo, che già possedete! Amen! Amen! Alleluia!
[Acta Apostolicae Sedis 72 (1980), 1086–1090; L’Osservatore Romano, 27–28 ottobre 1980, 1–2].
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LETTERA APOSTOLICA IN VARIIS VITAE
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
CON LA QUALE IL VENERABILE SERVO DI DIO LUIGI ORIONE
VIENE ISCRITTO NELL’ALBO DEI BEATI
Città del Vaticano. Domenica 26 ottobre 1980
In variis vitae generibus et officiis una sanctitas excolitur ab omnibus, qui a Spiritu Dei aguntur, atque voci Patris oboedientes Deumque Patrem in spiritu et ventate adorantes, Christum pauperem, humilem, et crucem baiulantem sequuntur» (Conc. Vat. II, Lumen gentium, 41). Ad hanc vero sanctitatem adquirendam «peculiari ratione tenentur sacerdotes, quippe qui, Deo in Ordinis receptione novo modo consecrati, Christi Aeterni Sacerdotis viva instrumenta efficiantur, ut mirabile opus Eius... per tempora perequi valeant» (Conc. Vat. II, Presbyterorum ordinis, 12). Huiusmodi autem singularis sanctitatis specimina portendit hisce nostris temporibus sacerdos Aloisius Orione, cuius fama per universum fere orbem iam late praedicatur. Is in humili prorsus pago Pontecurone, Derthonensis dioecesis, ex patre Victorio et matre Carolina Feltri pauperibus piisque coniugibus, ortum habuit die vicesima tertia mensis Iunii anno MDCCCLXXII, ac postridie in paroeciali templo S. Mariae in coelum Assumptae baptizatus est, nomine accepto Aloisio.
Cum septimum aetatis annum ageret sacro Chrismate est linitus, ac parum postea ad sacram Synaxim primum accessit. Vocationem ad statum ecclesiasticum puer adhuc persentiens, anno MDCCCCLXXXVI in percelebre oratorium Taurinense a S. Ioanne Bosco fuit admissus, ubi Beatum Michaelem Rua confessarium habuit et animi moderatorem.
Tribus vero annis postes, iuxta consilium quod ad sepulcrum S. Ioannis Bosco ceperat, seminarium Derthonense petiit, ubi pietate, studiis ac disciplinae observantia excelluit. Studiorum curriculo rite absoluto, die decima tertia mensis Aprilis anno MDCCCXCV, viginti tres annos natus, ad Presbyteratum fuit promotus, ac statim actuositatem pastoralem, quam antes inter pueros iam inceperat, in dies impensius exercuit, praedicationi praesertim et audiendis confessionibus maximo animi ardore addictus. Studio incensissimo captus omnes homines, si fieri posset, Christo lucrifaciendi, nihil omisit ut quos inveniret ad hunc finem dispositos sibi coniungeret ac suis incoeptis sociaret.
Binam etiam religiosam Familiam excitavit, aliam virorum, Piccola Opera della Divina Provvidenza lingua Itala nuncupatam, alteram vero mulierum, Piccole Suore Missionarie della Carità appellatam, cui postes peculiarem ramum addidit Sororum caecitate laborantium, quae SS. Eucharistiam indesinenter adorant. Summi Pontifices, praesertim vero S. Pius X, Aloisium Orione magni habuerunt. Plures quoque Patres Cardinales, Episcopi nec non civiles perillustres viri suam admirationem atque affectionem eidem ob egregia eius facinora pandere non dubitaverunt. Inter quae illud mentione dignum est quod obiit occasione terrae motuum, qui anno MCMVIII Siculas et Calabras, anno vero MCMXV Marsicanas regiones everterunt, cum Dei Famulus die noctuque eversos locos impigre peragravit, subsidia tulit, orphanos collegit, maerentes solatus est, cibos et vestes, nomine et auctoritate cum Ecclesiae tum etiam Rei publicae sapienter distribuit. Nec minorem ostendit caritatem cum prudentia coniunctam erga sacerdotes, modernistarum erroribus allectos vel in vitia lapsos, quos ad bonam frugem reducere conatus est. De unitate, praeterea, inter christianos redintegranda maximopere fuit sollicitus, quare domus religiosas in orientalibus plagis, praesertim vero inter Polonorum fines, fundandas curavit. Tot laboribus, itineribus, vigiliis, ieiuniis ac diversis etiam morbis gradatim fractus, die duodecima mensis Martii anno MCMXL, dum Remopoli recuperandae salutis causa consisteret, subitaneo cordis ictu fuit correptus, ac nomine Iesu, quod saepissime in ore habere consueverat, ferventissime ter prolato, animam suam Domino reddidit.
Fama autem sanctitatis post eius obitum late percrebrescente, Processus Ordinarius Informativus in Curia Derthonensi fuit rite institutus; ac post disceptationem apud S. Congregationem Rituum de more absolutam, Ioannes XXIII P. M. Commissionem Introductionis Causae sua manu signavit die undetricesima mensis martii, anno MCMLXIII.
Deinde, Apostolicis Processibus tutu Derthonae tum Messanae confectis, de virtutibus fuit disceptatum, et quidem primum in Congressu Peculiari Officialium Praelatorum et Patrum Consultorum die septima mensis Iunii anno MCMLXXVII, postes in Congregatione Plenaria Patrum Cardinalium die vicesima secunda mensis Novembris eiusdem anni habita. Quibus praehabitis, Paulus VI, Decessor Noster, die sexta mensis Februarii anno MCMLXXVIII, sollemniter edixit Aloisium Orione virtutes tum theologales tum cardinales heroum more exercuisse.
Mox accessit disceptatio de miraculo, per intercessionem Dei Famuli divinitus patrato, de mira scilicet sanatione adulescentis Georgii Passamonti, super qua Processus tutu Ordinarius tutu Apostolicus in Curia Laudensi habitus antes fuerat. Postquam vero Medicorum Consilium S. Congregationis pro Causis Sanctorum unanimi consensione praedictam sanationem praeter naturae vires evenisse dixerat, primum Praelati Officiales Patresque Consultores in Peculiari Congressu die octava mensis Ianuarii anno MCMLXXX habito, deinde Patres Cardinales in Congregatione Plenaria diei vicesimae secundae mensis Februarii eiusdem anni disceptaverunt.
Nos vero, post relationem Nobis a Cardinali Praefecto de re factam, die undetricesima mensis Aprilis anno MCMLXXX ediximus constare de proposito miro. Cumque de existentia signorum in Congressu Ordinario diei decimae tertiae mensis Iunii eiusdem anni sat constitisset, petitam dispensationem ab altero miraculo ad Beatificationem requisito die undevicesima eiusdem mensis et anni concessimus. Quibus omnibus expeditis, Nos hanc diem vicesimam sextam mensis Octobris anno MCMLXXX ad Beatificationem sive Aloisii Orione Sacerdotis, sive Annae Mariae Sala Religiosae, sive Bartholomaei Longo statuimus. Qua, adstantibus nonnullis Patribus Cardinalibus, plurimis Episcopis et ingenti christifidelium turba, in Petriano foro inter Missarum sollemnia haec verba pronuntiavimus: «Nos, vota Fratrum Nostrorum Aloisii Bongianino, episcopi Derthonensis, Caroli Mariae Martini, archiepiscopi Mediolanensis, Dominici Vacchiano, Praelati Pompeiani seu Beatissimae Virginis Mariae a SS.mo Rosario, necnon plurium aliorum Fratrum in Episcopatu, multorumque christifidelium explentes, de Sacrae Congregationis pro Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus, ut Venerabiles Servi Dei Aloisius Orione, Maria Anna Sala, Bartholomaeus Longo, Beatorum nomine in posterum appellentur, eorumque festum die ipsorum natali: Beati Aloisii Orione, die duodecima Martii, Beatae Mariae Annae Sala, die vigesima quarta Novembris, Beati Bartholomaei Longo, die quinta Octobris, in locis et modis iure statutis, quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti».
Dein sermonem de novensilibus Beatis habuimus, eorumque protectionem primi invocavimus. Ceterum haec quae gessimus rata esse iubemus, contrariis nihil obstantibus.
Datum Romae, apud S. Petrum, sub anulo Piscatoris, die XXVI mensis Octobris, anno MCMLXXX, Pontificatus Nostri tertio.
Ioannes Paulus Pp. II
[Acta Apostolicae Sedis 73 (1981), 477–480. Di questa Lettera apostolica non esiste una traduzione nelle lingue moderne].
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ANGELUS
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Domenica 26 ottobre 1980
Oggi, in questo nostro incontro all’«Angelus», desidero insieme con voi, cari romani e cari pellegrini, esprimere prima di tutto la gratitudine allo Spirito Santo, dato da Cristo agli apostoli e alla Chiesa per compiere in essa l’opera di unità e di santità. [...]
Oggi, terminati i lavori del Sinodo, desidero dinanzi a voi, ed insieme a voi qui riuniti, esprimere la gratitudine allo Spirito Santo, per questa opera di unità che egli ha compiuto ai nostri occhi.
Desidero anche esprimere la gratitudine per l’opera di santità, di cui noi siamo stati partecipi oggi, ultima domenica di ottobre, mediante la beatificazione di Don Luigi Orione, di Suor Maria Anna Sala e di Bartolo Longo: il primo, fondatore dei Figli della Piccola Opera della Divina Provvidenza e delle Piccole Suore Missionarie della Carità; la seconda, delle religiose Marcelline di Milano; e il terzo, ideatore del famoso santuario di Pompei, dedicato alla Madonna del Rosario.
Un sacerdote, una religiosa ed un laico! Tutta la Chiesa oggi esulta di gioia e di riconoscenza verso l’Altissimo e verso i tre nuovi beati, che invoca con filiale preghiera. Che cosa hanno compiuto di eroico durante la loro vita? Hanno amato! Sempre, con coraggio, con costanza! Hanno amato Dio come Padre, con ardente fervore e con totale fiducia; hanno amato la Chiesa con umiltà e obbedienza, cercando di perfezionarla con la propria santificazione; hanno amato l’Italia loro diletta patria, con impegno operoso e continuo, aiutando i poveri, consolando gli afflitti, accogliendo gli abbandonati, educando i fanciulli e i giovani, responsabilizzando tutti con la loro testimonianza.
Invochiamo con affetto i nuovi beati! Ascoltiamoli! Imitiamoli! Essi continuano ad amarci e ad aiutarci dal cielo.
[L’Osservatore Romano, 27–28 ottobre 1980, 3].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE
DI DON LUIGI ORIONE
Sala Clementina, Città del Vaticano. Lunedì 27 ottobre 1980
Accogliete il mio saluto più affettuoso, voi, religiosi e religiose di Don Orione, Superiori, Sacerdoti, Suore e fratelli, che oggi giustamente esultate e sentite più vicina e più confidente la dolce e austera figura del vostro Padre Fondatore. Don Orione, che con la sua lungimirante intelligenza comprese perfettamente le caratteristiche e le necessità di questo nostro secolo, ora, in modo speciale, dopo la sua beatificazione, vuole illuminarvi, incoraggiarvi, confortarvi, per essere sempre suoi degni Figli, intrepidi testimoni della fede cristiana, ardenti consolatori dell’umanità nelle sue ricorrenti miserie, apostoli fedeli e concreti della carità di Cristo. I tempi sono difficili e talvolta l’animo è turbato e depresso. Ebbene, proprio per questo nostro tempo e per questi momenti, Don Orione, nella felicità ormai raggiunta, vi dice: «Su, animo, cari figliuoli! E siate fin lieti di soffrire: voi soffrite con Gesù Crocifisso e con la Chiesa; non potete fare nulla di più caro al Signore e alla Santissima Vergine, siate felici di soffrire e di dare la vita nell’amore di Gesù Cristo» (Lettera del 21 agosto 1939).
Auspico di cuore che la gioia che oggi provate per l’esaltazione del vostro Fondatore rimanga nei vostri animi, a perenne consolazione e come irradiazione del vostro amore a Dio e alle anime, sulle sue orme.
In questo nostro incontro, in cui ci pare quasi di vedere qui con noi lo stesso Don Orione, con il suo sorriso buono e confidente, con il suo volto sereno e volitivo, desidero lasciarvi un’unica esortazione, che sgorga dall’ansietà pastorale di chi presiede tutta la Chiesa: mantenete il suo spirito! Mantenetelo integro e infuocato in voi stessi, nella vostra Congregazione, in tutti i luoghi dove siete chiamati a lavorare!
Ciò che San Paolo raccomandava ai Tessalonicesi: «Non spegnete lo Spirito!» (1 Tes 5,19), lo ripeto pure a voi, lo dico pure a voi. Mantenete vivo e fervoroso il suo spirito, nonostante avversità e tentazioni, ricordando ciò che diceva lui stesso: «Non vi è altra scuola per noi, un altro maestro né altra cattedra che la Croce. Vivere la povertà di Cristo, il silenzio e la mortificazione di Cristo, l’umiltà e l’obbedienza di Cristo nella illibatezza e santità della vita: pazienti e mansueti, perseveranti nella orazione, tutti uniti di mente e di cuore in Cristo: in una parola, vivere Cristo» (Lettera del 22 ottobre 1937). Sono parole meravigliose, una perfetta sintesi di dottrina e di pratica; ma sono anche parole impressionanti ed esigenti, che danno una caratteristica decisiva e definita alla vita del cristiano.
Lo spirito del Beato Don Orione inondi i vostri animi, li scuota, li faccia fremere di santi propositi, li lanci verso gli ideali sublimi che lui stesso visse con eroica costanza. Vi aiuti, vi conforti sempre, vi assista Maria Santissima, che fu sempre la stella luminosa nel cammino di Don Orione, la Madre confidente, l’ideale vissuto e predicato con immenso affetto. «Fede e coraggio, o miei figliuoli, vi dico con lui: Ave Maria e avanti! Dacci, o Maria, un animo grande, un cuore grande e magnanimo, che arrivi a tutti i dolori e a tutte le lacrime... La nostra celeste Madre ci aspetta, ci vuole tutti in Paradiso!» (dal Santuario di Itatì, 27 giugno 1937). E vi accompagni sempre l’Apostolica Benedizione, pegno della mia costante benevolenza.
[L’Osservatore Romano, 27–28 ottobre 1980, 4].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI POLACCHI CONVENUTI A ROMA
IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI DON LUIGI ORIONE
Sala Clementina, Città del Vaticano. Martedì 28 ottobre 1980
La Congregazione che il Beato Don Orione ha fondato porta il nome di «Piccola Opera della Divina Provvidenza». E proprio questa Divina Provvidenza, che così profondamente era inserita nel cuore e nell’attività del Beato Don Orione, proprio questa Divina Provvidenza dobbiamo ringraziare con atto di adorazione, tanto per quello che è avvenuto, come per il come è avvenuto. Ossia per questo: perché questo grande Innamorato di Dio e dell’uomo, specialmente dell’uomo sofferente, ha potuto essere annoverato nell’albo dei Beati, e perché la beatificazione è venuta dal Papa che, a motivo della sua origine polacca, ha verso Don Orione, come pure verso la sua Congregazione, dei debiti speciali.
Sono tanto contento del fatto che nella sua persona, nella sua figura, elevata agli altari, la Chiesa ha un nuovo esemplare di santità e di santità contemporanea, realizzata nei nostri tempi, nel nostro secolo e destinata ai nostri tempi, al nostro secolo.
Gioiamo tutti del fatto che nella sua figura, nella figura di Don Orione elevata agli altari come Beato, la sua Famiglia spirituale – la Congregazione dei sacerdoti e dei coadiutori Orionini, la Congregazione delle Suore Orionine e le altre Congregazioni basate sulla stessa spiritualità – troveranno quasi una nuova ispirazione della loro missione, a quella missione, tanto evangelica, che non perde mai la sua attualità, anzi, in ogni luogo del mondo e in ogni epoca della storia è ugualmente necessaria perché l’uomo viva. Senza l’amore l’uomo muore. Sono necessari questi grandi uomini della carità perché l’uomo non muoia, anche allora quando l’umanità e la società sembrano di vivere in agonia.
Ringrazio, dunque, insieme a voi la Divina Provvidenza per questo nuovo Beato della Chiesa e sono contento di poterlo fare in comunione con voi, miei compatrioti. Oltre la lingua, che è una grande realtà della cultura e della storia e anche un fondamentale mezzo di comunicazione tra gli uomini – come ben sappiamo, che purtroppo questo mezzo qualche volta delude – c’è anche il cuore umano, che è un mezzo ancor più universale, più profondo e più efficace perfino della stessa lingua umana. Così Don Orione probabilmente non conosceva la lingua polacca, anzi suppongo che certamente non la conosceva e non aveva facilità di impararla, così come vedo che anche ai suoi compatrioti non è facile di impararla, mentre noi ci troviamo in una situazione migliore: per noi è più facile imparare la loro lingua.
Tuttavia il Beato Don Orione che non conosceva la lingua polacca aveva a sua volta un grande dono interiore, un dono di Dio, radicato nel suo cuore, che gli permetteva di capire la Polonia anche senza la lingua, di capire la sua storia, di comprendere la sua difficile missione nella comunità dei popoli e delle nazioni d’Europa e del mondo, di comprendere e profondamente partecipare alle sue lotte per la nostra e vostra libertà, comprendere e caldeggiare con rispetto i suoi sforzi legati al desiderio di una vita degna di una nazione. Lui comprendeva tutto questo con il suo cuore.
Il Sig. Primate ha gentilmente accennato anche al grande attaccamento del Beato alla Sede Apostolica, alla persona del successore di San Pietro, al Papa. Mi permetto di dedurre da ciò ancora una conclusione.
Penso che questo Papa venuto dalla Polonia abbia anche in paradiso un nuovo Patrono che intercede per lui, e che – nella luce del regno a cui apparteniamo e al quale tendiamo – sostiene il suo servizio, le sue iniziative e la sua umana debolezza in questo posto al quale è piaciuto alla Divina Provvidenza di metterlo, di chiamarlo. Questa mia grande fiducia nella intercessione del Beato Don Orione desidero proclamarla davanti a tutti voi che siete figli e figlie spirituali, davanti a voi tutti che siete i miei compatrioti.
[Il Discorso in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede. Il testo originale polacco compare in: Jan Pawel II o życiu zakonnym, Poznań–Warszawa 1984, 145–149. La traduzione italiana qui riportata compare in Messaggi di Don Orione 37 (2005), n. 117, 15–17].
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UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
A UN PELLEGRINAGGIO DI MALATI INGLESI
ASSISTITI DA RELIGIOSI DI DON LUIGI ORIONE
Sagrato della Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 29 ottobre 1980
Among the visitors present today I wish to welcome a group of the sick, who are assisted by the Religious of Don Orione.
Remember always, dear friends, that in your sufferings and pain Christ continues his own great mission of redemptive love. And may the bright ideal of loving service be always kept alive in those who follow in the footsteps of Don Orione.
[L’Osservatore Romano, 30 ottobre 1980, 1]
34
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI GENOVESI
E AGLI EX ALLIEVI DI DON LUIGI ORIONE
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Sabato 10 marzo 1984
Carissimi fratelli e sorelle di Genova!
Siate benvenuti: vi apro il cuore col più cordiale saluto! Vi ringrazio per questa vostra dimostrazione di fede cristiana, e per questo attestato di comunione ecclesiale che voi oggi avete voluto dare al Papa, in occasione della celebrazione del vostro Giubileo, qui a Roma, sulle venerate tombe degli apostoli e dei martiri, e nella circostanza della solenne canonizzazione della beata Paola Frassinetti, illustre figlia della vostra nobile terra. [...]
Mi rivolgo ora agli ex allievi di Don Orione! Carissimi, sono lieto di partecipare personalmente alla commemorazione del 50 anniversario di fondazione della vostra associazione!
Infatti, nel maggio del 1934, Don Orione, in procinto di lasciare l’Italia per il Sud–America, teneva a Tortona, nella Casa madre, il primo convegno degli ex allievi. L’aveva preparato lui stesso, inviando centinaia di inviti ai giovani, che erano stati educati nelle sue case, e progettando già uno schema di statuto. Egli voleva con ciò formare una famiglia tra gli ex allievi, non abbandonare i giovani nelle lotte e nelle difficoltà della vita, mantenerli fedeli ai principi cristiani ricevuti mediante il legame dell’amicizia. Un mezzo secolo è passato da quella data, e la vostra associazione si è dilatata in numerosi Paesi del mondo.
Vi ringrazio di cuore per la vostra presenza e porgo il mio saluto al direttore generale Don Ignazio Terzi, al presidente dottor Marco Antonelli, ai consiglieri della Congregazione, ai sacerdoti incaricati del movimento e a voi tutti, cari ex allievi, e alle vostre famiglie.
Riandando col pensiero a quel primo convegno organizzato da Don Orione, dobbiamo prima di tutto ringraziare il Signore per questi cinquant’anni di attività dell’associazione da lui voluta e fondata, che certamente tanto bene ha compiuto tra gli ex allievi dei vari istituti e nelle loro famiglie. Alcuni di voi hanno conosciuto Don Orione personalmente; tutti avete potuto comprendere e respirare la sua spiritualità e i suoi ideali; e tutti avete potuto anche sperimentare la validità del vostro sodalizio. E questo è certamente un dono prezioso che la Provvidenza ha voluto farvi, e di cui dovete essere particolarmente riconoscenti.
Avete avuto da Don Orione la limpida lezione della sua fede cristiana, e cioè l’amore alla verità e quindi alla Chiesa e al Vicario di Cristo, e l’austerità di vita nella prospettiva dell’eternità e della carità: l’associazione, mediante i rapporti personali tra gli ex allievi, il bollettino mensile, gli incontri e i convegni annuali o periodici, vuole mantenervi fedeli a questo spirito, dandovi la forza di conservare il patrimonio spirituale ricevuto e il coraggio di testimoniarlo e comunicarlo. Siate dunque sempre fieri di appartenere agli amici di Don Orione, e dovunque vi troviate fate onore alla formazione che avete avuto nel suo nome!
Dando ora uno sguardo al futuro, sento nel mio intimo di non potervi proporre altro programma che le stesse parole, da voi certo ben conosciute, che Don Orione scriveva dall’America: «Cari ex allievi, che siete tanta parte della nostra vita e del nostro cuore! Siate amanti delle vostre famiglie; mantenetevi morali e buoni; vivete da veri cristiani; pregate; frequentate i sacramenti; santificate la festa; non arrossite del Vangelo, né della Chiesa. Abbiate il coraggio del bene e dell’educazione cattolica e italiana ricevuta; diffondete lo spirito della bontà; perdonate sempre; amate tutti; siate umili, laboriosi, franchi e leali in tutto; di fede, di virtù, di onestà ha estremo bisogno il mondo».
Sono parole di una semplicità e di una profondità stupende, che non esigono commento; fedeltà al messaggio di Cristo e impegno nella carità! Ed è il messaggio che vi ha per sempre lasciato come incoraggiamento a vivere cristianamente nella società, e a testimoniare la salvezza portata da Cristo anche agli uomini d’oggi, frastornati e delusi, e tuttavia in ansiosa ricerca dell’autentica verità.
Nell’esortarvi a un sincero impegno nell’educazione cristiana delle vostre famiglie, affinché proprio da esse possano sorgere numerose vocazioni sacerdotali e religiose, vi imparto la mia benedizione, che di cuore estendo a tutta la grande famiglia degli amici di Don Orione.
[L’Osservatore Romano, 12–13 marzo 1984, 5].
35
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PADRI ROGAZIONISTI DI GROTTAFERRATA
Casa di formazione dei Padri Rogazionisti, Grottaferrata. Sabato 29 dicembre 1984
Carissimi!
Sono molto lieto di trovarmi qui con voi, superiori e chierici Rogazionisti, in occasione delle feste natalizie: sono venuto per visitare il presepio da voi allestito, ma anche per avere la gioia di incontrarmi con voi e di poter pregare insieme a voi nella soave commemorazione della nascita del divin Redentore.
Saluto cordialmente il Superiore generale e lo ringrazio per le parole rivoltemi; saluto ognuno di voi, cari giovani, che in questa casa di raccoglimento e di formazione attendete a prepararvi al sacerdozio e alla missione pastorale, seguendo la spiritualità e le direttive del vostro venerabile fondatore, il servo di Dio Annibale di Francia. [...]
Egli visse in un periodo non facile, ma non si spaventò mai né dei tempi né degli uomini e non si perse mai in vane chiacchiere. C’era molta gente che soffriva la povertà, la miseria, l’abbandono; molti orfani specialmente erano vittime della situazione precaria: e allora bisognava aiutare questi poveri, amarli, proteggerli, difenderli, come già facevano Don Bosco, padre Ludovico da Casoria, Don Orione, il Murialdo e molti altri.
Con alcune leggi governative erano stati chiusi molti conventi e dispersi i religiosi (29 maggio 1855, 7 luglio 1866): e allora era necessario che fossero presenti molti sacerdoti, ben preparati e soprattutto totalmente consacrati all’annunzio del Vangelo e alla pratica della carità. Si potrebbe dire che l’accettazione della realtà umana e storica e la santificazione di essa formano gli elementi essenziali della spiritualità di Annibale di Francia, realizzati concretamente nell’esercizio costante e totale della carità e nella preghiera assidua per le vocazioni sacerdotali e religiose. [...].
[L’Osservatore Romano, 30 dicembre 1984, 5].
36
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI LAVORATORI DURANTE LA VISITA
AL CENTRO DI TELESPAZIO
Stazione di Telespazio. Domenica 24 marzo 1985
Carissimi lavoratori della campagna, dell’industria, dell’artigianato!
Anche se con qualche giorno di ritardo rispetto a quanto precedentemente programmato, sono molto lieto di essere tra voi, in questa vostra terra della Marsica, una regione che, nella sua storia recente, manifesta in modo singolare quali rapidi sviluppi sociali, quali profonde trasformazioni, quali meravigliosi progressi possano ottenere gli uomini quando nel loro lavoro congiungono impegno e solidarietà, tenace volontà di promozione e perspicacia. [...]
È questa la realtà del lavoro che trova compimento anche nella vostra storia in una maniera che suscita ammirazione e commozione. Ammirazione per quanto avete saputo fare voi e i vostri padri di questa terra della Marsica: per i vostri campi dove prima si stendevano le acque del lago del Fucino e su queste montagne che vi circondano; per lo sviluppo industriale che siete riusciti a darvi. Ammirazione che si fa commozione ripensando all’immane fatica e al coraggio dimostrato, lungo tanti anni della vostra storia, nei frangenti difficili, fra i quali emerge, in tempi recenti, il tremendo terremoto del 1915. Né va dimenticato il sofferto cammino dei vostri emigranti per tutte le regioni del mondo. Un’esperienza di sacrificio, di dolore e insieme di grande dignità e solidarietà.
E le tribolazioni non sono finite, se pensiamo al rischio incombente, e da taluni già in corso, della disoccupazione e sottoccupazione. Eppure non vi siete arresi, né vi arrenderete, perché Dio è con voi. Ne avete sentito e ne sentite l’appassionata partecipazione alle vostre tribolazioni nella presenza di tanti suoi ministri che condividono la vostra vita.
Parlando di questo, il pensiero va ad una delle figure più luminose che restano nella vostra memoria dai tempi del terremoto di settanta anni fa: il beato Luigi Orione. Quest’umile e povero prete, intrepido e instancabile, divenne per voi testimonianza viva dell’amore che Dio ha nei vostri confronti. Questo modello di santo dei poveri non è il solo a chinarsi sulle membra doloranti dell’umanità. Egli entra a far parte della lunga schiera di testimoni che con la loro condotta hanno manifestato qualcosa di più che una solidarietà semplicemente umana, addolcendo il sudore amaro della vostra fronte con parole e fatti di liberazione, di redenzione, e quindi di sicura speranza. […].
[L’Osservatore Romano, 25–26 marzo 1985, 4].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI MALATI DEL PICCOLO COTTOLENGO DI DON LUIGI ORIONE, IN GENOVA
Istituto Paverano, Genova. Domenica 22 settembre 1985
La gioia di questo incontro, che ho vivamente desiderato, vuole esprimersi prima di tutto attraverso i saluti. Con piena effusione di cuore vi saluto e idealmente abbraccio tutti, ad uno ad uno, carissimi fratelli e sorelle, variamente provati dalla malattia e dall’infermità, ospiti dei diciotto distinti reparti che formano il vasto complesso di questa benemerita istituzione, e quanti sono accolti nelle altre quattro sedi di cui si compone il Piccolo Cottolengo di Genova. Nel farmi prossimo a ciascuno di voi, mi inchino commosso dinanzi al vostro dolore e vi invoco dalla bontà del Signore ogni consolazione, in conformità ai bisogni e ai desideri che custodite nell’animo.
Mi è caro parimenti rivolgere il mio cordiale saluto a coloro che si prodigano nella vostra assistenza: medici, infermieri, inservienti, volontari, impiegati, e in modo particolare ai religiosi e alle religiose della «Piccola Opera della divina Provvidenza», che tra queste mura, con apprezzata dedizione, rendono costantemente viva la presenza del loro grande pastore, il beato Luigi Orione.
