La Pasqua è santa Messa o vacanza?
Facciamo qualche piccola riflessione guardando a questo rito da alcuni punti di osservazione:
- rito naturale;
- rito sociale;
- rito culturale;
- rito di fede.
Il saggio qui proposto segue un metodo di osservazione sociale e confronto compilatorio con l'aiuto di alcune delle teorie di psicologia, antropologia e sociologia.
Obiettivo è di aiutare lo sviluppo di un'adeguata consapevolezza di ciò che si celebra per educatori, sacerdoti e religiosi.
Premessa
La Pasqua è uno tra i riti più antichi che troviamo in Europa. Presente con nomi diversi, a seconda del paese o del momento storico, lo troviamo anche negli altri continenti. Sempre con nomi diversi e liturgie diverse lo possiamo tranquillamente definire una ritualità diffusa, comune e stabile.
Quale l'origine di queste caratteristiche?
Come dobbiamo interpretare le diverse liturgie che lo caratterizzano in realtà complesse e multi-etniche come l'Italia?
I vari segni ed icone che riferiscono il rito come sono da interpretare soprattutto nelle situazioni di contiguità e di sovrapposizione?
Rito naturale
Nella tradizione giudaica la pasqua si perde nella notte dei tempi ed è un rito di passaggio (radice aramaica del nostro termine italiano). La liturgia sociale-religiosa mutua una celebrazione dei ritmi delle stagioni. In particolare il passaggio dall'inverno alla primavera, dallo stato di quiescenza delle piante, a quello di riattivazione e fioritura. Anche il mondo animale vive, per molte specie, il primo ciclo di nascita delle covate.
Questa ritmicità, evidente e costante, è spontaneamente interpretata da sempre come un evento da celebrare e propiziare.
L'evento stagionale è una costante in tutte le latitudini, esclusa la equatoriale dove i cicli di filiazione e di produzione di frutti sono continui in tutto l'anno.
Al di fuori della tradizione giudaica troviamo costante la celebrazione della primavera. Cambiano i nomi, cambiano le liturgie, ma la solennizzazione del momento dell'anno è onnipresente.
Rito sociale
Dalla costante nella ciclicità delle stagioni, evidente anche alle persone dei lontani secoli passati, alla convergenza su una liturgia sociale codificata, condivisa e stabilizzata il passo è breve.
Nei tempi passati, caratterizzati da una diffusa religiosità e da uno spontaneo senso di unità tra vita, socialità, potere e religione, le liturgie sociali non erano distinte da quelle religiose o al più si interpretavano contigue e inseparabili.
Dunque nei secoli passati non esisteva una distinzione tra rito religioso e rito sociale.
Con l'avvento di una diffusa razionalizzazione nell'interpretare dell'universo, del mondo e del proprio ambiente di vita (paese, città, quartiere, clan di vita), la ritualità sociale si stacca dall'elemento religioso e diventa rilevante nel costruire e mantenere l'identità di gruppo. E l'identità del gruppo costruisce e rafforza l'identità personale (chi sono, qual è il mio ruolo, il mio valore, ecc...).
Ecco che le ritualità condivise creano un loop sociale in quanto costruiscono la comunità, ma sono anche l'espressione con cui la comunità costruisce le identità dei singoli.
Il rito sociale assume forme ed espressioni diverse: dall'abbigliamento, al ballo, al tipo di pasto, alla forma di corteo, ecc...
Rito culturale
In gran parte sovrapposto e confuso con il rito sociale, gli elementi che costituiscono il rito, come l'abbigliamento, la musica, il ballo, i fraseggi, ecc... vengono a condensare i concetti condivisi dalla comunità trasformandoli in elementi tangibili.
I manufatti (siano essi musiche, parole, arredi, statue, ecc...) diventano gli oggetti su cui le comunità interagiscono:
- sono l'elemento con cui si comunica e ravvivano i concetti ed i valori;
- sono l'elemento con cui si contratta l'identità e la differenza tra clan;
- sono gli elementi con cui si stimola creatività e convergenza;
- sono gli attanti che stimolano la produzione di nuovi manufatti culturali.
I ritmi del tempo ed i concetti che li mutuano passano attraverso il rito della cultura vissuto in una o più delle forme che la cultura assume: uova decorate, dolci, poesie, canzoni, dipinti, ecc...
Rito di fede
La celebrazioni di valori è un'asse portante della pasqua e di tutte le celebrazioni sociali condivise.
Essa passa attraverso la combinazione di più linee: culturali, sociali, naturali, ecc... Ciascuna linea da forma e materialità ai valori mutuati dalla ritualità condivisa.
La fede è una dimensione profonda che coinvolge i valori, la cultura, la socialità e orienta le scelte profonde e stabili per la propria vita, come per la vita sociale condivisa e per le scelte di gestione del bene comune (ovvero la politica).
La fede la possiamo individuare, in questa lettura, nell'accettazione dei valori primi che orientano tutte le scelte. La possiamo toccare nei riti condivisi che danno forma e sostanza al credo professato. La sentiamo e vediamo nei manufatti culturali che produciamo e con cui la comunità interagisce simbolicamente.
Conclusione (?)
Il saggio assomiglia molto all'incipit di un articolo di spessore: lo ammetto!
Dal punto di vista di studio manca tutto l'apparato critico e l'esposizione delle fonti del saggio: va detto!
Il testo è volutamente semplice per indurre e sostenere un'osservazione meglio consapevole della sovrapposizione dei piani e della realtà della comunità che viviamo (almeno in occidente):
- un tempo i riti erano preganti e condivisi, con una evidente dominante religiosa (sincera) in una realtà sostanzialmente semplice e monoculturale;
- oggi siamo in una realtà complessa, multiculturale, con l'interstizio tempo-spazio compresso e bi-direzionale. La ritualità si è snaturata, ma i bisogni di fondo non sono variati;
- la ritualità che esprime la religiosità si realizza diversamente. Con l'indebolirsi delle mono-espressioni, la dominanza della multiculturalità, la dominanza della razionalità sulla fede e l'importante sviluppo della tecnologia che induce (in molti) l'idea di un confine del possibile oltre l'impossibile, la dimensione della fede trova facile appagamento anche in ritualità non convenzionali.
A valle di tutto questo possiamo considerare che il rito delle vacanze pasquali è una forma di risposta, oltre allo status symbol, anche al bisogno religioso?
Possiamo anche forse argomentare che l'ampio e (apparentemente) stabile allontanamento della gente dalle ritualità pasquali cattoliche sia non soltanto un risultato di disorientamento dovuto alla società multiculturale e multireligiosa, ma anche anche dall'abbraccio di una fede che potremmo, in prima analisi, indicare come un cristianesimo senza preti?
La Pasqua cristiana, probabilmente, è buona occasione per (ri)pensare alla pasqua e alla società che ci circonda (in occidente almeno!).