Qui, invero, tutto parla di lui, dell’umile e fervido sacerdote che, nel 1933, fondò e aprì personalmente l’Istituto, a conforto dei fratelli più poveri e bisognosi, all’ombra del santuario di Nostra Signora della Guardia, dopo aver trascorso una notte in preghiera dinanzi alla cappella dell’Apparizione.
In questo centro, come negli istituti ad esso collegati, rivive il genio della carità, che in Don Orione si tradusse come peculiare carisma nella fiducia della divina Provvidenza. Si respira così un clima di intensa spiritualità; quella spiritualità tanto eloquente che nasce dal dolore accettato nella luce del Cristo crocifisso, e inserita nel misterioso disegno di Dio, il quale, nella sua insondabile grandezza di cuore, tutto conduce a buon fine. Poiché Dio «non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande» (A. Manzoni, I promessi sposi, cap. VIII).
«Nulla è più caro al Signore che la fiducia in lui. E noi vorremmo avere una fede, un coraggio, una confidenza tanto grande, quanto è grande il cuore di Gesù che ne è il fondamento»: così scriveva Don Orione da Buenos Aires, dando vita al Piccolo Cottolengo nella capitale argentina. E insisteva: «Il Piccolo Cottolengo si regge “in Domino”, sulla fede; vive “in Domino”, della divina Provvidenza e della vostra generosità; si governa “in Domino”, cioè con la carità di Cristo... Tutto dipende dalla divina Provvidenza: chi fa tutto è la divina Provvidenza e la carità di cuori misericordiosi, mossi dal desiderio di fare il bene, come il Vangelo insegna, a quelli che ne hanno più bisogno».
Se il Paverano si è sviluppato fino ad essere oggi il più grande istituto del genere in Liguria, con una popolazione che supera complessivamente il migliaio, dotato di moderne strutture sanitarie, è anche perché Genova ha fatto proprio l’insegnamento e l’esempio di Don Orione, e ha efficacemente collaborato con la Provvidenza. Io sono particolarmente lieto di rendere omaggio alla generosità dei genovesi, nella certezza che essa continuerà ad espandersi in una sempre più ampia dilatazione di carità.
Il retaggio spirituale dell’insigne sacerdote, che ho avuto il privilegio di ascrivere nell’Albo dei Beati, costituisce uno stimolo speciale a che l’assistenza sia sempre scrupolosamente praticata come esercizio di quella sublime carità che è medicina delle anime e alleata al sollievo delle membra sofferenti.
In una memorabile conferenza tenuta all’università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano, nel dicembre 1937, Don Orione ebbe queste appassionate e ferme espressioni: «Nel più misero degli uomini brilla l’immagine di Dio; siamo apostoli di carità... Seminiamo a larga mano sui nostri passi opere di carità e di amore; asciughiamo le lacrime di chi piange; sentiamo il grido angoscioso di tanti nostri fratelli che soffrono e anelano a Cristo; andiamo loro incontro da buoni samaritani».
Sono parole di grande attualità. Esse anticipano una delle più profonde dimensioni del Concilio Vaticano II, che Paolo VI condensò sagacemente nella formula: «Per conoscere l’uomo bisogna conoscere Dio». «Se noi ricordiamo, affermò quel mio indimenticabile predecessore, come nel volto di ogni uomo, specialmente se reso trasparente dalle sue lacrime e dai suoi dolori, possiamo e dobbiamo ravvisare il volto di Cristo... e se nel volto di Cristo possiamo e dobbiamo ravvisare il volto del Padre celeste... il nostro umanesimo si fa cristianesimo e il nostro cristianesimo si fa teocentrico; tanto che possiamo altresì enunciare: per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo» (Insegnamenti di Paolo VI, III, 1965, p. 731).
Nella densità di questi concetti si profila con chiarezza il valore umano e cristiano di ogni sofferenza e, d’altra parte, l’obiettivo finale di chi alle umane sofferenze si accosta con lo spirito del samaritano.
Qui con voi, sotto il tetto del vostro dolore, amatissimi ammalati, quelle parole di Paolo VI, che formano una parte cospicua dell’eredità del Concilio, avvicinate agli aneliti di Don Orione, assumono nell’anima mia vibrazioni particolari. Vent’anni fa le ascoltai come uno dei Padri conciliari. Oggi vado dispiegando l’impegno di approfondirne l’applicazione come pastore della Chiesa universale. Perciò, mentre addito a voi, nelle angustie della malattia o dell’infermità, le alte mete della fede, vi domando anche di essermi vicini spiritualmente, offrendo le vostre sofferenze come preghiera vissuta, con la particolare intenzione di ottenere dal Signore che il prossimo sinodo straordinario dei Vescovi favorisca «l’ulteriore approfondimento e il costante inserimento del Vaticano II nella vita della Chiesa, alla luce delle nuove esigenze», come precisai all’atto dell’indizione il 25 gennaio scorso.
In tale fiducia, rinnovandovi i miei affettuosi sentimenti, imparto di cuore la benedizione apostolica, propiziatrice di ogni desiderato bene.
[L’Osservatore Romano, 23–24 settembre 1985, 1.7].
38
OMELIA DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA VISITA ALL’ISTITUTO «DON ORIONE» IN ROMA
PER L’INAUGURAZIONE DELLA IX EDIZIONE
DEI «CAMPIONATI ITALIANI SPORT PER HANDICAPPATI»
Centro Don Orione, Monte Mario, Roma. Domenica 8 giugno 1986
«Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!» (1 Cor 9,24).
Con queste parole, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura di questa celebrazione eucaristica, l’apostolo Paolo, rivolgendosi ai cristiani di Corinto che avevano una certa dimestichezza con i giochi istmici, li esortava a condurre una vita coraggiosa, sobria e temperante come gli atleti, con la differenza però che questi lo facevano per «una corona corruttibile», i cristiani invece per una «incorruttibile», cioè eterna.
Essere cristiani vuol dire assomigliare agli atleti che corrono per essere primi, per «essere alla testa dei tempi», come diceva Don Orione. Essere primi non significa però mettersi alla ricerca dei primi posti e di onori, ma prendere prima di tutto coscienza della propria responsabilità di credenti davanti al mondo, che attende con ansia «la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,19). Questo, infatti, non è in grado di dare da sé un senso alla vicenda della vita umana e aspetta che coloro ai quali «sono stati rivelati i misteri del regno di Dio» (Mt 13,11) lo annuncino con la forza, la gioia e la credibilità donate dallo Spirito. Per questo il cristiano non può rinunciare ad essere uomo di avanguardia, attento a interpretare i «segni dei tempi» (Mt 16,13) e ad offrire le risposte più adeguate.
Come abbiamo ascoltato, il cristiano è un uomo che corre per conquistare il premio incorruttibile. In ciò l’impegno dei credenti deve distinguersi per qualità e profondità da una generica azione in favore del progresso sociale. Noi sappiano che la meta ultima della nostra esistenza, resaci possibile dall’iniziativa gratuita di Dio, che si è chinato sulla nostra povertà, è la vita eterna, la pienezza della vita, la pienezza della comunione gioiosa con lui. I cristiani «dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo» (Ad Diognetum, V,9).
È questa la certezza che avvalora ogni nostra azione e le conferisce perenne novità, possibilità di redenzione e autentica libertà di spirito. Di questi grandi valori dobbiamo essere testimoni davanti al mondo, in conformità alla nostra vocazione battesimale. Ma questa testimonianza esige, come ci ha ricordato l’apostolo, serietà, spirito di sacrificio, strenuo impegno di annunciare con la vita ciò che indichiamo con le parole, sapendo che tutti «riceveremo un giudizio più severo» (Gc 3,1), se non saremo, ciascuno nella propria forma ministeriale, servitori della parola di Dio.
La pagina di San Paolo può quest’oggi illuminare di riflesso anche il mondo dello sport, al quale sempre mi sono rivolto con grande simpatia. Non è infatti privo di importanza che proprio la vita agonistica sia stata scelta come metafora della vita dei credenti. Essa infatti esige generosità, abnegazione, concordia, coraggio: ideali che vedo espressi in maniera tutta particolare in competizioni di alto valore formativo come i vostri «Campionati italiani sport per handicappati».
Questi vi consentono di approfondire i vincoli di solidarietà che vi legano come fratelli, di riscoprire la bellezza del gesto di vera amicizia tra concorrenti, senza che sia d’ostacolo la differenza di nazione, di fede o di cultura. E quando tutto ciò avviene nel segno di Cristo, si offre limpida la possibilità di testimoniare che c’è un modo cristiano di essere atleti e c’è un modo cristiano di essere uomini.
Sono venuto molto volentieri tra voi, atleti giunti da molte città italiane, per celebrare l’Eucaristia e per inaugurare ufficialmente la nona edizione dei «Campionati italiani sport per handicappati». Mi dà gioia essere qui in un’occasione tanto importante, che vede un così singolare accordo di solidarietà e di testimonianza da parte di tutti voi. Saluto con voi le autorità presenti, in modo particolare il sindaco di Roma, on. Nicola Signorello, e tutti coloro che hanno organizzato e patrocinato queste Olimpiadi della solidarietà. In maniera speciale saluto la «Polisportiva Don Orione», che, nata in questo «Centro Don Orione», ha seguito l’insegnamento evangelico del fondatore, inteso a far proprie le esigenze nei giovani e a trasmettere loro, con lo sport, una feconda educazione umana e cristiana.
Insieme con mons. Fiorenzo Angelini, pro–presidente della Pontificia Commissione per la pastorale degli operatori sanitari, cordialmente saluto il Direttore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, Don Ignazio Terzi, e tutti i membri di questa benemerita Congregazione, che si ispira all’opera e agli insegnamenti del beato Luigi Orione, apostolo intrepido della gioventù e artefice infaticabile di bene fra i poveri più poveri. Come poc’anzi ha voluto sottolineare il medesimo Direttore generale, la famiglia religiosa orionina si caratterizza per uno speciale impegno di fedeltà e di totale disponibilità alla Chiesa e al Sommo Pontefice. Nel sottolineare questo spirito ecclesiale che permea la famiglia di Don Orione, mi è gradito notare che questo carisma oggi viene esercitato attraverso le molteplici attività e iniziative di promozione umana e di assistenza ai giovani, ai malati, agli anziani, ai portatori di handicap e a tutti gli ospiti delle vostre istituzioni in Italia e all’estero.
Anche i campionati che oggi si inaugurano, rientrano nel quadro generale delle iniziative promozionali della vostra Congregazione. Siano essi non solo competizione agonistica, ma soprattutto festa dell’amicizia, della lealtà, dell’impegno a superare vittoriosamente ogni situazione di emarginazione. Esprimo anche l’auspicio che la «Polisportiva Don Orione», la quale, incoraggiata dal sostegno fattivo di tante persone, intende costruire un «Centro sportivo permanente per handicappati» sia un’Associazione accogliente e aperta a tutti. A questo fine benedico volentieri la prima pietra al termine di questa celebrazione. Questo centro sportivo, che sorgerà a ricordo della nona edizione di questi campionati, sarà una testimonianza viva di amore gratuito e appassionato e di solidarietà operante e gioiosa di cui Don Orione è testimone e maestro.
La fiaccola che è stata accesa come segno dell’apertura dei giochi può essere guardata da noi anche come simbolo di Cristo che, risorgendo, ha dato a noi la vita. È questo il tema del brano del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato. Esso, narrando la risurrezione del bambino della vedova di Nain, anticipa a Gesù il titolo post–pasquale di Kyrios (Signore) che ha sconfitto la morte e che dona ai credenti lo Spirito, perché la loro vita diventi specchio della sua gloria (cf. 2 Cor 3,18). Anche a noi Cristo risorto oggi ripete: «Alzati!». Ecco l’annuncio efficace della risurrezione, la definitiva proclamazione dell’amore di Dio per la vita. Ecco la stupenda ed esaltante possibilità di lasciarci illuminare dalla luce di Cristo. Ecco il momento in cui gioire di un Dio che, come abbiamo ascoltato, si è commosso per l’uomo (cf. Lc 7,13), ha preparato «la sua salvezza davanti a tutti i popoli» (Lc 2,34) e ha reso la Chiesa responsabile dell’annunzio del regno di Dio.
Alzati! Quante volte e in quante occasioni gli uomini hanno bisogno che sia loro ripetuto questo invito. Alzati tu che sei deluso, alzati tu che non hai più speranza, alzati tu che ti sei abituato al grigiore e non credi più che si possa conseguire qualcosa di nuovo: alzati, perché Dio sta per fare «nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Alzati tu che ti sei assuefatto ai doni di Dio, alzati tu che hai dimenticato la capacità di meravigliarti, alzati tu che hai perduto la confidenza di chiamare Dio «abbà», «papà»: alzati e torna ad essere pieno di ammirazione per la bontà di Dio.
Alzati tu che soffri, alzati tu, a cui la vita sembra avere negato molto, alzati quando ti senti escluso, abbandonato, emarginato: alzati perché Cristo ti ha manifestato il suo amore e tiene in serbo per te una insperata possibilità di realizzazione e di solidarietà. Alzati! E come il bambino di Nain riprenderai a parlare (cf. Lc 7,14) e la tua voce potrà «cantare senza posa» (Sal 29,13).
La vostra presenza, carissimi atleti, è davvero un grande segno di speranza e la testimonianza più credibile che le possibilità della vita sono inesauribili, che niente «ci potrà separare dall’amore di Cristo» (Rm 8,35). Lo dimostra il vostro impegno, il vostro coraggio, la vostra tenacia e la volontà di non rassegnarvi a occupare nella società una posizione subalterna e marginale. Volete che la vostra dignità venga riconosciuta. E sappiate che Dio si è sempre schierato dalla vostra parte: egli è sempre stato con i poveri, i sofferenti, gli afflitti. Facendosi uomo ne ha proclamato la beatitudine come primo annuncio della nuova logica del regno di Dio. Facendosi uomo ne ha seguito le orme fino in fondo, accettando il più grande scacco dell’umanità: la morte e la morte di croce.
Così egli ci ha mostrato come il dolore, se vissuto alla luce della croce, possa diventare salvifico e fecondare la storia del mondo e della vita di ogni uomo. È questa la strada attraverso cui, accanto agli interrogativi più essenziali e angosciosi, passano le più inaspettate e meravigliose grazie divine. Se al cristiano la croce non viene tolta, però le è dato un senso: associata al mistero della redenzione diventa annunzio di Cristo morto e risorto. E insieme col Crocifisso viene percorsa la strada della sofferenza, insieme con lui sarà anche il cammino della gloria della risurrezione, la cui gioia non è paragonabile alla sofferenza del presente (cf. Rm 8,18). «Alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino, ecco la gioia» (Sal 29,6).
Ed è proprio la testimonianza di questa certezza che vorrei affidare a voi, cari giovani. Fatevi portatori di vita nel vostro mondo spesso rassegnato, avvilito e offeso. Fatevi umili, ma forti testimoni della vita, dovunque essa è in pericolo, disprezzata, strumentalizzata, non accolta. Siate appassionati difensori della pace: perché la pace incomincia dove viene riconosciuto un senso all’esistenza umana, dove la persona si apre alla possibilità di un incontro con il fratello e sa riconoscersi compagna nella strada sulla quale i nostri passi sono diretti alla luce del mistero di Cristo (cf. Lc 1,79).
Diventate vigili custodi della speranza, pronti a darne le ragioni a chi ve ne chieda ragione (cf. 1Pt 3,15), pronti come Maria ad accogliere la parola di Dio che vi chiama a un’esistenza responsabile, generosa, preziosa, nonostante un qualche impedimento. Siate docili strumenti dell’amore di Dio su questa terra che, sebbene talora non sappia riconoscerlo, è affamata e assetata di Dio.
«E la pace di Dio, che supera ogni comprensione, custodisca i vostri cuori e le vostre intelligenze in Cristo Gesù» (Fil 4,7).
[L’Osservatore Romano, 9–10 giugno 1986, 4].
39
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL IX CAPITOLO GENERALE
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Sagrato della Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 20 magio 1987
Desidero salutare cordialmente i membri del Capitolo generale dell’Istituto del Beato Don Orione che hanno appena eletto il loro nuovo Superiore.
Vi ringrazio, cari fratelli, per la vostra presenza, mentre colgo l’occasione per esprimere il mio vivo compiacimento per l’opera che state compiendo in vari Paesi del mondo secondo le finalità che vi contraddistinguono.
Il vostro Istituto sta mostrando una fervorosa vitalità, piena di promesse, ed io ne lodo il Signore che manifesta in voi la sua potenza. Mi auguro che ora vi dedichiate con impegno all’esecuzione dei piani del vostro Capitolo che prevedono un approfondimento del carisma, un potenziamento dello slancio missionario, uno sviluppo dell’attività ecumenica ed una accentuazione della vita spirituale e della formazione permanente, secondo l’esempio sempre attuale del Fondatore.
Vi sono a fianco nei vostri buoni propositi con la mia affettuosa Benedizione.
[L’Osservatore Romano, 21 maggio 1987, 5].
40
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
ALLE FAMIGLIE
IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE IN PUGLIA
Santuario dell’Incoronata (Foggia). Domenica 24 maggio 1987
Carissimi fratelli e sorelle!
Sono sinceramente lieto di potermi incontrare con i numerosi pellegrini ed in particolare con le famiglie dell’arcidiocesi di Foggia, qui, nel Santuario dell’Incoronata, dedicato da secoli alla Vergine santissima. Ringrazio il vostro caro Arcivescovo e il Superiore Generale della Congregazione di Don Orione per i nobili indirizzi rivoltomi.
La storia di questo santuario è legata, secondo i racconti della tradizione, ad una particolare presenza spirituale della Vergine. Nel mese di aprile dell’anno 1001 la Madonna con il Bambino, seduta su una quercia, apparve ad un contadino e al Conte di Ariano, e ad essi si presentò come la «Madre di Dio», chiedendo che in quel luogo si costruisse in suo onore una chiesa. A questa venne poi aggiunto un monastero, nel quale dimorarono, in diversi periodi successivi, i Basiliani, i Verginiani, i Cistercensi, i Fatebenefratelli, finché nel 1950 il santuario fu affidato ai religiosi della «Piccola Opera della Divina Provvidenza», fondati dal beato Don Luigi Orione, autentico testimone di fedele servizio alla Chiesa a fianco dei più poveri. Essi edificarono in quindici anni una nuova chiesa e le strutture annesse, facendo di questo santuario un importante centro di spiritualità e di incontri per tutti coloro che desiderano raccogliersi nella riflessione e nella preghiera personale e comunitaria. È diventato così il Santuario dell’Incoronata oasi di pace per chi vi giunge in cerca d’un incontro privilegiato con la Madre del Salvatore.
Oggi il mio pensiero va a tutti i pellegrini, che nel corso dei secoli sono venuti qui per proclamare le loro fervide lodi a Maria e per invocarne la continua celeste protezione; va poi a tutti i religiosi, che fin dall’inizio hanno curato il santuario e diffuso la devozione alla Vergine incoronata; va in modo speciale ai figli spirituali di Don Orione per la passione che hanno dimostrato in questi anni per ridare a questo luogo, ricco di storia, il suo valore di segno e di punto di riferimento per il cammino del Popolo di Dio.
Desidero così salutare il nuovo Superiore Generale dei figli della Divina Provvidenza Don Giuseppe Masiero e la Madre Generale delle Piccole Missionarie della Carità ed i membri dei rispettivi Consigli Generali che hanno voluto essere qui presenti in questa felice occasione. Con loro saluto anche i religiosi che servono a questo santuario e il gruppo di aspiranti alla vita sacerdotale e religiosa loro affidato.
Da secoli migliaia di fedeli, uomini, donne, giovani, anziani, hanno pellegrinato a questo luogo così importante nella «geografia della fede» di questa regione: sono venuti per sperimentare la presenza di Maria nella missione e nell’opera della Chiesa. Questa tipica presenza, ho scritto nella mia recente enciclica sulla beata Vergine Maria, trova molteplici espressioni e possiede un multiforme raggio di azione: mediante la fede e la pietà dei singoli fedeli, mediante le tradizioni delle famiglie cristiane, o «chiese domestiche», delle comunità parrocchiali e missionarie, degli Istituti religiosi, delle diocesi, mediante «la forza attrattiva ed irradiante dei grandi santuari, nei quali non solo individui o gruppi locali, ma a volte intere nazioni e continenti cercano l’incontro con la Madre del Signore, con colei che è beata perché ha creduto, è la prima tra i credenti e perciò è diventata Madre dell’Emmanuele» (Redemptoris Mater, 28).
Nei santuari mariani il popolo fedele cerca l’incontro con la Madre di Dio per trovare, nel raggio della materna presenza di «colei che ha creduto», il consolidamento della propria fede, che deve basarsi su una conoscenza, continuamente perseguita ed approfondita, della Rivelazione divina e del magistero della Chiesa, e alimentata costantemente dai sacramenti della fede, in particolare dalla riconciliazione e dalla Eucaristia.
Mi piace ricordare una frase che rivela l’amore di Don Orione per la Madonna: «Amo la santa Madonna e canto, canto la Madonna: lasciatemi amare e cantare! Sono un povero pellegrino che cerco luce e amore... Vengo a lei per non perdermi, dopo esser passato tra profondità, frane, altezze, precipizi, montagne, uragani, abissi, oscurità di spirito, ombre nere... L’anima, inondata dalla bontà del Signore e dalla sua grazia... e traboccante di amore, sperimenta una gioia che è gaudio spirituale, e si fa canto e spasimo, sete anelante d’infinito, brama di tutto il vero, di tutto il bene, di tutto il bello: attrazione, ardore sempre crescente di Dio: amando nell’Uno tutto, nel Centro i raggi, nel Sole dei soli ogni luce. E in questa luce inebriante mi spoglio dell’uomo vecchio e amo: questa amore mi fa uomo nuovo e amando canto!» (DOLM, 2164).
Molto significativo è perciò il gesto che oggi voi avete voluto compiere, rimettendo tra le braccia dell’Incoronata il Bambino Gesù. Questo atto, che esprime in maniera visibile il mistero della divina maternità di Maria, diviene per voi tutti anche un simbolico affidamento a colei che nel progetto di Dio è stata chiamata ad essere nostra madre. Ancor più suggestivo questo gesto appare oggi, a qualche giorno dall’apertura ufficiale dell’Anno Mariano, che ho voluto per la Chiesa universale come preparazione per l’inizio del III millennio: il tempo che dovrà essere segnato da un ritorno alla centralità di Cristo nella storia e nella vita di ogni uomo e di ogni famiglia.
Questa mia odierna tappa spirituale presso il Santuario dell’Incoronata acquista un significato del tutto speciale per l’incontro con le famiglie di questa zona: sono presenti padri, madri, sposi novelli, bimbi ed anziani; col mio pensiero desidero raggiungere tutte le famiglie cristiane per ridire la parola della fede, che proviene da Dio, e per invocare ed assicurare in mezzo a loro la presenza eterna e premurosa di Maria santissima, la Madre di Gesù e la Sposa purissima di san Giuseppe. [...]
Affido tutte le famiglie qui presenti e quelle di tutta l’arcidiocesi alla protezione della Santa Famiglia di Nazaret, nella quale è vissuto per lunghi anni il Figlio di Dio fatto uomo.
San Giuseppe, l’uomo giusto, il custode attento e sollecito di Maria santissima e di Gesù, vi assista in particolare nel vostro lavoro quotidiano.
La Vergine santissima vi ottenga dal Signore la forza di essere, come lei, sempre disponibili alla parola e alla volontà divina. Mentre vi assicuro la mia fervida preghiera, a tutti ed a ciascuno imparto la benedizione apostolica.
[L’Osservatore Romano, 25–26 maggio 1987, 11].
41
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CAPITOLO GENERALE
DELL’ISTITUTO MISSIONI DELLA CONSOLATA
Sala del Concistoro, Città del Vaticano. Venerdì 19 giugno 1987
Carissimi Missionari della Consolata,
Con grande gioia vi accolgo in questa Udienza a voi riservata, nel corso dell’ottavo Capitolo Generale della vostra Congregazione, e vi porgo il mio cordiale saluto, che estendo ai vostri Confratelli sparsi oggi in numerose Nazioni dei cinque continenti. [...]
La vostra presenza richiama alla mente la figura paterna del fondatore, il servo di Dio canonico Giuseppe Allamano, per ben quarantasei anni Rettore del Santuario della Consolata in Torino, dove io stesso potei venerarne le spoglie il 13 aprile 1980, durante la mia visita pastorale al capoluogo piemontese; e insieme con la sua personalità emerge anche quello straordinario periodo di intensa vitalità religiosa, che caratterizzò la Chiesa del Piemonte nel secolo scorso. Una mirabile schiera di sacerdoti e di Vescovi rifulse in quegli anni, nomi noti in tutto il mondo e indimenticabili: il Cafasso, zio materno dell’Allamano, il Cottolengo, Don Bosco, Don Rua, il Murialdo, Don Clemente Marchisio, il teologo Albert, Don Orione, Monsignor Marello, il Cardinale Cagliero, il Cardinale Massaia e molti altri ancora. Erano uomini di fede solida, che conoscevano a fondo il Vangelo e lo vivevano, irradiando e comunicando il loro amore a Cristo ed alla Chiesa e le loro virtù. [...]
Vi auguro pertanto un proficuo e intenso lavoro, e faccio mie le parole con cui il vostro fondatore era solito terminare le sue lettere: «Coraggio nel Signore e nella Consolata».
A tutti la mia benedizione.
[L’Osservatore Romano, 19–20 giugno 1987, 8].
42
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
ALLE PERSONE CONSACRATE
IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE
A MESSINA E A REGGIO CALABRIA
Cattedrale di Messina. Sabato 11 giugno 1988
Venerati fratelli nell’episcopato, cari fratelli e sorelle.
Mentre esprime la mia gratitudine per le affettuose parole a me rivolte da monsignor Cannavò, voglio dirvi la mia viva gioia nell’incontrarvi con voi, porzione eletta di questa diocesi, così ricca di tradizioni e di meriti nel campo civile ed ecclesiale.
Il mio pensiero va ai figli di questa terra, che hanno fondato movimenti e congregazioni religiose: dal Cardinale Arcivescovo Giuseppe Guarino a monsignor Antonio Celona, al canonico Annibale Maria Di Francia e al non meno noto fratello Francesco Maria. Per non dire di uomini come San Pietro Canisio e il beato Luigi Orione che, pur nati altrove, furono condotti dalla Provvidenza ad operare per qualche tempo in questa parte della vigna del Signore. [...]
Insieme con voi prego anche per le nuove vocazioni sacerdotali e religiose, tanto necessarie per la Chiesa dovunque e specialmente anche per la Chiesa in questa regione della vostra carissima terra italiana.
[L’Osservatore Romano, 13–14 giugno 1988, 4].
43
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI DIRETTORI DEI SEMINARI E AI MAESTRI DEI NOVIZIATI
DELL’OPERA DON ORIONE
Basilica vaticana, Città del vaticano. Mercoledì 18 ottobre 1989
Saluto i Direttori dei Seminari ed i Maestri dei Noviziati dell’Opera Don Orione, qui convocati per approfondire il Magistero della Chiesa circa la formazione dei giovani loro affidati. Esorto ciascuno di voi ad essere perseveranti nell’importante compito che svolgete ed invoco lo Spirito del Signore perché operi nei vostri cuori e vi renda sempre più generosi nel manifestare la sua carità e la sua salvezza agli uomini del nostro tempo.
[L’Osservatore Romano, 19 ottobre 1989, 5].
44
LETTERA DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO
DELLA MORTE DI DON LUIGI ORIONE
Città del Vaticano, 12 marzo 1990
Cinquant’anni or sono, il 12 marzo 1940, ritornava alla casa del Padre, invocando il nome di Gesù, il beato Luigi Orione, apostolo della carità e padre dei poveri. Pertanto la Piccola Opera della Divina Provvidenza, da lui fondata, fa bene a ricordare quel suo dies natalis per rendere grazie a Dio e per riaffermare la volontà di tutti i suoi figli spirituali di custodirne fedelmente il messaggio. Mentre esprimo vivo compiacimento per tale iniziativa, incoraggio e benedico di cuore il loro intento di approfondire, lungo tutto l’anno giubilare, lo spirito e il carisma del fondatore per farne ragione di rinnovato slancio spirituale e apostolico, alle soglie del terzo millennio.
Se si osserva la multiforme attività caritativa, a cui si dedicano i Figli e le Figlie di Don Orione, così pure se si considera la mole enorme di iniziative benefiche da lui personalmente intraprese, non si può trattenere una giusta ammirazione davanti a un servitore della Chiesa così fedele e generoso. È tuttavia importante che ci si domandi quale sia il carisma unificante, sul quale la sua Opera è costruita, e che la distingue dalle altre Congregazioni, sorte nello stesso periodo storico e ugualmente dedite al servizio dei poveri.
Per rispondere adeguatamente a tale interrogativo, occorre rifarsi alla tipica esperienza spirituale di Don Orione. Egli, totalmente abbandonato nelle mani della divina Provvidenza, avvertì una bruciante passione per la salvezza dei fratelli espressa nel grido: «Anime! Anime!» che lo spinse sulle strade del mondo facendo del bene sempre, del bene a tutti.
Sentendosi chiamato dallo Spirito a riportare Cristo al popolo e il popolo a Cristo, in un periodo storico molto difficile di grandi cambiamenti sociali e culturali, nel quale tanta gente era attratta da ideologie materialistiche contrarie al Vangelo, Don Orione fu ispirato da un profondo «sensus Ecclesiae». Pose pertanto quale fine speciale della sua Congregazione quello di diffondere la conoscenza e l’amore di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa, specialmente nel popolo; trarre e «unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli del popolo e le classi lavoratrici alla Sede apostolica, nella quale, secondo le parole del Crisologo, “il Beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda” (Ad Eut., 2). E ciò mediante l’apostolato della carità fra i piccoli e i poveri» (Costituzioni, cap. I).
Questo è stato, sin dal primo momento, l’insegnamento costante di Don Orione, lo spirito che ha guidato il sorgere del suo Istituto. Del resto anche l’ultimo discorso rivolto ai suoi Figli, a pochi giorni dalla morte, riprendeva il suo frequente monito: «Vi raccomando di stare e di vivere umili e piccoli ai piedi della Chiesa». Questo fu il suo testamento spirituale lasciato in eredità alla sua Famiglia, perché lo custodisse e lo onorasse pienamente.
Egli volle dimostrare che si può stare con la Chiesa e con i poveri. Constatò che nella società scristianizzata esiste un solo linguaggio comprensibile, che smuove i cuori: il linguaggio della carità. E comprese che «la causa di Cristo e della Chiesa non si serve che con una grande carità di vita e di opere, la carità apre gli occhi alla fede e riscalda i cuori d’amore verso Dio. Opere di carità ci vogliono: esse sono l’apologia migliore della fede cattolica».
In lui dunque l’amore alla Chiesa e al Papa e l’amore ai poveri costituiscono le due punte dell’unica fiamma apostolica che divorava il suo cuore senza confini. È stato giustamente affermato che si potrebbe capire Don Orione anche senza i poveri, ma non senza il suo ardente amore alla Chiesa e al suo Pastore universale. Fedeli a questa singolare spiritualità, i Figli della Divina Provvidenza, sacerdoti, fratelli, eremiti emettono nella loro professione religiosa, con i tre voti di povertà, castità, obbedienza, anche un quarto di «speciale fedeltà al Papa», mentre le Piccole Missionarie della Carità, sia le Suore di vita attiva che le Sacramentine non vedenti adoratrici, aggiungono un quarto voto «di carità».
Siccome «torna a vantaggio stesso della Chiesa che gli Istituti abbiano una loro propria fisionomia e una loro propria funzione» (Perfectae caritatis, 2) vi incoraggio, sorelle e fratelli carissimi, a proseguire su questa strada, resistendo a ogni tentazione di conformismo e accomodamento alla mentalità del mondo, anche a costo di sacrifici. Cooperate attivamente alla diffusione del regno di Dio specialmente fra i poveri, ponendovi generosamente al loro servizio e condividendone le sofferenze e le speranze. Dovunque operate siate testimoni dell’amore di Dio, con umiltà e nascondimento, in assoluta fedeltà agli insegnamenti della Chiesa e profondamente compenetrati nel mistero di Cristo crocifisso e risorto.
Scegliendo come motto programmatico per la sua Famiglia religiosa «Instaurare omnia in Christo» (Ef 1,10), Don Orione volle fare di Cristo il cuore del mondo dopo averne fatto il cuore del suo cuore. È necessario perciò che anche la sua Famiglia religiosa abbia il suo coraggioso ottimismo. «I popoli sono stanchi, egli scriveva, sono disillusi; sentono che tutta è vana, tutta è vuota la vita senza Dio. Siamo all’alba di una grande rinascita cristiana. Cristo ha pietà delle turbe: Cristo vuol risorgere, vuol riprendere il suo posto. Cristo avanza: l’avvenire è di Cristo» (Lettere, II,216).
Mi è caro auspicare che, saldamente ancorati al suo carisma, i Figli della Divina Provvidenza, le Piccole Missionarie della Carità, i membri degli Istituti Secolari insieme con gli ex allievi, gli Amici dell’Opera siano pronti a rispondere con rinnovato slancio alle sfide della nostra epoca e degli anni avvenire, rivolgendo sempre lo sguardo verso la figura e gli esempi del Fondatore per esserne la vivente continuazione.
La Vergine Maria, madre della Divina Provvidenza, alla quale Don Orione consacrò la sua esistenza e l’intera sua Famiglia, vi protegga sempre e continui ad assistervi dal cielo il vostro beato fondatore. In pegno di questi voti, invoco dal Signore pienezza di grazie e di favori celesti, mentre di cuore imparto a lei e a tutti i membri della Famiglia orionina una speciale benedizione apostolica.
Dal Vaticano, 12 marzo 1990, cinquantesimo della morte di Don Luigi Orione.
[Acta Apostolicae Sedis 82 (1990), 995–997; L’Osservatore Romano, 12–13 marzo 1990, 4].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE
DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Sala Clementina, Città del Vaticano. Lunedì 30 aprile 1990
Carissimi fratelli e sorelle.
Rivolgo un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, e sentitamente vi ringrazio per questa visita. Saluto innanzitutto Don Giuseppe Masiero, Direttore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, suor Elisa Armendariz, Superiora generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità, e i responsabili degli Istituti laicali che si ispirano alla spiritualità del vostro Fondatore. Voi vi apprestate a celebrare in questi giorni l’Assemblea generale del vostro Istituto. Faccio voti perché i lavori di tale importante incontro, come voi stessi desiderate, contribuiscano a rilanciare efficacemente il programma ascetico e missionario della vostra Congregazione, che commemora quest’anno il cinquantesimo anniversario della morte del Fondatore.
Nel recente messaggio, che per tale circostanza vi ho rivolto, ho incoraggiato il vostro intento «di approfondire, lungo tutto l’anno giubilare, lo spirito e il carisma del beato Luigi Orione per farne ragione di rinnovato slancio spirituale e apostolico, alle soglie del terzo millennio» (Giovanni Paolo II, Nuntius scripto datus occasione oblata L anni ab obitu Beati Aloisii Orione, 12 marzo 1990). Ad esso intendo riferirmi nelle brevi riflessioni che ora vi rivolgo con l’augurio che possiate sempre meglio seguire gli esempi del vostro Maestro, specialmente nella totale fedeltà alla Chiesa e nell’amore verso i poveri e i lontani.
Don Orione volle fare di Cristo il cuore del mondo, dopo aver fatto il cuore del suo cuore (cf. Luigi Orione, Lettere, II, 338). In lui lo zelo sacerdotale si coniugava con l’abbandono nella Provvidenza divina, così che il segreto della sua esistenza e della sua molteplice attività riposava in una illimitata fiducia nel Signore, poiché «l’ultimo a vincere è lui, Cristo, e Cristo vince nella carità e nella misericordia» (cf. Mt 6, 33).
Vi esorto a fare vostro il suo stile di vita. Siate autentici figli della Divina Provvidenza; portate questo fiducioso ottimismo cristiano alle persone che incontrate, e permeate di esso tutto l’apostolato; sia la vostra esistenza sempre immersa nella contemplazione di Dio. Gli uomini del nostro tempo, assetati di verità e di amore, hanno bisogno di incontrare testimoni credibili dell’Assoluto, totalmente immersi nel suo mistero, che siano capaci di comunicare il dono della fede, che parlino il “linguaggio della carità”, disponibili all’ascolto e disposti a spendere ogni energia per il regno di Dio.
Dall’abbandono nella Provvidenza scaturì in Don Luigi Orione la passione per le anime e il servizio a tutti coloro che soffrono. Fece, così, sua la perenne e sempre attuale opposizione preferenziale della Chiesa verso gli ultimi, in totale fedeltà alle direttive del magistero pontificio e dei Vescovi. La carità e l’umiltà, l’amore a Cristo crocifisso e lo spirito di sacrificio, il lavoro manuale e il distacco dai beni materiali, la semplicità di vita e l’effettiva partecipazione alla condizione dei poveri, distinsero il suo stile apostolico, e sono le consegne da lui lasciate ai suoi figli spirituali. Proseguite, fratelli e sorelle carissimi, su questa scia luminosa con semplicità e generosità, condividendo effettivamente la sorte dei poveri, dei quali siete padri e difensori.
Siate inoltre riconoscenti al Signore per l’opportunità che vi si offre, lungo tutto quest’anno giubilare, di ritornare alle sorgenti del vostro carisma attraverso una formazione permanente, che vi aiuti a vincere la tentazione della stanchezza e dell’adeguamento allo spirito del mondo e che vi faccia gustare la gioia della consacrazione totale al Signore, in un profondo respiro apostolico.
I rivolgimenti sociali, di cui siamo testimoni, e le sfide pastorali che oggi ci incalzano in previsione dell’avvenire, interpellano la vostra Famiglia religiosa perché essa, come già fece Don Orione in un altro periodo storico certamente non facile, possa rispondere alle nuove esigenze apostoliche con rinnovate forme di evangelizzazione e di promozione umana in profonda sintonia con il successore di Pietro e con i Vescovi.
In tal modo, fedeli al vostro carisma specifico, voi potrete realmente servire la causa di Cristo, della Chiesa e dei poveri, camminando, come amava ripetere il vostro Padre, «sempre alla testa dei tempi».
La Madre della Divina Provvidenza vi benedica e vi sostenga nei vostri propositi e vi guidi dal cielo il beato Fondatore. Vi accompagni e vi sia di incoraggiamento la mia Benedizione apostolica.
[L’Osservatore Romano, 30 aprile – 1 maggio 1990, 6].
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UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
A UN GRUPPO DI PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Sagrato della Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 17 ottobre 1990
Rivolgo il mio pensiero alle Piccole Suore Missionarie della Carità, provenienti da vari continenti per un incontro di studio, destinato a verificare e programmare l’impegno che attende la Famiglia religiosa di Don Orione di fronte alla nuova evangelizzazione.
Esprimo il mio compiacimento per tale convegno, che si svolge nell’anniversario della morte del vostro Fondatore e nel 75° di istituzione della Congregazione; auguro a tutti di avere un cuore grande, come quello del beato Orione, il quale conobbe veramente le esigenze della carità e seppe soccorrere ogni uomo, aiutandolo a vivere in una condizione più degna.
[L’Osservatore Romano, 18 ottobre 1990, 5].
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SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE
ALLA PARROCCHIA ROMANA DI OGNISSANTI
Parrocchia di Ognissanti (Roma). Domenica 3 marzo 1991
Ho ricevuto tanti doni e devo ringraziare tutti i donatori, soprattutto i più piccoli e i giovani e poi tutti gli altri, adulti, anziani, tutti. Ma soprattutto voglio ringraziare un grande “donatore” che per tutti noi è il Beato Luigi Orione. Ringraziamo Dio Onnipotente, ringraziamo la Santissima Trinità per la sua persona e per la sua opera, perché rifulga in tanti ambienti e in tanti Paesi. Ringraziamo per questo amore, amore che lo ha guidato nella sua vita, che lo ha fatto servitore dei giovani, dei bambini, dei poveri.
Ringraziamo per tutto quello che ci ha lasciato Don Orione come eredità, come testamento della sua vita e del suo impegno pastorale. Oggi posso entrare in questa parrocchia, in questo ambiente che già prima ho potuto conoscere e visitare, prima di essere Papa. Saluto cordialmente tutti i presenti.
Saluto i figli spirituali di Don Orione a cui è affidata la guida pastorale di questa parrocchia di Ognissanti. Saluto poi i genitori che sono arrivati insieme ai loro bambini, e poi i diversi gruppi dei giovani che hanno espresso la loro partecipazione a questo incontro.
Auguro alla vostra comunità, a questa famiglia spirituale, che lo spirito di Don Orione sia sempre vivo e fruttifichi nelle vostre famiglie e nelle generazioni sempre nuove, che vi faccia amare gli uni gli altri e specialmente amare e avere cura per le persone più bisognose, per i poveri, gli abbandonati, gli emarginati e gli altri che non ci mancano in questo mondo odierno.
Ringrazio anche tutti coloro che hanno guidato questo incontro, questo programma; lo hanno preparato e poi guidato durante il percorso attuale. È una buona inaugurazione della visita della parrocchia. Entriamo adesso nella chiesa per celebrare la Santissima Eucaristia e per esprimere in questa Eucaristia tutto quello di cui è pieno il nostro cuore, esprimere la nostra gratitudine. Eucaristia vuol dire ringraziamento, vuol dire grazie. Invito tutti a prendere parte a questa gratitudine mia, della vostra comunità insieme alla Chiesa che è in Roma per l’opera di Don Orione, per la sua persona e per la sua vita santa: che sia anche una vita santificatrice per gli altri, per voi tutti, per noi tutti.
[Il Saluto in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. La trascrizione non integrale, qui riportata, venne fatta dalla ripresa su nastro magnetico].
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OMELIA DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE
ALLA PARROCCHIA ROMANA DI OGNISSANTI
Chiesa di Ognissanti (Roma). Domenica 3 marzo 1991
«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 19).
Carissimi fratelli e sorelle, il brano evangelico dell’odierna liturgia, ci proietta verso la Pasqua del Signore. Ce ne svela la portata, soprattutto per ciò che riguarda i rapporti di fedeltà e di servizio che Dio chiede a coloro che, morti e risorti con Cristo, formano il popolo della Nuova Alleanza.
Gesù sale a Gerusalemme e – come ogni pio israelita – si reca al tempio per la preghiera, ma lo trova trasformato in “luogo di mercato”. Si rende soprattutto conto che il culto che vi si celebra, come già avevano denunciato i profeti, non è più ispirato dalla fedeltà alla “legge dell’Alleanza”, ma è degenerato in atti formalistici ed esteriori, distaccati dalla vita.
Con un gesto profetico, che scandalizza i Giudei colà convenuti per la festa di Pasqua, Egli scaccia i mercanti e riafferma con forza l’originaria destinazione del tempio, quale “casa di Dio”.
Gesù, “Figlio” di Dio venuto per occuparsi delle cose che riguardano il Padre (cf. Lc 2,49), si sente ferito da come sia stato disonorato il culto richiesto ai veri adoratori. Ma i Giudei, accecati dalla loro incredulità, chiedono un segno autorevole di conferma delle sue parole e del gesto compiuto. E Gesù lo dà con un annuncio a prima vista incomprensibile e ben diverso dalle loro attese, ma che diventerà chiaro più tardi ai discepoli: «Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere». Egli parlava infatti, come annota l’evangelista, non del tempio di pietra, ma del suo Corpo. Siamo così introdotti nella comprensione di un’altra grande verità che ricorda la risurrezione di Cristo e la sua portata salvifica nella vita di quanti crederanno in lui.
In questa prospettiva l’umanità di Cristo, glorificata con la risurrezione, diviene il vero tempio di Dio, «in cui abita la pienezza della divinità» (Col 2,9); diviene il “luogo” unico che Dio ha scelto per farsi presente e rivelarsi all’uomo, con la sua santità e misericordia.
L’edificio in cui raccogliersi per dare a Dio il culto a lui gradito è importante, ma resta secondario. L’essenziale è l’esperienza di Cristo risorto, resa possibile dall’azione dello Spirito che promana dalla sua Pasqua. È lui la “legge nuova”, scritta nel cuore dei credenti, che li guida alla conoscenza di tutta la verità, li abilita al culto spirituale che coinvolge l’intera esistenza, li spinge alla testimonianza e al servizio dell’uomo.
Anche per la vostra comunità e per la Chiesa di Roma che vive il tempo propizio della Quaresima nel clima di rinnovamento spirituale a cui la chiama il Sinodo pastorale diocesano dovrà avvenire la stessa cosa.
La Quaresima, infatti, è tempo di “illuminazione”: la parola divina conduce gradualmente il popolo di Dio a scoprire la ricchezza del mistero pasquale e a farne memoria. Sarà il medesimo Spirito, sorgente di sapienza e di santità, dato ai fedeli attraverso i sacramenti pasquali del battesimo e della confermazione, che vi permetterà di “ricordare” la piena portata delle parole di Cristo e di entrare in una più intensa comunione con lui, soprattutto nell’Eucaristia.
Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di Ognissanti, è a ciascuno di voi che sono rivolte le parole poc’anzi proclamate in questo tempio restaurato e rinnovato. Esse vi invitano a sperimentare i frutti della “legge nuova” e a consacrare voi stessi al servizio del Regno.
Fare di Cristo il centro delle vostre esistenze, il cuore dell’apostolato: questo è l’impegno missionario che vi anima; questo è il programma apostolico che ha guidato don Orione e che conserva ancor oggi la sua piena attualità. Sono trascorsi oltre ottanta anni da quando Pio X nel 1908 inviò l’apostolo della carità fuori Porta San Giovanni. Lo mandava, il Pontefice, come missionario nella “Patagonia romana”. Da allora la vostra parrocchia è molto cresciuta e si sono moltiplicate le sue attività pastorali e caritative. Seguendo le orme del Fondatore e dei suoi figli spirituali che qui hanno lavorato e continuano ad operare, voi intendete essere gli apostoli dell’ora presente, amando Dio e amando i fratelli: anzi, amando senza riserve Dio per poter servire senza sosta il prossimo.
Nuove possibilità si aprono dinanzi a voi, nel momento in cui il Sinodo diocesano entra nella fase delle celebrazioni di Prefettura. Si tratta di rispondere a inedite esigenze e sfide incalzanti; occorre che l’annuncio del Vangelo sia recato a tutti, perché risuoni in ogni angolo e in ogni casa del quartiere l’annuncio della morte e della risurrezione del Signore. Tale annuncio, tuttavia, non può essere proclamato in modo credibile che da una comunità viva e unita, umile e coraggiosa, fedele al progetto divino e al servizio dei più poveri.
È appunto per incoraggiarvi a proseguire in questo sforzo di rinnovamento spirituale e di evangelizzazione che ho voluto far visita alla vostra parrocchia che so fervorosa e ricca di iniziative.
Unitamente al Pro–Vicario Generale, Monsignor Camillo Ruini, e al Vescovo Ausiliare del Settore Est, Monsignor Giuseppe Mani, saluto soprattutto il Signor Cardinale Giuseppe Paupini, Titolare di questa chiesa, saluto tutti voi, cari fedeli di questo quartiere Appio, e i vostri familiari, specialmente se ammalati, anziani e sofferenti. Saluto il Parroco, Don Guido Sareli, e i suoi confratelli, Figli della Divina Provvidenza, i quali portano nella loro zelante attività pastorale lo spirito del loro Fondatore, il Beato Luigi Orione, che nel 1980 ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari.
Sono lieto, in particolare, di salutare il Direttore Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, Don Giuseppe Masiero; i Religiosi, le Religiose e i Laici appartenenti alle Istituzioni orionine che hanno voluto partecipare a questa celebrazione, anche nel contesto della conclusione dell’anno giubilare a cinquanta anni dalla morte del venerato Fondatore. Saluto ancora i fratelli nell’Episcopato, appartenenti all’Istituto dei Figli della Divina Provvidenza che si sono uniti a questa Eucaristia.
Esprimo il mio grato apprezzamento a tutti coloro che sono impegnati nelle molteplici Associazioni e nei vari Gruppi di servizio per una animazione cristiana del quartiere. Un pensiero riconoscente anche agli istituti religiosi maschili e femminili che operano nel territorio parrocchiale.
A tutti, infine, esprimo l’esortazione a perseverare nell’impegno di conversione personale e di attenzione ai fratelli. Sarà, così, la comunità cristiana, di cui ognuno è parte viva, un centro d’animazione della pace e della letizia che proviene dal Redentore.
Vi sostenga in questa missione il materno aiuto di Maria, Madre della Divina Provvidenza e l’intercessione del Beato Luigi Orione. Cristo in voi sia sorgente di vita nuova. Cristo sia la vostra vita e la vostra gioia. Amen.
[L’Osservatore Romano, 4–5 marzo 1991, 5].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE
ALLA PARROCCHIA ROMANA DI OGNISSANTI
Parrocchia di Ognissanti (Roma). Domenica 3 marzo 1991
[Alle religiose]
Ora penso di aver capito qualche cosa. Sono cinque diverse famiglie, cinque diversi abiti, che sembrano uno... Si distinguono soltanto le africane, ma non so se è per loro merito, per loro privilegio, perché ciò che vi distingue, carissime sorelle, sta dentro, lo conosce lo Sposo. Grazie a voi si mantiene viva questa relazione, questo legame sponsale tra la Chiesa, popolo di Dio, e il Divino Sposo. Questo è il vostro privilegio, questo è il vostro segreto, questo è anche il vostro apostolato. Ci sono diversi apostolati, diversi ministeri di servizio anche qui nella parrocchia, ma questo è il principale. Per questo siete tanto preziose nella Chiesa e per la Chiesa, dappertutto.
Vi auguro di crescere sempre più “qualitativamente”: essere spose, essere religiose, essere consacrate è una qualità difficile da definire dal di fuori. Questo lo sa lo Spirito Santo. Ma vi auguro anche di crescere “quantitativamente”. La Chiesa ha bisogno di voi, il mondo ha bisogno di voi, ha grande bisogno. Forse non lo dice, non osa dirlo, forse si vergogna di dirlo, ma lo sente. Vi auguro una buona continuazione in questa parrocchia.
[Al consiglio pastorale]
Mille grazie per questa presentazione. Ho seguito tutto il testo e ho pensato alla parola evangelica che si potrebbe trovare per esprimere tutto ciò in modo conciso, in modo evangelico, semplicemente. Io penso che questa parola si trova nella parabola del “lievito”, che lievita la massa. Ecco, questo Cristo voleva dai suoi discepoli: essere lievito. Io penso che la stessa cosa è attuale oggi. Oggi forse non si parla più del lievito perché è una categoria, come dire, “culinaria”... Si parla, per esempio, di animazione, di promozione, si parla anche delle istituzioni, commissioni, consigli. Tutto questo è giusto, perché la Chiesa vive sempre in un determinato periodo di tempo e anche nelle sue terminologie accetta i termini, le parole di questo periodo, di questa epoca. Questo è giusto.
Ma la parola evangelica è molto suggestiva e dice molto. Dice appunto quello che voi siete e che voi volete essere e dovete essere. Questa è la vostra scelta come parrocchiani legati molto alla tradizione di questa parrocchia, e al suo fondatore, il Beato Don Luigi Orione.
Certamente anche lui era un “lievito” a modo suo, in modo eroico, e ha saputo muovere la massa. Questa massa si muove anche oggi, non solamente come gli orionini in diverse parti del mondo, ma anche come voi. Quello che siete interiormente come persone, come comunità, come Consiglio, lo dovete anche a lui, a questo Santo sorridente che noi vediamo qui, il Beato Don Orione. Ecco, io ringrazio per tutto questo, perché appartiene alla natura della Chiesa, al suo dinamismo, al suo essere dinamico. Essere “lievito” appartiene alla vocazione cristiana, alla chiamata cristiana, a questo “seguimi” di Cristo; appartiene l’essere “lievito” nel senso personale e nei diversi sensi comunitari, con diversi aspetti, con diverse modalità.
Sono tante le forme dell’apostolato, tante le opere dell’apostolato. Anche nella vostra parrocchia, anche dentro questo Consiglio c’è una ricchezza, un “mosaico”: il mosaico è sempre bello, è sempre suggestivo. Io vi auguro di essere “lievito”, di camminare e di trasformare questa “massa” del vostro quartiere, della vostra parrocchia, così come voleva Cristo. Egli diceva questa parabola del “lievito” per esprimere che cosa è il Regno di Dio. Essa è attuale per oggi. Anche noi cerchiamo di realizzare, di attuare, di preparare il Regno di Dio. Allora vi auguro di essere “lievito” e vi ringrazio.
[Alle coppie di fidanzati e di giovani coniugi]
Erano forse gli anni Venti o Trenta, fra le due guerre. In Belgio c’era un sacerdote che poi è morto cardinale. Si chiamava Joseph Cardin. Egli ha vissuto in una parrocchia operaia dove trovava molti giovani operai che s’incontravano con lui, ma soprattutto trovava molti operai indifferenti, molti giovani indifferenti, scristianizzati. Egli ha intuito il concetto – come Pastore, come sacerdote – che se si vuole convertire la classe operaia, cristianizzare la classe operaia, lo si deve fare attraverso gli operai.
Oggi noi viviamo, in diversi Paesi dell’Europa e del mondo, ma dell’Europa soprattutto, una crisi, una certa scristianizzazione del matrimonio e della famiglia. Si scrive molto di queste cose, si fanno analisi dell’amore umano, dell’amore responsabile. Tutto questo è utile, ma se si vuole cambiare il clima, la realtà matrimoniale e familiare del mondo odierno si deve farlo soprattutto attraverso le famiglie e attraverso i matrimoni, le coppie. Gli sposi cristiani possono fare cristiani, possono convertire gli altri sposi, le altre coppie, le altre famiglie. Questa forma di apostolato è molto attuale e provvidenziale.
Naturalmente il primo passo è di scoprire il progetto divino sul proprio matrimonio, sulla propria famiglia, e questo progetto è ricchissimo, è stupendo. Questo progetto divino è anche profondamente umano, fa crescere la nostra umanità, la nostra personalità umana, il nostro essere uomini e donne: tutto questo cresce perché Dio è Creatore e se noi ci troviamo dentro il suo progetto troviamo la crescita, troviamo il progresso, la perfezione.
Allora, quando ci sono le coppie di sposi che hanno trovato questo progetto divino e hanno potuto avviarlo nella propria vita, poi possono diventare anche apostoli delle altre coppie, delle altre famiglie. E io vi auguro tutto questo, e auguro al vostro parroco, al vostro Vescovo Monsignor Mani che questa opera sia veramente sempre più efficace in Roma, in questo Settore Est ma anche in tutta Roma e dappertutto. Voglio offrire a voi tutti una benedizione, alle vostre famiglie, ai presenti e anche a coloro che non sono potuti venire, a tutte le famiglie e a tutte le coppie del quartiere, della parrocchia, ai vostri bambini, ai vostri figli e figlie.
[Ai giovani]
Prendiamo spunto dalla pace, perché mi sembra che sia al centro della vostra attenzione e della vostra preoccupazione anche per il momento storico, ma non solamente. Cerchiamo di sintetizzare tutto intorno a questa parola: pace. Voi certamente avete avvertito che in ogni celebrazione liturgica, prima dell’Eucaristia, della Comunione, ritorna sempre questa parola: Offerte vobis pacem. Ma prima ancora di questa parola, il celebrante prega rievocando le parole che Gesù ha detto ai suoi apostoli l’ultimo giorno, il giorno del congedo, nel Cenacolo, prima di andare al martirio. Ha detto: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace».
Questo ha detto agli apostoli, i quali dopo hanno sofferto qualche cosa che è il contrario della pace, piuttosto un dramma: l’umiliazione di Cristo, la sua flagellazione, la crocifissione, la morte violenta. E poi, nella prospettiva ulteriore, hanno dovuto accettare le persecuzioni, la maggioranza di loro ha anche subìto la morte violenta. Sono stati martiri, e così sono stati anche testimoni di Cristo.
Ma Cristo diceva appunto quasi alla storia di questo processo: vi lascio la pace, vi do la mia pace. Che cosa è questa pace? E veramente gli apostoli hanno ricevuto questa pace? Sì, hanno ricevuto questa pace. Hanno portato questa pace in se stessi. Perché la pace ha la sua dimensione esterna, ha la sua dimensione internazionale, sociale. Si dice che il mondo vive in pace quando non c’è guerra, e certamente anche questo appartiene alla pace evocata da Cristo. Ma la sua pace è una cosa molto più profonda, molto più intima, è soprattutto la pace con Dio, la pace che l’uomo porta in sé come frutto della grazia di Dio, come frutto dell’amicizia con Dio.
Noi sappiamo bene che c’è anche un’altra pace di ordine etico, pace della coscienza, tranquillità della coscienza. Anche questa è una pace che ci offre Cristo, a cui ci prepara e che augura a ciascuno di noi. Possiamo dire che la pace nella sua dimensione interna, nella sua dimensione spirituale, e questo si ripete ogni giorno, in ogni celebrazione eucaristica Cristo offre questa sua pace, dà questa sua pace ai suoi discepoli senza fine, alle nuove generazioni, da duemila anni.
Poi, vengono gli operatori della pace. Certamente noi apprezziamo molto coloro che sono operatori della pace nel senso internazionale, nel senso diplomatico, politico. Certamente, hanno molti meriti, così come anche quelli che cercano la pace nella convivenza quotidiana con i più vicini, nella loro famiglia, fra gli sposi, fra i genitori e i giovani. Ma tutto ciò dipende da questa pace intima, da questa pace che Cristo opera in noi. Solamente chi ha questa pace operata da lui, “la mia pace”, solamente quello può essere anche operatore della pace, può portare la pace agli altri, può diffondere la pace.
Allora vi lascio questa breve riflessione per spiegare il momento storico, ma d’altra parte, anche per spiegare il momento apostolico, perché voi qui riuniti, appartenenti ai diversi gruppi parrocchiali ed extra–parrocchiali, voi tutti vi preparate all’apostolato. Ed erano apostoli coloro che hanno ricevuto questa pace di Cristo: «Vi lascio la mia pace». Erano gli apostoli e veramente hanno ricevuto questa pace, hanno portato questa pace, attraverso itinerari molto difficili, difficilissimi, perseguitati da diverse parti... Ma essi avevano questa pace interna e hanno potuto offrire questa pace agli altri. E questa è anche la pace che Dio vuole nella Chiesa e che vuole offrire al mondo la Chiesa: Chiesa come comunità universale, Chiesa come popolo di Dio, Chiesa come entità apostolica. Essa vuole vivere questa pace, vuole sempre approfondire e offrire questa pace al mondo.
Ecco, carissimi, vi auguro una buona continuazione giovanile in questa parrocchia, che nella sua fondazione ha già una grande ispirazione, una grande animazione giovanile, perché sappiamo bene chi era Don Orione. Vi auguro allora la maturazione cristiana: questa maturazione cristiana è sempre apostolato. Vi auguro anche un apostolato giovanile che possa trasformare il mondo attraverso la vostra maturità cristiana: il mondo dei vostri coetanei, il mondo delle generazioni più anziane e più giovani. Molto dipende da voi, carissimi. Grazie per questo incontro. Grazie anche per il canto nella chiesa e poi qui.
[Il Discorso in oggetto non è stato pubblicato negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. La trascrizione non integrale, qui riportata, venne fatta dalla ripresa su nastro magnetico].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI DI GENOVA E DELLA LIGURIA
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Sabato 26 ottobre 1991
Signor Cardinale,
Venerati fratelli nell’Episcopato,
Carissimi fratelli e sorelle!
È ancora vivo in me il ricordo dei pellegrinaggi che ho compiuto a Genova nel settembre del 1985 e il 14 ottobre dello scorso anno.
Conservo nello spirito le emozioni di quei giorni: il calore dell’accoglienza, l’entusiasmo della fede, ed in particolare, la presenza massiccia dei Genovesi in Piazza della Vittoria per le celebrazioni eucaristiche durante le quali ho affidato le vostre Comunità alla Madonna della Guardia, Patrona e Regina di Genova.
Memore di così profonde esperienze spirituali, sono lieto di accogliervi quest’oggi, carissimi Genovesi e rappresentanti delle altre Diocesi della Regione ecclesiastica ligure, venuti per ricambiare le mie visite pastorali.
Presso la tomba del Principe degli Apostoli, potrete rinnovare la vostra adesione al Vangelo e professare l’unica fede, in comunione con il successore di Pietro e la Chiesa universale. [...]
Carissimi fratelli e sorelle, ecco il lavoro che vi attende. Non cedete mai alla tentazione della superficialità e del conformismo, né lasciatevi sorprendere dallo scoraggiamento o dalle difficoltà.
Dinanzi a voi rifulgono gli esempi luminosi dei Santi originari delle vostre Diocesi, in particolare dei Santi e dei Beati che di recente io stesso ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari.
Fra questi, ricordo santa Paola Frassinetti, fondatrice delle Suore Dorotee, la beata Virginia Centurione Bracelli, fondatrice delle Suore Brignoline e Suor Maria Repetto, la beata Benedetta Cambiagio Frassinello, fondatrice delle Suore Benedettine della Provvidenza; il beato Luigi Orione, fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
Alla schiera di così eloquenti testimoni dell’amore divino, si aggiunge il sacerdote Agostino Roscelli, fondatore delle Suore dell’Immacolata di Genova e del quale è stato di recente approvato il Decreto delle virtù eroiche.
Vi protegga sempre Maria, la celeste Guardiana del popolo genovese e della Liguria. Vi accompagni anche il mio affettuoso ricordo e la mia benedizione.
[L’Osservatore Romano, 27 ottobre 1991, 6].
51
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL X CAPITOLO GENERALE
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Sala Clementina, Città del Vaticano. Sabato 16 maggio 1992
Fratelli carissimi!
Siate i benvenuti! Voi avete celebrato il X Capitolo generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza: fatica nobile e benedetta, perché fatica per il Regno di Dio! La vostra Assemblea capitolare si è svolta a pochi mesi di distanza dalla repentina scomparsa del Direttore generale dell’Opera, Don Giuseppe Masiero, e dell’Economo, Don Angelo Riva. Fui informato quasi subito della loro tragica morte e soffersi e pregai con voi.
Con voi ora gioisco perché, dopo momenti di prova così dura, mediante le vostre responsabili scelte, il Signore ha dato alla Congregazione un nuovo Superiore e un nuovo Consiglio generale. Porgo, pertanto, il mio saluto a Don Roberto Simionato, da voi eletto sesto successore di Don Orione e ai Consiglieri generali, da voi nominati per i prossimi sei anni. Auspico di cuore che essi possano, con l’aiuto di Dio e lavorando in costante sintonia di intenti, adempiere fedelmente la missione loro affidata per il bene della vostra Opera e della Chiesa. Li animino sempre lo spirito di appassionato servizio ai poveri e l’ansia apostolica, che furono propri del vostro beato Fondatore. Di lui prolunghino soprattutto la luminosa testimonianza di amore a Cristo, ai piccoli e a quanti vivono ai margini della società.
Seguendo le recenti indicazioni della Chiesa, alla quale vi lega un voto di speciale fedeltà, avete riflettuto a lungo durante il Capitolo su come impostare il futuro della Congregazione nell’ottica della missionarietà e dell’attenzione alle persone e ai popoli che attendono l’annuncio evangelico e anelano a condizioni di autentica giustizia e di concreta solidarietà. Il tema della nuova evangelizzazione si è così imposto fortemente alla vostra coscienza. Esso oggi si presenta a voi come l’attuazione del grido accorato del vostro Padre: «Anime! Anime!». Grido che prolunga il “sitio” di Gesù in croce. Grido che andrà sempre ripetuto da ciascuno e da tutti insieme.
Non ci può essere vera evangelizzazione senza fervore apostolico. Non esistono scelte per il Regno, se non sono fatte in un contesto, personale e comunitario, di autentico fervore. Il libro degli Atti, specie in questo tempo pasquale, ce lo ricorda costantemente. Come gli Apostoli, anche voi, Padri Capitolari, siete inviati quali ardenti araldi a diffondere le decisioni adottate dal Capitolo per l’intero vostro Istituto.
“Essere il fondatore oggi”: questo è stato il tema del Capitolo generale, durante il quale avete cercato di mettere in luce la vostra peculiare missione nella Chiesa secondo il carisma del Beato Luigi Orione. Alla vigilia del terzo Millennio cristiano stiamo vivendo un tempo carico di sfide e di enormi potenzialità positive. Un tempo nel quale le frontiere dell’evangelizzazione si allargano, domandando coraggiose scelte apostoliche.
Il formarsi di un mondo più unito, grazie all’incremento delle comunicazioni, l’affermarsi tra i popoli di quei valori evangelici, che Gesù ha incarnato nella vita, e lo stesso tipo di sviluppo economico e tecnico, che spesso si rivela senz’anima, esigono da parte dei credenti, ma in maniera singolare da voi religiosi, ardore rinnovato, audacia missionaria, disponibilità costante e fedeltà indomita a Cristo e al suo Vangelo di speranza e di misericordia. Nell’impegno per la nuova evangelizzazione la vostra Famiglia religiosa troverà, ne sono certo, se saprà aprirsi a un’autentica consapevolezza missionaria, ragioni ideali e stimoli concreti per una costante crescita e un vivo rinnovamento evangelico. Fedeli, in tal modo, all’eredità spirituale lasciatavi da Don Orione, voi sarete in questo tempo i prolungatori del suo servizio alla causa di Cristo e del messaggio salvifico.
La Chiesa vi domanda, pertanto, ancor oggi di vivere il vostro carisma con piena docilità allo Spirito Santo e con apertura generosa alle mutate esigenze dell’epoca attuale. Don Orione riassumeva così la finalità del vostro Istituto: «Instaurare omnia in Christo: per la grazia di Dio tutto instaurare nella Carità infinita di Gesù Cristo con l’attuazione del programma papale». Quanto è necessario oggi il vostro apporto specifico alla vita delle Comunità ecclesiali e all’intera società!
Don Orione, sensibilissimo alla missione della Chiesa, avvertiva lo stacco che, all’inizio del nostro secolo, andava crescendo tra clero e popolo, tra religione e società, tra devozione e costumi morali. La fede e il Vangelo, pur profondamente radicati nella tradizione del popolo, sembravano quasi ininfluenti sui nuovi problemi e interessi della vita familiare, sociale, culturale. Le masse operaie, soprattutto, erano attratte e travolte da altre ideologie e da altri costumi. Occorreva un nuovo modo di essere “sale e lievito del mondo”, un nuovo modo di “seminare e arare Cristo nel popolo”, come egli amava ripetere. Era l’urgenza della Chiesa di quel tempo. E resta l’urgenza della Chiesa anche oggi. Una società come la nostra, che da una parte tende quasi orgogliosamente al materialismo della vita, mentre dall’altra parte sente il vuoto e l’ansia di Dio, necessita di testimoni del mistero, necessita di segni vivi del Vangelo. Voi siete chiamati ad essere, come il vostro Padre spirituale, questi testimoni e questi segni viventi di Cristo nel mondo d’oggi; apostoli coraggiosi, aperti alle prospettive missionarie che animano la famiglia dei credenti.
Potrete rispondere a questa non facile, ma esaltante vocazione soltanto se rimarrete saldamente ancorati all’essenziale della vita religiosa: la docile sequela di Cristo povero, casto e obbediente; se sarete adoratori incessanti della divina Volontà; se farete dell’orazione l’alimento insostituibile dell’esistenza; se non cederete ai richiami del secolarismo e manterrete inalterato lo stile di povertà, di semplicità e di abbandono alla Divina Provvidenza, che fu proprio del vostro Fondatore. Il vostro ministero apostolico tra i poveri e tra i giovani – quest’ultimo significativamente ribadito in quest’anno centenario del primo Oratorio fondato da Don Orione – sarà ancor più efficace e servirà l’unità della Chiesa se innanzitutto tra di voi mai verranno a mancare l’intesa e la fraterna comunione.
La vostra Opera, che va allargando le sue tende missionarie in ogni Continente, conservi sempre lo spirito delle origini. Sia sempre come la volle il Fondatore: una famiglia umile, gioiosa, interamente dedicata al servizio dei poveri, per tutti stringere, con amore dolcissimo, a Cristo nella Chiesa.
Vi accompagni in tale missione il materno aiuto di Maria, “Madre e celeste fondatrice” della vostra Congregazione, come amava ripetere don Orione. Egli sostenga e accompagni i passi del nuovo Direttore generale, del nuovo Consiglio generale e di tutta la vostra Famiglia spirituale. Vi sia di incoraggiamento anche la benedizione che volentieri imparto a voi, qui presenti, e a tutti i membri, Religiosi, Religiose e Laici della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
[L’Osservatore Romano, 17 maggio 1992, 5].
52
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
ALLE PARTECIPANTI ALL’VIII CAPITOLO GENERALE
DELLE PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Sala Clementina, Città del Vaticano. Lunedì 24 maggio 1993
Carissime sorelle!
Vi accolgo con gioia a conclusione dell’VIII Capitolo Generale del vostro Istituto.
L’odierno incontro mi offre l’occasione di manifestarvi gratitudine per l’impegno con cui, seguendo l’intuizione carismatica di Don Luigi Orione, la vostra Famiglia religiosa contribuisce efficacemente all’opera evangelizzatrice della Chiesa, mediante una preziosa testimonianza di carità fra i poveri e i bisognosi.
Indirizzo a ciascuna di voi, Delegate capitolari, un cordiale benvenuto; saluto in particolare la nuova Superiora Generale, Suor Ortensia Turati, insieme con il rinnovato Consiglio generale. Grazie per le cortesi parole che poc’anzi mi sono state rivolte, grazie per la fedeltà alla Chiesa e al Papa da voi generosamente ribadita.
La vostra Congregazione, sgorgata dal genio spirituale del Beato Fondatore, continua a diffondere nel mondo il Vangelo della carità e i segni della divina misericordia. Per poter sempre meglio adempiere tale missione, voi avete voluto riflettere nell’assemblea Capitolare sul vostro specifico carisma al fine di condurre tutti, attraverso la catechesi e la pratica delle opere evangeliche di misericordia verso i poveri più poveri, alla conoscenza e all’amore di Gesù Cristo, del Papa e della Chiesa.
Questi intensi e laboriosi giorni di preghiera e di fraterno dialogo vi hanno dato modo di realizzare un’autentica “esperienza di unità nella carità”. Avete verificato il cammino spirituale sinora percorso. Avete analizzato il programma apostolico particolarmente espresso nel IV voto di carità, per intensificare la comunione e l’ansia evangelizzatrice all’interno di ogni vostra Comunità ed opera, secondo le varie articolazioni della Congregazione, dalla presenza attiva nel campo della carità alla silenziosa ed orante immolazione delle sorelle dedite alla vita contemplativa.
È stata poi vostra cura, tenendo conto delle mutate condizioni dei tempi domandarvi quale debba essere il contributo peculiare che il vostro Istituto è chiamato ad offrire alla nuova evangelizzazione, in piena fedeltà allo spirito del Fondatore e, al tempo stesso, in coraggiosa aderenza alle esigenze apostoliche attuali. Voi volete camminare, come amava ripetere don Orione “alla testa dei tempi”. Questo comporta un paziente lavoro di verifica e di messa a punto, un’attenta revisione delle opere e dei servizi, una saggia apertura alla collaborazione dei laici. Richiede soprattutto uno sforzo di costante conversione personale e comunitaria.
L’esperienza di intensa condivisione, che avete vissuto nel Capitolo Generale, dovete parteciparla ora a tutte le Consorelle si da fare unità nella carità ovunque voi vi troviate ad operare. In tale modo brillerà come eloquente testimonianza evangelica la premura apostolica delle Piccole Suore Missionarie della Carità tra i poveri e i sofferenti.
Care sorelle, siete chiamate alla santità: ecco la vostra vocazione da realizzare con ogni mezzo e vigore, imitando il vostro Padre spirituale e lasciandovi guidare dalle Costituzioni dell’Istituto. Nella Santa Regola si trova già delineato il cammino sicuro da intraprendere per essere fedeli a Dio, per venire incontro alle necessità della Chiesa e per servire i poveri accompagnandoli a Cristo. Approfondite le Costituzioni, vivete le Costituzioni, nutritevi alla mensa della Parola di Dio e dei Sacramenti, seguite docilmente il Magistero della Chiesa. Il Beato Luigi Orione vi raccomandava di camminare “con due piedi: umiltà e carità”; ed aggiungeva: «Siate Madri e serve dei poveri... andate a spargere la carità e, poi, fate olocausto della vostra vita».
A questa scuola di santità e di dedizione ai fratelli, formate anche le giovani che il Signore continua a chiamare nella vostra Famiglia religiosa. Sappiate risvegliare in esse, con l’esempio, il desiderio di dedicarsi al Vangelo in modo radicale e trasmettete loro la passione di Don Orione per Cristo crocifisso. «Conformarsi in tutto a nostro Signore Gesù Cristo – ricorda il Beato Fondatore – vivere Gesù Cristo, vestirsi dentro e fuori di Gesù Cristo, a questa scuola bisogna formare e plasmare le Religiose».
La formazione iniziale e permanente sia pertanto fra le priorità del vostro Istituto. Una saggia azione formativa che si alimenti di contemplazione e di intensa pratica sacramentale. Un’educazione al dialogo e alla comunione che sappia valorizzare ogni apporto personale e culturale, mantenendo ben salda la tensione verso l’unità mentre si allargano i confini dell’apostolato.
Ricordate quanto ha scritto don Orione: «Sia in tutti una gara a faticare assiduamente per far del bene alle anime alle intelligenze, ai cuori e anche ai corpi malati dei nostri fratelli per l’amore di Dio» (Lettere, I, 282).
Carissime sorelle, dopo la sosta del Capitolo Generale, riprendete ora con entusiasmo il vostro cammino. Primo vostro impegno sarà quello di recare a tutte le Comunità un rinnovato messaggio di speranza. Dovete loro comunicare quanto lo Spirito vi ha suggerito e insieme a loro dar vita ad una più impegnata stagione apostolica nella vostra Congregazione e nella Chiesa.
Vi sia di sostegno la materna intercessione di Maria, che il Beato don Orione amava chiamare “Celeste Fondatrice”. Vi protegga dal cielo il vostro Fondatore. Vi accompagni anche la speciale benedizione, che di cuore imparto a ciascuna di voi ed a tutte le vostre consorelle, specialmente alle anziane, ammalate e sofferenti.
[L’Osservatore Romano, 24–25 maggio 1993, 13].
53
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
A DON ROBERTO SIMIONATEO
DIRETTORE GENERALE DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
IN OCCASIONE DEL CONVEGNO INTERNAZIONALE
DEL MOVIMENTO LAICALE ORIONINO
(ROCCA PRIORA, ROMA, 9–12 OTTOBRE 1997)
Città del Vaticano. Martedì 7 ottobre 1997
Al Reverendissimo Don Roberto Simionato, Direttore Generale dei Figli della Divina Provvidenza.
«Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). Con queste parole un gruppo di greci, attratti dal fascino del divin Maestro, si rivolsero un giorno ad alcuni discepoli, esprimendo il desiderio di incontrare il Signore. Nel corso dei secoli tante altre persone, in ogni angolo della terra, hanno continuato a manifestare questo medesimo desiderio accostando uomini e donne segnati da un particolare rapporto con la persona di Gesù.
Tra i testimoni di Cristo del nostro secolo occupa un posto privilegiato il Beato Luigi Orione, Fondatore di codesta Famiglia religiosa. Il suo fascino spirituale colpì tanta gente durante la sua vita e continua ancor ora a suscitare ammirazione ed interesse. È successo così che tra i laici vicini alla Piccola Opera della Divina Provvidenza, è venuto affermandosi il desiderio di conoscere in profondità il beato Fondatore, per seguirne più fedelmente le orme. In questo modo è nato il Movimento Laicale Orionino, con lo scopo di offrire alle differenti componenti dell’associazionismo laicale sorto attorno alle istituzioni dell’Opera la possibilità di vivere la sequela di Cristo, condividendo con i Figli della Divina Provvidenza e con le Piccole Suore Missionarie della Carità il carisma orionino.
Dopo i primi anni di avvio del Movimento, si è avvertita l’opportunità di procedere ad una verifica del cammino percorso in vista di ulteriori suoi sviluppi. A tale scopo è stato promosso codesto Convegno internazionale, che ha come tema il motto paolino: “Instaurare omnia in Christo”, scelto dal Beato per la Famiglia religiosa da lui fondata. Si vuole in questo modo offrire ai laici l’opportunità di approfondire la conoscenza del carisma orionino, per elaborare una peculiare “carta di comunione” e progettare ulteriori traguardi di impegno e di condivisione al servizio della nuova evangelizzazione in vista del Grande Giubileo dell’Anno 2000.
Nel rivolgere il mio saluto ai partecipanti all’incontro, non posso non ricordare loro le appassionate parole del Beato Orione: «Instaurare omnia in Christo! Rinnoveremo noi e tutto il mondo in Cristo, quando vivremo Gesù Cristo, quando ci saremo realmente trasformati in Gesù Cristo». Era dunque chiaro convincimento del Fondatore che l’anima di ogni autentico rinnovamento è la novità di Cristo, che si fa presente nelle singole persone, nelle famiglie, nelle strutture civili e nei rapporti tra i popoli. Suo anelito era fare di Cristo il cuore del mondo e servire Cristo in ogni uomo, specialmente nei poveri.
Per dare conveniente attuazione a questa sua intuizione, egli intendeva coinvolgere maggiormente i laici nell’attività apostolica, chiamandoli a sintonizzarsi col suo cuore senza confini, perché dilatato dalla carità di Cristo crocifisso. Scriveva, infatti, ad alcuni amici dell’Opera nel 1935 da Buenos Aires: «Tutti sentirete con me, certo, vivissimo il desiderio di cooperare, per quanto è da voi, a quel rinnovamento di vita cristiana, all’Instaurare omnia in Christo da cui l’individuo, la famiglia e le società possono attendere la ristorazione sociale. Abbiate il coraggio del bene!» (Lettere, II,291).
Consapevoli di questo progetto già presente nel cuore del Beato Fondatore, i responsabili della Famiglia orionina da alcuni anni hanno promosso il Movimento laicale, che in questo Convegno si intende ulteriormente definire e rafforzare, al fine di cooperare validamente, come egli amava ripetere, a «fare del bene sempre, del bene a tutti, del male mai a nessuno».
Mi è caro profittare di questa significativa circostanza per incoraggiare lei, Venerato Fratello nel sacerdozio, ed i Religiosi e le Religiose orionini a farsi guide esperte di vita spirituale, a coltivare nei laici «il talento più prezioso: lo spirito»! (Giovanni Paolo II, Vita consecrata, 55). Ed invito i laici che hanno scelto di condividere il carisma orionino vivendo nel mondo ad essere zelanti e generosi per offrire alla Piccola Opera della Divina Provvidenza il prezioso contributo della loro secolarità e del loro specifico servizio. Il Movimento Laicale Orionino favorirà così l’irradiazione spirituale della vostra Famiglia religiosa al di là delle frontiere dell’Istituto stesso, approfondendone i tratti carismatici per una sempre più efficace attuazione della sua specifica missione nella Chiesa e nel mondo.
Un pensiero particolare rivolgo ai membri dell’Istituto Secolare Orionino, a cui è stata recentemente concessa l’approvazione canonica come Istituto di vita consacrata. Ben sapendo che in questi giorni essi tengono la loro l’Assemblea generale per l’elezione delle proprie Autorità, li esorto a vivere con fedeltà e gioia la propria consacrazione nel mondo e con i mezzi del mondo. Sappiano diventare operatori di nuove sintesi tra il massimo possibile di adesione a Dio ed alla sua volontà ed il massimo possibile di partecipazione alle gioie ed alle speranze, alle angosce ed ai dolori dei fratelli, per volgerli verso il progetto di salvezza integrale manifestato dal Padre in Cristo. La loro laicità consacrata li aiuti a vivere con coerenza il Vangelo, nel quotidiano impegno di rendere operativo, sulla scia della testimonianza e degli insegnamenti del Beato Orione, il programma paolino Instaurare omnia in Christo.
Invoco, a tal fine, la protezione di Maria, Madre e celeste Fondatrice della Piccola Opera della Divina Provvidenza, e l’intercessione del Beato Luigi Orione, mentre, in pegno dei celesti favori imparto a lei, ai membri del Movimento Laicale e dell’Istituto Secolare, come pure a quanti fanno parte a vario titolo della Famiglia orionina una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 7 Ottobre 1997.
Ioannes Paulus Pp. II
[L’Osservatore Romano, 12 ottobre 1997, pag. 4].
54
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL’XI CAPITOLO GENERALE
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Sala Clementina, Città del Vaticano. Lunedì 18 maggio 1998
Carissimi Figli della Divina Provvidenza!
Sono lieto di porgervi il mio benvenuto a conclusione del vostro Capitolo Generale! Vi saluto tutti con affetto e rivolgo un particolare pensiero anzitutto al Direttore Generale, Don Roberto Simionato, che ringrazio per le cortesi parole di augurio. Nel congratularmi per la sua rielezione, formulo voti che, con il sostegno della grazia di Dio, egli possa proseguire con coraggio e lungimiranza a guidare i Confratelli secondo lo stile apostolico del beato Fondatore.
Saluto i membri del nuovo Consiglio Generale e quanti vi hanno svolto il loro servizio nel precedente sessennio. Attraverso voi qui presenti, che avete partecipato al Capitolo, vorrei far giungere il mio apprezzamento a tutti gli Orionini sparsi in tante nazioni del mondo con il vivo incoraggiamento a camminare sempre, come amava ripetere Don Orione, “alla testa dei tempi”.
Saluto, altresì, i laici che, per la prima volta, hanno preso parte ai lavori di questa assise fraterna, aprendo una fase inedita, e spero ricca di frutti apostolici, per la vita della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
In effetti, il tema della vostra Assemblea capitolare è stato proprio: “Religiosi e laici orionini in missione nel Terzo Millennio”, tema che voi avete analizzato in prospettiva del futuro, consapevoli che le mutate condizioni sociali nelle quali viviamo postulano dalla vostra ancor giovane Congregazione nuove forme di apostolato; forme nuove, ma sempre animate dallo spirito carismatico delle origini.
E per meglio rispondere alla vostra vocazione, intendete associare più strettamente al vostro ministero i laici, ricordando, come ho sottolineato nell’Esortazione apostolica post–sinodale Vita consecrata, che le varie componenti del Popolo di Dio «possono e devono unire le loro forze, in un atteggiamento di collaborazione e di scambio di doni, per partecipare più efficacemente alla missione ecclesiale» (n. 54). Sono certo che una più stretta comunione dei religiosi e dei laici della vostra Famiglia sgorgata dal cuore del beato Luigi Orione, innamorato di Dio e dei fratelli, porterà a un arricchimento spirituale di tutti e ad una più incisiva azione apostolica e sociale nel mondo.
I nostri tempi richiedono ardimento e generosità, fedeltà assoluta al Vangelo ed alla Chiesa, intensa formazione ed apertura coraggiosa ai bisogni del prossimo. Direbbe ancor oggi il vostro Fondatore: «Di fuoco, non di una scintilla, ma di una fornace di fuoco, c’è bisogno oggi». Sì, come non sentire nell’epoca attuale, specialmente in questo anno dedicato in modo particolare alla riflessione sullo Spirito Santo, il bisogno del fuoco di questa divina Persona, il fuoco della carità, il fuoco della santità?
Anzitutto il fuoco della santità. Scrivevo nell’Esortazione apostolica post–sinodale Christifideles laici: «La santità, poi, deve dirsi un fondamentale presupposto e una condizione del tutto insostituibile per il compiersi della missione di salvezza nella Chiesa» (n. 17). Ed osservavo nella Redemptoris missio: «Non basta rinnovare i metodi pastorali, né organizzare e coordinare meglio le forze ecclesiali, né esplorare con maggior acutezza le basi bibliche e teologiche della fede: occorre suscitare un nuovo “ardore di santità” fra i missionari e in tutta la comunità cristiana» (n. 90).
È quanto aveva intuito Don Orione quando dal Chaco argentino lanciava accorati appelli per l’invio di nuovi missionari del Vangelo: «Ho bisogno di santi! Ho bisogno di santi» (Lettere II, 236). La vitalità della Congregazione e del suo apostolato proviene dalla tensione amorosa e perseverante verso la santità da parte di tutti i suoi membri. La santità prima di tutto! Pertanto, l’ideale della conformazione a Cristo deve essere sempre il progetto e il dinamismo che animano non solo la formazione iniziale e permanente, ma ogni istituzione ed iniziativa di carità, l’impegno pastorale e quello missionario, la relazione con i laici e tutti i programmi di bene del vostro Istituto.
Il fuoco dell’amore divino alimenta quello della carità fraterna. La vostra quotidiana presenza tra gli “ultimi” vi fa toccare con mano che è impossibile diffondere fra la gente il fuoco rigeneratore dell’amore, se non si è mossi internamente dalla divina carità. Don Orione ha voluto per questo una Congregazione che vivesse un autentico spirito di famiglia, ad immagine della comunità degli Apostoli, dove il legame dell’amore di Cristo era il segreto dell’intesa e della collaborazione. Continuate su questa scia, fedeli all’intuizione del vostro Padre, perché solo così potrete operare insieme efficacemente oltre le frontiere dell’emarginazione, al servizio dell’uomo povero ed abbandonato.
Questa necessità dell’apostolato della comunione era molto avvertita dal beato Luigi Orione che, attento ai segni dei tempi osservava: «In un mondo in cui non c’è che una legge: la forza; in un mondo in cui risuonano sovente voci di battaglie tra povero e ricco, tra padre e figlio, tra suddito e regnante; entro i gorghi di una società che vive e sembra voglia inabissarsi nell’odio, opponiamo l’esempio di una carità veramente cristiana» (Parola III,106).
Si avvicina ormai a grandi passi il terzo millennio e durante l’Assemblea capitolare voi avete riflettuto sulle sfide missionarie che la Chiesa ha dinanzi a sé: prima fra tutte quella di riproporre nella sua interezza e verità il messaggio liberante del Vangelo (cf. Tertio millennio adveniente, n. 57) a tutti gli uomini ed a tutto l’uomo.
In questo sforzo per la nuova evangelizzazione sono certo che non mancherà il fattivo contributo della vostra Congregazione, chiamata, secondo il carisma che la caratterizza, ad offrire la testimonianza della carità, vostra via privilegiata per unire gli uomini a Cristo, al Papa e alla Chiesa. Rifletteva il vostro beato Fondatore: «Chi, nella Chiesa e benedetto dalla Chiesa, andrà ai più poveri, ai più abbandonati, ai più infelici? E alle anime, al popolo come sveleremo Cristo? Con la carità! Come faremo amare Cristo? Con la carità! Come salveremo noi, i fratelli e i popoli? Con la carità! Con la carità che si fa olocausto, ma che tutto vince; con la carità che unifica e instaura ogni cosa in Cristo!» (Informatio ex processu, 1021).
Carissimi Orionini, mantenete intatta questa preziosa eredità lasciatavi dal Fondatore. Grazie all’apporto dei laici, rendete la vostra azione apostolica più incisiva e rispondente alle esigenze dei nostri tempi.
Affido, a tal fine, le vostre persone e tutte le vostre benemerite opere pastorali e caritative alla celeste protezione di Maria Vergine e del beato Luigi Orione e, mentre vi assicuro un ricordo costante nella preghiera, imparto con affetto a voi, ai vostri Confratelli, alle vostre Comunità ed a tutti coloro che fanno parte della grande Comunità spirituale orionina una speciale Benedizione Apostolica.
[L’Osservatore Romano, 18–19 maggio 1998, 5].
55
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
ALLE PARTECIPANTI AL IX CAPITOLO GENERALE
DELLE PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Sala Clementina, Città del Vaticano. Sabato 15 maggio 1999
Care Piccole Suore Missionarie della Carità,
al termine del IX Capitolo Generale, avete voluto incontrare il Successore di Pietro per ribadire la fedele adesione alla Chiesa da parte di ciascuna di voi e di tutta la vostra Famiglia religiosa, secondo lo spirito del vostro Fondatore, il Beato Luigi Orione.
Grazie per questa vostra visita e per il significato che essa intende esprimere. Porgo vive felicitazioni a Suor Maria Ortensia Turati, confermata per il prossimo sessennio alla guida del vostro Istituto. Auguro a lei, come pure al rinnovato Consiglio Generale, un proficuo servizio apostolico, nel condurre la Congregazione verso sempre più vaste ed incisive iniziative di carità.
Durante l’assemblea capitolare, che proprio oggi si conclude, vi siete soffermate a riflettere sul tema: “Radicate in Cristo verso una nuova unità di vita, per un Istituto più missionario”. So che questi giorni d’intensa preghiera, di attenta riflessione e di fraterno dialogo vi hanno permesso di guardare avanti, oltre la soglia del terzo millennio, per mettere in evidenza le attese e le urgenze che domandano generose e profetiche risposte, nel solco della carità di Don Orione.
Perché la vostra Opera, che allarga ormai le sue tende in molte nazioni del mondo, possa avanzare secondo il carisma che le è proprio, occorre che restiate anzitutto saldamente “radicate” in Cristo. Come non guardare a Don Orione ed al suo esempio di incessante unione a Gesù, adorato nell’Eucarestia, amato nel mistero della sua Croce e servito con infaticabile dedizione nei poveri più poveri? Siate fedeli a Cristo sulle orme di Don Orione! Cristo sia il centro del vostro cuore e d’ogni vostro progetto di bene. Sarete così missionarie del suo Vangelo di carità, dovunque vi troviate ad agire e diffonderete attorno a voi il balsamo salutare della divina misericordia.
Il vostro carisma vi chiama ad essere Missionarie della Carità, apostole, cioè, di Dio che è Amore. Per realizzare questa vostra impegnativa missione, lasciatevi guidare dallo Spirito Santo verso un’unità sempre più profonda con Dio e tra di voi: è condizione indispensabile per svolgere un apostolato sempre coraggioso e fedele. Dall’incessante preghiera e contemplazione traete luce e vigore per essere autentiche Piccole Suore Missionarie della Carità. Povere, piccole ed umili, come amava Don Orione, perché possiate condividere effettivamente la condizione di coloro che si trovano ai margini della società. Preparate, però, e ben formate per rispondere in modo adeguato alle sfide spirituali e sociali di questo nostro tempo.
La cooperazione costante con i Figli della Divina Provvidenza nel nome del comune Fondatore, l’apertura ai laici, che intendete giustamente intensificare per estendere il raggio della vostra azione, una formazione attenta alle mutate esigenze della nostra epoca, un permanente ed organico inserimento nelle Chiese locali renderanno realmente il vostro Istituto più missionario con interventi di amore preferenziale verso i poveri, nel desiderio di condurli all’incontro con Cristo.
Care Sorelle, assicuro la mia preghiera per voi al Signore ed affido ogni decisione e mozione scaturita dal Capitolo Generale alla Madonna, Madre del Buon Consiglio. Sia Lei a guidare i vostri passi e a sostenervi nei vostri sforzi. Don Orione dal cielo vegli su di voi e su tutte le istituzioni della vostra benemerita Congregazione.
Con tali sentimenti, di cuore benedico voi, le vostre consorelle, specialmente quelle ammalate e sofferenti, le aspiranti e le novizie, le vostre famiglie e quanti sono oggetto delle vostre cure.
[L’Osservatore Romano, 16 maggio 1999, 5].
56
LETTERA DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
ALLA CONGREGAZIONE DI SAN GIUSEPPE
IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELLA MORTE
DEL FONDATORE
Città del Vaticano. Martedì 28 marzo 2000
Reverendissimo Padre Luigi Pierini, C.S.J.
Superiore Generale della Congregazione di San Giuseppe
La ricorrenza centenaria della morte di San Leonardo Murialdo, Fondatore dell’allora Pia Società Torinese di San Giuseppe, mi offre la gradita opportunità di far pervenire a Lei ed ai Confratelli un saluto cordiale e l’assicurazione della mia preghiera, affinché questa provvidenziale circostanza sia per l’intera Famiglia religiosa apportatrice di abbondante e rinnovata effusione di grazia. Nel rivolgere il mio pensiero ai figli spirituali di San Leonardo, che con generosità e competenza operano, nel nome di Cristo, per l’elevazione morale e materiale dei giovani, dei lavoratori e del popolo, intendo raggiungere tutti coloro che usufruiscono della loro azione pastorale e sociale. […]
Nel secolo XIX, davanti al sorgere dell’industria moderna con la conseguente formazione d’una classe operaia e proletaria, la Chiesa non ha promosso un’emancipazione sovversiva dei lavoratori stretti dal bisogno e dalla sofferenza, ma ha offerto loro l’azione di coraggiosi testimoni del Vangelo, che li hanno aperti progressivamente alla consapevolezza dei loro diritti e delle loro responsabilità.
San Leonardo Murialdo si inserisce nel novero delle figure di singolare santità che hanno caratterizzato la Chiesa piemontese nell’800. Si distinguono, tra gli altri, le forti personalità del Cottolengo, del Cafasso, del Lantieri, dell’Allamano, di Don Bosco e di Don Orione, con le loro perspicaci intuizioni, il genuino amore per i poveri e la sconfinata fiducia nella Provvidenza. Attraverso la loro azione, la carità della Chiesa ha potuto promuovere efficacemente l’emancipazione materiale e spirituale dei figli del popolo, vittime di gravi ingiustizie e posti ai margini del tumultuoso processo di modernizzazione dell’Italia e dell’Europa. […]
Assicuro per ogni vostra attività il mio costante ricordo al Signore, specialmente per il XX Capitolo Generale, che celebrerete dall’11 luglio al 6 agosto prossimo. Con tali sentimenti, imparto a Lei ed a tutti i membri della Congregazione di San Giuseppe una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai Collaboratori ed a quanti sono oggetto premuroso del vostro ministero pastorale.
Dal Vaticano, 28 Marzo 2000.
Ioannes Paulus Pp. II
[La Lettera in oggetto non è stata pubblicata negli organi ufficiali della Santa Sede. Il testo qui riportato è consultabile nella pagina web della Santa Sede].
57
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Sagrato della Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 23 agosto 2000
Saluto, poi, i numerosi giovani. In modo speciale i giovani della Congregazione di Don Orione, che intendono rinnovare con la loro presenza l’impegno di fedeltà al Papa e alla Chiesa.
[L’Osservatore Romano, 24 agosto 2000, 7].
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OMELIA DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE
ALLA PARROCCHIA ROMANA SANTA MARIA MATER DEI
Cortile del Centro Don Orione, Monte Mario, Roma. Domenica 11 novembre 2001
«Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono per lui» (Lc 20,38).
Abbiamo celebrato il 2 novembre la Commemorazione di tutti i fedeli defunti. La Liturgia di questa 32ª domenica del tempo ordinario torna nuovamente su questo mistero, e ci invita a riflettere sulla realtà consolante della risurrezione dei morti. La tradizione biblica e cristiana, fondandosi sulla Parola di Dio, afferma con certezza che, dopo quest’esistenza terrena, si apre per l’uomo un futuro di immortalità. Non si tratta di una generica affermazione, che intende venire incontro all’aspirazione dell’essere umano verso una vita senza fine. La fede nella risurrezione dei morti si fonda, come ricorda l’odierna pagina evangelica, sulla fedeltà stessa di Dio, che non è il Dio dei morti, ma dei vivi, e comunica a quanti confidano in lui la medesima vita che egli possiede in pienezza.
«Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto!» (Salmo responsoriale). Il ritornello del Salmo responsoriale ci proietta in questa vita oltre la morte, che è meta e pieno compimento del nostro pellegrinaggio qui sulla terra. Nel Primo Testamento si assiste al passaggio dall’antica concezione di un’oscura sopravvivenza delle anime nello sheol alla ben più esplicita dottrina della risurrezione dei morti. Lo attesta il Libro di Daniele (cf. Dan 12,2–3) e, in maniera esemplare, il secondo Libro dei Maccabei, da cui è tratta la prima lettura poc’anzi proclamata. In un’epoca in cui il popolo eletto era ferocemente perseguitato, sette fratelli non esitarono ad affrontare insieme con la loro madre le sofferenze e il martirio pur di non venir meno alla loro fedeltà al Dio dell’Alleanza. Uscirono vincitori da tale terribile prova, poiché erano sostenuti dall’attesa dell’«adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati» (2 Mac 7,14).
Ammirando l’esempio dei sette fratelli riferito nel Libro dei Maccabei, ribadiamo con fermezza la nostra fede nella risurrezione dei morti di fronte a posizioni critiche anche del pensiero contemporaneo. È questo uno dei punti fondamentali della dottrina cristiana, che illumina di luce consolante l’intera esistenza terrena.
Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di Santa Maria Mater Dei! Con grande gioia mi incontro quest’oggi con la vostra accogliente Comunità cristiana, ospitata in questo Centro Don Orione di Monte Mario, che ho avuto la gioia di visitare quindici anni or sono. Torno volentieri tra voi, carissimi, e a tutti rivolgo il mio affettuoso saluto.
Saluto anzitutto il Cardinale Vicario e il Vescovo Ausiliare di Settore. Saluto il Direttore Generale dei Figli della Divina Provvidenza e il Direttore Provinciale. Saluto il vostro zelante Parroco, Don Savino Lombardi, i Vicari parrocchiali, la Comunità dell’Istituto Teologico e tutti i religiosi orionini, che operano in questo vasto complesso al servizio dei più poveri. Estendo il mio pensiero ai collaboratori, ai volontari ed ai laici impegnati nelle molteplici attività pastorali e sociali. Saluto le religiose dei cinque Istituti che vivono nel quartiere. Tanta ricchezza di carismi e di persone consacrate costituisce un grande dono per l’intera parrocchia.
Abbraccio con affetto e calore specialmente voi, cari ragazzi e ospiti dell’Istituto Don Orione, che siete il cuore di quest’Opera in cui ben si riflette lo spirito del Fondatore. Allargo, poi, il mio pensiero agli ammalati, alle persone sole e anziane e a tutti gli abitanti di questo quartiere.
Carissimi fratelli e sorelle! So che vi siete preparati all’odierno incontro meditando insieme sulla Lettera apostolica Novo millennio ineunte. Lasciate che ripeta anche a voi l’invito di Cristo a Pietro: Duc in altum – Prendi il largo! (Lc 5,4). Prendi il largo e non temere, comunità parrocchiale della Mater Dei, animata dal desiderio di servire Cristo e di testimoniare il suo Vangelo di salvezza! A questo vasto sforzo apostolico partecipino concordi coloro che operano nei vari ambiti pastorali, dalla catechesi alla liturgia, dalla cultura alla carità.
Il vostro quartiere è abitato da non pochi professionisti, giornalisti e docenti universitari. Questo offre l’opportunità di sviluppare un’utile esperienza pastorale, coinvolgendo questi esperti e operatori del linguaggio e della comunicazione in itinerari di riflessione e di approfondimento sui temi fondamentali della dottrina cristiana. Il rapporto tra fede e vita costituisce oggi una delle sfide più impegnative per la nuova evangelizzazione.
Inoltre, in questo Centro, che è il cuore della parrocchia, è forte il riferimento al beato Luigi Orione, apostolo infaticabile della carità e della fedeltà alla Chiesa. Seguitene, carissimi, le orme imitandolo nell’obbedienza filiale alla Chiesa, nella ricerca instancabile del bene delle anime, nell’attenzione ai poveri e ai bisognosi. Stanno davanti a voi le “vecchie” e le “nuove” povertà, che attendono la vostra generosa disponibilità.
Un pensiero speciale dirigo a voi, cari giovani. So quanto vi siete impegnati nella preparazione e nella celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù nell’agosto dell’anno scorso. A conclusione dell’indimenticabile Veglia a Tor Vergata ho invitato i giovani del mondo intero ad essere “sentinelle del mattino di quest’alba del terzo millennio”. Rinnovo ora a voi quest’esortazione, perché siate “sentinelle” attente e vigilanti, che tengono desta l’attesa di Cristo. Siate missionari dei vostri coetanei, senza scoraggiarvi dinanzi alle difficoltà e cercando forme di evangelizzazione adatte al mondo giovanile.
A tale riguardo, penso al bene che da molti anni compie la Polisportiva Don Orione, ora perfettamente integrata nella Comunità parrocchiale, come pure alle opportunità apostoliche che offrono i Centri di Formazione Professionale. Mi complimento inoltre con voi, cari giovani della parrocchia, per aver dato vita alla significativa iniziativa, denominata Capodanno alternativo, che coinvolge ormai molti altri vostri coetanei. Ogni anno essa riunisce qui a Roma, negli ultimi giorni di dicembre, ragazzi e ragazze di diverse regioni italiane e si allarga progressivamente ad altri Paesi e Continenti.
Con l’entusiasmo che contraddistingue la vostra età, preparatevi alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà, a Dio piacendo, a Toronto nel luglio del 2002, approfondendone il Messaggio che si ispira alla frase evangelica: «Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13–14).
Dio Padre, che in Cristo Gesù «ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene» (2 Ts 2, 16–17).
Cari fratelli e sorelle, con queste parole dell’apostolo Paolo, risuonate nella nostra assemblea liturgica, vi incoraggio a proseguire nel vostro quotidiano impegno cristiano. Per un fecondo apostolato di bene, siate fedeli alla preghiera e restate ancorati alla salda roccia che è Cristo. Vi aiuti in questo itinerario spirituale il beato Luigi Orione. Vi assista la Madonna, che da questo colle veglia sulla Città e che voi parrocchiani avete come Patrona col bel titolo di Mater Dei. A lei, Madre di Dio e della Chiesa, tutti vi affido. Sia lei a proteggervi e ad accompagnarvi in ogni momento. Amen!
[L’Omelia in oggetto non è stata pubblicata negli organi ufficiali della Santa Sede, né sui bollettini orionini. Il testo qui riportato è consultabile nella pagina web della Santa Sede].
59
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA DELEGAZIONE
DEL MOVIMENTO «TRA NOI»
Sala Clementina, Città del Vaticano. Venerdì 8 marzo 2002
Carissimi Fratelli e Sorelle!
Sono lieto di aprire le porte di questa casa, ed ancor più quelle del mio cuore, a ciascuno di voi e a quanti fanno parte del Movimento Tra Noi, esteso ormai oltre i confini dell’Italia.
Benvenuti! Tutti saluto con affetto, con un particolare pensiero per la vostra Presidente, la signora Bianca Imperati, per la responsabile dell’Istituto Secolare Maria di Nazaret, la signora Antonella Simonetta, e per i sacerdoti che curano la vostra formazione spirituale. Non posso qui non ricordare un discepolo generoso del Beato don Luigi Orione, il vostro fondatore recentemente scomparso, don Sebastiano Plutino, che ha speso l’intera sua lunga esistenza al servizio dei più poveri, diffondendo dappertutto lo spirito dell’accoglienza tipico del vostro benemerito sodalizio.
Con l’odierna vostra visita al Successore di Pietro, voi, cari amici, intendete rinnovare la vostra fedeltà alla Chiesa e impegnarvi a seguirne sempre più docilmente gli insegnamenti per essere apostoli della nuova evangelizzazione.
Quest’incontro avviene provvidenzialmente nel giorno dedicato in maniera speciale alla donna. Alla tutela e alla promozione umana e religiosa della donna sin dall’inizio avete dedicato ogni vostra energia e ben sapete quanto ancora occorre fare in questo campo. Profitto di questa circostanza per manifestare la mia vicinanza spirituale alle donne in difficoltà, auspicando che al loro fianco ci siano sempre persone pronte a sostenerle, perché possano realizzare appieno le loro legittime aspirazioni.
Cinquant’anni sono trascorsi da quando don Sebastiano Plutino riunì per la prima volta in un movimento denominato «Tra Noi» un folto gruppo di lavoratrici domestiche. Molte di esse facevano parte di un’associazione parrocchiale chiamata di Santa Zita, sorta per offrire un clima di famiglia e una formazione cristiana a giovani donne venute a Roma dalle regioni meno ricche dell’Italia per svolgere umili e faticose mansioni casalinghe.
Il nascente movimento si ispirava al «proclama di Pio XII per un Mondo Migliore», rivolto alla diocesi di Roma il 10 febbraio del 1952. Diceva il Pontefice: «È tutto un mondo che occorre rifare dalle fondamenta, che bisogna trasformare da selvatico in umano, da umano in divino» (Discorsi e Radiomessaggi, 13 [1951–1952], 471). A quest’invito don Plutino aderì con entusiasmo, fedele agli insegnamenti del Beato Luigi Orione. Con il passare degli anni, il Movimento Tra Noi è andato allargando l’ambito dei propri interventi in altre città italiane e in Brasile.
Cari Fratelli e Sorelle, mentre ringrazio il Signore che non ha mancato in questi cinque decenni di rendere fecondi di bene i vostri sforzi, vi invito a guardare con fiducia alle prospettive di sviluppo che si aprono dinanzi a voi. Categorie sociali antiche e nuove, a rischio ed emarginate, attendono il vostro servizio. Penso, ad esempio, a quelle degli immigrati, degli anziani in difficoltà e dei giovani alla ricerca di saldi punti di riferimento.
Diffondendo la “spiritualità dell’accoglienza”, voi potrete essere artefici di una vera fraternità universale, dove ogni essere umano si senta accolto senza distinzione di classe sociale, religione, cultura e nazionalità. A quanti incontrate nel vostro lavoro offrite non solo un’accoglienza materiale, ma anche un’adeguata formazione religiosa.
Con il “progetto famiglie” e con il vostro proficuo inserimento nel Forum delle Associazioni Familiari, sostenete i nuclei familiari, perché siano cellule vive di un mondo rinnovato, palestre di dialogo e di accoglienza. Con il “progetto giovani”, che tende a potenziare l’attività formativa degli adolescenti, favorite tra le nuove generazioni una mentalità aperta ed accogliente, stimolando i giovani ad essere apostoli dei loro coetanei e protagonisti della società del domani.
Caratterizzando il Movimento Tra Noi come “famiglia di famiglie”, impegnatevi ad operare sempre più per la salvaguardia degli irrinunciabili valori umani e cristiani che hanno segnato la vostra storia. Inciderete così in maniera efficace sulle strutture sociali, dando voce a chi non ha voce. E, in un mondo dove nasce il rischio d’un individualismo chiuso in sé stesso, siate punto di riferimento per chi si sente isolato e in balia degli eventi.
Perché, però, la vostra azione sia efficace, occorre in primo luogo mantenere vivo ed intensificare il contatto quotidiano con Dio nell’assiduo ascolto della sua parola, nella preghiera e in una intensa vita sacramentale. Solo uomini e donne di orazione possono essere artefici di un’incisiva azione sociale e apostolica. Al centro di tutto ci sia l’Eucarestia, sorgente inesauribile di comunione e di impegno missionario.
Per rinnovare il mondo e trasformarlo da “selvatico in umano, da umano in divino” dovete essere santi, come il Beato Luigi Orione, a cui don Sebastiano Plutino si è sempre ispirato, traducendo il suo amore in scelte significative per la Chiesa e per la società.
Maria, Salvezza del Popolo Romano, celeste Madre e protettrice del Movimento Tra Noi, vi guidi e vi accompagni. Sostenga, inoltre, l’Istituto Secolare Maria di Nazareth, che, condividendo con voi il medesimo carisma, è chiamato ad animare, come lievito e fermento spirituale, ogni attività e opera del Movimento. Anch’io vi assicuro un costante ricordo al Signore, mentre volentieri tutti vi benedico.
[L’Osservatore Romano, 9 marzo 2002, 5].
60
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Mercoledì 1° gennaio 2003
[Dopo l’Angelus]
Saluto con particolare affetto i giovani dell’Opera Don Orione che questa notte, come ogni anno, hanno vegliato in Piazza San Pietro pregando per la pace. A tutti auguro che il 2003 sia un tempo di crescita nella concordia, nella fraternità e nel bene. Buon anno!
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 2003, 5].
61
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
A DON ROBERTO SIMIONATO
DIRETTORE GENERALE DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA
IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DELLA APPROVAZIONE CANONICA
DELLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Città del Vaticano. Mercoledì 8 marzo 2003
Al Reverendissimo Signore
Don ROBERTO SIMIONATO
Direttore Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza
1. Ho appreso con gioia che codesto Istituto commemora il centenario della propria approvazione canonica da parte del Vescovo di Tortona, Mons. Igino Bandi. In tale felice circostanza mi è gradito indirizzare a Lei, al Consiglio Generale, e ai membri dell’intera Congregazione un cordiale pensiero, assicurando la mia spirituale partecipazione ai vari momenti celebrativi, che contribuiranno di certo a far rivivere il fervore delle origini, per proseguire, con immutato entusiasmo, il cammino iniziato dal Fondatore oltre cento anni or sono.
2. Il chierico Luigi Orione, già allievo di don Bosco a Torino, aveva solo 20 anni quando aprì il primo Oratorio in Tortona e l’anno seguente, nel 1893, divenne fondatore dando vita a un “collegetto” con scuola interna per fanciulli poveri. Nelle vicende quotidiane, vissute con fede e carità, venne dipanandosi il piano a cui la Divina Provvidenza lo destinava. Al futuro Cardinal Perosi, suo concittadino e amico, che gli chiedeva quale fosse la sua “idea”, scriveva in una lettera del 4 maggio 1897: «Mi pare che il Nostro Signore Gesù Cristo vada chiamandomi ad uno stato di grande carità... ma è fuoco grande e soave che ha bisogno di dilatarsi e di infiammare tutta la terra. All’ombra di ogni campanile sorgerà una scuola cattolica, all’ombra di ogni Croce un ospedale: i monti faranno passo alla carità grande di Gesù Nostro Signore, e tutto sarà instaurato e purificato da Gesù» (Lo spirito di Don Orione, I, 2).
Proprio perché arso da questo mistico fuoco, don Orione superò gli ostacoli e le difficoltà degli inizi e divenne apostolo instancabile, creativo, efficace. Alcuni compagni di seminario seguirono quel chierico fondatore; non pochi allievi vollero essere sacerdoti come lui. L’Opera, che egli sin dal primo momento denominò della Divina Provvidenza, s’accrebbe di membri e di attività. Il Vescovo di Tortona seguiva trepidante l’affermarsi di iniziative tanto ardite e umanamente fragili, ma seppe riconoscervi l’azione dello Spirito. Con Decreto del 21 marzo 1903 ne sancì il carisma e decretò la costituzione della Congregazione religiosa maschile dei Figli della Divina Provvidenza, comprendente sacerdoti, fratelli eremiti e coadiutori. Successivamente, sorsero le Piccole Suore Missionarie della Carità, tra le quali fiorirono due germogli contemplativi, le Sacramentine adoratrici non vedenti e le Contemplative di Gesù Crocifisso, mentre, più di recente, sono nati l’Istituto Secolare Orionino e il Movimento Laicale Orionino.
3. In questa ricorrenza giubilare, mi è gradito esprimere viva riconoscenza a voi tutti, Membri della Famiglia orionina, per il valido apporto dato in questi anni alla missione della Chiesa. Al tempo stesso, mi è caro ricordare quanto scrivevo nell’Esortazione apostolica Vita consecrata: anche «voi non avete solo una gloriosa storia da ricordare e da raccontare, ma una grande storia da costruire!» (n. 110). E, pertanto, vi invito a guardare al futuro, «nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi» (ibid.).
Cari Figli della Divina Provvidenza, la Chiesa attende da voi che ravviviate il dono che è in voi (cf. 2 Tm 1,6), rinnovando i vostri propositi, e in un mondo che cambia promuoviate una fedeltà creativa alla vostra vocazione. Notavo nella citata Esortazione apostolica: «Gli Istituti sono invitati a riproporre con coraggio l’intraprendenza, l’inventiva e la santità dei fondatori e delle fondatrici come risposta ai segni dei tempi emergenti nel mondo di oggi. Questo invito è innanzitutto un appello alla perseveranza nel cammino di santità attraverso le difficoltà materiali e spirituali che segnano le vicende quotidiane. Ma è anche appello a ricercare la competenza nel proprio lavoro e a coltivare una fedeltà dinamica alla propria missione, adattandone le forme, quando è necessario, alle nuove situazioni e ai diversi bisogni, in piena docilità all’ispirazione divina e al discernimento ecclesiale» (n. 37).
Soltanto rimanendo ben radicati nella vita divina e mantenendo inalterato lo spirito delle origini, voi potrete rispondere in maniera profetica alle esigenze dell’epoca attuale. Impegno primario d’ogni battezzato, e a più forte ragione di ciascun consacrato, è tendere alla santità; e sarebbe senz’altro «un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalistica e di una religiosità superficiale» (Novo millennio ineunte, 31). Nello stile del vostro beato Fondatore, e come è nell’indole propria della vita religiosa che avete abbracciato, non abbiate paura di ricercare con paziente costanza «questa ‘misura alta’ della vita cristiana», ricorrendo a «una vera e propria pedagogia della santità» (ibid.), personale e comunitaria, saldamente ancorata alla ricca tradizione ecclesiale e aperta al dialogo con i tempi nuovi.
4. Fedeltà creativa in un mondo che cambia: sia questo orientamento a guidarvi per camminare, come amava ripetere don Orione, «alla testa dei tempi». Se le celebrazioni del Centenario dell’approvazione canonica spingono a “ricordare”, rivivendolo, il clima delle origini, vi stimolano, al tempo stesso, in vista pure del prossimo Capitolo Generale, a “progettare” nuovi e coraggiosi interventi sulle frontiere della carità.
Rimanga intatto lo spirito della prima ora! Vorrei, al riguardo, evidenziare un aspetto significativo dell’intuizione carismatica del chierico Luigi Orione: il suo amore superiore e unificante per la “Santa Madre Chiesa”. Allora come ora, è fondamentale per la vostra Opera coltivare quest’intima passione per la Chiesa, perché possiate «modestamente cooperare, ai piedi della Sede Apostolica e dei Vescovi, a rinnovare e unificare in Gesù Cristo, Signore nostro l’uomo e la società, portando alla Chiesa e al Papa il cuore dei fanciulli più abbandonati, dei poveri e delle classi operaie: ad omnia in Christo instauranda, ut fiat unun ovile et unus pastor» (Costituzioni, art. 5).
Continui ad accompagnarvi dal cielo don Orione insieme ai tanti confratelli che, lungo questi venti lustri, hanno consumato l’esistenza al servizio di Cristo e dei poveri. Vegli su ciascuno di voi la Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa e faccia sì che, come pregava don Orione, tutta la vostra vita sia «sacra a dare Cristo al popolo e il popolo alla Chiesa di Cristo; arda essa e splenda di Cristo, e in Cristo si consumi in una luminosa evangelizzazione dei poveri; la nostra vita e la nostra morte siano un cantico dolcissimo di carità, e un olocausto al Signore» (Lo spirito di Don Orione, IX, 131).
Con affetto io vi assicuro il mio costante ricordo nella preghiera, mentre di gran cuore benedico l’intera vostra Famiglia spirituale e quanti sono oggetto delle vostre diuturne premure.
Dal Vaticano, 8 Marzo 2003.
Ioannes Paulus II
[L’Osservatore Romano, venerdì 21 marzo 2003, 5].
62
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AL GRUPPO DEGLI ISTITUTI DELL’OPERA DON ORIONE
Sagrato della Basilica vaticana, Città del vaticano. Mercoledì 4 giugno 2003
Il mio pensiero va ora, con particolare affetto, alle persone disabili, convenute a Roma nel contesto dell’Anno europeo del disabile, in particolare ai partecipanti ai Giochi Mondiali Estivi Special Olympics, e al folto gruppo degli Istituti dell’Opera Don Orione, provenienti da diverse Regioni. Grazie, carissimi per la vostra partecipazione; auspico cordialmente che quest’incontro costituisca per ciascuno un’occasione provvidenziale per riaffermare la vostra fervida adesione a Cristo e al suo Vangelo.
[L’Osservatore Romano, 5 giugno 2003, 5].
63
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Giovedì 1° gennaio 2004
[Dopo l’Angelus]
Saluto i partecipanti alla marcia promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, che ha come tema “Pace in tutte le terre”. Saluto poi i giovani dell’Opera Don Orione, come pure le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare, che in questa notte di Capodanno hanno vegliato pregando per la pace.
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 2004, 5].
64
DISCORSO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI CONVENUTI
PER LA CANONIZZAZIONE DEL BEATO LUIGI ORIONE
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Sabato 15 maggio 2004
Con grande gioia questa sera vi incontro, carissimi Fratelli e Sorelle, che rappresentate l’intera famiglia del Beato Luigi Orione.
Saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, le autorità e quanti hanno voluto presenziare a questa festa. Un particolare pensiero rivolgo al Direttore Generale dell’Istituto, Don Roberto Simionato, che ha voluto farsi interprete dei sentimenti di ognuno di voi.
Saluto poi le varie componenti della Famiglia orionina: Figli della Divina Provvidenza, Piccole Suore Missionarie della Carità, laici consacrati e associati nel Movimento Laicale Orionino, devoti e pellegrini provenienti dall’Europa, dall’Africa, dall’Asia e dalle Americhe.
Un saluto speciale ai giovani e ai numerosi disabili presenti, che mi offrono l’occasione di abbracciare idealmente tutti gli ospiti delle vostre case, che don Orione considerava suoi “tesori” e “perle” preziose. Un grato saluto va anche alla Rai, che offre a tanti italiani sparsi nel mondo la possibilità di unirsi a questa manifestazione.
Graditissima sorpresa è stata ascoltare poc’anzi la voce di Don Orione. Quanti cuori ha consolato quella voce, quante persone ha consigliato! A tutti ha indicato la via del bene. Umile e ardimentoso, in tutta la sua vita fu sempre pronto e chino sui bisogni dei poveri, tanto da onorarsi dell’epiteto di “facchino della Divina Provvidenza”.
La sua testimonianza resta attualissima. Il mondo, troppo spesso dominato dall’indifferenza e dalla violenza, ha bisogno di chi, come lui, «colmi di amore i solchi della terra, pieni di egoismo e di odio» (Scritti, 62,99). Occorrono buoni Samaritani pronti a rispondere al «grido angoscioso di tanti nostri fratelli che soffrono e anelano a Cristo» (ivi, 80,170).
Cari fratelli e sorelle, Don Orione intuì con chiarezza che la prima opera di giustizia è dare Cristo ai popoli perché «è la carità che tutti edifica, tutti unifica in Cristo e nella sua Chiesa» (ivi, 61,153).
Sta qui il segreto della santità, ma anche della pace che ardentemente auspichiamo per le famiglie, per i popoli. Interceda Don Orione, in particolare, per la pace in Terra Santa, in Iraq e nelle altre regioni del globo, sconvolte da guerre e conflitti sanguinosi.
Ci rivolgiamo ora alla Madonna, di cui il vostro Fondatore fu sempre devotissimo, perché continui a proteggere la Piccola Opera della Divina Provvidenza, chiamata ad annunciare e testimoniare il Vangelo agli uomini del terzo millennio.
A tutti la mia Benedizione.
[Al termine del discorso alla famiglia orionina, prima di recitare l’Atto di Consacrazione alla Madonna della Piccola Opera della Divina Provvidenza, Giovanni Paolo II ha pronunciato le parole che seguono:]
Vorrei ancora qui ricordare un Figlio spirituale di Don Orione, che ho conosciuto in Polonia... Era Monsignor Bronisław Dąbrowski, Segretario Generale dell’Episcopato polacco. Lo ricordo sempre con grande simpatia e riconoscenza, perché ci ha insegnato, in quei tempi difficili, che occorre essere coraggiosi, umili e forti. Sia pace alla sua anima. Tutti vi ringrazio ancora una volta.
ATTO DI CONSACRAZIONE ALLA MADONNA
1. Maria, Madre di Cristo e della Chiesa,
mentre contempliamo accanto a te nella gloria
Luigi Orione, padre dei poveri
e benefattore dell’umanità dolorante e abbandonata,
Ti consacriamo la Piccola Opera della Divina Provvidenza,
che è opera tua fin dall’inizio.
Ai tuoi piccoli figli e figlie dona, o Madre,
quell’inesauribile capacità di amare
che scaturisce dal Cuore squarciato del Crocifisso.
Dona loro fame e sete di carità apostolica
sull’esempio del Fondatore, che sospirava: Anime, anime!
2. Ricordati, Vergine Santa,
dell’umile Famiglia religiosa che,
dopo intensa e prolungata preghiera
davanti alla tua Immagine venerata,
Don Orione regalò alla Chiesa.
Tu hai voluto avvalerti della Piccola Opera,
chiamandone i figli e le figlie all’altissimo privilegio
di servire Cristo nei poveri.
Li hai voluti animati da carità ardente
e fiduciosi nella tua Divina Provvidenza.
Mai si estingua in loro il sacro fuoco
dell’amore a Dio e al prossimo.
3. Dona loro amore devoto per il Successore di Pietro,
obbedienza solerte verso i Vescovi,
generosa disponibilità nel servizio alla comunità cristiana.
Rendili sensibili alle necessità del prossimo,
attenti e premurosi verso i fratelli più poveri e abbandonati,
verso i reietti e quanti sono considerati
come rifiuti della società.
Fa’ che le figlie e i figli di Don Orione,
sorretti da un amore senza limiti per Cristo,
sappiano accogliere con misericordia inesauribile
ogni forma di umana miseria,
manifestando amore e compatimento per tutti.
4. Dona, o Maria, alla Famiglia orionina
un cuore grande e magnanimo, che sappia
arrivare a tutti i dolori e asciugare tutte le lacrime.
Spargi copiose le tue grazie su quanti
con fiducia a te ricorrono in ogni necessità.
Che la vita della Piccola Opera della Divina Provvidenza
sia consacrata a dare Cristo al popolo
e il popolo a Cristo.
5. Maria, luminosa Stella del mattino
posta da Dio sull’orizzonte dell’umanità,
stendi benigna il tuo manto su noi,
pellegrini nelle strade del tempo
tra molteplici rischi ed insidie,
e intervieni in nostro soccorso
adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen!
[L’Osservatore Romano, 17–18 maggio 2004, 6].
65
OMELIA DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA CAPPELLA PAPALE
PER LA CANONIZZAZIONE DI SEI BEATI
Sagrato della Basilica vaticana, Città del Vaticano. Domenica 16 maggio 2004
«Vi do la mia pace» (Gv 14,27). Nel tempo pasquale ascoltiamo spesso questa promessa di Gesù ai suoi discepoli. La pace vera è frutto della vittoria di Cristo sul potere del male, del peccato e della morte. Quanti lo seguono fedelmente diventano testimoni e costruttori della sua pace.
In questa luce mi piace contemplare i sei nuovi Santi, che la Chiesa addita oggi all’universale venerazione: Luigi Orione, Annibale Maria di Francia, Josep Manyanet y Vives, Nimatullah Kassab Al–Hardini, Paola Elisabetta Cerioli, Gianna Beretta Molla.
«Uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo» (At 15,26). Queste parole degli Atti degli Apostoli ben possono applicarsi a San Luigi Orione, uomo totalmente donato alla causa di Cristo e del suo Regno. Sofferenze fisiche e morali, fatiche, difficoltà, incomprensioni e ostacoli di ogni tipo hanno segnato il suo ministero apostolico. «Cristo, la Chiesa, le anime – egli diceva – si amano e si servono in croce e crocifissi o non si amano e non si servono affatto» (Scritti, 68,81).
Il cuore di questo stratega della carità fu «senza confini perché dilatato dalla carità di Cristo» (ivi, 102,32). La passione per Cristo fu l’anima della sua vita ardimentosa, la spinta interiore di un altruismo senza riserve, la sorgente sempre fresca di una indistruttibile speranza.
Quest’umile figlio di un selciatore proclama che «solo la carità salverà il mondo» (ivi, 62,13) e a tutti ripete che «la perfetta letizia non può essere che nella perfetta dedizione di sé a Dio e agli uomini, a tutti gli uomini» (ivi). [...]
«Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Gv 14,28). Le vicende terrene di questi sei nuovi Santi ci spronano a perseverare sulla propria strada, confidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione di Maria. Dal cielo ora veglino su di noi e ci sostengano con la loro potente intercessione.
[Acta Apostolicae Sedis 96 (2004), 653–655; L’Osservatore Romano, 17–18 maggio 2004, 8–9].
66
LETTERA DECRETALE CUM LIBER ESSEM EX OMNIBUS
DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
CON LA QUALE IL BEATO LUIGI ORIONE
VIENE ISCRITTO NELL’ALBO DEI SANTI
Città del Vaticano. Domenica 16 maggio 2004
«Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro» (1 Cor 9,19–23).
Queste parole dell’Apostolo Paolo ci aiutano a presentare la vita del Beato Luigi Orione, che ci appare come una meravigliosa e geniale espressione della carità cristiana. È impossibile sintetizzare in poche frasi la sua vita avventurosa e talvolta drammatica, però possiamo dire che egli fu certamente una delle personalità più eminenti del secolo ventesimo per la sua fede cristiana apertamente vissuta.
Ebbe la tempra e il cuore dell’Apostolo Paolo, tenero e sensibile fino alle lacrime, infaticabile e coraggioso fino all’ardimento, tenace e dinamico fino all’eroismo, affrontando pericoli di ogni genere, avvicinando alte personalità della politica e della cultura, illuminando uomini senza fede, convertendo peccatori, sempre raccolto in continua e fiduciosa preghiera, talvolta accompagnata da terribili penitenze.
Luigi Orione nacque a Pontecurone, in diocesi di Tortona, il 23 giugno 1872. Pur avvertendo la vocazione al sacerdozio, per tre anni (1882–1885) aiutò il padre come garzone selciatore. Il 14 settembre 1885, a 13 anni, venne accolto nel convento francescano di Voghera (Pavia), ma una polmonite ne mise in pericolo la vita e dovette tornare in famiglia. Dal 1886 al 1889 fu allievo dell’Oratorio di Valdocco in Torino. Entrò poi nel seminario di Tortona. Aprì in Tortona, il 3 luglio 1892, il primo Oratorio per curare l’educazione cristiana dei ragazzi. L’anno seguente, il 15 ottobre 1893, Luigi Orione, chierico di 21 anni, aprì un Collegio destina–to a ragazzi poveri.
Il 13 aprile 1895 fu ordinato sacerdote e nella medesima celebrazione il Vescovo impose l’abito clericale a sei allievi del suo collegio. Attorno al giovane Fondatore crebbero chierici e sacerdoti che formarono il primo nucleo della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Il ve–scovo di Tortona, Mons. Igino Bandi, nel 1903, riconobbe canonicamente la Congregazione religiosa maschile dei Figli della Divina Provvidenza (sacerdoti, fratelli coadiutori ed eremiti) e ne sancì il carisma, espresso apostolicamente nel «collaborare per portare i piccoli, i poveri e il popolo alla Chiesa e al Papa, mediante le opere di carità», professato con un IV voto di speciale «fedeltà al Papa». Confortato dal personale consiglio di Leone XIII, il Beato Orione pose nelle prime Costituzioni del 1904, tra gli scopi della nuova Congregazione, quello di lavorare per «ottenere l’unione delle Chiese separate».
Egli fu sacerdote di Cristo totalmente e gioiosamente, percorrendo l’Italia e l’America Latina, consacrando la propria vita a coloro che più soffrono, a causa della sventura, della miseria, della cattiveria umana. Basti ricordare la sua operosa presenza fra i terremotati di Messina e della Marsica. Don Orione intuì con chiarezza che la prima opera di giustizia è dare Cristo ai popoli perché «è la carità che tutti edifica, tutti unifica in Cristo e nella sua Chiesa».
Questo umile e povero prete, intrepido e instancabile, divenne testimonianza viva dell’amore di Dio. Egli entra a far parte della lunga schiera di testimoni che con la loro condotta hanno manifestato qualcosa di più che una solidarietà semplicemente umana, addolcendo il sudore amaro della fronte con parole e fatti di liberazione, di redenzione e quindi di sicura speranza. Povero tra i poveri, spinto dall’amore di Cristo e dei fratelli più bisognosi, allargò sempre più le tende della Piccola Opera della Divina Provvidenza che si arricchì della presenza delle Piccole Suore Missionarie della Carità, delle Sacramentine Cieche e in seguito delle Contemplative di Gesù Crocifisso. Coinvolse sui sentieri della carità e dell’impegno civile anche i laici, poi costituiti in Istituto Secolare Orionino e Movimento Laicale Orionino. Aprì anche altre case in Polonia, negli Stati Uniti e in Inghilterra, con vero spirito ecumenico. Volle poi concretizzare visibilmente il suo amore a Maria erigendo a Tortona il grandioso Santuario della Madonna della Guardia.
Il cuore di questo stratega della carità fu «senza confini, perché dilatato dalla carità di Cristo». La passione per Cristo fu l’anima della sua vita ardimentosa, la spinta interiore di un altruismo senza riserve, la sorgente sempre fresca di una indistruttibile speranza. Un anno prima della morte, così aveva sintetizzato il programma essenziale della sua vita: «Soffrire, tacere, pregare, amare, crocifiggersi e adorare». Mirabile è Dio nei suoi Santi e il Beato Orione rimane per tutti esempio luminoso e conforto nella fede.
La causa di beatificazione e canonizzazione del Beato Luigi Orione fu iniziata nel 1947 presso la diocesi di Tortona. Il 26 ottobre 1980 Noi stessi lo proclamammo Beato.
Nel 1999, il Vescovo di Tortona iniziò il processo canonico su una presunta guarigione miracolosa avvenuta nel 1990 a favore di Pierino Penacca, un uomo che aveva conosciuto, vivente, il Beato.
Il 7 luglio 2003 abbiamo autorizzato la promulgazione del decreto sul miracolo.
Nel concistoro del 19 febbraio 2004 abbiamo stabilito che il rito di canonizzazione fosse celebrato il 16 maggio dello stesso anno.
Oggi, pertanto, nella Piazza antistante la Basilica vaticana, nel corso di una solenne celebrazione, abbiamo pronunciato la seguente formula:
A onore della Santa e Indivisibile Trinità, per l’esaltazione della fede cattolica e per l’incremento della vita cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei beati Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo matura riflessione, dopo aver spesso implorato il divino aiuto e su consiglio di molti nostri Fratelli, dichiariamo e definiamo Santi i Beati Luigi Orione, Annibale Maria Di Francia, José Manyanet y Vives, Nimatullah Kassab Al–Hardini, Paola Elisabetta Cerioli, Gianna Beretta Molla e li iscriviamo nell’Albo dei Santi, stabilendo che essi siano accolti tra i Santi con pia devozione nella Chiesa universale.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Possiamo pertanto augurarci che gli esempi di questi operosi fedeli di Cristo nel campo della santità, tanto solennemente presentati nella Chiesa universale, siano sempre motivo di gaudio a quanti si rallegrano veramente in essi, cosicché rimangano altrettanti stimoli ai seguaci del Vangelo di Cristo perché quegli stessi fedeli cerchino di attuare nella loro vita ciò che, con l’aiuto di Dio, sarà visto dagli altri come già effettuato.
Ciò che con queste parole abbiamo solo accennato, vogliamo sia vero e confermato oggi e in futuro anche se qualsiasi cosa contraria minimamente ostacoli.
Dato in Roma, presso San Pietro, il giorno 16 maggio nell’anno del Signore duemila e quattro, ventiseiesimo del nostro Pontificato.
Io Giovanni Paolo
Vescovo della Chiesa Cattolica
[Testo originale latino in Acta Apostolicae Sedis 97 (2005), 6–9].
67
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL XII CAPITOLO GENERALE
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Mercoledì 21 luglio 2004
Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto il nuovo Direttore Generale con il suo Consiglio e i membri del capitolo Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza: auguro loro che la gioia per la recente canonizzazione del Fondatore San Luigi Orione si traduca in un rinnovato impegno di fedeltà a Cristo, alla Chiesa e ai poveri.
[L’Osservatore Romano, 22 luglio 2004, 5].
68
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Sabato 1° gennaio 2005
[Dopo l’Angelus]
Saluto i giovani dell’Opera Don Orione, le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e gli amici della Fraterna Domus, come pure i numerosi partecipanti alla marcia per la pace organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio.
Buon anno a tutti!
[L’Osservatore Romano, 3–4 gennaio 2005, 7].
69
DISCORSO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO
DALLA PICCOLA OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Martedì 28 giugno 2005
Cari fratelli e sorelle!
Con grande piacere vi incontro, alla vigilia della solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, e vi saluto tutti cordialmente. Saluto, in primo luogo, i Signori Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, le autorità e le varie personalità presenti, tra le quali il Rabbino Elio Toaff. Saluto in particolare Don Flavio Peloso, Superiore Generale dei Figli della Divina Provvidenza, e Suor Maria Irene Bazzotto, Madre Generale delle Piccole Suore Missionarie della Carità, insieme ai rappresentanti dell’Istituto Secolare e del Movimento Laicale Orionino, che insieme formano la Famiglia orionina, promotrice di questa manifestazione voluta in anni lontani dallo stesso Fondatore, san Luigi Orione, il quale affermava: «La festa di san Pietro è la festa del Papa» (Lettere II, 488). Saluto, poi, il Signor Ernesto Olivero, Fondatore del SERMIG–Arsenale della Pace, il Dottor Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile Italiana, e quanti, anche attraverso la televisione, si uniscono a questa testimonianza di devozione filiale verso il Pastore della Chiesa di Roma chiamato a «presiedere alla carità» (S. Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani 1,1).
Cari amici, questa sera avete dato vita ad una singolare “festa del Papa” per portare, come diceva don Orione, “tanti cuori attorno al cuore del Papa” e rinnovare così il vostro atto di fede e di amore verso colui che la Divina Provvidenza ha voluto quale Vicario di Cristo sulla terra. Insieme al saluto di Don Flavio Peloso, che ringrazio cordialmente, ho poc’anzi ascoltato con viva attenzione le parole di san Luigi Orione. Egli parla con vibrante affetto della persona del Papa, riconoscendone il ruolo non solo in seno alla Chiesa ma anche al servizio dell’intera famiglia umana.
«Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Così Gesù si rivolge a Pietro dopo la sua professione di fede. È lo stesso discepolo che poi lo rinnegherà. Perché allora viene definito “roccia”? Non certo per la sua personale solidità. “Roccia” è piuttosto nomen officii: cioè titolo non di merito, ma di servizio, che definisce una chiamata e un incarico di origine divina, cui nessuno è abilitato semplicemente in virtù del proprio carattere. Pietro, che titubante affonda nelle acque del lago di Tiberiade, diventa la roccia su cui il divin Maestro poggia la sua Chiesa. È questa la fede che voi volete riaffermare rinnovando la vostra adesione al Successore di Pietro. Sono certo che anche questa gioiosa e multiforme manifestazione artistica e spirituale, che vi ha visto confluire da varie nazioni del mondo, vi aiuterà a crescere nell’amore e nella fedeltà alla Chiesa e nella docile obbedienza ai suoi Pastori, seguendo gli insegnamenti e l’esempio del vostro santo Fondatore. Il Papa vi è grato per le vostre preghiere e per il vostro affetto e vi esprime apprezzamento per le tante imprese di bene che in Italia e nel mondo andate svolgendo con spirito ecclesiale. «Opere di carità ci vogliono – affermava san Luigi Orione – esse sono la migliore apologia della fede cattolica» (Scritti 4,280). Esse infatti traducono, e in qualche modo rivelano, nella storia umana, la grazia della salvezza, della quale la Chiesa è sacramento.
Questa sera avete voluto mettere al centro dell’attenzione un particolare aspetto del ministero del Successore di Pietro, quello di essere “messaggero di pace”. È un compito specifico che si riallaccia alla consegna di Gesù ai suoi Apostoli nel Cenacolo: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). L’impegno della Chiesa per la pace è innanzitutto di natura spirituale. Consiste nell’indicare presente Gesù, il Risorto, Principe della pace, e nell’educare alla fede, dalle cui sorgenti scaturiscono feconde energie di pace e di riconciliazione. Dobbiamo rendere grazie a Dio per i pensieri e le opere di pace che le Comunità cristiane, gli Istituti religiosi e le Associazioni di volontariato sviluppano con tanta vitalità in ogni parte del mondo. Come non profittare della vostra presenza per rendere omaggio ai tanti silenziosi “costruttori di pace” che, attraverso la loro testimonianza e il loro sacrificio, si adoperano per promuovere il dialogo fra gli uomini, per superare ogni forma di conflitto e di divisione, per fare della nostra terra una patria di pace e di fraternità per tutti gli uomini? «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Quanto attuale e necessaria è questa beatitudine! Continuate, cari amici, ciascuno nel proprio campo e secondo le proprie possibilità, ad offrire la vostra collaborazione per la salvaguardia della dignità di ogni uomo, per la difesa della vita umana e al servizio di una decisa azione di autentica pace in ogni ambito sociale. Rivolgo questo invito specialmente a voi, cari giovani, che vedo numerosi. Amava ripetere l’amato mio predecessore Giovanni Paolo II, del quale proprio oggi inizia il processo di beatificazione, che voi giovani siete la speranza e il futuro della Chiesa e dell’umanità. Nel cuore di ciascuno cresca pertanto sempre più la volontà di dar vita a un mondo di vera e stabile pace.
Affido questi auspici all’intercessione di san Luigi Orione e soprattutto della Vergine Maria, Regina della pace. Sia Lei a benedire e confortare gli sforzi generosi di quanti si dedicano senza risparmio all’edificazione della pace sui saldi pilastri della verità, della giustizia, della libertà e dell’amore. Accompagno questi voti con l’assicurazione di uno speciale ricordo nella preghiera, mentre di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.
[L’Osservatore Romano, 30 giugno–1° luglio 2005, 7].
70
LETTERA ENCICLICA DEUS CARITAS EST
DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI VESCOVI, AI PRESBITERI E AI DIACONI,
ALLE PERSONE CONSACRATE E A TUTTI I FEDELI LAICI
SULL’AMORE CRISTIANO
Città del Vaticano. Domenica 25 dicembre 2005
Guardiamo infine ai Santi, a coloro che hanno esercitato in modo esemplare la carità. Il pensiero va, in particolare, a Martino di Tours († 397), prima soldato poi monaco e vescovo: quasi come un’icona, egli mostra il valore insostituibile della testimonianza individuale della carità. Alle porte di Amiens, Martino fa a metà del suo mantello con un povero: Gesù stesso, nella notte, gli appare in sogno rivestito di quel mantello, a confermare la validità perenne della parola evangelica: «Ero nudo e mi avete vestito... Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 36.40).
Ma nella storia della Chiesa, quante altre testimonianze di carità possono essere citate! In particolare tutto il movimento monastico, fin dai suoi inizi con Sant’Antonio abate († 356), esprime un ingente servizio di carità verso il prossimo. Nel confronto «faccia a faccia» con quel Dio che è Amore, il monaco avverte l’esigenza impellente di trasformare in servizio del prossimo, oltre che di Dio, tutta la propria vita. Si spiegano così le grandi strutture di accoglienza, di ricovero e di cura sorte accanto ai monasteri. Si spiegano pure le ingenti iniziative di promozione umana e di formazione cristiana, destinate innanzitutto ai più poveri, di cui si sono fatti carico dapprima gli Ordini monastici e mendicanti e poi i vari Istituti religiosi maschili e femminili, lungo tutta la storia della Chiesa. Figure di Santi come Francesco d’Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de’ Paoli, Luisa de Marillac, Giuseppe Benedetto Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione, Teresa di Calcutta – per fare solo alcuni nomi – rimangono modelli insigni di carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà. I santi sono i veri portatori di luce all’interno della storia, perché sono uomini e donne di fede, di speranza e di amore. [...]
Alla vita dei Santi non appartiene solo la loro biografia terrena, ma anche il loro vivere ed operare in Dio dopo la morte. Nei Santi diventa ovvio: chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino. In nessuno lo vediamo meglio che in Maria. La parola del Crocifisso al discepolo – a Giovanni e attraverso di lui a tutti i discepoli di Gesù: «Ecco tua madre» (Gv 19,27) – diventa nel corso delle generazioni sempre nuovamente vera. Maria è diventata, di fatto, Madre di tutti i credenti.
Alla sua bontà materna, come alla sua purezza e bellezza verginale, si rivolgono gli uomini di tutti i tempi e di tutte le parti del mondo nelle loro necessità e speranze, nelle loro gioie e sofferenze, nelle loro solitudini come anche nella condivisione comunitaria. E sempre sperimentano il dono della sua bontà, sperimentano l’amore inesauribile che ella riversa dal profondo del suo cuore. Le testimonianze di gratitudine, a lei tributate in tutti i continenti e in tutte le culture, sono il riconoscimento di quell’amore puro che non cerca sé stesso, ma semplicemente vuole il bene.
La devozione dei fedeli mostra, al contempo, l’intuizione infallibile di come un tale amore sia possibile: lo diventa grazie alla più intima unione con Dio, in virtù della quale si è totalmente pervasi da lui, una condizione che permette a chi ha bevuto alla fonte dell’amore di Dio di diventare egli stesso una sorgente «da cui sgorgano fiumi di acqua viva» (cf. Gv 7,38).
Maria, la Vergine, la Madre, ci mostra che cos’è l’amore e da dove esso trae la sua origine, la sua forza sempre rinnovata. A lei affidiamo la Chiesa, la sua missione a servizio dell’amore:
Santa Maria, Madre di Dio,
tu hai donato al mondo la vera luce,
Gesù, tuo Figlio – Figlio di Dio.
Ti sei consegnata completamente
alla chiamata di Dio
e sei così diventata sorgente
della bontà che sgorga da Lui.
Mostraci Gesù. Guidaci a Lui.
Insegnaci a conoscerlo e ad amarlo,
perché possiamo anche noi
diventare capaci di vero amore
ed essere sorgenti di acqua viva
in mezzo a un mondo assetato.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 dicembre, solennità del Natale del Signore, dell’anno 2005, primo di Pontificato.
Benedictus Pp. XVI
[Acta Apostolicae Sedis 98(2006), 217–252; L’Osservatore Romano, 26 gennaio 2006, 1–7].
71
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Domenica 1° gennaio 2006
[Dopo l’Angelus]
Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in modo particolare i giovani dell’Opera Don Orione, gli aderenti al Movimento dell’Amore Familiare, gli Amici della Fraterna Domus e il corteo dei Magi diretto a Giulianello di Cori per venerare l’antico Bambinello.
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 2006, 5].
72
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Lunedì 1° gennaio 2007
[Dopo l’Angelus]
Saluto cordialmente i pellegrini di lingua italiana, in particolare i Giovani Orionini partecipanti al Capodanno Alternativo e il Movimento dell’Amore Familiare, che hanno vegliato questa notte in Piazza San Pietro pregando per la pace e l’unità in tutte le famiglie del mondo; come pure i giovani radunati dalle Suore di Sant’Anna, fondate proprio da due coniugi, i Servi di Dio Carlo Tancredi e Giulia di Barolo. Saluto inoltre gli amici e i volontari della Fraterna Domus. A tutti auguro di vivere il nuovo anno nella grazia e nella pace del Signore. In questo senso, felice anno nuovo a voi tutti!
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 2007, 7].
73
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Martedì 1° gennaio 2008
[Dopo l’Angelus]
Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare gli aderenti al Movimento dell’amore familiare, che questa notte hanno vegliato in Piazza San Pietro pregando per le famiglie e per la grande Famiglia della Chiesa; come pure i giovani Orionini, venuti dall’Italia e da altri Paesi europei per un Capodanno all’insegna dell’amicizia e dell’impegno.
Saluto inoltre il Centro Sportivo Italiano e benedico volentieri la Fiaccola della Pace, che un maratoneta recherà in Terra Santa. Estendo il mio pensiero al circolo culturale Gente con l’anima, di Chioggia, e a tutti i presenti, augurando abbondanza di pace e di bene. Buon anno!
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 2008, 7].
74
DISCORSO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI RELIGIOSI E ALLE RELIGIOSE
AL TERMINE DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
E DELLA XII GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA
Basilica vaticana, Città del Vaticano. Sabato 2 febbraio 2008
Cari fratelli e sorelle!
Sono molto lieto di incontrarvi in occasione della Giornata della Vita consacrata, tradizionale appuntamento reso ancor più significativo dal contesto liturgico della festa della Presentazione del Signore. Ringrazio il Signor Cardinale Franc Rodé, che ha celebrato per voi l’Eucaristia, e con lui il Segretario e gli altri collaboratori della Congregazione per gli Istituti di Vita consacrata e le Società di Vita apostolica. Con grande affetto saluto i Superiori Generali presenti e tutti voi, che formate questa singolare assemblea, espressione della multiforme ricchezza della Vita consacrata nella Chiesa. [...]
«È stato lo Spirito Santo – ricorda l’Istruzione Ripartire da Cristo – ad illuminare di luce nuova la Parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni Regola vuole essere espressione» (n. 24). Ed in effetti, lo Spirito Santo attira alcune persone a vivere il Vangelo in modo radicale e a tradurlo in uno stile di sequela più generosa. Ne nasce così un’opera, una famiglia religiosa che, con la sua stessa presenza, diventa a sua volta “esegesi” vivente della Parola di Dio. Il succedersi dei carismi della Vita consacrata, dice il Concilio Vaticano II, può dunque essere letto come un dispiegarsi di Cristo nei secoli, come un Vangelo vivo che si attualizza in sempre nuove forme (cf. Costituzione Lumen gentium, 46). Nelle opere delle Fondatrici e dei Fondatori si rispecchia un mistero di Cristo, una sua parola, si rifrange un raggio della luce che emana dal suo volto, splendore del Padre (cf. Esortazione apostolica post–sinodale Vita consecrata, 16).
Seguire Cristo senza compromessi, come viene proposto nel Vangelo, ha dunque costituito lungo i secoli la norma ultima e suprema della vita religiosa (cf. Perfectae caritatis, 2). San Benedetto, nella sua Regola, rimanda alla Scrittura quale «norma rettissima per la vita dell’uomo» (n. 73,2–5). San Domenico «dovunque si manifestava come un uomo evangelico, nelle parole come nelle opere» (Libellus, 104: in P. Lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, Ed. Studio Domenicano, Bologna, 1982, 110) e tali voleva che fossero anche i suoi frati predicatori, “uomini evangelici” (Prime Costituzioni o Consuetudines, 31). Santa Chiara d’Assisi ricalca appieno l’esperienza di Francesco: «La forma di vita dell’Ordine delle Sorelle povere – scrive – è questo: osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo» (Regola, I, 1–2: FF 2750). San Vincenzo Pallotti afferma: «La regola fondamentale della nostra minima Congregazione è la vita di nostro Signore Gesù Cristo per imitarla con tutta la perfezione possibile» (cf. Opere complete, II, 541–546; VIII, 63, 67, 253, 254, 466). E San Luigi Orione scrive: «Nostra prima Regola e vita sia di osservare, in umiltà grande e amore dolcissimo e affocato di Dio, il Santo Vangelo» (Lettere di Don Orione, Roma 1969, vol. II, 278).
Questa ricchissima tradizione attesta che la Vita consacrata è «profondamente radicata negli esempi e negli insegnamenti di Cristo Signore» (Vita consecrata, 1), e si presenta «come una pianta dai molti rami, che affonda le sue radici nel Vangelo e produce frutti copiosi in ogni stagione della Chiesa» (ivi, 5).
Sua missione è ricordare che tutti i cristiani sono convocati dalla Parola per vivere della Parola e restare sotto la sua signoria. Spetta pertanto in particolare ai religiosi e alle religiose «tener viva nei battezzati la consapevolezza dei valori fondamentali del Vangelo» (Vita consecrata, 33). Così facendo, la loro testimonianza infonde alla Chiesa «un prezioso impulso verso una sempre maggiore coerenza evangelica» (ivi, 3) ed anzi, potremmo dire, è una «eloquente, anche se spesso silenziosa, predicazione del Vangelo» (ivi, 25). Per questo nelle mie due Encicliche, così come in altre occasioni, non ho mancato di additare l’esempio di santi e beati appartenenti a Istituti di Vita consacrata.
Cari fratelli e sorelle, nutrite la vostra giornata di preghiera, di meditazione e di ascolto della Parola di Dio. Voi, che avete familiarità con l’antica pratica della lectio divina, aiutate anche i fedeli a valorizzarla nella loro quotidiana esistenza. E sappiate tradurre in testimonianza quanto la Parola indica, lasciandovi plasmare da essa che, come seme accolto in terreno buono, porta frutti abbondanti. Sarete così sempre docili allo Spirito e crescerete nell’unione con Dio, coltiverete la comunione fraterna fra voi e sarete pronti a servire generosamente i fratelli, soprattutto quelli che si trovano nel bisogno.
Che gli uomini possano vedere le vostre opere buone, frutto della Parola di Dio che vive in voi, e diano gloria al Padre vostro celeste (cf. Mt 5,16)!
Nell’affidarvi queste riflessioni, vi ringrazio per il servizio prezioso che rendete alla Chiesa e, mentre invoco la protezione di Maria e dei santi e beati Fondatori dei vostri Istituti, imparto di cuore la Benedizione Apostolica a voi ed alle vostre rispettive Famiglie religiose, con un pensiero speciale per i giovani e le giovani in formazione, e per i vostri confratelli e le vostre consorelle che sono ammalati, o anziani o in difficoltà. A tutti assicuro un ricordo nella mia preghiera.
[Acta Apostolicae Sedis 100 (2008), 132–135].
75
DISCORSO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI SACERDOTI, AI SEMINARISTI E ALLA COMUNITÀ
DELLA PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA DELLA SARDEGNA
Cattedrale di Cagliari. Domenica 7 settembre 2008
Cari fratelli nel Sacerdozio,
cari seminaristi e studenti di teologia, cari fratelli e sorelle!
Conservo viva negli occhi l’immagine suggestiva della solenne celebrazione eucaristica di questa mattina presso la Basilica di Nostra Signora di Bonaria. Attorno a Maria, speciale Patrona di tutta la Sardegna, si sono date appuntamento le comunità parrocchiali dell’intera Regione. Ed ora, quasi a prolungamento di quell’incontro spirituale, ho la gioia di intrattenermi con voi, cari sacerdoti, seminaristi, alunni e docenti della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, in questa Cattedrale, anch’essa dedicata a Santa Maria Vergine. [...]
Cari presbiteri, cari aspiranti al sacerdozio e alla vita consacrata, Dio vi vuole tutti per sé e vi chiama ad essere operai nella sua vigna, così come ha fatto con tanti uomini e donne lungo la storia cristiana della vostra bella Isola. Essi hanno saputo rispondere con un “sì” generoso alla sua chiamata. Penso, ad esempio, all’opera evangelizzatrice svolta dai religiosi: dai Francescani ai Mercedari, dai Domenicani ai Gesuiti, dai Benedettini ai Vincenziani, dai Salesiani agli Scolopi, dai Fratelli delle Scuole Cristiane ai Giuseppini, agli Orionini, a tanti altri ancora. E come dimenticare la grande fioritura di vocazioni religiose femminili, di cui la Sardegna è un vero e proprio vivaio? In tanti Ordini e Congregazioni sono presenti donne sarde, specie nei monasteri di clausura. Senza questo grande “nugolo di testimoni” (cf. Eb 12,1), sarebbe stato certamente più difficile diffondere l’amore di Cristo nei paesi, nelle famiglie, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri e nei luoghi di lavoro. Quale patrimonio di bene è venuto accumulandosi grazie alla loro dedizione! Senza il seme del cristianesimo la Sardegna sarebbe più fragile e povera. Insieme a voi rendo grazie a Dio che mai fa mancare al suo popolo guide e testimoni santi! [...]
Vi protegga e vi accompagni Maria Santissima, Madre della Chiesa. Quanto a me, tutti vi benedico, con uno speciale ricordo per i sacerdoti anziani e malati, e per le persone affidate alle vostre cure pastorali. Grazie per questo incontro e auguri per il vostro ministero.
[Acta Apostolicae Sedis 100 (2008), 715–718; L’Osservatore Romano, 8–9 settembre 2008, 7].
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ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Giovedì 1° gennaio 2009
[Dopo l’Angelus]
Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare, che questa notte hanno vegliato in Piazza San Pietro pregando per la pace nei cuori, nelle famiglie e tra i popoli.
Saluto i Giovani dell’Opera Don Orione partecipanti al Capodanno Alternativo, gli studenti e gli insegnanti di Comunione e Liberazione di Genova e gli Sbandieratori di Capalbio.
A tutti auguro una buona festa e un anno ricco di ogni bene.
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 2009, 7].
77
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Venerdì 1° gennaio 2010
[Dopo l’Angelus]
Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare gli aderenti al Movimento dell’Amore Familiare e i giovani amici dell’Opera Don Orione, che stanotte hanno vegliato in Piazza San Pietro pregando per l’unità e la pace nelle famiglie e tra le nazioni. Un saluto va anche agli amici e volontari della Fraterna Domus.
A tutti auguro di custodire nel cuore, ogni giorno del nuovo anno, la pace che Cristo ci ha donato. Buon anno!
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 2010, 7].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
IN OCCASIONE DELLA BENEDIZIONE E INAUGURAZIONE
DELLA STATUA DELLA MADONNA DI MONTE MARIO
AL TERMINE DEI LAVORI DI RESTAURO
Centro Don Orione, Monte Mario, Roma. Giovedì 24 giugno 2010
Cari fratelli e sorelle,
vorrei in primo luogo salutare cordialmente tutti voi, qui convenuti per l’odierno significativo evento. Su questa collina è tornata a vegliare sulla nostra Città la maestosa statua della Madonna, abbattuta alcuni mesi or sono dalla furia del vento. Saluto innanzitutto il Cardinale Vicario Agostino Vallini e i Vescovi presenti.
Un pensiero speciale rivolgo a Don Flavio Peloso, rieletto alla guida dell’Opera don Orione, e lo ringrazio per le gentili parole che ha voluto indirizzarmi. Estendo questo saluto ai religiosi partecipanti al tredicesimo Capitolo Generale, a quelli che lavorano in questa Istituzione al servizio dei giovani e dei sofferenti e all’intera famiglia spirituale orionina. Rivolgo il mio deferente pensiero al Signor Sindaco di Roma, l’on. Gianni Alemanno – oggi è il suo onomastico – : desidero manifestarLe anticipatamente il mio apprezzamento per il Concerto che il Campidoglio mi offrirà la sera del 29 giugno; è un gesto che testimonia l’affetto per il Papa dell’intera città di Roma. Saluto anche le altre autorità civili e militari. Non posso infine non ringraziare di cuore quanti in vario modo hanno contribuito a restituire alla statua della Madonna il suo originale splendore.
Ho accolto volentieri l’invito ad unirmi a voi nel rendere omaggio a Maria Salus populi romani, raffigurata in questa meravigliosa statua tanto cara al popolo romano. Statua che è memoria di eventi drammatici e provvidenziali, scritti nella storia e nella coscienza della Città. Infatti, essa fu collocata sul colle di Monte Mario nel 1953, ad adempimento di un voto popolare pronunciato durante la seconda guerra mondiale, quando le ostilità e le armi facevano temere per le sorti di Roma.
Dalle opere romane di Don Orione partì allora l’iniziativa di una raccolta di firme per un voto alla Madonna cui aderirono oltre un milione di cittadini. Il Venerabile Pio XII raccolse la devota iniziativa del popolo che si affidava a Maria e il voto fu pronunciato il 4 giugno del 1944, davanti all’immagine della Madonna del Divino Amore. Proprio in quel giorno, si ebbe la pacifica liberazione di Roma. Come non rinnovare anche oggi con voi, cari amici di Roma, quel gesto di devozione a Maria Salus populi romani benedicendo questa bella statua?
Gli Orionini la vollero grande e collocata in alto, sovrastante la città, per rendere omaggio alla santità eccelsa della Madre di Dio, la quale, umile in terra, «è stata esaltata al di sopra dei cori angelici nei regni celesti», come disse il Papa Gregorio VII (ad Adelaide di Ungheria), e per averne, insieme, un segno di familiare presenza nella vita quotidiana. Maria, Madre di Dio e nostra, sia sempre in cima ai vostri pensieri e ai vostri affetti, amabile conforto delle anime vostre, guida sicura delle vostre volontà e sostegno dei vostri passi, ispiratrice suadente dell’imitazione di Gesù Cristo. La “Madonnina” – come amano chiamarla i romani – nel gesto di guardare dall’alto i luoghi della vita familiare, civile e religiosa di Roma, protegga le famiglie, susciti propositi di bene, suggerisca a tutti desideri di cielo. «Guardare al cielo, pregare, e poi avanti con coraggio e lavorare. Ave Maria e avanti!», esortava San Luigi Orione.
Nel loro voto alla Madonna, i romani oltre a promettere preghiera e devozione, si impegnarono anche in opere di carità. Per parte loro, gli Orionini realizzarono in questo Centro di Monte Mario, ancor prima della statua, l’accoglienza di mutilatini e di orfani. Il programma di san Luigi Orione – “Solo la carità salverà il mondo” – ebbe qui una significativa concretizzazione e divenne un segno di speranza per Roma, unitamente alla Madonnina posta sul colle.
Cari fratelli e sorelle, spirituali eredi del Santo della Carità, Luigi Orione! Il Capitolo Generale che si è appena concluso ha avuto come proprio tema questa espressione cara al vostro Fondatore, “Solo la carità salverà il mondo”. Benedico il proposito e le decisioni che sono stati adottati per rilanciare quel dinamismo spirituale e apostolico che sempre deve contraddistinguervi.
Don Orione visse in modo lucido e appassionato il compito della Chiesa di vivere l’amore per far entrare nel mondo la luce di Dio (cf. Deus Caritas est, n. 39). Ha lasciato tale missione ai suoi discepoli come via spirituale e apostolica, convinto che «la carità apre gli occhi alla fede e riscalda i cuori d’amore verso Dio».
Continuate, cari Figli della Divina Provvidenza, su questa scia carismatica da lui iniziata, perché, come egli diceva, «la carità è la migliore apologia della fede cattolica», «la carità trascina, la carità muove, porta alla fede e alla speranza» (Verbali, 26.11.1930, p. 95). Le opere di carità, sia come atti personali e sia come servizi alle persone deboli offerti in grandi istituzioni, non possono mai ridursi a gesto filantropico, ma devono restare sempre tangibile espressione dell’amore provvidente di Dio. Per fare questo – ricorda don Orione – occorre essere «impastati della carità soavissima di Nostro Signore» (Scritti 70, 231) mediante una vita spirituale autentica e santa. Solo così è possibile passare dalle opere della carità alla carità delle opere, perché – aggiunge il vostro Fondatore – «anche le opere senza la carità di Dio, che le valorizzi davanti a lui, a nulla valgono» (alle Piccole Suore Missionarie della Carità, 19.6.1920, p. 141).
Cari fratelli e sorelle, grazie ancora per il vostro invito e per la vostra accoglienza. Vi accompagni ogni giorno la materna protezione di Maria, che insieme invochiamo per quanti operano in questo Centro e per l’intera popolazione romana e, mentre a ciascuno assicuro il mio orante ricordo, con affetto tutti vi benedico.
[L’Osservatore Romano, 25 giugno 2010, 8].
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ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Sabato 1° gennaio 2011
[Dopo l’Angelus]
Saluto tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare i giovani dell’Opera Don Orione.
Buon anno a tutti!
[L’Osservatore Romano, 3–4 gennaio 2011, 8].
80
UDIENZA GENERALE
SALUTI DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
ALLE PARTECIPANTI ALL’XI CAPITOLO GENERALE
DELLE PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Sagrato della Basilica vaticana, Città del Vaticano. Mercoledì 1° giugno 2011
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Piccole Suore Missionarie della Carità, di San Luigi Orione, che stanno celebrando il Capitolo generale, ed auguro loro di essere sempre più fedeli al carisma del Fondatore, per rispondere con coraggio alle nuove povertà.
[L’Osservatore Romano, 2 giugno 2011, 8].
81
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Domenica 1° gennaio 2012
[Dopo l’Angelus]
Esprimo il mio apprezzamento per le numerose iniziative di preghiera per la pace e di riflessione sul tema che ho proposto nel Messaggio per l’odierna Giornata Mondiale. Ricordo in particolare la Marcia di livello nazionale che si è svolta ieri sera a Brescia, come pure quella promossa stamani a Roma e in altre città del mondo dalla Comunità di Sant’Egidio.
Saluto inoltre i giovani dell’Opera Don Orione e le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare, che stanotte hanno vegliato in preghiera in Piazza San Pietro.
[L’Osservatore Romano, 2–3 gennaio 2012, 8].
82
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
A UN GRUPPO DEL PICCOLO COTTOLENGO DON ORIONE DI GENOVA
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Domenica 2 giugno 2013
[Dopo l’Angelus]
Saluto i fedeli provenienti dal Canada e quelli di Croazia e Bosnia ed Erzegovina, come pure il gruppo del Piccolo Cottolengo di Genova, dell’Opera di Don Orione. Saluto tutti. A tutti buona domenica e buon pranzo!
[L’Osservatore Romano, 3–4 giugno 2013, 7].
83
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
AGLI EX ALLIEVI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Domenica 19 gennaio 2014
[Dopo l’Angelus]
Saluto con affetto tutti voi, cari fedeli provenienti da diverse parrocchie d’Italia e di altri Paesi, come pure le associazioni e i vari gruppi. In particolare, saluto i pellegrini spagnoli di Pontevedra, La Coruña, Murcia e gli studenti di Badajoz.
Saluto gli ex allievi dell’Opera Don Orione, l’Associazione Laici Amore Misericordioso e la Corale San Francesco di Montelupone.
A tutti auguro una buona domenica e buon pranzo. Arrivederci!
[L’Osservatore Romano, 20–21 gennaio 2014, 7].
84
ANGELUS
SALUTI DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
AI GIOVANI DELL’OPERA DON ORIONE
Piazza San Pietro, Città del Vaticano. Martedì 6 gennaio 2015
[Dopo l’Angelus]
Cari fratelli e sorelle,
saluto tutti voi, romani e pellegrini, rinnovando l’augurio di pace e di ogni bene nel Signore.
Saluto i fedeli venuti da Aachen (Germania), da Kilbeggan (Irlanda) e gli studenti di Northfield, Minnesota (Stati Uniti d’America); i cresimandi di Romano di Lombardia e i loro genitori; i fedeli di Biassono, Verona, Arzignano, Acerra e di alcune Diocesi della Puglia e i giovani dell’Opera Don Orione. […]
E ricordatevi bene: la vita è un camminare, camminare sempre, cercando Dio. Camminare attenti, instancabili e coraggiosi. E manca una cosa, manca una cosa: attenti, instancabili, coraggiosi… e che manca? Camminare con la luce! E cos’è la luce? Il Vangelo, la Parola di Dio. Sempre con il Vangelo: in tasca, nella borsa, per leggerlo, sempre con noi. Camminare, attenti, instancabili, coraggiosi e con la luce della Parola di Dio.
A tutti auguro una buona festa. Non dimenticatevi di pregare per me e buon pranzo. Arrivederci!
[L’Osservatore Romano, 7–8 gennaio 2015, 7].
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OMELIA DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
NELLA PARROCCHIA ROMANA DI OGNISSANTI
Chiesa di Ognissanti, in Roma. Sabato 7 marzo 2015
In occasione della festa della Pasqua ebraica, Gesù si reca a Gerusalemme. Giunto al tempio, non trova gente che cerca Dio, ma gente che fa i propri affari: i mercanti di bestiame per l’offerta dei sacrifici; i cambiamonete, i quali scambiano denaro “impuro” recante l’immagine dell’imperatore con monete approvate dall’autorità religiosa per pagare la tassa annuale del tempio. Che cosa troviamo noi quando ci rechiamo, quando noi andiamo ai nostri templi? Lascio la domanda. L’indegno commercio, fonte di lauti guadagni, provoca l’energica reazione di Gesù. Egli rovescia i banchi e butta a terra il denaro, allontana i mercanti dicendo loro: «Non fate della casa del Padre mio un mercato!» (Gv 2,16).
Questa espressione non si riferisce soltanto ai traffici che si praticavano nei cortili del tempio. Riguarda piuttosto un tipo di religiosità. Il gesto di Gesù è un gesto di “pulizia”, di purificazione, e l’atteggiamento che lui sconfessa lo si può ricavare dai testi profetici, secondo i quali Dio non gradisce un culto esteriore fatto di sacrifici materiali e basato sull’interesse personale (cf. Is 1,11–17; Ger 7,2–11). Questo gesto è il richiamo al culto autentico, alla corrispondenza tra liturgia e vita; un richiamo che vale per ogni epoca e anche oggi per noi. Quella corrispondenza tra liturgia e vita. La liturgia non è una cosa strana, là, lontana, e mentre si celebra io penso a tante cose, o prego il rosario. No, no. C’è una corrispondenza, tra la celebrazione liturgica che poi io porto nella mia vita; e su questo si deve andare ancora più avanti, si deve fare ancora tanto cammino.
La Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium definisce la liturgia come «la prima e indispensabile fonte alla quale i fedeli possono attingere il vero spirito cristiano» (n. 14). Ciò significa riaffermare il legame essenziale che unisce la vita del discepolo di Gesù e il culto liturgico. Esso non è anzitutto una dottrina da comprendere o un rito da compiere; è naturalmente anche questo ma in un’altra maniera, è essenzialmente diverso: è una sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede.
Pertanto, la Chiesa ci chiama ad avere e promuovere una vita liturgica autentica, affinché vi possa essere sintonia tra ciò che la liturgia celebra e ciò che noi viviamo nella nostra esistenza. Si tratta di esprimere nella vita quanto abbiamo ricevuto mediante la fede e quanto qui abbiamo celebrato (cf. Sacrosanctum Concilium, 10).
Il discepolo di Gesù non va in chiesa solo per osservare un precetto, per sentirsi a posto con un Dio che poi non deve “disturbare” troppo. «Ma io, Signore, vado tutte le domeniche, compio…, tu non immischiarti nella mia vita, non disturbarmi». Questo è l’atteggiamento di tanti cattolici, tanti. Il discepolo di Gesù va in chiesa per incontrare il Signore e trovare nella sua grazia, operante nei Sacramenti, la forza di pensare e agire secondo il Vangelo. Per cui non possiamo illuderci di entrare nella casa del Signore e “ricoprire”, con preghiere e pratiche di devozione, comportamenti contrari alle esigenze della giustizia, dell’onestà o della carità verso il prossimo. Non possiamo sostituire con “omaggi religiosi” quello che è dovuto al prossimo, rimandando una vera conversione. Il culto, le celebrazioni liturgiche, sono l’ambito privilegiato per ascoltare la voce del Signore, che guida sulla strada della rettitudine e della perfezione cristiana.
Si tratta di compiere un itinerario di conversione e di penitenza, per togliere dalla nostra vita le scorie del peccato, come ha fatto Gesù, pulendo il tempio da meschini interessi. E la Quaresima è il tempo favorevole a tutto questo, è il tempo del rinnovamento interiore, della remissione dei peccati, il tempo in cui siamo chiamati a riscoprire il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione, che ci fa passare dalle tenebre del peccato alla luce della grazia e dell’amicizia con Gesù. Non bisogna dimenticare la grande forza che questo Sacramento ha per la vita cristiana: esso ci fa crescere nell’unione con Dio, ci fa riacquistare la gioia perduta e sperimentare la consolazione di sentirci personalmente accolti dall’abbraccio misericordioso di Dio.
Cari fratelli e sorelle, questo tempio è stato costruito grazie allo zelo apostolico di San Luigi Orione. Proprio qui, cinquant’anni fa, il beato Paolo VI inaugurò, in un certo senso, la riforma liturgica con la celebrazione della Messa nella lingua parlata dalla gente. Vi auguro che questa circostanza ravvivi in tutti voi l’amore per la casa di Dio. In essa voi trovate un grande aiuto spirituale. Qui potete sperimentare, ogni volta che lo volete, la potenza rigeneratrice della preghiera personale e della preghiera comunitaria. L’ascolto della Parola di Dio, proclamata nell’assemblea liturgica, vi sostiene nel cammino della vostra vita cristiana. Vi incontrate tra queste mura non come estranei, ma come fratelli, capaci di darsi volentieri la mano, perché accomunati dall’amore per Cristo, fondamento della speranza e dell’impegno di ogni credente.
A Lui, Gesù Cristo, Pietra angolare, ci stringiamo fiduciosi in questa Santa Messa, rinnovando il proposito di impegnarci per la purificazione e la pulizia interiore della Chiesa edificio spirituale, di cui ognuno di noi è parte viva in forza del Battesimo. Così sia.
[L’Osservatore Romano, 9–10 marzo 2015, 8].
86
PAROLE DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
ALL’USCITA DALLA PARROCCHIA ROMANA DI OGNISSANTI
Cortile dell’Istituto San Filippo Neri, Roma. Sabato 7 marzo 2015
Grazie tante, grazie tante per la vostra accoglienza. Fa freddo, eh? E voi siete coraggiosi qui. Avete pregato alla Messa, tutti insieme: questo ci dà forza nella Chiesa, la preghiera insieme, la Messa, ricevere il Corpo del Signore… Lui ci fortifica, ci fa andare avanti, in mezzo a tante difficoltà. In ogni parte ci sono le difficoltà, ma in ogni parte c’è il Signore e dove c’è il Signore le cose vanno bene. D’accordo?
Grazie tante, grazie tante per questa accoglienza vostra, per questa preghiera con me nella Messa. E ringraziamo il Signore per quello che ha fatto nella sua Chiesa in questi cinquanta anni di riforma liturgica. È stato proprio un gesto coraggioso della Chiesa avvicinarsi al popolo di Dio perché possa capire bene quello che fa. E questo è importante per noi: seguire la Messa così. E non si può andare indietro. Dobbiamo andare sempre avanti, sempre avanti e chi va indietro sbaglia. Andiamo avanti su questa strada.
Grazie a voi, e mi aspetto che questa parrocchia continui a essere un modello di celebrazione liturgica. Soltanto mi piacerebbe… mi piacerebbe che il canto sia un po’ più forte! Avete paura di cantare? Perché io sentivo soltanto il coro: la gente era un po’ così… lì dentro [indica la chiesa]. Forse voi cantavate qui, non so… Ma grazie tante e avanti! Forza e avanti. Che il Signore vi benedica. Adesso vi do la benedizione. Preghiamo la Madonna: Ave Maria… Vi benedica Dio Onnipotente: Padre e Figlio e Spirito Santo. Arrivederci e pregate per me, pregate per me.
[Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede, 7 marzo 2015, 3].
87
DISCORSO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL XIV CAPITOLO GENERALE
DEI FIGLI DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Sala Clementina, Città del Vaticano. Venerdì 27 maggio 2016
Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di incontrarvi in occasione del vostro Capitolo Generale. Vi saluto cordialmente, ad iniziare dal nuovo Superiore Generale, che ringrazio per le sue parole e al quale formulo auguri di buon lavoro, unitamente ai Consiglieri.
Siamo tutti incamminati nella sequela di Gesù. La Chiesa intera è chiamata a camminare con Gesù sulle strade del mondo, per incontrare l’umanità di oggi che ha bisogno – come scriveva Don Orione – del «pane del corpo e del divino balsamo della fede» (Lettere II, 463). Per incarnare nell’oggi della storia queste parole del vostro Fondatore e vivere l’essenzialità del suo insegnamento, voi avete messo al centro delle riflessioni del Capitolo Generale la vostra identità, riassunta da Don Orione in quella qualifica di «servi di Cristo e dei poveri». La strada maestra è tenere sempre unite queste due dimensioni della vostra vita personale e apostolica. Siete stati chiamati e consacrati da Dio per rimanere con Gesù (cf. Mc 3,14) e per servirlo nei poveri e negli esclusi dalla società. In essi, voi toccate e servite la carne di Cristo e crescete nell’unione con lui, vigilando sempre perché la fede non diventi ideologia e la carità non si riduca a filantropia, e la Chiesa non finisca per essere una ONG.
L’essere servi di Cristo qualifica tutto ciò che siete e che fate, garantisce la vostra efficacia apostolica, rende fecondo il vostro servizio. Don Orione vi raccomandava di «cercare e medicare le piaghe del popolo, curarne le infermità, andargli incontro nel morale e nel materiale: in questo modo la vostra azione sarà non solamente efficace, ma profondamente cristiana e salvatrice» (Scritti 61,114). Vi incoraggio a seguire queste indicazioni; esse sono quanto mai vere! Infatti, così facendo, voi non solo imiterete Gesù buon Samaritano, ma offrirete alla gente la gioia di incontrare Gesù e la salvezza che egli porta a tutti. Infatti, «coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 1).
L’annuncio del Vangelo, specialmente ai nostri giorni, richiede tanto amore al Signore, unito ad una particolare intraprendenza. Ho saputo che, ancora vivente il Fondatore, in certi luoghi vi chiamavano «i preti che corrono», perché vi vedevano sempre in movimento, in mezzo alla gente, con il passo rapido di chi ha premura. Amor est in via, ricordava san Bernardo, l’amore è sempre sulla strada, l’amore è sempre in cammino. Con Don Orione, anch’io vi esorto a non rimanere chiusi nei vostri ambienti, ma ad andare “fuori”. C’è tanto bisogno di sacerdoti e religiosi che non si fermino solo nelle istituzioni di carità – pur necessarie – ma che sappiano andare oltre i confini di esse, per portare in ogni ambiente, anche il più lontano, il profumo della carità di Cristo. Non perdete mai di vista né la Chiesa né la vostra comunità religiosa, anzi, il cuore deve essere là nel vostro cenacolo, ma poi bisogna uscire per portare la misericordia di Dio a tutti, indistintamente.
Il vostro servizio alla Chiesa sarà tanto più efficace, quanto più vi sforzerete di curare la vostra adesione personale a Cristo e la vostra formazione spirituale. Testimoniando la bellezza della consacrazione, la vita buona di religiosi «servi di Cristo e dei poveri», sarete di esempio per i giovani. La vita genera vita, il religioso santo e contento suscita nuove vocazioni.
Affido la vostra Congregazione alla materna protezione della Vergine Maria, da voi venerata come Madre della Divina Provvidenza. Vi chiedo, per favore, di pregare per me e per il mio servizio alla Chiesa, perché anch’io sia in cammino.
Imparto la Benedizione Apostolica su di voi, sui vostri confratelli, specialmente quelli anziani e malati, e su quanti condividono il carisma del vostro Istituto.
[L’Osservatore Romano, 27–28 maggio 2016, 8].
88
DISCORSO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
ALLE PARTECIPANTI AL XII CAPITOLO GENERALE
DELLE PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
Sala del Concistoro, Città del Vaticano. Venerdì 26 maggio 2017
Care sorelle,
vi ringrazio per questa visita in occasione del vostro Capitolo Generale. Saluto in particolare la Superiora Generale e le Consigliere. E per vostro tramite saluto tutte le sorelle dell’Istituto, specialmente quelle più deboli e malate. Saluto anche le Contemplative di Gesù Crocifisso e le Sacramentine non vedenti.
Fondato da Don Orione, il vostro Istituto è chiamato ad esercitare la carità verso il prossimo, particolarmente verso i più poveri, gli abbandonati e gli esclusi, come esprime bene il tema che avete scelto per questo Capitolo Generale: «Darsi tutte a Dio per essere tutte del prossimo. Piccole Suore Missionarie della Carità: discepole missionarie, testimoni gioiose della Carità nelle periferie del mondo». A nome della Chiesa e di tanti poveri, in modo speciale donne e bambini, e di tanti malati fisici e psichici che assistete, ringrazio per il vostro lavoro apostolico nelle diverse attività di pastorale giovanile, nelle scuole, nelle case per anziani, nei piccoli Cottolengo, nelle catechesi e negli oratori, con le nuove povertà e in tutti quei luoghi in cui vi ha posto la Divina Provvidenza.
Vi chiamate e siete per vocazione “missionarie”, vale a dire evangelizzatrici, e nello stesso tempo siete al servizio dei poveri. Sorelle, siate missionarie senza frontiere. A tutti, ma specialmente ai poveri, nei quali siete chiamate a riconoscere la carne di Cristo, portate la gioia del Vangelo che è Gesù stesso. A tutti mostrate la bellezza dell’amore di Dio che si manifesta nel volto misericordioso di Cristo. Con questa bellezza riempite il cuore di quanti incontrate. La vicinanza, l’incontro, il dialogo e l’accompagnamento siano il vostro metodo missionario. E non lasciatevi rubare la gioia dell’evangelizzazione.
La missione e il servizio ai poveri vi pongono “in uscita” e vi aiutano a superare i rischi dell’autoreferenzialità, del limitarsi a sopravvivere e della rigidità autodifensiva (cf. Esortazione apostolica Evangelii gaudium, 27.45). La missione e il servizio vi fanno assumere la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da voi stesse, camminare e seminare; come pure la conversione pastorale affinché tutte le strutture siano evangelizzatrici e al servizio del carisma (cf. ibid., 21.25.131). Per tutti questi scopi è fondamentale coltivare la comunione con il Signore, sapendo che la vostra intimità con lui «è un’intimità itinerante, e la comunione si configura essenzialmente come comunione missionaria» (ibid., 23): non ferma. Nella preghiera, nella comunione.
Nella Chiesa la missione nasce dall’incontro con Cristo (cf. Fil 3,12–16). L’Inviato del Padre adesso invia noi. È lui che ci chiama e ci manda. Il centro della missione della Chiesa è Gesù. In quanto sue discepole, siete chiamate ad essere donne che lavorano assiduamente per trascendersi, proiettandosi verso l’incontro con il Maestro e con la cultura in cui vivete.
Al missionario è richiesto di essere una persona audace e creativa. Non vale il comodo criterio del “si è fatto sempre così”. Non vale. Ripensate gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi della vostra missione (cf. Evangelii gaudium, 33). Stiamo vivendo un tempo in cui è necessario ripensare tutto alla luce di ciò che ci chiede lo Spirito. Questo esige uno sguardo speciale sui destinatari della missione e sulla realtà stessa: lo sguardo di Gesù, che è lo sguardo del Buon Pastore; uno sguardo che non giudica, ma scruta la presenza del Signore nella storia; uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e rimanere con l’altro quante volte sia necessario; uno sguardo profondo, di fede; uno sguardo rispettoso e pieno di compassione, che guarisca, liberi, conforti. Questo sguardo speciale vi renderà coraggiose e creative e vi aiuterà ad essere sempre alla ricerca di strade nuove per far arrivare a tutti la Buona Notizia che è Cristo.
Al missionario è richiesto anche di essere una persona libera, che vive senza nulla di proprio. Non mi stanco di ripetere che la comodità, l’accidia e la mondanità sono forze che impediscono al missionario di “uscire”, di “partire” e mettersi in cammino e, in definitiva, di condividere il dono del Vangelo. Il missionario non può mettersi in cammino con il cuore pieno di cose (comodità), con il cuore vuoto (accidia) o in cerca di cose estranee alla gloria di Dio (mondanità). Il missionario è una persona libera da tutte queste zavorre e catene; una persona che vive senza nulla di proprio, solo per il Signore e il suo Vangelo; una persona che vive in un cammino costante di conversione personale e lavora senza sosta alla conversione pastorale.
Al missionario si richiede di essere una persona abitata dallo Spirito Santo. È lo Spirito che ricorda ai discepoli tutto ciò che Gesù ha detto (cf. Gv 14,16), che li ammaestra (cf. Gv 16,14–15), che rende testimonianza a Gesù e conduce i discepoli a rendergli a loro volta testimonianza (cf. Gv 15,26–27). Ciò che si chiede al missionario è che sia una persona docile allo Spirito, che assecondi il suo movimento, il “vento” che spinge verso i luoghi più impensati per annunciarvi il Vangelo. In tale docilità egli è chiamato a crescere continuamente, per diventare capace di cogliere la presenza di Gesù in tante persone scartate dalla società. Anche voi, care sorelle, siate in questo senso persone spirituali, lasciandovi condurre, sospingere e guidare dallo Spirito.
Al missionario si richiede che abbia una spiritualità fondata su Cristo, sulla Parola di Dio, sulla liturgia. Una spiritualità “olistica”, che coinvolga tutta la persona nelle sue diverse dimensioni, basata sulla complementarietà, sull’integrare e l’includere. Essa vi permette di essere figlie del cielo e figlie della terra, mistiche e profetiche, discepole e testimoni al tempo stesso.
Al missionario si richiede, infine, di essere profeta della misericordia. L’Anno della Vita Consacrata si è concluso mentre iniziava il Giubileo straordinario della Misericordia. Questo cammino ci ha chiamato a pulire i nostri occhi e i nostri cuori dall’indifferenza per accogliere e offrire al mondo, con umiltà, come servi, la profezia della misericordia, a somiglianza di Dio Padre. Il vostro carisma di serve dei poveri vi chiede di esercitare la profezia della misericordia, cioè di essere persone centrate in Dio e nei crocifissi di questo mondo. Lasciatevi provocare dal grido di aiuto di tante situazioni di dolore e di sofferenza. Come profeti della misericordia annunciate il perdono e l’abbraccio del Padre, fonte di gioia, di serenità e di pace (cf. Misericordiae vultus, 2).
Insieme con gli altri Istituti e movimenti fondati da Don Orione, formate una famiglia. Vi incoraggio a percorrere strade di collaborazione tra tutti i componenti di questa ricca famiglia carismatica. Nessuno nella Chiesa cammina “in solitaria”. Coltivate tra voi lo spirito dell’incontro, lo spirito di famiglia e di cooperazione.
Concludo proponendovi come esempio per la vostra missione e per il vostro servizio ai poveri l’icona della Visitazione. Come la Vergine Maria, mettetevi in cammino, in fretta – non la fretta del mondo, ma quella di Dio – e piene della gioia che abita il vostro cuore cantate il vostro Magnificat. Cantate l’amore di Dio per ogni creatura. Annunciate agli uomini e alle donne di oggi che Dio è amore e può colmare di significato il cuore di chi lo cerca e si lascia incontrare da Lui.
[L’Osservatore Romano, 26–27 maggio 2017, 7].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
AI SACERDOTI, CONSACRATI E SEMINARISTI
IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE A GENOVA
Cattedrale di Genova. Sabato 27 maggio 2017
Fratelli e sorelle, vi invito a pregare insieme per i nostri fratelli copti egiziani che sono stati uccisi perché non volevano rinnegare la fede. Insieme a loro, ai loro Vescovi, a mio fratello Tawadros, vi invito a pregare insieme in silenzio e poi un’Ave Maria.
[silenzio – Ave Maria]
E non dimentichiamo che oggi i martiri cristiani sono più dei tempi antichi, dei primi tempi della Chiesa. Sono di più.
[Don Andrea Carcasole]
Padre Santo, mi chiamo Don Andrea Carcasole, sono vice–parroco della parrocchia di San Bartolomeo della Certosa qui a Genova, che è una parrocchia di dodicimila abitanti. Chiediamo a Lei oggi i criteri per vivere un’intensa vita spirituale nel nostro ministero che, nella complessità della vita moderna e dei compiti anche amministrativi, tende a farci vivere dispersi e frantumati.
[Papa Francesco]
Grazie Don Andrea per la domanda. Io dirò che più imitiamo lo stile di Gesù, più faremo bene il nostro lavoro di pastori. Questo è il criterio fondamentale: lo stile di Gesù. Come era lo stile di Gesù come pastore? Sempre Gesù era in cammino. I Vangeli, con le sfumature proprie di ognuno, ma sempre ci fanno vedere Gesù in cammino, in mezzo alla gente, la “folla” dice il Vangelo (…).
Uno dei segni che non si sta andando sulla strada buona è quando il sacerdote parla troppo di sé stesso, troppo: delle cose che fa, che gli piace fare, è autoreferenziale. È un segno che quell’uomo non è un uomo di incontro, al massimo è un uomo dello specchio, gli piace specchiarsi, rispecchiare sé stesso; ha bisogno di riempire il vuoto del cuore parlando di sé stesso. Invece il prete che conduce una vita di incontro, con il Signore nella preghiera e con la gente fino alla fine della giornata, è “strappato”, San Luigi Orione diceva “come uno straccio”. E uno può dire: “Ma, Signore, ho bisogno di altre cose”. Stai stanco? Vai avanti. Quella stanchezza è santità, sempre che ci sia la preghiera. Diversamente, potrebbe essere anche una stanchezza di autoreferenzialità. Dovete, voi sacerdoti, esaminarvi su questo: sono uomo di incontro? Sono uomo di tabernacolo? Sono uomo della strada? Sono uomo “di orecchio”, che sa ascoltare? O quando incominciano a dirmi le cose, rispondo subito: “Sì, sì, le cose sono così e così”. Mi lascio stancare dalla gente? Questo era Gesù. Non ci sono formule. Gesù aveva una chiara coscienza che la sua vita era per gli altri: per il Padre e per la gente, non per sé stesso. Si dava, si dava: si dava alla gente, si dava al Padre nella preghiera. E la sua vita l’ha vissuta in chiave di missione: “Io sono inviato dal Padre per dire queste cose” (…).
Grazie per quello che fate! Grazie tante! Vi chiedo di pregare per me. Vi ringrazio per la vostra vita consacrata, per la vostra vita presbiterale. E avanti, avanti, che il Signore è grande e ci darà figli e nipoti nelle nostre Congregazioni e nelle nostre Diocesi! Grazie.
E adesso vi do la benedizione, e andate avanti con coraggio! E mi piacerebbe salutare i quattro che hanno avuto il coraggio di fare le domande.
[L’Osservatore Romano, 28 maggio 2017, 4–5].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
AI MEMBRI DELL’UNIONE ITALIANA
LOTTA ALLA DISTROFIA MUSCOLARE (UILDM)
Aula Paolo VI, Città del Vaticano. Sabato 2 giugno 2018
Cari fratelli e sorelle,
rivolgo il mio cordiale benvenuto a tutti voi, rappresentanti dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. Ringrazio il Presidente per le sue parole, ed esprimo il mio apprezzamento per la generosa attività dei soci e dei volontari delle vostre sezioni locali, dislocate nell’intero territorio nazionale, al servizio delle persone affette da distrofie e altre patologie neuromuscolari. Per loro voi rappresentate come dei raggi di speranza, che alleviano i momenti di solitudine e di sconforto e incoraggiano ad affrontare la malattia con fiducia e serenità. [...]
Attraverso l’attività che svolgete, voi potete anche sperimentare che, solo se ama e si dona agli altri, la persona realizza pienamente sé stessa. Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, ci comunica la ragione profonda di questa esperienza umana. Manifestando il volto di Dio che è amore (cf. 1 Gv 4,8), Egli rivela all’uomo che la legge suprema del suo essere è l’amore. Nella vita terrena Gesù ha reso visibile la divina tenerezza, svuotando «sé stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Fil 2,7). Condividendo sino alla morte la nostra vicenda terrena, Gesù ci ha insegnato a camminare nella carità.
La carità rappresenta la forma più eloquente di testimonianza evangelica perché, rispondendo alle necessità concrete, rivela agli uomini l’amore di Dio, provvidente e padre, sempre sollecito per ciascuno. Seguendo questo insegnamento, tanti uomini e donne cristiani, nel corso dei secoli, hanno scritto pagine stupende di amore al prossimo. Penso, tra gli altri, ai santi sacerdoti Giuseppe Cottolengo, Luigi Guanella e Luigi Orione: la loro carità ha lasciato una forte impronta nella società italiana. Anche ai nostri giorni, quante persone, impegnandosi per il prossimo, sono arrivate a riscoprire la fede, perché nel malato hanno incontrato Cristo, il Figlio di Dio! Egli chiede di essere servito nei fratelli più deboli, parla al cuore di chi si pone al loro servizio e fa sperimentare la gioia dell’amore disinteressato, amore che è fonte della vera felicità. [...]
A voi, cari malati qui presenti, esprimo il mio affetto e la mia vicinanza. A tutti chiedo per favore di pregare per me, e di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica.
[L’Osservatore Romano, 3 giugno 2018, 8].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
Al PERSONALE DEL SERVIZIO POSTE VATICANE
E DEL SERVIZIO TELEFONI VATICANI
DELLA DIREZIONE DELLE TELECOMUNICAZIONI, CON I FAMILIARI
Sala Clementina, Città del Vaticano. Giovedì 5 giugno 2019
Cari fratelli e sorelle!
Rivolgo a ciascuno di voi il mio cordiale benvenuto. Saluto il Cardinale Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato, e lo ringrazio per le sue parole. Saluto Mons. Fernando Vérgez, Segretario Generale e Direttore delle Telecomunicazioni; Don Attilio Riva, responsabile del Servizio Poste Vaticane; Fratel Andrea Mellini, responsabile del Servizio Telefoni Vaticani. L’incontro con voi, dipendenti delle Poste e dei Telefoni, mi offre l’occasione per esprimervi la mia riconoscenza, con un pensiero grato anche alle vostre famiglie.
L’attività delle Poste e dei Telefoni Vaticani supera di gran lunga il piccolo territorio e l’esigua popolazione in esso residente: si apre alle necessità di innumerevoli persone disseminate nel mondo intero. Proprio per questa ragione, il Vaticano e la Santa Sede riconoscono l’importante funzione dei mezzi di comunicazione e degli Organismi internazionali che incoraggiano la comunicazione. Da sempre, i Papi hanno attribuito grande rilevanza alla comunicazione con i capi di Stato, con le comunità e i singoli fedeli delle diverse Nazioni, avvalendosi dei mezzi che offriva la tecnica. Negli ultimi decenni hanno chiamato a collaborare, in questo settore così significativo, due benemerite famiglie religiose: i Figli della Divina Provvidenza (Orionini) e la Società di San Paolo (Paolini). A questi due Istituti va il mio vivo apprezzamento per la loro generosità e fedeltà.
Il vostro lavoro quotidiano, anche se apparentemente umile, è quanto mai necessario per il buon funzionamento dello Stato della Città del Vaticano. Esso si pone al servizio dell’attività del Successore di Pietro, assicurando la libertà di comunicazione e di espressione, attraverso una rete fisica, dotata di moderni e funzionali strumenti. Inoltre, attraverso la vostra preziosa opera, ogni giorno numerose persone “raggiungono” il Papa ed Egli, anche attraverso i suoi collaboratori, “raggiunge” tanta gente. Questo interscambio comunicativo non conosce distanze; risponde all’innato bisogno degli individui di creare contatti umani; e soprattutto entra in tutte le case servendo ricchi e poveri. Al riguardo, mi piace ricordare un’antica iscrizione latina incisa su una buca da lettere dello Stato Pontificio: «Diviti et inopi, ultro citroque, meandum», che significa: “Bisogna che vada al ricco e al povero, ovunque”.
Nel rispetto delle norme e degli accordi internazionali, le vostre realtà parlano un linguaggio comune, creando ponti tra culture, religioni e società diverse tra di loro. Al tempo stesso, i Servizi delle Poste e dei Telefoni Vaticani garantiscono la condivisione di sentimenti e di idee, contribuiscono a promuovere la comprensione reciproca e la collaborazione tra i Paesi dei diversi continenti, facilitando gli scambi sia delle merci, sia soprattutto dei rispettivi valori spirituali e culturali. In tal senso, i servizi postale e telefonico di uno tra i più piccoli Stati del mondo favoriscono la diffusione del messaggio cristiano. Si tratta di un’attività nella quale siete tutti coinvolti e tutti importanti: perché il buon funzionamento delle Poste e dei Telefoni, voi lo sapete bene, dipende dall’apporto di ciascuno.
Nelle vostre mansioni, molti di voi sono a contatto diretto con la gente: quanto è importante allora il vostro tratto e il vostro esempio per offrire a tutti una semplice ma incisiva testimonianza cristiana! Il fatto di lavorare in Vaticano costituisce un impegno in più a coltivare la propria fede. A questo proposito, oltre che dalla partecipazione attiva alla vita delle vostre comunità parrocchiali, un utile aiuto vi è offerto anche dai momenti di celebrazione e di formazione spirituale animati dai vostri assistenti spirituali, che ringrazio per la loro dedizione. Soprattutto vi invito a far sì che ogni vostra famiglia sia una “piccola Chiesa”, in cui la fede e la vita si intrecciano nello svolgersi delle vicende liete e tristi di tutti i giorni.
Cari amici, rinnovo a ciascuno la mia cordiale gratitudine e vi incoraggio a proseguire il vostro cammino con gioia e fiducia. La Vergine Maria, San Luigi Orione e il Beato Giacomo Alberione vi aiutino a vivere in costante rendimento di grazie, gustando le gioie semplici che Dio ci dona e moltiplicando le opere di bene. Assicuro il mio ricordo per voi e vi benedico con affetto insieme a tutti i vostri cari. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!
[L’Osservatore Romano, 7 giugno 2019, 7].
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
Al DIACONI PERMANENTI DELLA DIOCESI DI ROMA, CON LE FAMIGLIE
Aula delle Benedizioni, Città del Vaticano. Sabato, 19 giugno 2021
Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti! Grazie della visita.
Vi ringrazio per le vostre parole e le vostre testimonianze. Saluto il Cardinale Vicario, tutti voi e le vostre famiglie. Mi rallegro che tu, Giustino, sia stato nominato Direttore della Caritas: guardando te penso che crescerà, tu hai il doppio di statura di don Ben, vai avanti! [ridono, applausi] Come pure del fatto che la Diocesi di Roma abbia ripreso l’antica consuetudine di affidare una chiesa a un diacono perché diventi una Diaconia, come ha fatto con te, caro Andrea, in un quartiere popolare della città. Saluto con affetto te e tua moglie Laura. Mi auguro che non finirai come San Lorenzo, ma vai avanti! [ridono]
Visto che mi avete chiesto che cosa mi aspetto dai diaconi di Roma, vi dirò alcune cose, come faccio spesso quando vi incontro e mi fermo a scambiare due parole con qualcuno di voi.
Partiamo riflettendo un poco sul ministero del diacono. La via maestra da percorrere è quella indicata dal Concilio Vaticano II, che ha inteso il diaconato come «grado proprio e permanente della gerarchia». La Lumen gentium, dopo aver descritto la funzione dei presbiteri come partecipazione alla funzione sacerdotale di Cristo, illustra il ministero dei diaconi, «ai quali – dice – vengono imposte le mani non per il sacerdozio ma per il servizio» (n. 29). Questa differenza non è di poco conto. Il diaconato, che nella concezione precedente era ridotto a un ordine di passaggio verso il sacerdozio, riacquista così il suo posto e la sua specificità. Già il solo fatto di sottolineare questa differenza aiuta a superare la piaga del clericalismo, che pone una casta di sacerdoti “sopra” il Popolo di Dio. Questo è il nocciolo del clericalismo: una casta sacerdotale “sopra” il Popolo di Dio. E se non si risolve questo, continuerà il clericalismo nella Chiesa. I diaconi, proprio perché dediti al servizio di questo Popolo, ricordano che nel corpo ecclesiale nessuno può elevarsi al di sopra degli altri.
Nella Chiesa deve vigere la logica opposta, la logica dell’abbassamento. Tutti siamo chiamati ad abbassarci, perché Gesù si è abbassato, si è fatto servo di tutti. Se c’è uno grande nella Chiesa è Lui, che si è fatto il più piccolo e il servo di tutti. E tutto comincia da qui, come ci ricorda il fatto che il diaconato è la porta d’ingresso dell’Ordine. E diaconi si rimane per sempre. Ricordiamoci, per favore, che sempre per i discepoli di Gesù amare è servire e servire è regnare. Il potere sta nel servizio, non in altro. E come tu hai ricordato quello che dico, che i diaconi sono i custodi del servizio nella Chiesa, per conseguenza si può dire che sono i custodi del vero “potere” nella Chiesa, perché nessuno vada oltre il potere del servizio. Pensate su questo.
Il diaconato, seguendo la via maestra del Concilio, ci conduce così al centro del mistero della Chiesa. Come ho parlato di “Chiesa costitutivamente missionaria” e di “Chiesa costitutivamente sinodale”, così dico che dovremmo parlare di “Chiesa costitutivamente diaconale”. Se non si vive questa dimensione del servizio, infatti, ogni ministero si svuota dall’interno, diventa sterile, non produce frutto. E poco a poco si mondanizza. I diaconi ricordano alla Chiesa che è vero quanto scoprì Santa Teresina: la Chiesa ha un cuore bruciato dall’amore. Sì, un cuore umile che palpita di servizio. I diaconi ci ricordano questo quando, come il diacono San Francesco, portano agli altri la prossimità di Dio senza imporsi, servendo con umiltà e letizia. La generosità di un diacono che si spende senza cercare le prime file profuma di Vangelo, racconta la grandezza dell’umiltà di Dio che fa il primo passo – sempre, Dio sempre fa il primo passo – per andare incontro anche a chi gli ha voltato le spalle.
Oggi occorre fare attenzione anche a un altro aspetto. La diminuzione del numero dei presbiteri ha portato a un impegno prevalente dei diaconi in compiti di supplenza che, per quanto importanti, non costituiscono lo specifico del diaconato. Sono compiti di supplenza. Il Concilio, dopo aver parlato del servizio al Popolo di Dio «nella diaconia della liturgia, della parola e della carità», sottolinea che i diaconi sono soprattutto – soprattutto – «dediti agli uffici della carità e dell’amministrazione» (Lumen gentium, 29). La frase richiama i primi secoli, quando i diaconi si occupavano a nome e per conto del Vescovo delle necessità dei fedeli, in particolare dei poveri e degli ammalati. Possiamo attingere anche alle radici della Chiesa di Roma. Non penso soltanto a San Lorenzo, ma anche alla scelta di dare vita alle diaconie. Nella grande metropoli imperiale si organizzarono sette luoghi, distinti dalle parrocchie e distribuiti nei municipi della città, in cui i diaconi svolgevano un lavoro capillare a favore dell’intera comunità cristiana, in particolare degli “ultimi”, perché, come dicono gli Atti degli Apostoli, nessuno tra di loro fosse bisognoso (cf. 4,34).
Per questo a Roma si è cercato di recuperare questa antica tradizione con la diaconia nella chiesa di San Stanislao. So che siete ben presenti anche nella Caritas e in altre realtà vicine ai poveri. Così facendo non perderete mai la bussola: i diaconi non saranno “mezzi preti” o preti di seconda categoria, né “chierichetti di lusso”, no, su quella strada non si cammina; saranno servi premurosi che si danno da fare perché nessuno sia escluso e l’amore del Signore tocchi concretamente la vita della gente. In definitiva, si potrebbe riassumere in poche parole la spiritualità diaconale, cioè la spiritualità del servizio: disponibilità dentro e apertura fuori. Disponibili dentro, di cuore, pronti al sì, docili, senza far ruotare la vita attorno alla propria agenda; e aperti fuori, con lo sguardo rivolto a tutti, soprattutto a chi è rimasto fuori, a chi si sente escluso. Ho letto ieri un passo di don Orione, che parlava dell’accoglienza dei bisognosi, e lui diceva: «Nelle nostre case – parlava ai religiosi della sua Congregazione – nelle nostre case dev’essere accolto ognuno che abbia un bisogno, qualsiasi tipo di necessità, qualsiasi cosa, anche chi abbia un dolore». E questo mi piace. Ricevere non solo i bisognosi, ma quello che ha un dolore. Aiutare questa gente è importante. Affido a voi questo.
Circa quello che mi aspetto dai diaconi di Roma, aggiungo ancora tre brevi idee – ma non spaventatevi: sto finendo già – che non vanno nella direzione delle “cose da fare”, ma delle dimensioni da coltivare. In primo luogo mi aspetto che siate umili. È triste vedere un Vescovo e un prete che si pavoneggiano, ma lo è ancora di più vedere un diacono che vuole mettersi al centro del mondo, o al centro della liturgia, o al centro della Chiesa. Umili. Tutto il bene che fate sia un segreto tra voi e Dio. E così porterà frutto.
In secondo luogo, mi aspetto siate bravi sposi e bravi padri. E bravi nonni. Questo darà speranza e consolazione alle coppie che stanno vivendo momenti di fatica e che troveranno nella vostra semplicità genuina una mano tesa. Potranno pensare: «Guarda un po’ il nostro diacono! È contento di stare con i poveri, ma anche con il parroco e persino con i figli e con la moglie!». Anche con la suocera, è molto importante! Fare tutto con gioia, senza lamentarsi: è una testimonianza che vale più di tante prediche. E le lamentele, fuori. Senza lamentarsi. «Ho avuto tanto lavoro, tanto…». Niente. Mangiate [mandate giù] queste cose. Fuori. Il sorriso, la famiglia, aperti alla famiglia, la generosità…
Infine, terza [cosa], mi aspetto che siate delle sentinelle: non solo che sappiate avvistare i lontani e i poveri – questo non è tanto difficile – ma che aiutiate la comunità cristiana ad avvistare Gesù nei poveri e nei lontani, mentre bussa alle nostre porte attraverso di loro. E una dimensione anche, dirò, catechetica, profetica, della sentinella–profeta–catechista che sa vedere oltre e aiutare gli altri a vedere oltre, e vedere i poveri, che sono lontani. Potete fare vostra quella bella immagine che sta alla fine dei Vangeli, quando Gesù da lontano chiede ai suoi: «Non avete nulla da mangiare?» E il discepolo amato lo riconosce e dice: «È il Signore!» (Gv 21,5.7). Qualsiasi necessità, vedere il Signore. Così anche voi avvistate il Signore quando, in tanti suoi fratelli più piccoli, chiede di essere nutrito, accolto e amato. Ecco, vorrei che questo fosse il profilo dei diaconi di Roma e di tutto il mondo. Lavorate su questo. Voi avete delle generosità e andate avanti con questo.
Vi ringrazio per quello che fate e per quello che siete e vi chiedo, per favore, di continuare a pregare per me. Grazie.
[L’Osservatore Romano, 19 giugno 2021, 12].